L’euro si conferma area monetaria non ottimale: cambiarne le regole o farsene mangiare
C’è un tema al quale la politica italiana, presa dalle sue mille polemiche interne, presta assai poca attenzione. Tranne poi vellicarlo superficialmente, da destra, sinistra e grillinamente, con sparate demagogiche a fini di consenso. E’ un tema assolutamente centrale: se ma soprattutto come cambiare l’Unione europea e le regole dell’euro, per impedire che o la crisi dell’euro uccida l’Europa, oppure che il perseguimento dell’euro a regole invariate ottenga, di fatto, lo stesso risultato.
Tra il 1996 e il 1997, prima della scelta finale della terza fase della moneta unica cioè dell’avvio dell’euro in quanto tale, pochi italiani autorevoli, di culture ed esperienza economica, finanziaria e manageriale assai diversa, tentarono invano di attirare l’attenzione della politica e dei media. Erano manager come Cesare Romiti, economisti keynesiani rigorosi alla Franco Modigliani come Paolo Savona, e offertisti come Antonio Martino. C’era anche l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, che nel consolidamento bancario italiano solleverà poi polemiche e inchieste, ma che di moneta per riconoscimento unanime ne capiva e ne capisce eccome. A organizzare eravamo, all’epoca noi della fondazione Liberal.