La grande bellezza e l’onore di Roma
Il successo de La Grande Bellezza agli Oscar è in parte paradossalmente quello di un film che dipinge in modo eccezionale lo stridere della grande bellezza di Roma con la decadenza dei costumi dei personaggi, vere e proprie maschere che talvolta sembrano recitare nel teatro dell’assurdo.
Il film trasmette la dissonanza tra lo squallore di episodi di vita mondana di cui il protagonista (insieme alla città) Jep è un frequentatore disincantato, al contempo sensibile e insoddisfatto della sua inconsistenza, e la bellezza piena e pittoresca di Roma.
Su questo blog dedicato prevalentemente ad analisi economiche ci ritroviamo invece, certamente in modo meno suggestivo, a constatare il dissesto finanziario di Roma, che per la seconda volta dopo il 2008 , venerdì scorso 28 febbraio, ha ottenuto il salvataggio dal governo centrale per decreto, cosiddetto “Salva-Roma”, per tappare il bilancio, scaricando 400 milioni del passivo sulla gestione commissariale. Quest’ultima, istituita nel giugno 2008 per il piano di rientro del debito, sarebbe dovuta servire da sostegno per il parallelo riequilibrio del bilancio tramite interventi strutturali , ma la situazione non è migliorata proprio per mancanza di discontinuità nelle diverse amministrazioni nella gestione finanziaria del Comune.
Uno studio di Ernst&Young ha infatti rilevato che «Roma Capitale» ha un disavanzo strutturale pari a 1,2 miliardi annui, riconducibile alla catastrofica gestione delle società controllate e all’indebitamento del Comune, che risale persino ai contenziosi per gli espropri del villaggio olimpico di Roma 60 ( approfondimento su Wikispesa di oggi ).
Eppure il sindaco Marino ha esortato a non chiamare “Salva-Roma” il decreto varato dal governo, ma “Onora-Roma”, a conferma che, oltre al declino gestionale di una città dalla bellezza imperiale, forse nella retorica politica romana vi è anche una dissonanza semantica e valoriale rispetto a principi come l’onore.
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