22
Feb
2011

Borsa chiusa. L’alternativa: o è grave, o è gravissimo

Stamane la Borsa italiana non ha avviato le sue operazioni di contrattazione. Uno scarno comunicato ha informato che sussiterebbero “problemi tecnici” non meglio identificati, e in via di accertamento. Ma è stato comunicato altresì che si ignora per quanto potrebbe durare la chiusura.  Per carità, il diavolo si nasconde sempre nella complessità. Ma è molto grave che la cosa avvenga oggi, e che non se se sappia di più. Non fateci pensar male. Cioè che si tratti di un escamotage per impedire o dilazionare l’effetto sui tanti titoli – Eni, Unicredit, Impregilo, Finmeccanica –  toccati e coinvolti dalle vicende libiche. ieri la Borsa italiana è quella che più ha perso, per l’esposizione nazionale al Gheddafi System. Non è che i mercati si possano tenere aperti solo i giorni in cui brilla il sole. Così, si tagliano le mani a tutti coloro che legittimamente opererebbero sui nuovi prezzi in via di formazione. Se guasto è, bisogna saperlo con precisione e con tempi affidabili di riavvio. Se guasto non dovesse essere, sarebbe uno scandalo gravissimo, una ferita alle regole elementari del mercato stesso e, prima di tutto, alla libertà senza della quale il mercato non esiste. Ogni eventuale accostamento  alle interruzioni automatiche alla trattazione in caso di crollo dei prezzi per eccesso di High Frequency Trading- le vendite automatiche disposte dai computer per soglia abbattuta di prezzo di resistenza – non ha infatti alcuna logica. Ripeto: quando i regimi crollano e rischi e convenienze economiche e finanziarie si riallenano drasticamente, il mercato deve eessere lasciato proprio allora assolutamente libero di valutarle e prezzarle. Ci mancherebbe solo che lo Stato si metta di mezzo, perché sono grandi gruppi pubblici e grandi banche a esserne investite.

20
Feb
2011

Prezzi contro tasse 2 a 0

Volendo fare un’ipersintesi dei nostri sistemi economici sviluppati, basati sulla compresenza di economia di mercato e di economia di stato, possiamo osservare che essi impiegano una moltitudine di organizzazioni private e una molteplicità di organizzazioni pubbliche. Le prime hanno tre caratteristiche fondamentali:

  1. la proprietà privata;
  2. l’uso del sistema dei prezzi;
  3. la concorrenza. Read More
19
Feb
2011

Il G20 di Sarkò: Tobin tax resta fumo, Cina blandita, ma c’è un assist all’Italia

L’esordio della presidenza francese del G20, di cui già più volte ci siamo occupati, inizia con un triplice bilancio. Restano chiacchiere,  le proposte di Sarkozy che eccitano coloro che vogliono mettere il bavaglio al mercato cattivo in nome della “santa lotta alla speculazione”. La Cina vince su yuan e riserve valutarie. Tremonti porta a casa un bel risultato, ed è più forte nell’euroarea, al tavolo del nuovo patto di stabilità che dovrebbe chiudersi entro aprile,  dove lo stesso argomento “italiano” assunto oggi dal G20 sinora non è passato. Vediamo meglio. Read More

18
Feb
2011

Una buona proposta

Dichiara oggi  il ministro in carica per il turismo, Michela Vittoria Brambilla, di volersi fare portavoce di una proposta pubblicata ieri dal Foglio tanto semplice quanto efficace: la liberalizzazione degli orari delle attività commerciali, a partire dai giorni festivi.

Tra proposte di riforme costituzionali piene di principi e vuote di precetti immediati, una semplice disposizione che dica che nessuna amministrazione può imporre gli orari di apertura e di chiusura di un’attività commerciale al pubblico, come si legge appunto nel Foglio, sarebbe invece una regola concreta, efficace, a costo zero ed effettivamente capace di incoraggiare a “lavorare di più, lavorare tutti”, come ha scritto ieri Carlo Stagnaro sul Foglio. Proprio Stagnaro, e in precedenti occasioni sia l’Istituto Bruno Leoni che questo blog, hanno già dimostrato, con dati alla mano forniti da alcune ricerche condotte in questi anni, che nessuno dei vincoli imposti alla libertà del titolare di scegliere quando vendere porta vantaggio ad alcuno: né a costui, né ai concorrenti, né al consumatore e, dunque, all’economia.

Se finora gli orari non sono stati totalmente liberalizzati con una minimalistica regola come quella proposta dal Foglio, è quindi più il frutto del solito strascinamento dello status quo che di scelte ragionate (opinabili o meno).

Da anni ormai, praticamente da quando il settore commerciale è stato in parte liberalizzato, si discute se completare o meno questa liberalizzazione. A difendere la rigida conservazione dei vincoli sono più gli enti territoriali che non lo Stato, ma qualcuno oggi anche da quelle parti (v. Modena) ammette che forse non c’è nulla di male a lasciare gli esercenti liberi di scegliere quali siano gli orari migliori per vendere, e che anzi in questo modo si darebbe una mano alla ripresa economica, senza bisogno di ricorrere a strategie complesse, costose, e quindi solo annunciate.

Che il ministro del turismo voglia farsi carico di presentare questa semplicissima proposta al governo, dunque, è una buona notizia. Se così sarà, si potrebbe dare anche per questa via un segno tangibile a quella “scossa” all’economia che, come abbiamo detto anche qui, non può trovare giovamento (solo) da una riforma costituzionale, ma necessita di interventi di de-regolazione settore per settore.

Sarebbe la proponente giusta al momento giusto, il Ministro Brambilla, visto che in Italia i consumi turistici ammontano ogni anno a quasi 100 miliardi di euro tra italiani e stranieri, solo un terzo dei quali imputabile alle strutture alberghiere.

L’importante è che sia chiaro che la liberalizzazione degli orari di apertura non deve subire vincoli o limitazioni non solo da parte dello Stato centrale , ma anche da parte di tutte le altre amministrazioni pubbliche, a partire dagli enti locali territoriali, dove è parimenti forte la lusinga elettorale.

18
Feb
2011

Illuminiamoci. Con un tributo a Julian Simon

Oggi, come ogni anno, la trasmissione Caterpillar proclama la giornata nazionale del risparmio energetico al grido “M’illumino di meno“. Come ogni anno, io dico l’esatto contrario: accendiamo le luci, per non darla vinta ai tessitori delle ombre. Provo infatti disagio – se non proprio fastidio – quando sento brandire il “risparmio” energetico, cioè l’invito o l’obbligo a ridurre i consumi, come se fosse un peccato approfittare dell’energia che il buon Dio e l’ingegno umano ci hanno messo a disposizione. Al contrario, è profondamente umana l’aspirazione a consumare di più, a fare di più, ad avere di più, a vivere di più e meglio. Dietro sollecitazioni apparentemente ragionevoli al risparmio si nasconde un pregiudizio contro la crescita, contro il progresso e contro il benessere che deve avere una risposta, forte e chiara, perché nessuno abbia anche solo il sospetto, anche solo un dubbio, sui benefici dello sviluppo, e sul fatto che lo sviluppo è figlio – tra l’altro – della disponibilità di energia abbondante ed economica. Le forze dell’oscurità non prevarranno.

Quest’anno, vorrei condire questo invito a difendere il presente e il capitalismo con uno straordinario articolo di Julian Simon. L’articolo venne scritto nell’ambito di un dibattito sull’introduzione, in America, di una imposta sui consumi di energia, ma svolge una serie di riflessioni perfettamente pertinenti. Buona lettura.

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17
Feb
2011

“Non è un crimine essere ignoranti di economia”, ma…

Su Libertiamo è uscito un articolo dove si mostra l’ignoranza economica degli italiani, sia tra gli elettori che tra i giornalisti, e si argomenta che questo limita la qualità della vita politica del Paese. L’economia riguarda gran parte delle politiche, e l’ignoranza economica è dunque incompatibile con una democrazia funzionante. L’economia inoltre è parte integrante della cultura: chi non capisce i giochi a somma positiva, non è in grado di valutare i vantaggi della cooperazione sociale, e di fatto non capisce nulla del mondo in cui vive.

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17
Feb
2011

Il budget di Obama: perché no, e cosa dice a noi

E’ davvero forte e credibile, la proposta di budget avanzata da Obama come mano tesa verso il nuovo Congresso, in cui i repubblicani dopo il midterm controllano saldamente la Camera dei Rappresentanti. Mi piacerebbe poter dire di sì, visto che in termini di exit strategy è molto forte l’impulso che dagli Usa si propaga nel mondo, quanto a politiche fiscali e monetarie. Devo tuttavia deludere il lettore. Dal mio punto di vista la risposta è no. Per due ordini di ragioni, che non c’entrano nulla con il giudizio politico ma dipendono dai numeri. La prima ha a che vedere con la scelta tecnica che ha portato ai tanto decantati tagli annunciati di spesa. La seconda, con l’indicatore essenziale che dovrebbe essere considerato prioritario per orientare le politiche pubbliche. Read More

17
Feb
2011

Per crescere di più, aiutare ad aiutarsi chi fa di più: 2) le “medie” che esportano, il Sud un disastro

Ieri tre notizie sul fronte dell’economia. La prima, annunciata in una conferenza stampa congiunta del governo con banche e associazioni d’impresa, è la protrazione della moratoria bancaria per le aziende. La seconda la conferma da parte del ministro dell’Economia che, al di là dei primi deludenti provvedimenti messi allo studio nel Consiglio dei ministri della settimana scorsa, si mette mano alle misure che formeranno il piano nazionale di riforme che ad aprile dovrà essere presentato dall’Italia in sede europea, per costituire banco di giudizio della nostra affidabilità insieme alla tenuta dei conti pubblici. La terza è che Giulio Tremonti ha detto a fianco di Silvio Berlusocni che anche a suo giudizio per la crescita occorre fare di più, dopo che nei due anni alle nostre spalle l’Europa e i mercati mondiali hanno dovuto riconoscere l’abilità sua e del governo nel tenere sotto controllo il deficit aggiuntivo molto più rigorosamente di quanto avvenisse da parte del più dei Paesi avanzati. E’ una risposta a chi ha immaginato o scritto che il ministro dell’Economia anteponesse considerazioni politiche alla priorità dello sviluppo. Vedere per credere. Ma perché non ammettere che sappiamo benissimo tutti, che per crescere di più bisognerebbe aiutare ad aiutarsi chi già fa meglio e di più? La risposta è: nel dirlo, si commette un delitto rispetto alla logica egualitaria, quella che ripete sempre che gli interventi devono pensare innanzitutto al Sud. So che è tosto affermarlo, ma i fatti sono i fatti. Il gap meridionale chiede una rivoluzione civile e amministrativa di lungo percorso e incerti risultati – è fallita in 150 anni – la crescita aggiuntiva a breve si ottiene puntando su altro. Read More