Destinazione Italia: niente di nuovo sul fronte r.c. auto
Quella dei rincari delle polizze r.c. auto è una delle molte emergenze cicliche di questo paese, sovente alimentate da interventi normativi che privilegiano l’impatto estetico ma mancano il cuore dei problemi. Le disposizioni contenute nell’art. 8 del decreto “Destinazione Italia” non fanno eccezione. Si tratta di una serie di previsioni variegate: alcuni aggiustamenti di generico buon senso e rilevanza limitata; alcune previsioni volte a incidere direttamente e indirettamente su un’affidabile quantificazione dei risarcimenti; infine, una manciata d’innovazioni più caratterizzanti e definite da una ratio unitaria: il tentativo di stabilire una relazione automatica tra i minori costi previsti per le compagnie e i risparmi a beneficio dei consumatori.
Al primo gruppo appartengono l’elevazione dei massimali minimi obbligatori per l’assicurazione degli autobus contro i danni alle persone a 10 milioni di euro (comma 1, lett. a) e l’introduzione, accanto al termine prescrittivo di due anni, di un termine di decadenza di 90 giorni per la presentazione della richiesta di risarcimento, fatti salvi i casi di forza maggiore (comma 6).
Al secondo gruppo si possono ascrivere le previsioni in materia di testimoni (comma 1, lett. c): la loro identificazione deve risultare – salvo nei casi di oggettiva impossibilità – dalla denuncia di sinistro e dalla richiesta di risarcimento, pena l’inammissibilità della prova prodotta; inoltre, il giudice è tenuto a verificare la ricorrenza dei testimoni in altre cause per sinistri stradali, servendosi della banca dati istituita presso l’Ivass dal decreto “Crescita 2.0”: ove si riscontri la presenza di tali testimoni in almeno tre cause nel corso degli ultimi cinque anni, il giudice trasmette un’informativa alla Procura della Repubblica competente, affinché possano essere disposti ulteriori accertamenti.
All’analogo intento di assicurare una corrispondenza tra l’effettiva consistenza del danno e l’ammontare del relativo risarcimento risponde anche la richiesta che le lesioni di lieve entità vengano accertate strumentalmente, e non più con un mero riscontro “visivo” (comma 3); così come le previsioni che incidono sull’art. 148 del Codice delle assicurazioni private (Cap), intervenendo sui parametri di rischio frode che giustificano una sospensione della procedura di risarcimento, così da permettere gli accertamenti del caso, ed allungando da 5 a 10 giorni il termine minimo da concedersi alla compagnia per la perizia sulle cose danneggiate. Meno comprensibile è la soppressione del periodo che esplicitamente riconosceva la facoltà del danneggiato di non procedere alla riparazione senza che ciò pregiudicasse il suo diritto al risarcimento: tale disposizione presentava certo alcune difficoltà di convivenza con l’istituto del risarcimento in forma specifica (v. infra), ma la sua abrogazione solleva dubbi di costituzionalità.
Come detto, più rilevanti appaiono le rimanenti disposizioni, caratterizzate da uno schema comune, che assegna alle imprese assicurative la facoltà (o l’obbligo) di modulare in una determinata maniera la relazione contrattuale o la prestazione risarcitoria, prevedendo al contempo che sia riconosciuta all’assicurato una riduzione dei premi. Così, per esempio, s’introduce l’obbligo per la compagnia di proporre all’assicurando la sottoposizione del veicolo a ispezione preventiva, a fronte di una riduzione di premio che la norma non quantifica (comma 1, lett. b).
Similmente, si prevede la facoltà per l’impresa di ricorrere a procedure di risarcimento per equivalente, tanto verso i danneggiati assicurati quanto verso i terzi danneggiati, garantendo la riparazione del veicolo presso strutture controllate dalla compagnia o con essa convenzionate, a fronte di una riduzione del premio pari almeno al 5% del premio regionale medio incassato – o al 10%, nelle aree specificamente individuate dall’Ivass (comma 1, lett. d). L’opzione dell’impresa ha efficacia per tutto l’anno solare e per tutti i sinistri risarcibili, fuorché – per evidenti ragioni – quelli segnati da concorso di responsabilità: col rischio tangibile d’incappare nel paradosso per cui la tariffa “scontata” è invero l’unica esistente, e manca di un parametro rispetto al quale computare lo sconto. Quest’approccio manicheo risulta orientato alla costituzione di un sistema di liquidazione in tutto alternativo all’ordinario risarcimento per equivalente piuttosto che alla valorizzazione caso per caso delle libertà contrattuali di imprese e assicurati. Inoltre, il meccanismo presenta alcune evidenti criticità operative: prima fra queste, l’incongura vicinanza del termine per l’esercizio dell’opzione per l’anno 2014.
Ancora, si prevede l’obbligo per le imprese di proporre clausole contrattuali (facoltative per l’assicurato) che prevedono l’accesso a servizi sanitari forniti da professionisti scelti e remunerati dalle imprese stesse, a fronte di una decurtazione del premio pari al 7% del premio regionale medio incassato: tale previsione risulterebbe oltremodo penalizzante per le compagnie, ove si consideri che il suo ambito di applicazione è giocoforza limitato al contraente e non si estende ai terzi danneggiati. Parimenti limitato è l’ambito di un’altra previsione, quella che assicura alle imprese la facoltà di proporre all’assicurato, in sede di stipulazione del contratto, una clausola che escluda la cedibilità del diritto al risarcimento, a fronte di una riduzione del premio pari al 4% del premio regionale medio incassato.
Infine, viene parzialmente riformata la disciplina in materia di scatola nera, disponendo che i costi di installazione, disinstallazione, sostituzione e portabilità rimangano a capo della compagnia, ma che i costi di funzionamento siano appannaggio dell’assicurato. La proposta di contratti di questo tipo è presentata come una facoltà per l’impresa: a essa corrisponde una riduzione del premio pari almeno al 7% del premio regionale medio incassato e, in ogni caso al 7% del premio pagato dal contraente già assicurato con la medesima impresa durante l’anno precedente. Particolarmente discutibile appare il previsto meccanismo di funzionamento delle scatole nere, che presuppone la creazione di un unico centro di raccolta dati gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che a propria volta li dispaccerebbe alle compagnie interessate. Sarebbe molto più opportuno se il governo si limitasse a delineare, con regolamento, i necessari standard di interoperabilità senza arrogarsi l’esercizio di una funzione che non ha alcuna necessità di essere centralizzata.
Tutte le misure da ultimo segnalate paiono entrare in conflitto con il principio della libertà tariffaria, garantito dalla normativa comunitaria in materia; tale pregiudizio è, evidentemente, più intenso nei casi in cui la proposta contrattuale e la collegata riduzione del premio sono imposte come obbligatorie. In conclusione, si tratta di misure che destano più di un dubbio di legittimità e che – ove pure superassero tali perplessità – paiono dotate di efficacia marginale, vuoi per le difficoltà applicative, vuoi per la scarsa incisività rispetto alle sottostanti strutture di mercato.