La spending review resta da fare dopo Monti
No, la prima spending review avviata dal governo Monti non basta. E non per demerito del governo tecnico, che ha comunque fatto bene a muovere tale passo. Per comprendere il fondamento della richiesta di chi, come me e i firmatari del manifesto – appello che si può leggere su fermareildeclino.it, chiede che ci si inoltri su tagli di spesa pubblica corrente nella dimensione di almeno 6 punti di Pil in 5 anni, occorrono alcune premesse.
La prima equivale alla ragione di fondo della crisi italiana. Che per alcuni si deve all’euro privo di meccanismi cooperativi o ai “cattivi” tedeschi, mentre per chi la pensa come noi si deve all’azzardo morale imperdonabile consumato dalla politica italiana, che ha dissipato i sette punti di Pil l’anno di minori interessi sul debito pubblico regalatici dall’euro per otto anni, preferendo invece alzare spesa, tasse e debito. Ergo se si parte da questo presupposto è l’Italia che deve risolvere il suo problema, vi siano o non vi siano meccanismi di più stretta solidarietà europea, perché ha gli strumenti per farlo. Per chi la pensa come me, lo strumento è una credibile, pluriennale, massiccia strategia di abbattimento del debito attraverso cessione di attivo patrimoniale pubblico, senza coinvolgere il patrimonio dei privati. L’attivo pubblico ha capienza tale da risolvere il problema, tutte le obiezioni sono affrontabili a meno di credere che la patrimoniale privata sia preferibile.