29
Mar
2018

Osservatorio Economia Digitale-Il caso Zego e il futuro del carpooling

Su questo blog lo abbiamo scritto più volte (ad esempio qui, qui, e qui): quello di aggiornare all’era digitale la regolamentazione del trasporto pubblico e’ un problema che investe ogni nuova esigenza di mobilità urbana. Oggi, purtroppo, ne abbiamo la conferma. A finire sul banco degli imputati, e a farne le spese, è infatti Zego, una piattaforma di carpooling urbano attiva a Milano e, fino a ieri, a Torino, dove Comune e Polizia Municipale hanno intrapreso una vera e propria guerra all’app, culminata con l’auto-sospensione dei servizi da parte di Zego.

Zego, dicevamo, è una piattaforma di carpooling, cioè di condivisione di automobili private, con cui si può chiedere un passaggio ad altri utenti, indicando su una mappa virtuale il punto di partenza e il punto di arrivo del proprio viaggio. A differenza di UberPop – il servizio low cost offerto da Uber e bloccato dal Tribunale di Milano già da qualche anno – la tariffa non è predeterminata, ma è lo stesso utente a scegliere il rimborso spese da dare a chi gli dà il passaggio. È proprio questa caratteristica, cioè la certezza che chi offre il passaggio non esercita un’attività commerciale ma riceve un mero rimborso spese, a non aver generato, almeno sino a ieri, problemi di compatibilità con le norme sul servizio pubblico locale. Qualche settimana fa, tuttavia, il comandante della Polizia Locale e il Prefetto di Torino hanno iniziato ad effettuare controlli nei confronti degli utenti di Zego, ritenendoli tassisti abusivi e comminando sanzioni sulla base di questo presupposto. E per questo ieri Zego ha chiuso i battenti, nell’attesa di chiarire la situazione.

Con una lettera indirizzata al Prefetto, alla Polizia Municipale e al Sindaco di Torino, l’azienda ha ribadito la differenza che intercorre tra il proprio servizio e UberPop: servizio commerciale prestato da veri e propri autisti secondo tariffe predeterminate quest’ultimo, ‘passaggio fra amici’ remunerato con un rimborso spese deciso di volta in volta dall’utente il primo. E sarebbe proprio quest’ultima caratteristica, cioè il fatto che l’autista di Zego effettuerebbe comunque il tragitto in questione, a rendere il servizio più simile a BlaBlaCar che a UberPop. E a configurarlo, di conseguenza, come un vero e proprio servizio di carpooling, distinto dai taxi.

Indipendentemente dalla natura giuridica di Zego, resta la perplessità di constatare come dividere le spese di viaggio con un amico sia (ovviamente) lecito, ma farlo tramite un’app venga considerato ‘abusivo’. Né, peraltro, è il solo buonsenso a suggerire il contrario, ma anche il beneficio ambientale generato dal carpooling: già il Protocollo di Kyoto stabilì che i comuni con una popolazione superiore a 150.000 abitanti e quelli a maggiore inquinamento atmosferico dovessero “incentivare associazioni o imprese ad organizzare servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture (…) dietro pagamento di una quota proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi”, e la Commissione europea promuove il carpooling come strumento di mobilità sostenibile già sin dalla pubblicazione del Libro Verde del settembre 2007.

Il carpooling riduce le auto in circolazione, e così facendo fa bene all’ambiente. Un tema apparentemente caro al Movimento 5 Stelle – cui appartengono il sindaco e la giunta di Torino – che ha presentato una proposta di legge sul carpooling durante la scorsa legislatura e che da sempre pone il tema della mobilità sostenibile al centro delle sue priorità. Difficile spiegarsi, in questo senso, la mancanza d’interesse mostrata dalla giunta torinese nei confronti di Zego, che di fatto mette in pratica ciò che il partito cui appartiene predica da sempre.

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