Altroconsumo, Altrasanità?
Questa indagine di Altroconsumo rivela come le cure sanitarie private ormai costino come quelle pubbliche.
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Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gerardo Coco.
Il 2003 è cominciato davvero male. Il nuovo primo ministro del Giappone Shinzo Abe ha annunciato al mondo la sua ricetta per rilanciare il paese e innalzarne lo standard di vita: svalutare lo yen. Alla grande, naturalmente e attraverso un’aggressiva politica monetaria. La notizia è importante perché, siccome nel mondo tout se tient, la decisione si ripercuoterà soprattutto sui paesi più fragili in questo momento, Europa e Stati Uniti. Le svalutazioni, infatti, equivalgono a misure protezionistiche che portano sempre a ritorsioni, del tipo di quelle che, è opportuno ricordarlo, peggiorarono la Grande Depressione.
È da poco disponibile, per il download o persino in quegli obsoleti luoghi del sapere che chiamiamo “librerie”, il nuovo libro di IBL Libri: “Obesità e tasse. Perché serve l’educazione, non il fisco”. Il volume valuta l’opportunità di forme di tassazione selettiva degli alimenti in funzione di politica sanitaria, attraverso i contributi di giuristi ed economisti – inclusa la nostra Lucia Quaglino, che già si è esercitata sul tema dalle colonne di questo blog.
Non spetta a me – per evidenti motivi – giudicarne i meriti, ma è indiscutibile che si tratti di una pubblicazione tempestiva. La necessità di ricorrere alla fat tax, nelle sue varie declinazioni (imposte sulle bibite zuccherate, sui grassi, sul junk food – qualsiasi cosa si intenda con tale espressione), è sempre più frequentemente discussa in Europa e negli Stati Uniti; e non mancano i casi in cui tali misure siano giunte all’approvazione.
Evoluzione.
Atene, 461 a.C.
Pochi cittadini sono in grado di produrre una politica, tutti sono in grado di giudicarla (Tucidide, Storie, II, 40, Discorso di Pericle agli Ateniesi) (2) Read More
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Luigi Marco Bassani.
Un paio di settimane fa la “repubblica delle lettere” europea e americana ha perso un grande, grandissimo personaggio. Raimondo Luraghi, uno dei massimi storici della guerra civile americana al mondo ci ha lasciati dopo una intensa vita di studi, di affetti e amicizie. La scomparsa di Luraghi segue di pochi mesi quella di Eugene Genovese, storico del Sud degli Stati Uniti, con il quale lo studioso milanese (era nato a Milano e mi ha confessato di avere un rapporto profondo con questa città) condivideva interessi di ricerca, opzioni scientifiche e metodologiche, passioni per il suo oggetto di studio. Come il suo alter ego americano, Luraghi era uno storico marxista, anche se non troverete per lo più menzione di ciò nei ricordi scritti in lingua italiana. E invece il suo “marxismo culturale” non lo imbarazzava affatto, non era qualcosa da nascondere, ma una parte della sua vita sulla quale era tranquillissimo.
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gianni Pardo.
Se si cerca in un buon dizionario inglese il significato di “deadlock” si trova questa traduzione: “situazione insolubile, punto morto”. Ed è una buona occasione per descrivere le prospettive dell’Italia con una sola parola.
Non è un pessimismo snobistico: è la constatazione che, mentre in tante altre occasioni elettorali si è potuto sperare che vincesse una fazione o almeno che non vincesse un’altra fazione – perché dalla prima ci si poteva aspettare qualcosa di buono e dalla seconda qualcosa di cattivo – stavolta mancano ambedue le prospettive. Manca un progetto salvifico e persino un progetto nocivo.
Nel marzo scorso, per commemorare la scomparsa di Hayek, pubblicavamo nel Chicago blog alcune considerazioni personali su quanto l’austriaco avesse contribuito alla nostra formazione.
Per mio conto, notavo che, pur avendo dovuto leggere Hayek a margine degli studi ufficiali di giurisprudenza, nelle cui aule il suo pensiero è pressoché sconosciuto, a lui dovevo l’insegnamento di un principio che resta oggi alla base di ogni mia modesta riflessione sul diritto: la legge non sempre è il rimedio giusto per mettere ordine tra le cose e le persone.
Qualche giorno fa, alla notizia della dipartita di James Buchanan, mi chiedevo di nuovo quale lezione avessi tratto dai suoi scritti e potessi, nel mio piccolo, portare avanti e ricordare. Read More
Il marketing politico di Mario Monti punta molto sull’”effetto Forer”.
Così viene definita la tendenza psicologica a considerare accurate quelle descrizioni della personalità che si suppone siano state elaborate specificatamente per una persona ma che in realtà sono abbastanza vaghe e generali da adattarsi bene anche a individui molto diversi tra loro. Nel 1948 il professore statunitense Bertram Forer, dopo aver somministrato un test psicologico ai suoi studenti, restituì a ognuno lo stesso risultato, un’analisi caratteriale dettagliata ma al contempo un po’ ambigua: Read More