31
Mag
2013

Nomine, politica e auspicabili passi avanti

Sembra proprio che i sindaci azionisti di Iren non stiano riuscendo ad accordarsi su chi nominare ai vertici dell’azienda. Anche se oramai il tempo stringe e, si sa, la politica è l’arte del compromesso…

Quindi una soluzione, una convergenza in un maniera o nell’altra verrà trovata, come del resto è stato fatto in questi anni da quando proprio la politica di sinistra diede avvio ad un’ambizioso processo aggregativo anche, se non soprattutto, per non essere da meno a quella di destra che già si era portata (più) avanti unendo l’ASM di Brescia con la AEM di Milano (anche lì i con non pochi e non piccoli problemi di governance).

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30
Mag
2013

La rete Telecom tra regole e controllo

Dando seguito a mesi di proclami e ad anni di dibattiti più o meno aspri, il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia ha finalmente deliberato la destinazione a una società separata della rete fissa di accesso, il reticolo di cavi – in rame e, per i più fortunati, in fibra ottica – che congiunge le centraline dell’operatore agli uffici e alle abitazioni degli utenti. Si tratta di una decisione importante, caldeggiata con tenacia da alcuni osservatori: inclusi – i lettori ci perdoneranno questo minuscolo autocompiacimento – noialtri dell’Istituto Bruno Leoni. Bene, bravi, bis.

C’è, ahinoi, un però. Il processo di societarizzazione va esaminato nell’ambito di una riflessione più ampia, che coinvolge temi come il finanziamento delle nuove infrastrutture, il contesto competitivo, il regime regolamentare: la nascita della newco incide sull’identità delle parti in causa, ma certo non estingue tali questioni. Insomma, la decisione odierna pone le basi per un’ auspicabile evoluzione del mercato delle telecomunicazioni, ma di per sé non risolve alcuno dei nodi aperti. Chi controllerà la società della rete? Quali regole presiederanno alla sua governance? Queste sono le domande che determineranno il successo dell’operazione.

I modelli astrattamente ipotizzabili sono due. La strada maestra sarebbe quella di procedere, accanto alla separazione societaria, a una separazione proprietaria. Telecom potrebbe, cioè, mettere sul mercato la società della rete (o almeno una partecipazione di controllo), eliminando alla radice gli ovvi conflitti di interessi che derivano dalla sua attuale configurazione di operatore verticalmente integrato. È questa una soluzione poco percorribile, per ragioni industriali – la rete porta ricavi e presidia l’indebitamento – e forse ancor più per ragioni politiche – imponendo di rinnegare le fole sull’italianità dell’infrastruttura e aprire con chiarezza a investitori di ogni colore e passaporto.

L’unica alternativa credibile a questo scenario è la definizione di una struttura di governance che assicuri indipendenza e trasparenza, sul modello Openreach: in questo senso, dice bene Carlo Alberto Carnevale Maffè quando ricorda che – pur prescindendo dal tema del controllo – è possibile mettere a punto meccanismi amministrativi e di gestione volti a garantire un’effettiva parità di accesso: l’esperienza inglese è lì a ricordarlo. Tuttavia, questa soluzione – rispetto alla separazione proprietaria – presupporrebbe una più assidua vigilanza dell’Autorità e una cultura regolamentare di cui, forse, il paese non è dotato. La sanzione recentemente comminata a Telecom dall’Antitrust  è una lampante dimostrazione di come le regole funzionino assai meglio quando sono allineate agli incentivi e agli interessi dei soggetti che vi si dovrebbero conformare.

Quale dei due percorsi attende la società della rete? Non una separazione proprietaria, perché l’azienda ha chiarito che è disposta a diluire la propria partecipazione solo fino al 51% del capitale; ma neppure il puro modello Openreach, perché dietro l’angolo s’intravede l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti. Il risultato è che Telecom manterrebbe il controllo dell’infrastruttura, abbatterebbe una quota del debito grazie alla stampella pubblica e si preparerebbe a contrattare condizioni regolamentari più favorevoli, specialmente per la fibra: il tutto a fronte di concessioni ancora nebulose in fatto di governance. Ora, se è chiaro perché l’ex monopolista spinga per un simile epilogo, più problematiche sono le motivazioni dell’istituto di via Goito. Se la partita si gioca sul controllo, si abbia il coraggio di andare fino in fondo; se si gioca sulle regole, Telecom non ha bisogno di rinforzi. La terza via, però, potrà solo condurre un’operazione lungimirante e potenzialmente risolutiva all’ennesimo pasticcio gattopardesco.

30
Mag
2013

No Tobacco Day: pentiti scellerato!

Domani sarà il No Tobacco Day promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per ripetere, qualora qualcuno ancora non ne fosse del tutto convinto, che il fumo fa male. Liberare il mondo dal tabacco suona come una di quelle missioni salvifiche e purificatrici per la nascita dell’ homo novus, esemplare raro di virtù, stoicamente indifferente al vizio e al piacere. La storia ci insegna invece che ogni impresa di palingenesi è miseramente destinata al fallimento, gli esseri umani non si prestano all’ingegneria sociale. C’è però una questione, che non è affrontata a sufficienza: esiste o no un confine netto e chiaro tra il piano globale per la rifondazione dell’umanità e il più umile ma pratico obiettivo di informare, con laicità.

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28
Mag
2013

Pensioni da tagliare: non è un tabù.

L’Italia è salva? Dopo la chiusura della procedura d’infrazione per il deficit da parte dell’Unione Europea, molti partiti hanno dimostrato come l’Italia ha fatto ad arrivare nella situazione in cui si trova.

Sembra che nessuno si ricordi che sul nostro Paese gravi un debito di oltre 2000 miliardi di euro, e subito ci si rallegra che possiamo spendere 8 miliardi di euro in più all’anno. come se gli 800 miliardi di spesa pubblica non siano abbastanza.

Siamo al 127 per cento del rapporto sul debito sul PIL e il deficit è al tre per cento. Pochi si ricordano di questi dati, come se fossimo dei bravi “alunni” che dal tre fisso in matematica fossero passati ad avere un quattro. Read More

27
Mag
2013

Governo dalle larghe intese e scarse idee

Da mesi ormai è allarme economico nazionale: la recessione sembra inarrestabile con i consumi in costante calo, la disoccupazione in vertiginoso aumento ed il danaro sempre più ingessato nelle tasche di chi ancora ne ha; all’orizzonte non si intravedono però spiragli concreti che possano rassicurare o far sperare in un imminente miglioramento.

E’ inutile nascondersi dietro al fico! Qualunque misura adottabile deve fare i conti con un debito pubblico inesorabilmente destinato ad aumentare: sempre meno persone producono reddito e finiscono per gravare sul welfare; chi ancora vi riesce, ne produce di meno; di conseguenza, le entrate erariali “ordinarie” sono destinate a diminuire ed il debito pubblico ad aumentare.

Siccome non sarà più possibile Read More

25
Mag
2013

Platts, ovvero quell’incomprimibile bisogno di nuovo petrolio — di Angelo Spena

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Angelo Spena.

Non l’ho mai pubblicato ma, da quando per la prima volta lo presentai – in Cina al Politecnico di Harbin nell’ottobre del 2006 – lo aggiorno ogni anno con l’aiuto dei dottorandi che lo tengono d’occhio nei miei corsi universitari e di master. E’ l’andamento comparato del prezzo del petrolio, medio tra i grezzi di riferimento di area geografica (WTI, Dubai e Brent), e dell’importo cumulativo degli investimenti per ricerca ed estrazione di petrolio nel mondo. Anno per anno, dal 1979, in dollari 2010.

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25
Mag
2013

L’economia è un surplus — di Gerardo Coco

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gerardo Coco.

Nella storia i progressi non avvengono secondo una linea retta ascendente ma seguono un movimento a spirale interrotto da ritorni retrogradi. Nella nostra epoca viviamo uno di questi ritorni. Il pensiero economico è ripiombato al livello di quattrocento anni fa, ai tempi del peggiore mercantilismo, quando si sviluppò “l’analisi scientifica” degli affari pubblici che stabiliva prima di tutto che l’economia era troppo importante per essere lasciata solo nelle mani dei privati. Questo concetto oggi si è di nuovo imposto generando lo stesso arsenale programmatico di divieti, restrizioni, legislazioni minuziose e farraginose, pratiche redistributive e sussidi con il corollario di un apparato pianificatore, una burocrazia ufficiale parassitaria, il cui sostentamento richiede una tassazione oppressiva. E’ il modello dello stato interventista, oggi diventato europeo e che ha finito per fare dei governi i comproprietari dei nostri beni visto che la pressione fiscale reale è quasi ovunque del 50%. Jean-Baptiste Colbert ministro delle finanze di Luigi XIV, che avrebbe voluto stabilire cosa e come si doveva produrre (“le politiche industriali”) fino ad arrivare a prescrivere ai fabbricanti la foggia dei loro tessuti, era, comunque, in confronto agli attuali reggitori dell’economia, un modello di comportamento liberale: non si sarebbe mai azzardato a mettere le mani direttamente nei conti bancari come è avvenuto di recente in Europa e come probabilmente si ripeterà in futuro. Per quanto riguarda la teoria, l’analogia con il periodo mercantilista sta nel considerare  “primum mobile” dello sviluppo l’espansione monetaria sempre confusa con quella del capitale, equivoco che impedisce di capire perché, ad un certo punto, il sistema non funzioni più, entri in crisi e ci rimanga. Oggi poi, col denaro prodotto direttamente dai governi, il problema si è enormemente aggravato rendendo le crisi, una volta periodiche, ora strutturali.

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25
Mag
2013

Se il legislatore non impone, ma sembra suggerire.

Con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946 venne attribuito alle donne il diritto di elettorato passivo, ma evidentemente il legislatore ritiene che un’effettiva parità di genere nell’ambito considerato non sia ancora stata raggiunta. Oppure il problema è terminologico, sì che è necessario preliminarmente precisare come tale parità debba essere intesa. Se si reputa che essa identifichi analoghe possibilità, per esponenti di entrambi i generi, di essere eletti in rappresentanza di coloro che esprimano un voto in loro favore e così, parimenti, fruire dell’opportunità di accedere alle cariche previste, non si comprende di quali ulteriori tutele le donne avessero bisogno.
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24
Mag
2013

Referendum scuola a Bologna: Friedman, Gramsci e don Milani votano B

Domenica a Bologna ci sarà un referendum consultivo per scegliere se lasciare una parte di finanziamento pubblico alle scuole paritarie (opzione B) o se toglierlo per darlo alle scuole comunali e statali (opzione A). La situazione è questa: a Bologna ci sono 27 scuole private di cui 25 cattoliche (è questo il vero problema per i promotori) che rappresentano circa il 20% dei posti disponibili e che ottengono circa il 3% dei finanziamenti pubblici (1 milione di euro), mentre le scuole comunali e statali rappresentano l’80% dei posti ed ottengono il 97% dei finanziamenti. È evidente che se qui c’è una discriminazione, quella è a danno della famiglie che scelgono una scuola privata e che ottengono in servizi molto meno delle tasse che pagano.

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