5
Lug
2012

In Usa c’è chi finanzia la politica a carte scoperte.

Si stanno scaldando i motori per le presidenziali americane di novembre e uno degli aspetti su cui media e opinione pubblica prestano maggiore attenzione è la raccolta fondi dei candidati. Ha suscitato scalpore la donazione da 10 mln di dollari di Sheldon Adelson, il re delle case da gioco di Las Vegas, ad un superPAC che sostiene Mitt Romney (i superPAC sono organizzazioni di pressione politica che possono accettare donazioni senza limiti). Il New York Times ha subito mostrato il “ditino alzato” per stigmatizzare la figura di Adelson, “il magnate dei casinò che negli ultimi tre anni ha fatto più soldi rispetto a qualsiasi altro americano. Egli è la perfetta illustrazione dello squallido stato della politica del denaro, sborsare la maggiore donazione politica nella storia per far avanzare la propria agenda personale, ideologica e finanziaria, che è selvaggiamente in contrasto con le esigenze della nazione” (dove per “esigenze della nazione” si devono intendere le idee e gli interessi patrocinati dal NY Times). Read More

4
Lug
2012

Sanità. The first cut isn’t the deepest

La “spending review” è uno strumento di importanza cruciale, se pensiamo che anche la spesa pubblica non sfugga alla regola del conoscere per deliberare: è necessario capire dove e come effettivamente lo Stato spende, per potere tagliare con efficacia.

L’obiettivo di lungo periodo dovrebbe essere quello di una spesa più leggera e quindi più sostenibile, coerente con una riduzione del raggio d’azione del pubblico. L’obiettivo di breve del governo è mostrare risultati tangibili nei prossimi mesi. I due collidono.

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4
Lug
2012

Un’associazione per la trasparenza– di Massimo Famularo

Riceviamo e volentiari pubblichiamo da Massimo Famularo.

Portare a termine concretamente un programma di privatizzazioni è un affare spinoso. Occorrono meccanismi di dismissione che siano al tempo stesso efficaci e trasparenti in modo da non penalizzare la parte cedente, ma che riescano comunque a produrre un’offerta attraente per gli acquirenti. Neanche a dirlo, dove opportuno, occorre liberalizzare i mercati di riferimento onde evitare la semplice trasformazione di Monopoli pubblici in monopoli privati.

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3
Lug
2012

Barclays, il mercato falsato, e il manipolatore peggiore di Barclays

Allo scandalo che travolge Barclays, molti reagiscono “ci risiamo, le solite banche anglosassoni”. In realtà le 22 banche consultate quotidianamente, per indicare i tassi medi di mercato per 15 scadenze in 10 diverse valute, sono le maggiori del mondo avanzato. Che il Libor si valuti a Londra, dipende dal fatto che la British Banking Association fu storicamente la prima a porsi il problema di un lead ai tassi di mercato globale. E in materia le autorità di mercato britanniche e americane sono leader, perché è lì che si svolge il più delle transazioni mondiali. La manipolazione del Libor va al cuore del problema della finanza: se il regolatore pubblico debba prevalere e in che limiti, o se più efficiente sia l’autoregolazione. Materia delicatissima. Per chi la pensa come noi, è motivo per non unirsi al coro imperante sui media. Il che non significa plaudire ai manipolatori del mercato. Ma, al contempo, guardarsi da un manipolatore peggiore. Anche se, lo do per certo, ora fioccheranno per quel che dico critiche e attacchi. Read More

3
Lug
2012

Perché penso che balleremo ancora: lo scudo è fallato

Cerco qui di spiegare perché, malgrado l’euroconsiglio europeo del 28 giugno scorso, personalmente mi aspetto comunque un attacco dei mercati internazionali allo spread italiano. Monti ha appena finito di illustrare al Senato italiano la posizione tenuta e ciò che si è ottenuto all’eurovertice, e al di là della dichiarazione “ora gli eurobond non sono più un tabù”, ha prudentemente definito “una riserva d’attesa” quella ottenuta da Italia e Spagna sullo scudo anti spread. Copme si capisce benissimo, una riserva d’attesa significa che lo scudo non c’è.  Non si tratta di criticare Monti per come si è comportato al vertice, altrove ho già scritto l’indomani che ha coraggiosamente giocato una carta assai rischiosa e di solito negata all’Italia, il veto in caso di mancato recepimento di un principio che riguarda il nostro interesse nazionale. Solo con una forte credibilità europea e internazionale Monti poteva assumere una posizione tanto rischiosa e aliena dalla tradizione italiana, e solo scommettendo davvero che Spagna e Francia ci avrebbero seguito il rischio diventava ragionevole, cioè elevato ma mettendo in conto che Berlino alla fine non potesse che cedere. Ma lo scudo non c’è. E non perché Finlandia e Olanda hanno detto no, ieri. Read More

3
Lug
2012

Il blocco delle tariffe e altre sottigliezze metafisiche

Può apparire presuntuoso suggerire al professor Mario Monti di ripassare (o far ripassare ai suoi colleghi) l’abc dell’economia, disponibile a sua scelta anche in video o su Wikipedia, ma quando ci vuole, ci vuole. E quando si sente parlare di tariffe bloccate, ci vuole.

UPDATE Fortunatamente la smentita inequivoca che auspicavo quando ho scritto questo post è arrivata dal ministro Passera, come riferisce Paolo Baroni sulla Stampa.

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2
Lug
2012

Il governo di internet

Che differenza c’è tra government e governance? Potremmo riscoprirlo nel prossimo dicembre, quando i rappresentanti dei paesi membri dell’International Telecommunication Union – l’agenzia ONU responsabile delle politiche ICT – si riuniranno a Dubai per rinegoziare, a un quarto di secolo dall’adozione, il trattato noto come International Telecommunication Regulations.

Se nel 1988 l’accordo pose le basi per una più completa integrazione dei servizi di telecomunicazioni nei diversi paesi e contribuì alla sorgente vena di liberalizzazioni nel settore, la sua ridiscussione porta oggi con sé il rischio di tradire quell’eredità preziosa. Allora la voce era l’unico servizio pensabile; oggi la commutazione di pacchetto rende le telecomunicazioni ubique e trasversali. Allora si trattava di sovrintendere l’operato dei monopolisti pubblici; oggi di disciplinare la concorrenza tra operatori diversi, innovativi e non riconducibili ad un profilo unico. Read More

1
Lug
2012

La sentenza “Pomigliano” e la cecità della politica e della Fiom

La Fiat è un’azienda sempre più globale e l’Italia rischia di diventare per l’azienda torinese una “palla al piede”. Questa considerazione, molto dura ma reale, è ancor più vera dopo la sentenza del giudice di Roma che obbliga il gruppo guidato da Sergio Marchionne ad assumere 145 operai perché iscritti alla FIOM.

La sentenza avviene in seguito alla “battaglia” di Pomigliano, dove l’azienda in cambio di maggiore flessibilità e produttività, aumentava i salari degli operai. C’era una maggiore responsabilizzazione da parte degli operai, ma questa veniva ripagata con premi.

Si è creato a “Pomigliano” un contratto di secondo livello, che aveva addirittura portato fuori da Confindustria l’azienda torinese. Un contratto che è tipico nel mondo teutonico, dove ormai più del 40 per cento dei contratti è siglato in questo modo.

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