Taxi e NCC: verso una licenza unica?
Nella battaglia per l’esercizio del servizio di trasporto pubblico non di linea è intervenuta, qualche settimana fa, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con una segnalazione inequivocabile a Governo e Parlamento in cui, per superare gli ostacoli alla competitività che rallentano la crescita del paese, li invita a “eliminare le distorsioni concorrenziali nel settore degli autoservizi di trasporto pubblico non di linea, causate dall’esclusione della disciplina dei taxi e del servizio di Noleggio auto con conducente (NCC), di cui alla l. n. 21/1992, dall’ambito di applicazione delle recenti norme di liberalizzazione”.
Si tratta, com’è facile capire, di una segnalazione importante nell’ambito dei tentativi di maggiore apertura alla concorrenza del trasporto pubblico non di linea, colti già in alcuni emendamenti alla legge di conversione del decreto competitività, discussi in questi giorni in Parlamento. Un’apertura auspicata anche dall’Istituto Bruno Leoni, in un paper pubblicato oggi da Diego Menegon, che – dopo aver ricostruito la ratio della differenziazione tra i servizi di taxi e di noleggio con conducente e la normativa di riferimento – propone un sostanziale allineamento dei servizi, così da ristabilire quelle condizioni di effettiva concorrenza tra gli operatori ritenute necessarie dal garante.
Entrambi i servizi furono disciplinati dalla legge 21/1992, che li differenziava a seconda dell’utenza cui erano rivolti. Nelle intenzioni del legislatore, infatti, il servizio NCC andava a soddisfare una domanda di trasporto programmabile, mentre i taxi garantivano un servizio universale, vale a dire mezzi di trasporto pubblici non di linea sempre e ovunque. Si temeva cioè che, se l’attività fosse stata lasciata libera, soprattutto in determinate zone e in determinate fasce orarie il consumatore sarebbe stato costretto a pagare prezzi troppo elevati per spostarsi, se non addirittura a non riuscire a reperire operatori disponibili.
Come scrive Menegon, tuttavia, “tali circostanze sono sempre più marginali, intuitivamente incompatibili con un aumento dell’offerta, e la frequenza del loro verificarsi, se si rendesse l’attività del tutto libera ed esercitabile da chiunque avesse la disponibilità di un mezzo e la patente, è tutta da dimostrare”. C’è poi un dato fondamentale da considerare, cioè che le innovazioni tecnologiche hanno reso inequivocabilmente obsoleto l’intero impianto regolatorio del settore: un’offerta più ampia e più variegata (si pensi, oltre ai servizi di NCC, al car sharing e al car pooling) potrebbe tutelare il consumatore più – e meglio – delle attuali tariffe amministrate e turni obbligatori.
Bisogna riconoscere, dunque, che l’evoluzione tecnologica ha reso i vari servizi di trasporto pubblico non di linea sempre più convergenti, rendendo lecito chiedersi se l’attuale regolamentazione rispecchi ancora la tutela di un “interesse pubblico” o, al contrario, non sia frutto di una legislazione superata e anacronistica, come ipotizzato dall’Antitrust. In questo senso, l’augurio è che il legislatore prenda atto delle indicazioni dell’AGCM, adottando le misure necessarie.
Quali potrebbero essere queste misure? In primo luogo, l’abrogazione degli obblighi, posti in capo agli NCC, di ricevere le prenotazioni di trasporto presso la rimessa, di avere sede o rimessa nel territorio del comune che ha rilasciato l’autorizzazione e di iniziare la corsa presso la rimessa (artt. 3, comma 3; 8, comma 3; 11, comma 4 della l. 21/1992); in seconda istanza, l’adozione di un sistema unico, nazionale e aperto di licenze, che rimuoverebbe il contingentamento dell’offerta nel settore, pur garantendo il rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi ritenuti necessari alla circolazione delle auto pubbliche.
Twitter: @glmannheimer
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