11
Dic
2010

Bunga Bunga Bonds

A giudicare dalle apparenze l’Italia sembra un paese dove c’è ancora tanto grasso che cola: sindacalisti pignoli disposti allo sciopero quando il management rimodula i turni di lavoro, studenti che invocano più soldi alla scuola occupando strade e ferrovie con sommo disagio da parte dei pendolari e senza particolare opposizione da parte delle forze dell’ordine (le quali ovviamente sono “fasciste” per definizione, nonostante una blanda impassibilità nei confronti di chi interrompe pubblici servizi e viola la proprietà privata), politici indecisi se far cadere o far tentennare il governo, andare a nuove elezioni o coagulare nuove coalizioni. Del resto, come diceva Chuck Prince, l’ex CEO di Citibank, “As long as the music plays you have to get up and dance, and the music is still playing…” (una citazione che da sola spiega meglio di cento paper il moral hazard e la socializzazione delle perdite).

Read More

11
Dic
2010

Assegni di disoccupazione vs disoccupazione strutturale

E’ noto che pagare la gente per non lavorare fa passare la voglia di lavorare. Si chiama azzardo morale: le persone dovrebbero essere responsabili delle proprie azioni, altrimenti finiscono a comportarsi come le banche e i politici. D’altra parte, non tutta la disoccupazione è volontaria: alcuni non è che non lavorano perché “se ne approfittano”, ma perché non possono essere impiegati altrove.

In questo articolo discuto due questioni strettamente connesse. La prima è: stiamo osservando, negli USA, disoccupazione da “assegno” o disoccupazione strutturale? La seconda è: esiste un modo per distinguere i lavoratori che non “possono” lavorare per i problemi strutturali dell’economia (sicuramente moltissimi) e quelli che semplicemente non vogliono? Non parlerò invece dei salari minimi, perché è banale che anche questi siano causa di disoccupazione,  quasi esclusivamente proprio tra i lavoratori più deboli.

Read More

10
Dic
2010

I segreti di South Stream. Di Stefano Agnoli

Volentieri ripubblichiamo questo articolo di Stefano Agnoli, comparso per la prima volta sul Corriere della sera di oggi.

L’agenzia del turismo del Cantone di Zug raccomanda soprattutto il tramonto sul lago, «un’esperienza da non mancare». Oppure la vista dei giochi di luce sulla facciata della stazione ferroviaria, opera del californiano James Turrell. Difficile però che qualche centinaio di grandi «corporation» di tutto il mondo e di ricchi contribuenti siano confluiti verso la campagna, i laghi e i monti della Svizzera centrale solo per le attrazioni locali. Diciamola subito: a Zug si va perché si pagano poche tasse, e le aliquote fiscali per le aziende sono tra le più basse della Svizzera, e quindi d’Europa. Tra il 9 e il 15%.

Read More

9
Dic
2010

Parmalat: Tanzi paga, le banche no

La condanna in primo grado per bancarotta fraudolenta a Calisto Tanzi per 18 anni comminata oggi a Parma si aggiunge a quella per 10 anni e 100 mila euro da restituire ai 32.000 piccoli risparmiatori  fregati per aggiotaggio, comminata a Milano nel 2008 e nel 2010 confermata dalla Corte d’Appello. E’ una condanna dura, che colpisce anche con pene diverse numerosi amministratori, revisori e sindaci dell’allora capogruppo e delle società collegate estere ed italiane. Ed è una condanna a mio avviso giusta, stante i 14 miliardi di euro del più grave crac della storia societaria italiana.  E in considerazione delle incredibili falsficazioni degli attivi e delle disponibilità di cassa perpetrate per anni dalla Parmalat.  Cerchiamo però di non dimenticare una cosa. Le banche la stanno facendo franca. Hanno transato per miliardi con la nuova Parmalat condotta inn forma di public company da quello specchiato galantuomo che è Enrico Bondi, e solo dalla sua cocciuta onestà vengono i fondi volti a ristorare almeno in parte le perdite dei risparmiatori. Ma penalmente le banche la stanno facendo franca. A Milano resta aperto un filone di responsabilità per aggiotaggio per soli pochi funzionari di banche estere, come BofA , Citigroup, UBS, Deutsche Bank, Morgan Stanley. Per il resto le banche, che hanno continuato per anni a piazzare sul mercato titoli Parmalat secondo Bondi nella piena consapevolezza dello stato di crescente e poi totale insolvenza, mentre gli istituti si dichiarano invece agnellini inconsapevioli e dunque prime vittime delle frodi di Tanzi e compagnia , quelle stesse banche ci hanno gua da gna to. E questo grida vendetta. I conti sono questi, noti da ben tre anni fa quando furono presentati da Enrico Bondi in Tribunale.

Read More

8
Dic
2010

ABS: frenare senza slittare?

Gli ABS a cui mi riferisco non sono i sistemi di frenata anti-slittamento delle automobili, ma le Asset Backed Securities: uno strano nome, suggeritomi da un’amica, per indicare il modello proposto pochi giorni fa – e parrebbe oggi prevedibilmente bocciato dai tedeschi – dai ministri lussemburghese e italiano Juncker e Tremonti sulle pagine del Financial Times. Gli autori propongono infatti di creare un’agenzia europea (EDA: European Debt Agency) che svolga una funzione di credit transformation per i titoli pubblici di tutti i paesi europei, sia quelli finanziariamente solidi come la Germania che quelli finanziariamente su, od oltre, l’orlo del baratro come la Grecia.

Read More

8
Dic
2010

Telefonia mobile: Italia ancora al top

L’appuntamento con l’International Communications Market Report curato dal regolatore inglese Ofcom conferma anche quest’anno la vivacità della telefonia mobile in Italia.  Alcuni tra i risultati (cito dalla sintesi Agcom):

  • i prezzi dei servizi mobili dal luglio 2009 al luglio 2010 sono diminuiti del 24% (migliore performance europea) e risultano in assoluto i più bassi (al pari del Regno Unito) rispetto a quelli degli altri Paesi europei;
  • ben il 24% dei consumatori (la percentuale più alta in Europa) ha ridotto la spesa pro-capite nella telefonia mobile negli ultimi 12 mesi;
  • i prezzi per il mobile broadband sono i più bassi e il mercato della larga banda mobile risulta più maturo rispetto agli altri Paesi;
  • la quota di abitazioni servite solo dalla telefonia mobile è la più significativa tra i principali Paesi sviluppati (pari al 29%);
  • la penetrazione della banda larga mobile è la più elevata (nel 13% delle abitazione si accede alla larga banda solo attraverso dispositivi mobili);
  • la diffusione di smartphone è la più alta (26% della popolazione sopra i 13 anni e 66% degli utilizzatori abituali di internet);
  • la diffusione di apparecchi per la fruizione di musica in formato digitale è di gran lunga la più ampia: utilizzo pari al 64% di media players e pari al 31% di cellulari per l’ascolto della radio;
  • l’utilizzo dei social network è il più elevato al mondo (66% degli utilizzatori di internet), in particolare per quanto riguarda l’accesso a Facebook.

Assai meno lusinghiere sono le prestazioni registrate dal nostro paese nel settore del fisso – e particolarmente in quello della banda larga fissa, che ci vede all’ultimo posto tra i principali paesi europei.

Queste conclusioni ambivalenti confermano l’attualità di uno studio condotto con Andrea Giuricin, in cui abbiamo cercato di dimostrare – dati alla mano – come il fondamento di questo vistoso gap di efficienza vada individuato nel robusto competition divide esistente tra i due settori.

È una lezione da tenere a mente alla vigilia della definizione delle regole per la rete di nuova generazione. Se il caso della telefonia mobile può insegnare qualcosa, è auspicabile che il regolatore resista alla tentazione di strafare e dia alla concorrenza una possibilità.

7
Dic
2010

Quel ridicolo, demenziale sciopero del calcio

Alla fine la trattativa tra Lega Calcio e Associalciatori è ripresa a oltranza, dopo il richiamo dell’Alta Corte del Coni. E un accordo a non rompere pare, in extremis, definito. Ma bisogna dirlo comunque. E’ stata l’idea stessa dell’Associazione dei calciatori italiani che è sul punto di esser ritirata, aver proclamato cioè per domenica sciopero negli stadi, a rappresentare un’amara fotografia dei tempi in cui viviamo. Non si possono usare mezzi termini. Il solo averla procalamata e minacciata esprime una grande mancanza di senso della misura. E di consapevolezza. Laddove senso della misura e consapevolezza non vanno commisurati alla condizione del giocatore professionista di calcio, ma rapportati invece alla condizione generale del Paese, e a come concretamente se la passano ogni giorno milioni e milioni di cittadini e lavoratori italiani. In quattro parole: uno schiaffo alla miseria. Read More