21
Gen
2013

Oscuri strumenti di trasparenza – di Vitalba Azzollini

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Vitalba Azzollini.

Le opinioni sono espresse a titolo personale e non coinvolgono in alcun modo l’ente di appartenenza (Consob)

Vi sono ambiti nei quali più che in altri la trasparenza delle informazioni relative ai soggetti che ivi operano è un obiettivo rilevante in funzione della tutela degli interessi coinvolti.

Nel settore della stampa tale obiettivo è quanto mai importante anche in considerazione del sistema normativo che il legislatore ha predisposto a garanzia della libertà di informazione (art. 21 Cost.), attiva e passiva, e delle limitazioni cui ha assoggettato la libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) al fine di garantire la concorrenza, intesa quale pluralità delle fonti di pensiero.

La realizzazione di un regime di trasparenza richiede la conoscibilità da parte del pubblico dei dati necessari ad effettuare consapevoli valutazioni degli operatori del settore ed altresì la verifica da parte di un soggetto terzo della completezza e veridicità dei dati medesimi, nonché del corretto adempimento degli obblighi previsti dalla legge al riguardo.

Verrà qui affrontato il primo aspetto, per valutare se nel nostro ordinamento possa dirsi assicurato un efficace regime di pubblicità dei profili di rilevanza riguardanti gli operatori del mercato dell’informazione. Quanto al secondo aspetto, attinente all’effettività dei controlli in materia, esso costituirà oggetto di successiva trattazione.

Gli interventi attraverso i quali il legislatore ha inteso tutelare la libertà di informazione e il pluralismo informativo che ne costituisce concreta espressione si sono risolti in misure volte sia ad evitare le concentrazioni nel mercato della stampa, sia a favorire la varietà editoriale mediante l’entrata di soggetti diversi nel mercato medesimo.

Per quanto attiene al primo profilo, la legge considera la posizione dominante di chi, per effetto degli atti normativamente previsti, giunga ad essere editore o a controllare società che editano testate quotidiane la cui tiratura abbia superato nell’anno solare precedente il 20% della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia, ovvero il 50% delle copie tirate nell’ambito interregionale di riferimento, ovvero di chi diventi titolare di collegamenti con società che editano testate quotidiane la cui tiratura nell’anno precedente sia risultata superiore al 30% della tiratura complessiva dei quotidiani a livello nazionale.1

Appare evidente come le suddette limitazioni anti-oligopolistiche – alle quali si aggiunge, sempre al fine di evitare posizioni dominanti, il divieto di conseguire, anche indirettamente per il tramite di soggetti controllati o collegati, ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del sistema integrato di comunicazioni (S.I.C.),2 nel cui ambito rientra la stampa e l’editoria anche elettronica – trovino il proprio cardine nella definitezza delle relazioni partecipative in costanza delle quali possono realizzarsi i fenomeni di concentrazione che la disciplina antitrust tende ad evitare.

Oltre alla normativa in materia di concorrenza il legislatore, ritenendo che il pluralismo informativo non potesse essere il risultato delle sole forze di mercato, soprattutto a causa di una naturale tendenza alla concentrazione nell’industria dei media, ha disposto nel tempo – in maniera spesso non organica – la corresponsione di contributi statali a imprese operanti nel settore, al fine di sostenere iniziative che potessero apportare elementi di varietà al panorama dell’informazione, nel perseguimento del più volte menzionato pluralismo.

Vari sono i criteri che regolano l’erogazione delle sovvenzioni statali e diverse sono le categorie di soggetti che le percepiscono. L’attribuzione delle stesse è comunque vincolata, tra l’altro, al limite di una sola testata per ciascuna impresa destinataria, nonché alla condizione che non ne fruiscano imprese che siano in rapporto di controllo o collegamento con l’impresa richiedente.3

È evidente che, così come ai fini dell’applicazione della normativa antitrust, anche con riferimento alla corresponsione dei contributi statali una situazione di chiarezza circa le partecipazioni al capitale dei soggetti destinatari dei medesimi risulta di fondamentale importanza: ciò non solo per le conseguenze che dalla violazione delle suddette norme discendono – vale a dire la decadenza dal diritto di accedere ai contributi da parte di tutte le imprese interessate – ma altresì per la conseguente sottrazione di risorse pubbliche a operatori rientranti nel novero previsto dalla legge e non legati in maniera rilevante ad alcun soggetto che ivi opera.

In considerazione dell’importanza che gli assetti proprietari rivestono nel settore in esame per i profili sopra evidenziati, il legislatore, da un lato, ha previsto una normativa dettagliata con riguardo alle situazioni di controllo e collegamento, dall’altro, ha dettato una serie di obblighi di trasparenza con riferimento al possesso di azioni o quote delle imprese editrici, disponendo che venga data comunicazione all’autorità di garanzia – dal 1997 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom)4 – della posizione di controllo (o di influenza dominante, art. 2359 c.c.) in società editrici di giornali quotidiani oltre che di qualunque trasferimento di partecipazioni superiori al 10% (2% qualora si tratti di una società quotata in borsa) del capitale delle stesse.5

A sua volta, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge, l’AGCom con proprio regolamento6 ha istituito il ROC, Registro degli Operatori di Comunicazione (in sostituzione del Registro Nazionale della Stampa e del Registro delle Imprese Radiotelevisive), “allo scopo di garantire l’applicazione delle norme del settore quali quelle concernenti la disciplina anti-concentrazione, la tutela del pluralismo informativo o il rispetto dei limiti previsti per le partecipazioni di società estere”.

Come dichiarato dalla stessa AGCom,7 il ROC è stato adottato con “la finalità di garantire la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari”: tale affermazione si fonda evidentemente sul riconoscimento sia dell’importanza che la proprietà dei soggetti operanti nel settore dell’informazione riveste, sia dell’interesse che la collettività ha alla conoscenza di tali assetti e dei loro mutamenti ai fini di una effettiva disclosure.8

Desta perplessità, pertanto, la circostanza che al pubblico sia invece consentita la conoscibilità, attraverso sito internet,9 esclusivamente dei dati anagrafici, settori di attività, numero ROC, data di iscrizione ecc., senza possibilità di accesso alle informazioni relative al controllo e più in generale alle partecipazioni al capitale degli operatori ivi presenti.

È evidente la contraddizione anche terminologica della dichiarazione di garantire “la trasparenza e la pubblicità” laddove in concreto i dati che ne dovrebbero essere l’oggetto restino, invece, nell’ambito dell’autorità di controllo che ne è destinataria. La tutela costituzionale del pluralismo quale presidio della libertà di stampa costituisce già di per sé dimostrazione dell’interesse sociale alla conoscibilità di informazioni da cui è possibile evincere a quali centri di imputazione siano riconducibili i soggetti operanti nel settore dell’editoria.

Al riguardo, si osserva che una volta all’anno l’AGCOM10 provvede alla pubblicazione, in un’apposita sezione del proprio sito internet, degli assetti proprietari dei soggetti per i quali la Presidenza del Consiglio del Ministri chiede al ROC attestazioni per l’erogazione dei contributi statali. Ma detta pubblicazione, stanti la necessarie preventive verifiche da parte dell’Autorità, avviene con un ritardo tale da recare pregiudizio all’interesse attuale alla conoscenza di dati reali in quanto aggiornati, oltre a diluire i benefici che da tale divulgazione possono derivare. Basti pensare che al momento sono disponibili sul sito AGCOM solo i dati relativi al 2010, ivi peraltro pubblicati il 22 febbraio 2012.11

L’AGCom é destinataria non solo delle comunicazioni di acquisizione di partecipazioni di controllo o comunque superiori alle percentuali suddette, ma altresì della loro variazione: anche riguardo alla conoscibilità di tali dati si rileva la mancanza della più volte menzionata trasparenza. Se si considera che il settore dei giornali, anche a causa della crisi, è in continua evoluzione, appare evidente la rilevanza che assumono i mutamenti che ivi si verificano, soprattutto con riguardo alla modifica della proprietà delle testate.

Infine, è previsto che i dati relativi agli assetti partecipativi dei soggetti iscritti al ROC possano essere conosciuti mediante una richiesta di accesso agli atti secondo le modalità di cui alla legge n. 241/90. Al riguardo, si rileva che tali modalità non sono immediate né agevoli per chiunque e che l’esito è comunque rimesso a una decisione dell’autorità ricevente.12

Infatti, come il regolamento adottato dalla AGCom riporta, la richiesta di accesso, scritta e motivata, deve trovare fondamento nell’“interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti” del richiedente. Qualora dette situazioni non si concretino nella tutela in sede giurisdizionale o amministrativa delle ragioni di quest’ultimo, risulta oltremodo dubbio che l’accesso possa essere ritenuto ammissibile in assenza della dimostrazione da parte del richiedente medesimo “che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti”.13 Pertanto, vi sono fondate ragioni per dubitare che l’istituto dell’accesso agli atti possa essere sostitutivo di un efficace sistema di pubblicità.

Da quanto fin qui esposto consegue che il primo versante della trasparenza degli assetti proprietari, vale a dire la conoscibilità dei medesimi da parte della collettività a salvaguardia dell’interesse della stessa al pluralismo delle fonti di informazione, risulta al momento non realizzato.

Tale constatazione si lega al secondo versante della trasparenza evidenziato in premessa relativo all’efficacia dei controlli in materia, considerato che il sistema della trasparenza si fonda sulla verifica preventiva dei dati che ne sono oggetto da parte dell’autorità a ciò preposta. Ma anche sotto tale profilo, si anticipa, i risultati non saranno purtroppo più confortanti.

Note

  1. Art. 3 della legge n. 67 del 25 febbraio 1987
  2. art. 43 del d. lgs. 31 luglio 2005, n. 177
  3. art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250
  4. Istituita con legge 31 luglio 1997, n. 249
  5. Art. 2 della legge 5 agosto 1981, n. 416 e successive modifiche.
  6. Regolamento adottato con delibera 236/01/CONS, sostituita dalla delibera n. 666/08/CONS, a sua volta successivamente modificata e integrata.
  7. http://www.agcom.it/Default.aspx?message=contenuto&DCId=205
  8. Ulteriori affermazioni dell’AGCom con riferimento al ROC, esplicitate nello scritto di cui si riporta il link, vengono affrontate nel prosieguo della trattazione http://scorza.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/10/10/nuovo-roc-le-precisazioni-di-agcom/
  9. http://www.elencopubblico.roc.agcom.it/roc-epo/index.html
  10. art. 22, comma 2, della delibera n. 666/08/CONS
  11. http://www.agcom.it/default.aspx?DocID=8219
  12. http://www.agcom.it/Default.aspx?DocID=609
  13. Cons. Stato, n. 1492 del 9 marzo 2011

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9 Responses

  1. alexzanda

    se questo è quello che pensa chi lavora in consob stiamo freschi……… dirigismo assoluto, un filino elitario, roba da statalismo puro se non proprio comunismo! mah.
    giannino, va bene che tutti devono poter dire la loro, ma che c’entra sta gente con chicago blog? questi son quegli illuminati intelligenti e perbene che stanno con rigor montis

  2. Jack Monnezza

    @alexzanda

    Anch’io ho provato ad arrivare in fondo ma non ci sono riuscito. Questo ha anche problemi con la lingua di Dante. Forse per un concorso in magistratura e’ ottimo….

    PS: si, mi sembra che Oscar stia un po trascurando il blog. Dove ci trasferiamo ?

  3. Massimo

    Liberismo e trasparenza devono andare di pari passo nella stessa direzione.
    Chiedere trasparenza non può essere in nessun caso tacciato di dirigismo e statalismo, semmai è l’esatto contrario.

  4. LUISA

    La lettura dell’intervento richiede di sicuro un adeguato livello di attenzione e di approfondimento. Non è un articolo sulle sfilate di moda a Parigi, ma su questioni di natura giuridica! Ritengo quindi che sia ben scritto e approfondisca la materia; trovo ingiusto e superficiale bollarlo in questo modo.

  5. Un articolo interessante, ben scritto, che evidenzia la “consapevole inadeguatezza” del nostro ordinamento e mi fa riflettere sulla necessità, improcrastinabile, di semplificarne l’ordito, attuare un più stringente controllo dell’effettività delle norme vigenti e varare decreti attuativi più seri ed efficaci.

  6. LUISA

    Soggiungerei che l’autrice ha anche messo nome e cognome esponendosi coraggiosamente alle critiche altrui!

  7. Edoardo

    Ottimo articolo: preciso e documentato, col pregio di affrontare una materia fin troppo sconosciuta pur in un mondo in cui si parla sempre (magari troppo a sproposito) di privacy, garanzie, trasparenza e opendata.
    Ovviamente è pezzo molto tecnico, non per tutti, ma fare uno sforzo ogni tanto non fa male alla salute.
    Per averne una visione complessiva, va letto unitamente alla seconda parte.

  8. Jack Monnezza

    SOGNI D’ORO….

    Se per tecnico intendete qualcosa scritto in maniera inutilmente contorta e convoluta e ripetitiva che inutilmente impiega tre paragrafi per dire quello che Dante avrebbe detto in tre righe avete ragione…..è uno scritto tecnico per chi ha tanto tempo da buttare….

    Purtroppo la parola “tecnico/a” e’ il paravento dietro il quale si celano gran parte dei mali e delle inefficienze della nostra giustizia…

  9. alexzanda

    ma non vi accorgete che a star dietro ai tecnicismi su questi argomenti perdete di vista la questione principale, e cioè che non è tanto la trasparenza societaria delle società editrici che va discussa, ma piuttosto dobbiamo evitare in radice stumenti concessori e autorizzatori che fino ad oggi, con la scusa di “regolare” di fatto hanno reso oligopolistico questo mercato, oltre che sovvenzionato pesantemente a nostre spese………. è di QUESTO che dobbiamo parlare, non di queste cazzate giuridiche su dettagli secondari che on cambiano nulla della sostanza

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