Un vincolo di portafoglio per Fondi Pensione e Casse di Previdenza—di Marco Abatecola
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Marco Abatecola.
Come ampiamente previsto, la Legge di Stabilità è stata infine approvata confermando l’aumento di tassazione sui rendimenti del risparmio previdenziale. L’aliquota applicata, che prima dell’avvento del nuovismo renziano era all’11%, fa un salto fino al 20% (26% per le Casse di Previdenza) sul risultato maturato, in controtendenza a quanto avviene in tutta Europa dove i rendimenti previdenziali sono sostanzialmente esenti da tassazione. E pazienza se questo si tradurrà in più tasse, minori rendimenti e prestazioni più basse per milioni di iscritti, milioni di lavoratori. L’intento è colpire e affondare il risparmio inseguendo la chimera dell’incremento dei consumi interni.
Bisognava però salvare la faccia ed allora il Governo tira fuori dal cilindro l’introduzione di un credito di imposta sui rendimenti relativi agli investimenti che Casse di Previdenza dei Liberi Professionisti e Fondi Pensione faranno in strumenti finanziari di medio e lungo termine. L’idea è di quelle geniali, destinate a fare scuola. Da una parte portiamo avanti un’operazione di cassa, grazie alla quale spremiamo dai soli Fondi Pensione circa quattrocento milioni di extra gettito, dall’altra stanziamo ottanta milioni per stimolarne gli investimenti in economia reale. Ora, è innegabile che i portafogli attuali degli investitori previdenziali debbano aprirsi maggiormente a strumenti alternativi, in grado di cogliere opportunità di rendimento migliori rispetto a quelle che da qui in poi riusciranno a trovare sui mercati obbligazionari. Il peso che però questi strumenti – illiquidi e non sempre facilmente conciliabili con la finalità previdenziale – avranno nelle future asset allocation sarà necessariamente limitato, presumibilmente intorno al 10% del patrimonio gestito e comunque al di sotto del tetto del 20% consentito dalla legge. È quindi di tutta evidenza che il credito di imposta del 9% per i Fondi Pensione e del 6% per le Casse di Previdenza avrà un effetto residuale visto che, tra l’altro, viene fissato un plafond di spesa massimo e complessivo di ottanta milioni di euro. Basta fare un conto rapido per dimostrare come il saldo per gli operatori previdenziali sia decisamente negativo. Eppure qualche stratega della comunicazione ha cercato di farla passare come una misura compensativa del raddoppio di aliquota operato qualche centinaio di commi più avanti, parlando al tempo stesso di una legge di stabilità che non aumenta le tasse ai cittadini. Come se gli iscritti ai Fondi Pensione ed alle Casse di Previdenza – lavoratori dipendenti e liberi professionisti – fossero invece degli accaniti speculatori finanziari la cui rendita va penalizzata perché nemica dell’economia reale. Tra l’altro, diciamo la verità, sarebbe riduttivo considerarla una semplice misura compensativa. Eh si perché, invece, l’operazione è molto più raffinata e mira a convogliare una parte delle risorse gestite dal primo e secondo pilastro verso progetti di finanziamento dell’economia reale individuati dallo stesso Governo.