9
Dic
2013

Come creare nuovo lavoro pagando le ore effettivamente lavorate—di Gian Luigi Capriz

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gian Luigi Capriz.

Esiste nella normativa italiana uno strumento molto flessibile e pratico per gestire le attività di tipo occasionale: sono i cosiddetti “Voucher” regolati dal D.L. 276/2003 che sono tuttavia uno strumento ancora poco diffuso ed il cui utilizzo è limitato ad un numero ristretto di possibili fruitori e ad uno spazio temporale e di reddito circoscritti.

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8
Dic
2013

Ufficio parlamentare di bilancio: qualcosa si muove, speriamo nella giusta direzione

La giunta per il regolamento della camera dei deputati, nella seduta del 21 novembre 2013, ha finalmente discusso la procedura per l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, accorgendosi – sembra – solo ora dell’urgenza a provvedere. Infatti, secondo la legge attuativa del principio di pareggio di bilancio, tale ufficio dovrebbe entrare in funzione dal 2014, ma fino ad ora non si era avuto cenno di interesse da parte delle Camere, come l’Istituto Bruno Leoni aveva proprio di recente denunciato qui e qui. Read More

6
Dic
2013

Il fracking è l’unica vera rivoluzione ambientalista

Si è discusso molto negli ultimi mesi (non in Italia, per la verità, o perlomeno non nei contenuti) di fracking, un sistema innovativo di estrazione di gas dalle rocce che i suoi critici dicono essere molto inquinante.
Per combattere i pregiudizi, ultimamente sempre più studiosi stanno cercando di sensibilizzare le persone sull’utilizzo responsabile dello shale gas, nonostante le tante preoccupazioni dei detrattori (spesso frutto di un ambientalismo ideologico e controproducente). Read More

5
Dic
2013

Giovannini e il potere di dare i numeri

pubblicato su Libero il 5 dicembre 2013

Gli italiani non riceveranno la “busta arancione” perché sono ignoranti. La busta è il documento usato in Svezia, dopo la riforma pensionistica di metà anni ’90, attraverso cui i cittadini vengono informati sull’ammontare della pensione che riceveranno dallo Stato. A differenza dei cittadini svedesi, gli italiani non hanno mai ricevuto un’informazione del genere, né mai l’avranno: «Busta arancione vuol dire tutto e vuol dire nulla – ha dichiarato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini – se vuol dire inviare a casa di tutti un foglio con dei numeri non credo faremmo un buon servizio al sistema, visto anche, come dimostrano i dati Ocse, la scarsa dimestichezza di molta parte della popolazione con la capacità matematica». Gli italiani non capiscono nulla di numeri e quindi non hanno diritto di sapere quanto gli spetterà di pensione. Il sospetto è che in realtà il ministro non voglia far sapere ai cittadini, e ai giovani in particolare, la miseria di pensione che riceveranno in cambio dei pesantissimi contributi che pagano per mantenere un sistema costoso ed inefficiente.

Se invece il ministro crede realmente a ciò che dice, dovrebbe fare una seria riflessione sul suo percorso professionale e sugli anni passati alla presidenza dell’Istat. È stato infatti proprio Giovannini nel 2009 a descrivere la mission dell’istituto: “La missione dell’Istituto nazionale di statistica è quella di servire la collettività attraverso la produzione e la comunicazione di informazioni statistiche. Lo scopo è quello di sviluppare un’approfondita conoscenza della realtà economica e sociale dell’Italia e favorire i processi decisionali di tutti i soggetti della società”. Se ora il ministro ritiene che gli italiani non comprendano i numeri vuol dire che per anni è stato pagato dai cittadini per svolgere un lavoro inutile, di cui gli italiani non comprendono il senso. Inutile come il lavoro a capo della Commissione che prendeva il suo nome, istituita per livellare gli stipendi dei parlamentari italiani alla media degli altri paesi europei. Dopo diversi mesi di studio, Giovannini ed altri “quattro esperti di chiara fama” hanno gettato la spugna: “Nonostante l’intenso lavoro svolto, l’eterogeneità delle situazioni negli altri Paesi e le difficoltà nella raccolta dei dati non hanno consentito alla Commissione di produrre i risultati attesi”.

Le parole del ministro cozzano anche con la lettura che ha tenuto solo un anno fa davanti al gruppo bolognese del Mulino – davanti a Piero Giarda, Ignazio Visco e Romano Prodi – dal titolo einaudiano Conoscere per decidere. Giovannini ricordava che la conoscenza dei numeri è fondamentale per il funzionamento di una buona democrazia, è l’unico strumento per ridurre “l’asimmetria informativa” con il potere statale: “«Conoscere per decidere» è una sfida dalla quale dipende l’effettivo esercizio delle libertà individuali, la democrazia e lo stesso benessere dei cittadini”. L’allora presidente dell’Istat Giovannini anticipava il motivo per cui oggi il ministro Giovannini non vuole comunicare le informazioni ai cittadini: “Una volta eletto, il politico gode di un vantaggio informativo rispetto al cittadino, vantaggio che può essere usato per giustificare gli insuccessi di una certa scelta politica”. E allora l’essere diventa dover essere: gli italiani non sono ignoranti, devono essere ignoranti.

Twitter @lucianocapone

4
Dic
2013

L’equivoco protezionista e i topi nel formaggio

Il blocco odierno dei TIR carichi di generi alimentari al Brennero da parte degli iscritti di Coldiretti è stata una messa in scena offensiva, oltre che della libertà di circolazione delle merci, anche delle ragioni di consumatori.

Coldiretti sostiene di aver agito esasperata dall’ingresso su territorio italiano di merci marcate Made in Italy ma che di italiano hanno solo la produzione finale e non l’origine degli ingredienti principali. Ciò indurrebbe in inganno il consumatore che comprerebbe un prodotto fatto in Italia (Made in Italy, appunto) ma con materie prime coltivate o allevate all’estero, in paesi con un differente standard di controllo rispetto al nostro.

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28
Nov
2013

Imu prima casa 2013, o Letta rimedia o perde la faccia

La vicenda della tassazione sulla prima casa nel 2013 rischia di finire in una beffa atroce. Per diversi milioni di italiani, almeno 6, a Napoli come a Milano, a Verona come a Reggio Calabria, si pagherà per l’anno in corso una parte di quel che innumerevoli volte è stato detto che non si sarebbe pagato. Non pochi, e i più poveri, pagheranno più che nel 2012. Se il governo non smentisce subito e se non trova immediatamente la relativa copertura, la presa per i fondelli alle famiglie coinciderà con la più grave perdita di credibilità dell’esecutivo dacché ha giurato.

Cerchiamo di capire. E’ da fine aprile, che il governo Letta si confronta con l’annullamento dell’IMU. A maggio, viene congelata e fatta slittare la prima rata dovuta dai proprietari. Avverrà per due volte. Dopo aver garantito ad agosto che sarebbe stata cassato ogni prelievo sulla prima casa, ma aver coperto solo finanziariamente la prima rata il cui versamento era stato prorogato, l’annullamento della seconda rata veniva di volta in volta ribadito a parole – e tra qualche dissenso, nel governo come nella maggioranza – ma mai formalmente deciso. Mancavano le coperture. E il governo si teneva aperta la posta, sperando così di premere sul Pdl. Partiva intanto una complessa serie di successive proposte sulla nuova tassazione generale immobiliare per il 2014, comprendendo la ex IMU trasformata, sulle seconde case e fabbricati d’impresa, e la ex TARES sui servizi divisibili e indivisibili gravanti sugli immobili. Lasciamo perdere le mille sigle susseguitesi, da Trise a Tasi fino a IUC. Una prima stesura, all’atto del varo della legge di stabilità, smentendo una prima volta la promessa del governo, era congegnata però in modo da rialzare il prelievo complessivo. Una seconda stesura, mentre l’esame della legge di stabilità di Senato era ormai avanzato, ribadiva a voce la settimana scorsa il totale annullamento dell’IMU sulle prime case per il 2013, e proponeva norme con un limite più basso alla tassazione complessiva nel 2014.

Ma restava aperto il problema delle coperture sulla seconda rata IMU prima casa nel 2013, dovuta dai proprietari il 16 dicembre – scadenza che con una decisione formale del governo sin qui non è mai stata annullata né posticipata. Il governo ha disposto questa copertura solo l’altroieri. Ed ecco la fregatura.

Il governo, come non ha annullato formalmente la scadenza del 16 dicembre della seconda rata sull’IMU prima casa, non ha mai nemmeno assunto la decisione formale di comunicare ai Comuni che non potevano, nel frattempo, alzare oltre il 4 per mille l’IMU per il 2013. Come invece era loro facoltà disporre, sino al 6 per mille. Il governo doveva farlo a maggio, allorché congelò la prima rata. Ma non avendo le idee chiare, se il governo l’avesse fatto si sarebbe trovato subito sul tavolo l’immediata richiesta dei Comuni di aumentare, per il corrispettivo negato, i trasferimenti da Roma. Altre risorse da recuperare, per il Tesoro.

I Comuni in questo avrebbero avuto ragione. Perché il governo ha proceduto alla definizione formale dei tagli ai Comuni sui trasferimenti 2013 solo a fine ottobre. Per questo è stato prorogato fino al 30 novembre il termine per i bilanci preventivi 2013 dei Comuni. Si commenta da sola, una finanza pubblica che per i suoi ritardi e le sue incertezze politiche fa chiudere i bilanci preventivi a tre settimane dalla fine d’anno. Ma non sono i Comuni ad averlo deciso, è il governo. Non sono i Comuni ad aver violato la legge, disponendo nel frattempo, per far tornare i conti, aumenti di addizionali nei limiti delle norme vigenti: è stato il governo, a non inibire tale facoltà. Di conseguenza, i Comuni continuano ad aver tempo fino al 30 sera di novembre per ritoccare l’aliquota Imu prima casa fino al 6 per mille, e fino al 9 dicembre per comunicarlo al Tesoro. Cioè solo 5 giorni prima di quando i cittadini dovrebbero poi pagare.

Solo che il governo, nel suo emendamento depositato al Senato prima del voto sulla legge di stabilità, ha scritto che le coperture per la seconda rata IMU prima casa, e dunque i trasferimenti ai Comuni per le mancate risorse, ci sono solo per l’aliquota standard al 4 per mille, pari a 2,15 miliardi. Iutti i Comuni in cui è stato o sarà intanto disposto – legittimamente ripetiamo – l’aumento oltre il 4 e fino al 6 per mille, lo Stato non rimborserà l’addizionale. Ergo i proprietari dovranno pagare la quota non coperta. Al massimo, lo Stato è disposto a farli pagare il 16 gennaio, invece del 16 dicembre.

Il governo si difende sostenendo che l’esenzione totale della seconda rata dell’IMU agricola l’avrebbe in parte evitata, ma non avendo potuto scontentare il ministro in carica alfaniano ecco che non è possibile accontentare tutti. Già non è detto che reggano le fantasiose coperture trovate accrescendo per un anno l’aliquota IRES alle banche dal 27,5% al 36%, accrescendo gli acconti IRES e IRAP al 102,5% alle imprese, e al 100% sul risparmio gestito… altri tre veri orrori, va detto. In parte ricompensato soprattutto ad alcune banche come Intesa e Unicredit con quellì’altra inusitata trovata della rivalutazione delle loro quote in Bankitalia, cedibili oltre il tetto del 5% per miliardi…cose da matti.

Ma la difesa del governo testimonia solo della sua indecisione su scelte coerenti. Poiché i Comuni in cui l’aliquota decisa sopra il 4 per mille sono a oggi più di 600 (tenendo conto delle approvazioni in corso in extremis come a Roma, potrebbero aumentare di un altro centinaio), ecco che gli italiani colpiti sarebbero fino a 6 milioni. Per molti di loro, il paradosso è che innanzitutto i meno abbienti pagherebbero nel 2013 per l’addizionale più di quanto avessero pagato in totale sulla prima casa nel 2012, visto che allora si applicavano le soglie di 200 euro di detrazione più quella di 50 euro per figlio a carico, mentre oggi la differenza decisa dai Comuni oltre il 4 per mille è al lordo, senza detrazioni di sorta. Dopo aver sentito dire dal governo per 7 mesi che non si doveva nulla, dover mettere mano al portafoglio tra i 40 euro in media a Napoli e fino a 100 a Milano sulla prima casa sarebbe un esito intollerabile.

E’ ovvio che Anci e Comuni siano insorti, attaccando duramente il governo. Che si fa il conto siano i sindaci, a rispondere davanti ai cittadini dell’indecoroso gioco delle tre carte. Ma sarà bene che il governo rimedi. Per favore, non con un’altra tassa. Se a fine novembre non trova più 500 milioni di tagli di spesa 2013 per far tornare i conti, si deve assumere la responsabilità dell’errore gravissimo, senza pretendere di addossarlo a cittadini e Comuni.