26
Mar
2013

La linea rossa – di Gerardo Coco

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gerardo Coco.

La crisi di Cipro sembra prefigurare l’inizio di ciò che potrebbe accadere su scala europea, come la crisi della grande banca viennese Kreditanstalt nel 1931 fu l’inizio del processo di distruzione economico finanziaria che caratterizzò la Grande Depressione. Due anni prima del crack un economista austriaco aveva rifiutato la carica di dirigente presso questo istituto perché, come scriveva alla fidanzata: “siamo alla vigilia di un grande crollo e non voglio che il mio nome ne sia compromesso” Quell’economista si chiamava Ludwig von Mises. (Margit von Mises, My Years with Ludwig von Mises, Arlington House, 1976, p. 31). Già diciannove anni prima, nel 1912 aveva pubblicato la Teoria della moneta e dei mezzi di circolazione, opera che anticipava le modalità del collasso del sistema finanziario e l’inevitabilità della depressione. Mises non era un indovino ma basava le sue previsioni su una solida teoria cui nessuno prestò attenzione perché, allora come ora, si preferiva credere alla favola che la semplice espansione del credito possa moltiplicare all’infinito capitali e ricchezze per pagare debiti illimitati. Si tratta invece di un raggiro monetario che prima o poi supera quella linea rossa oltre la quale si innesca un processo irreversibile che Mises ha così descritto: “Non vi sono mezzi per evitare il collasso finale di un espansionismo eccessivo prodotto dal credito. L’alternativa è soltanto che la crisi si presenti prima come risultato del volontario abbandono ad espandere ulteriormente il credito, o successivamente, come catastrofe finale e totale del sistema monetario interessato” (Human Action, 1963 p. 572).

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25
Mar
2013

Rimborsare 70 mld. di debiti P.A. non crea 1 euro di deficit in più

Spero che gli studenti che sono stati miei allievi al corso di Finanza Pubblica della Bicocca in questi anni non abbiano letto i giornali odierni in tema di deficit pubblico dell’Italia e rimborso dei debiti commerciali della P.A. Se lo hanno fatto penseranno che io abbia raccontato loro delle frottole oppure, in alternativa, che la Commissione U.E. e il Governo italiano non conoscano le procedure contabili di finanza pubblica. Ecco un breve estratto (il grassetto è mio) di ciò che potrebbero aver letto, tratto dal Sole 24 Ore di oggi: Read More

25
Mar
2013

Lavoro: se dovesse cadere anche l’alibi cinese

“Le fabbriche cinesi fanno fatica a tenere la loro forza lavoro” è il titolo di un articolo pubblicato qualche giorno fa dal Financial Times (FT). Sono diversi i motivi che riducono la forza lavoro che le manifatture cinese possono impiegare. Il primo è una conseguenza delle politiche di restrizioni alle nascite: nel 2012 per la prima volta la popolazione cinese in età da lavoro (15-59) si è ridotta. Secondo motivo: con il benessere sono cambiate le preferenze dei lavoratori (FT, Quality of life: discovering the joys of free time). I dipendenti cinesi richiedono condizioni di lavoro migliori, organizzano scioperi per ottenerle e molti giovani non vogliono più lavorare nell’industria, ma gestire una propria impresa o lavorare nel terziario (FT, China: beyond the conveyor belt). Infine, alcuni interventi del Governo cinese aumentano il costo del lavoro; Pechino, ad esempio, vorrebbe innalzare il salario minimo (FT, Beijing vows to raise minimum wages).  Read More

21
Mar
2013

Se lo Stato controlla se stesso

L’obiettivo di  “avviare una seria razionalizzazione  della spesa pubblica, che faccia della spending review non già lo strumento eccezionale per stringere i bulloni, ma uno strumento ordinario di controllo della spesa che prenda le mosse dalla definizione (…) delle spese realmente necessarie”[1] richiede che, al di là degli ambiti specificamente considerati dal legislatore, ciascuno di noi avvii qualche riflessione al riguardo, anche traendo spunto dal quotidiano.

Se è vero che ogni duplicazione di attività comporta uno spreco di denaro ed energie per chi la effettua, ciò è a maggior ragione grave se la duplicazione avviene ad opera dello stesso soggetto. Se quest’ultimo è lo Stato, se detta duplicazione è finalizzata a controllare, oltre ai propri dipendenti, anche paradossalmente se stesso e, infine, se l’obiettivo di tale duplicazione di attività è la riduzione di quella spesa pubblica che essa stessa va per altro verso a incrementare, la contraddizione di un sistema così strutturato è palese.

 

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19
Mar
2013

L’Ocse sulle performance ambientali dell’Italia: gestione dell’acqua tallone d’Achille, specialmente dopo il referendum

Il rapporto Ocse sulle performance ambientali, presentato poco tempo fa a Roma dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e dal direttore del Dipartimento Ambiente dell’Ocse, Simon Upton, fa il punto sull’efficacia delle politiche ambientali condotte in Italia.
Le note più dolenti riguardano la gestione delle risorse idriche. Nonostante l’elevata piovosità media annua, la disponibilità pro capite di acqua dolce è una delle più scarse tra i paesi Ocse. I motivi sono molteplici: alcuni di carattere fisico (l’elevata evapotraspirazione), altri di tipo infrastrutturale (come ad esempio la limitata capacità di stoccaggio). E se le pressioni causate dall’inquinamento sono diminuite in conseguenza di maggiori strumenti di prevenzione e controllo, i carichi inquinanti dei settori industriale, civile e agricolo non vengono sufficientemente contrastati dagli impianti di depurazione. Secondo il rapporto, “oltre un terzo dei corpi idrici di superficie e l’11% dei corpi idrici sotterranei non raggiungeranno gli obiettivi di stato ecologico fissati dalla Direttiva Quadro sulle Acque dell’UE (DQA) per il 2015”.
Il quadro è già stato tracciato in questa sede da Lucia Quaglino, che riportava alcuni dati emersi durante la Conferenza Nazionale sulla Regolazione dei Servizi Idrici: le perdite di rete sono superiori al 30% (le più elevate d’Europa), il 15% della popolazione non è servito dal sistema fognario, i depuratori sono insufficienti o inesistenti per un italiano su tre, il servizio subisce ancora interruzioni, soprattutto al Sud.
Le carenze infrastrutturali sono dovute in larga parte ad una cattiva regolamentazione.
Anche in questo caso, le considerazioni relative alla stratificazione e all’incertezza normativa, con conseguenti sovrapposizioni di competenze e significativi inadempimenti rilevate dall’AEEG trovano un avvallo. Secondo l’OCSE “la gestione delle acque rimane eccessivamente complessa, caratterizzata da decisioni dettate dall’urgenza e focalizzando su soluzioni di breve termine… Nel 2006 sono state avanzate delle proposte per sostituire le autorità di bagino idrografico con otto distretti idrografici…Tali proposte, però, sono state bloccate da gruppi di interesse per diversi motivi”.
L’Ocse si spinge però oltre, stigmatizzando i perversi effetti dell’esito referendario: Read More

13
Mar
2013

Organismi partecipati dagli enti territoriali

In occasione dell’inaugurazione dell’anno 2013 della giustizia contabile, il procuratore regionale della Corte dei Conti della Campania, Tommaso Cottone, ha rivolto un’aspra critica nei confronti delle società partecipate dagli enti locali: “Le partecipate sono il vero cancro degli enti locali, un passato di cui non ci si riesce a liberare, con incarichi e consulenze dai compensi fuori mercato che non hanno prodotto niente”.  Read More

12
Mar
2013

Sanità pubblica: cui prodest?

Sul sito del Ministero della Salute si legge quanto segue:

Nel nostro Paese la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività prevista dall’articolo 32 della Costituzione è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale. Istituito dalla legge 833 del 1978, il SSN italiano ha carattere universalistico e solidaristico, fornisce cioè l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini senza distinzioni di genere, residenza, età, reddito e lavoro. Read More

11
Mar
2013

Lo Stato invasore e la città responsabile — di Damiana Conti

La questione dello Stato minimo è assai dibattuta e controversa. In America, dove lo Stato è meno invasivo nei confronti del “diritto dei privati”, comunità contrattuali come le homeowners associations o le neighborhood association (fatte le dovute differenze tra le diverse realtà) sono fiorenti e rappresentano un modo “alternativo” di vivere il contesto urbano, con il fine di massimizzare i benefici che l’individuo e, conseguentemente, la comunità traggono dalla condivisione degli spazi pubblici. In Italia una tale prospettiva non sembra essere possibile, tuttavia può esistere un modo di vivere le città più responsabile. Read More