Come (non) attrarre gli investimenti stranieri
Due settimane fa, proprio nelle stesse ore in cui Enrico Letta esponeva all’Assemblea Generale dell’ONU il progetto “Destinazione Italia”, l’affare Telefonica-Telecom scatenava le reazioni indignate di gran parte dell’opinione pubblica: una coincidenza temporale degna della miglior satira, che però ha il merito di far tornare in auge il tema dell’investment climate.
Daniel Ikenson, direttore del Center for Trade Policy Studies al CATO Institute, ha scritto di recente un paper (http://object.cato.org/sites/cato.org/files/pubs/pdf/pa735_web_2.pdf) in cui analizza lo stato dell’arte degli investimenti diretti esteri (FDI) negli USA.
Secondo l’autore, il tema è di cruciale importanza: i FDI rappresentano il giudizio del mercato globale sulle istituzioni, le politiche, il capitale umano e le prospettive di un paese.
Il trend negativo che ha contraddistinto i FDI delle maggiori economie occidentali negli ultimi 20 anni può essere spiegato in larga misura con l’emergere di paesi sempre più attraenti per gli investitori; ma una parte di questo declino va certamente attribuita agli errori della politica.