9
Nov
2014

Riduzione dell’IVA sugli e-book: presentati due emendamenti alla Legge di Stabilità

Nei mesi passati ci siamo occupati a più riprese dell’annosa questione dell’IVA applicabile agli e-book, prima in un paper dell’Istituto Bruno Leoni e poi con alcuni interventi su questo stesso blog (qui e qui). Ebbene, a quanto si apprende dall’agenzia Public Policy, tra i circa 4.000 emendamenti presentati alla Commissione bilancio di Montecitorio per modificare il testo della Legge di Stabilità, ve ne sarebbero due volti a ottenere la diminuzione dell’IVA sugli e-book dal 22 al 4%, equiparandola così a quella, agevolata, applicabile ai libri cartacei. Un obiettivo, questo, che, di recente, è stato anche oggetto di una fortunata campagna online, emblematicamente denominata #unlibroeunlibro.

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8
Nov
2014

Addio a Tullock, padre della public choice—di Francesco Forte

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Francesco Forte.

Gordon Tullock, nato il 13 febbraio 1922 a Rockford nell’Illinois e morto il 3 novembre 2014 a Des Moines nello Iowa, è stato fra i fondatori della scuola di public choice, che ha come suo maestro eminente James Buchanan, scomparso lo scorso anno. L’opera maggiore di James Buchanan, The Calculus of Consent: Logical Foundations of a Constitutional Democracy del 1962, ha come co-autore Gordon Tullock.

Nel suo anno accademico in Italia nel 1956-57, Buchanan aveva “scoperto”, in particolare nell’Istituto di Finanza dell’Università di Pavia, la scuola italiana di scienza delle finanze caratterizzata dagli studi sull’imposta come prezzo fiscale dei servizi pubblici e sui processi di decisione dell’economia pubblica negli aspetti economici, politici, giuridici e sociologici, scuola di economisti quali Francesco Ferrara, Ugo Mazzola, Antonio de Viti de Marco, Maffeo Pantaleoni, Amilcare Puviani, Luigi Einaudi, Benvenuto Griziotti.

Tornato all’Università di Virginia, in cui dal 1957-58 era divenuto Chairman del Department of Economics, Buchanan aveva letto un saggio di Gordon Tullock sulla teoria del voto a maggioranza. Gli aveva, perciò, offerto la prima Thomas Jefferson post doctoral fellowship per studiare l’economia politica dal punto di vista interdisciplinare economico e politico. L’anno dopo, la Thomas Jefferson post doctoral fellowship toccò a me, che avevo assistito Buchanan a Pavia nelle sue ricerche e avevo fatto i miei primi studi sul prezzo fiscale dei servizi pubblici e sulle analisi economiche del diritto per le regole fiscali costituzionali italiane. Read More

6
Nov
2014

I produttori di latte non pagano le multe dell’UE e lo Stato tenta di mettere le mani nelle tasche di tutti i contribuenti:una storia indegna.

Ci sono letture che ti suscitano indignazione, di quelle che più vai avanti più ti senti assalire da un montante e crescente sdegno, sino al punto di fermarti, di non leggere più, di non riuscire a completare, tanto è lo sbigottimento che ti assale.
Sono emozioni che può regalarti solo quella canaglia dello Stato italiano, quel coacervo di istituzioni, leggi, burocrazia e uomini scellerati che non provano vergogna per niente.
Sono emozioni che si provano leggendo la relazione della Corte dei Conti “sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione di quote latte” (qui) quando scopri che i produttori di latte che hanno violato le regole europee sull’eccesso di produzione avrebbero dovuto pagare di tasca propria 4,4 miliardi di multe all’Unione Europea che invece sono stati già pagati dallo Stato, dalla fiscalità generale, da tutti i cittadini insomma.
Turbamenti che ti assalgono quando leggi che per il periodo precedente la campagna lattiera 1995/96 poco meno di 2 miliardi di oneri sono stati interamente caricati sull’erario e non saranno più pagati dai produttori, mentre dei restanti 2,5 miliardi ancora da recuperare e già versati all’UE se ne possono in teoria riavere, per incapacità dello Stato, solo 2,2 con una perdita netta di più di 300 milioni.
Già incredulo, continui, e leggi il monito della Corte dei Conti che ti comunica che il recupero effettivo dei più di 2 miliardi di euro è stato sin’ora trascurabile e che le lungaggini burocratiche, le connivenze del legislatore e dell’amministrazione statale, le proroghe pensate ad arte concretizzano il serio rischio di non recuperare mai più questa montagna di soldi già anticipata dai contribuenti, da chi non produce latte, da chi lo produce ma non ha violato le regole. Una somma, peraltro, che, continuando questo andazzo rischia di essere definitivamente pagata anche da chi è appena nato e da chi deve ancora nascere: “ Ciò comporta un rilevante incremento della probabilità che, con il passare del tempo, le procedure esecutive diventino impossibili, con il rischio della traslazione dell’onere finanziario dagli allevatori inadempienti alla fiscalità generale….. “
L’atto d’accusa della Corte dei conti porta la rabbia vicino all’apice della sopportazione: 1) la riscossione coattiva del prelievo non è progredita a far data della legge n.33/2009, 2) l’onere della medesima riscossione è passato da Equitalia all’Ag.e.a., che versa però in uno stato di crisi, per carenze finanziarie e di organico, 3) l’operatività della procedura di riscossione prevista dalla legge n.228/2012 non è ancora oggi avviata, per la necessità di dare attuazione alla convenzione fra l’Ag.e.a. ed Equitalia, 4) in senso contrario all’assicurazione di una rapida ed incisiva azione espressa nell’adunanza del 6 dicembre 2012 da tutte le amministrazioni coinvolte, si constata – ancora una volta, un’inerzia ed una prassi amministrativa non conformi alla necessità di una decisa attività di recupero.
Basito ti rendi conto di quanto ragione abbia la Corte dei Conti nell’osservare che: ” L’accollo da parte dello Stato dell’onere del prelievo si configura come violazione non solo della regolamentazione dell’Unione europea ma, altresì,degli obiettivi della sua politica economica, indirizzati all’efficiente organizzazione del mercato lattiero – caseario, al suo assetto strutturale in linea con la necessità di contenere le produzioni ed alla tutela della libera concorrenza tra i produttori del settore
Non contento ancora dell’umiliazione che stai subendo come cittadino di questa penisola criminale, avanzi velocemente nella lettura e scopri che l’Unione europea ci ha messo in mora per il mancato recupero dei crediti nei confronti degli allevatori, che il tuo Paese se ne infischia, che tutto questo anche agli occhi della Corte sembra essere un obiettivo deliberato del legislatore e dell’intera classe dirigente nazionale che non se la sente proprio di far pagare chi non ha rispettato le regole preferendo allora concedere dilazioni, proroghe, sospensioni, ulteriori accertamenti, per non affrontare il malcontento ingiustificato ma rumoroso di pochi, scommettendo, invece, sul silenzio distratto di molti, “ al fine di alimentare le aspettative dei produttori, tese alla remissione del loro debito”.
Sei stato assalito dallo scoramento oramai quando leggi la pesante reprimenda dei Giudici che probabilmente non si capacitano nemmeno loro di come sia possibile continuare a non tenere conto delle regole che abbiamo scelto deliberatamente di rispettare in ambito internazionale: “ Permane diffusa nella Pubblica amministrazione l’idea che le disposizioni legislative italiane, anche se difformi dalla normativa dell’Unione, pretendano cogente applicazione, nonostante, sul punto,anche per la materia delle quote latte, si sia fatta chiarezza, da tempo, in senso contrario.
Ma ad un certo punto leggi che la Commissione Europea ha stigmatizzato l’ennesimo aiuto di Stato rappresentato dalla concessione di un’ulteriore proroga agli allevatori per il pagamento del loro debito e che “ ..per gli oneri finanziari di tale ulteriore beneficio a favore degli allevatori, quantificati in 5 milioni di euro, si attinge alla quota del fondo esigenze urgenti e indifferibili destinata: al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio – economico, sviluppo dei territori, attività di ricerca, assistenza ai malati oncologici e promozione attività sportive, culturali e sociali.”
Basta, non riesco ad andare avanti.
@roccotodero

6
Nov
2014

Agenda Digitale: la fattoria degli animali 2.0

Sono 10.320 gli enti pubblici inadempienti a quanto previsto dall’art. 24-quater, co. 2, del D.L. n. 90/2014, convertito in L. n. 114/2014, secondo cui tutte le amministrazioni dello Stato (comprese scuole, aziende e società partecipate, Regioni, Province, Comuni, consorzi, università, camere di commercio, ecc.) avrebbero dovuto comunicare all’Agenzia per l’Italia digitale l’elenco delle banche dati in loro gestione, entro il 18 settembre 2014. Read More

5
Nov
2014

Dietro lo schiaffo di Juncker c’è una novità politica: sui 30 miliardi di risanamento rinviato con la legge di stabilità

Che cosa è successo davvero ieri? Come si spiegano le parole del neo presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, espressioni molto dure verso il premier Matteo Renzi, durissime addirittura se si tiene conto che Juncker è un politico di lunga esperienza e pelo sullo stomaco, totalmente disavvezzo a perdere la calma e a usare espressioni forti, se non sulla base di un preventivo consenso acquisito e di forti appoggi? A queste domande due sono le risposte possibili. La prima è che la risposta a brutto muso a Renzi di Juncker – “non sono a capo di una banda di burocrati, tu forse sì” – dipenda dai numeri, dall’aggiornamento delle stime di crescita che Bruxelles ha diramato ieri per l’Italia e l’Unione europea. La seconda è che ci sia una novità politica sin qui imprevista, un mutato atteggiamento verso Renzi non tanto di Bruxelles, quanto di Berlino che di Juncker è punto di riferimento, visto che alla Merkel deve l’incarico. Con ogni probabilità, le due risposte si sommano.

 

Quanto sono diversi i numeri di Bruxelles? In effetti, ieri la Commissione europea ha corretto al ribasso le stime sull’Italia. Mentre Irlanda, Grecia e Spagna meritano il plauso – e c’è da riflettere che l’Irlanda veda il Pil crescere nel 2014 del 4,6% dopo aver rischiato il default bancario perché mantiene il totale delle entrate pubbliche inchiodato al 35% del Pil, mentre noi siamo al 49% – l’Italia secondo Bruxelles nel 2014 avrà un Pil a -0,4% e un deficit al 3%. Il prossimo anno il deficit resterà al 2,7%, contro il 2,6% previsto dal governo, e un debito pubblico che passerà dal 132,2% del Pil nel 2014 al 133,8% nel 2015. Sono tutte stime peggiori di un decimo o qualche decimo di punto di quelle ufficiali del governo italiano. Se dovessimo stare a questi discostamenti, la risposta diventerebbe: no, non può essere per questo che Juncker ieri improvvisamente, da neo presidente della Commissione Europea sul quale Renzi faceva affidamento rispetto al “cattivo” Barroso uscente, improvvisamente muta registro e riserva al premier italiano parole corrosive, che un presidente di Commissione Euuropea non rivolge al premier di un grande paese membro se non a nome di quella che ritiene la maggioranza delle euro-capitali. Ma c’è un però: ai discostamenti su stime di crescita e cosneguenti effetti su saldi pubblici e debito si somma una riserva, che deriva dall’impianto della legge di stabilità.

 

Si torna a minacciare una procedura d’infrazione? Formalmente, è più che possibile. Sostanzialmente, Renzi è persuaso di aver stipulato un patto politico co Merkel e Juncker, basato sulla comune valutazione che è meglio per tutti evitarlo. Ma questi patti orali valgono quel che valgono. La settimana scorsa, quando il governo italiano ha concordato con il vicepresidente della Commissione Katainen un’ ulteriore correzione del deficit per circa 6 miliardi rispetto alla versione originaria della legge di stabilità, la Commissione NON ha dato l’ok definitivo, ma con riserva rispetto alla stime di crescita aggiornate che la Commissione ha reso note ieri. Al netto delle considerazioni tecniche, significava e significa che la Commissione ha facoltà di rivolgere ulteriori richieste al governo italiano, visto che le stime di crescita e debito risultano leggermente peggiorate. Il patto europeo di stabilità e crescita prevede che i paesi inadempienti alle raccomandazioni della Commissione, in caso di violazione del limite del 3% di deficit pubblico, siano tenuti a un deposito infruttifero pari allo 0,5% del Pil (8 miliardi di euro), che diventa vera sanzione da pagare dopo 2 anni di violazione persistente. In realtà non è praticamente mai avvenuto, e in ogni caso bisognerebbe prima passare per il monito formale, poi per le raccomandazioni, poi per la violazione, poi per i 2 anni di persistente inadempienza: 4 anni di tempo. Il punto è un altro. Che il governo Renzi abbia sospeso la riduzione del deficit nel 2015 e rinviato a 2016 e 2017 il risanamento, per di più attraverso la stangata fiscale delle clausola di salvaguardia con l’IVA in crescita fino al 25%, porta l’Europa a non fidarsi che al 2017 l’Italia davvero , dopo 2 anni di ritardo, arrivi a un deficit zero corretto per il ciclo. Storicamente Bruxelles ha ragione: le clausole di salvaguardia fatte con aumenti pazzeschi di entrate sono impraticabili in un paese come il nostro strozzato dalle tasse. Significano solo rinviare il problema del risanamento a dopo evebntuali prossime elezioni, prima delle quali meglio non alzare le tasse. L’Europa non si fida dei nostri numeri. Scusate, con ragione. Quel che i media italiani si ostinano a non capire è che la legge di stabuilità rinvia a 206-2018 una correzione per via fiscale pari a ben 30 miliardi di euro, e al momento NON tocca in alcun modo gli stock di patrimonio pubblico per abbassare il debito. E’ molto rilevante la differenza tra quanto il governo Renzi dichiara in legge di stabilità per abbattere il debito – un risicatuissimo meno 0,1% – e quanto servirebbe – tra meno 0,7%  e meno 0,9%. Qui non si tratta di deificare i parametri e i numeretti europei: semplicemente la scelta della legge di stabilità non toccando in alcun modo gli stock è quella di scommettere sulla sostenibilità a occhi chiusi di un debito pubblico che NON verrà ridotto da aumenti del denominatore – il PIL – se non di frazioni di punto. Su questo, ha perfettamente ragione Luca Ricolfi a scrivere che l’errore della legge di stabilità è il suo essere non troppo coraggiosa, ma assolutamente rinunciataria. Sono le cifre delle tabelle governative, a dire che resteremo con 3 milioni di disoccupati per anni.

Il nodo politico. Fino a ieri, la lettura politica prevalente dei rapporti tra Renzi , Merkel e Juncker vedeva di fatto prevalere una specie di accordo non dichiarato. Berlino e Bruxelles concedevano di fatto all’Italia un trattamento morbidissimo, visti i molto più consistenti sforamenti francesi – loro dicono che non scenderanno sotto il 3% di deficit prima del 2017, e anche a loro non crede nessuno – che però i tedeschi non possono prendere di petto. Di fatto, il tono di Juncker di ieri introduce una modifica netta. Vedremo quanto sostanziale e duraturo. Di fatto, Berlino non ha gradito affatto che Renzi si sia schierato con Cameron nel no agli aumenti di contributo al bilancio Ue, dovuti al fatto che il nostro Istat ci è andato giù molto pesante, nel rivalutare il nostro PIl quasi del 4%. Per la Merkel e Juncker, Cameron è il nemico, col suo antieuropeismo tosto dovuto alla paura del populismo di Farage che ruba voti ai Tories, ma che finisce per scimmiottarlo. Renzi non si è reso conto, di aver esagerato su quel punto. Secondo, la Merkel in Germania sta in questi giorni affrontando la prima offensiva degli eurosettici antilatini di AfD, che non a caso aprono a esponenti della Cdu che esplicitamente pensano al dopo Merkel. Dunque, meglio esser tosti con Roma, per la cancelliera, più di quanto Renzi immagini. Terzo, Berlino ha occhi e orecchie a Roma: e anche i tedeschi vedono che Renzi è sottoposto a dure pressioni per riscrivere pezzi essenziali della sua legge di stabilità. Regioni, Comuni, Province, sindacati, Banca d’Italia, Ufficio Parlamentare del Bilancio, Corte di conti: in questi giorni tra audizioni parlamentari e piazze il governo incassa colpi seri all’impianto della finanziaria. E si sa come va in Italia: le finanziare assaltate vedono la spesa aumentare, e il deficit peggiorare. Indiscrezioni vogliono che Berlino pensi che NMapolitano non si deve assolutamente dimettere, se è il prodromo di nuova instabilità ed elezioni anticipate. Vedremo come risponderà Renzi: a Juncker, ieri, ha replicato con assai meno durezza di quanto lo avesse per primo attaccato. Ma,al di là del colore che piace ai media, è sulla sostanza, che non ci siamo affatto.

3
Nov
2014

Dopo la lettura di Deirdre McCloskey e Bruno Leoni— di Max Del Papa

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Max Del Papa.

I libri di Federico Rampini li ho tutti e li ho sempre letti con interesse, non sono mai noiosi e lui è indiscutibilmente notevole quando fa il cronista del mondo. In alcuni ultimi, improntati all’economia, Rampini adotta senza esitare una linea keynesiana, interventista dello Stato, e sia, è una impostazione da rispettare che lui peraltro puntella con dati di fatto, cronache recenti; in particolare illustra come, con questa leva, l’America di Obama sia uscita dalle secche di una crisi globale rimettendosi a correre. Però anche Rampini, arrivato a un certo punto del suo ragionamento, non può non riscoprirsi non tanto liberal, o liberale di sinistra, quanto liberista. Ovvero finisce per convergere con la tesi di Deirdre McCloskey: c’è troppa invadenza delle istituzioni statali e sovrastatali e, oltre un certo limite, non ha più senso parlare di libertà, neppure in forma residua, quanto se mai di moderna soggezione, per non dire oppressione. Read More

30
Ott
2014

Avvocati: perché certificare la specializzazione è inutile—di Edoardo Garibaldi

Avvocati di tutta Italia attenzione: se avete pensato di aggiungere al vostro lunghissimo cursus honorum l’ultima stelletta, quella di avvocato specialista, smettetela di valutare quali cause patrocinare e quali no. Prendete tutto ciò che vi capita, ne avrete bisogno. Per diventare avvocato specializzato in una disciplina giuridica dovrete dimostrare, al cospetto del Consiglio nazionale forense (Cnf), di aver avuto affidamenti di cinquanta incarichi professionali per cinque anni consecutivi. Un obiettivo che non sembra di facile raggiungimento visto l’alto numero di avvocati abilitati alla professione (247.020 nel 2012) e che può risultare ancora più difficile per chi si occupi di diritto amministrativo rispetto a chi si occupa di sinistri stradali. Queste almeno sono le norme contenute nella bozza di regolamento “per il conseguimento o il mantenimento del titolo di avvocato specialista”, divulgata dal Ministero della Giustizia di concerto con il Cnf. Read More

29
Ott
2014

Legge di Stabilità: per il Ministro Padoan bisogna evitare il quarto anno di recessione; per il Premier Renzi la ripresa a primavera 2015

Ogni volta i soliti ritornelli che fanno sperare per il meglio e che invece restano solo proclami formali.
La Legge di Stabilità predisposta dal Governo Renzi contiene spunti positivi, ma continua a non cogliere nel segno; contiene certamente misure interessanti per le imprese (come la deduciblità dall’IRAP del costo per il lavoro dipendente, il congelamento dei contributi previdenziali per i primi tre anni dall’assunzione a tempo indeterminato, …) e per i cittadini (la stabilizzazione degli € 80 al mese per le fasce economicamente più deboli e l’aiuto di € 80,00 al mese per i nuovi nati, la proroga delle detrazioni per i lavori straordinari, …), ma Read More