La protezione dei dati personali è un diritto. Ma non per il fisco
Ogni giorno, lasciamo traccia dei nostri dati nei luoghi più disparati: dallo scontrino fiscale della farmacia allo sportello del bancomat, dall’accesso a internet da casa all’avvio di una telefonata da cellulare.
Proprio i dati derivanti dalle comunicazioni elettroniche sono stati ritenuti, qualche anno fa, talmente importanti ai fini delle indagini penali che l’Unione europea ha approvato una direttiva che obbligava i fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche a conservarli per un certo periodo – dai 6 mesi ai due anni – al fine di renderli disponibili alle autorità pubbliche per la prevenzione e il perseguimento di infrazioni gravi, come quelle legate alla criminalità organizzata e al terrorismo. In tal modo, l’eventuale lavoro delle autorità inquirenti sarebbe stato agevolato, quanto meno nella tracciabilità della fonte e del tipo di comunicazione, della data, ora, durata e frequenza della comunicazione, del nome e indirizzo dell’abbonato e del nome del destinatario della comunicazione.