3
Nov
2009

Ora Visco difende… Tremonti. Che cosa vorrà dire?

Già mi pare quanto meno singolare che il Sole 24 ore, quotidiano di Confindustria, mentre il ministro dell’Economia rimprovera gli industriali di volere con troppa energia il taglio dell’IRAP e delle tasse, pubblichi un giorno sì e un giorno no editoriali contrari alla richiesta stessa, tipo qualche giorno fa quello di Roberto Perotti, oggi quello di Vincenzo Visco. Ma a singolarità si aggiunge singolarità. Perché in effetti oggi Visco sul Sole finisce proprio per difendere… Tremonti. Che cosa vorrà dire? Chi dovrebbe rifletterci sopra con maggior cura: l’ex ministro dell’Economia di Prodi, oppure quello attuale di Berlusconi? In realtà, Visco ci aiuta meglio di chiunque altro a capire su che cosa si fondi la querelle pro o contro la richiesta di “meno tasse”. Perché Visco ha una qualità innegabile: nelle polemiche non tira mai indietro la mano e la gamba, non si nasconde dietro argomenti diplomatici, ma impugna spada a destra e vessillo a sinistra, dichiarando sempre le convinzioni dalle quali fa discendere le sue posizioni. Onore al merito: così si fa. Noi, naturalmente, facciamo la stessa cosa. Ma contro di lui. Perché?

Saltiamo la lunga premessa nella quale Visco tratteggia l’occasione – naturalmente persa, a suo giudizio – che il governo Berlusconi aveva in questo primo anno di crisi: e cioè operare massicci sostegni alla domanda attraverso aumento di spesa, ma pareggiati da riforme strutturali come quella degli ammortizzatori – che certo non diminuisce il deficit – e soprattutto quella delle pensioni – i sindacati non la vogliono, certo non la Cgil – più liberalizzazioni e , naturalmente, abbattimento degli sgravi fiscali e lotta all’evasione per aumentare il gettito. Su questo è inutile polemizzare. Appartiene al passato, è in sostanza la stessa posizione sostenuta da Bersani nei mesi alle nostre spalle. Veniamo a ciò che ci interessa di più: il bivio innanzi al Paese oggi.

Tagliare le imposte significa proprio, come dice correttamente Visco,  agire per via di incentivo tributario a sostegno dell’offerta. È ciò che ai keynesiani non piace per definizione, alla sinistra per vocazione, agli statalisti per interesse. I keynesiani credono che sia più efficace il sostegno al ciclo dal lato della domanda e non dell’offerta: prima che per il magico potere del moltiplicatore della spesa pubblica nel quale essi taumaturgicamente credono, perché con più domanda pubblica decisa dalla politica si identificano dirigisticamente dall’alto i settori da trainare, mentre agendo sul lato dell’offerta sono gli individui, le famiglie e le imprese a decidere per i fatti loro, quanto e in che settore destinare a più consumo o risparmi, più investimenti o più patrimonio. La sinistra difende per vocazione l’idea che crescita e redistribuzione si governino dall’alto, in quanto funzioni primarie della politica. Gli statalisti, sempre, preferiscono che non diminuisca la torta del gettito fiscale, perché significa avere più fette da decidere discrezionalmente come tagliare, e a chi riservare.

Per Visco, agire sul lato dell’offerta è sbagliato perché le imprese devono semmai restringere la propria base produttiva dunque non hanno certo bisogno di maggiori margini da meno tasse. E quanto a sostituire meno IRAP con più IVA – proposta di Mucchetti sul Corriere, ma non solo sua – ciò sarebbe una svalutazione competitiva per via fiscale invece che monetaria, con effetti distorsivi a suo giudizio a danno del lavoro. Su questo secondo argomento concordo abbastanza, ma quello che conta davvero è il primo. Che non sta assolutamente in piedi: è quando si ristruttura che si investe di più, puntando su nuove tecnologie, prodotti e processi, ed è proprio allora che le imprese hanno bisogno di maggiori margini. Tanto più quelle italiane, e soprattutto le medie e piccole, tradizionalmente sottocapitalizzate.

Per conseguenza, Visco argomenta che i margini per tagliare la spesa pubblica ormai non ci sono o quasi. Ciò impedisce ogni taglio di tasse. Esattamente come dice Tremonti. E non resta allora che riformare pensioni e ammortizzatori. Ma questo lo dice Visco, che a suo modo è coerente. Tremonti no, perché allo stato attuale resta fermo sulla linea che la previdenza non è un bancomat, e che il nostro sistema è in equilibrio.

Conclusione mia personale, amico dichiarato di Tremonti ma non per questo col prosciutto sugli occhi. Tremonti è un domandista? Sì, lo è.  Da sempre, non è un offertista. Negli anni post-80 ha attaccato duramente coi suoi libri di allora l’eccesso di dirigismo in cui si risolveva l’edificio fiscale-amministrativo predicato prima, e realizzato poi dalla sinistra. Ma alla teoria dell’offerta non ha mai creduto: ha sempre pensato che al momento buono dovessero essere lo Stato e la politica ad agire sulla domanda, e semmai il difetto della sinistra era quella di appesantire troppo lo Stato stesso, tanto da rendere poi il necessario intervento impossibile e inefficace, al momento giusto.  Nella crisi attuale, a maggior ragione il domandismo ha prevalso in lui sull’offertismo.  La società e i ceti produttivi italiani gli appaiono contraddittori: troppi industriali a suo giudizio si lamentano ma tengono i patrimoni all’estero, hanno la cascina ricca mentre tengono i campi da poveri; troppi artigiani e lavoratori autonomi lamentano di lavorare in condizioni ormai di pura sussistenza, ma in realtà evadono le tasse a gogò. Come si fa, in tali condizioni, a credere che con meno tasse farebbero altro che continuare a non investire, a evadere ancor più e a esportare nella famigerata Svizzera o a San Marino, contro le cui banche non a caso si rivolgono le pressioni minacciose delle irruzioni di finanzieri alle prime luci dell’alba?

La mia opinione è questa: e sicuramente molti di voi lettori non la condivideranno. Visco, con la sua difesa tremontiana odierna, entrambi ammantati di rigore europeo, ci aiuta  a capire che chi si batte per meno tasse e meno spesa non ha niente a che vedere con ambedue le posizioni. Né con lo statalismo di sinistra. Né con la destra colbertista. Sapendo bene che la maggioranza schiacciante è loro, nella società italiana. Non certo nostra.

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13 Responses

  1. carlo

    non riesco più ad appassionarmi a questi dibattiti. forse perchè nessuno guarda più le tabelle riassuntive del gettito fiscale.tra un visco e un tremonti il gettito ires ormai non eguaglia più quello dei giochi e scommesse . quello dell’ irap farà la stessa fine. ci avviamo a diventare un enorme casinò . uno stato di frontiera con il terzo mondo. forse è per quello che a montecarlo e in svizzera sono preoccupati. uno stato che affida ai giochi iniqui il mantenimento della spesa publica è immorale .visco e tremonti si danno arie da economisti ma sono solo dei croupier

  2. In questo momento più che al conto economico occorre guardare allo stato patrimoniale. Il taglio dell’IRAP è necessario soprattutto per le piccole imprese. ma andrebbe finanziato con una imposta sull’attivo delle imprese escludendo i crediti commerciali. Si tratta del 60% del PIL. Con una patrimoniale dello 0,5% si otterrebbero 4,5 miliardi di euro da utilizzare per ridurre l’IRAP. La patrimoniale sarebbe neutra rispetto al costo del lavoro e agli utili. Non lo sarebbe rispetto alla scelta fra investire nell’attività produttiva o nelle attività finanziarie. Favorirebbe le piccole imprese e eliminerebbe i disicentivi a rischiare nell’attività caratteristica dell’impresa.
    http://articolo38.blogspot.com/

  3. Articolo chiaro e cristallino da parte di Giannino nelle spiegazioni e nella enunciazione di principi liberisti pienamente condivisibile dalla prima alle ultime righe.
    Visco che difende Tremonti, è la palese dimostrazione dell’assenza di un centrodestra liberista in Italia.
    E’ evidente che dopo l’elezione di Bersani nel PD, D’Alema candidato governativo italiano al PESC, ora giunga l’inciucio Visco-Tremonti.
    Manca solo Padoa Schioppa e chiuderemmo “in bellezza” la triangolazione tassaiola!. 😉
    Il keynesismo spendi-tassa-spendi della politica italiana porrà le basi per ulteriori crisi economiche e per una stagnazione del sistema economico, altro che moltiplicatore.
    Qui c’è da fare una sottrazione PDL-L=PD
    Ovvio e matematico.
    Altro che “amici del Caimano”, e scomparsa idealistica dei comunisti dal Paese!.
    I liberisti sono realmente ben altra cosa!.
    Saluti da LucaF.

  4. armando

    non mi meravigliano le posizioni di visco e tremonti
    uno proviene dallo statalismo. l altro dalla finanza
    nessuno dei due ha il contatto e la cultura del mondo produttivo

  5. andrea lucangeli

    Nemmeno io – come carlo – riesco più ad appassionarmi a questi dibattiti però un paio di “cosine” desidero sottolinearle.- 1) trovo anch’io eticamente immorale vivere in uno Stato diventato biscazziere di massa; 2) non trovo corretta una affermazione di Oscar quando scrive:……”troppi artigiani e lavoratori autonomi lamentano di lavorare in condizioni ormai di pura sussistenza, ma in realtà evadono le tasse a gogò. Come si fa, in tali condizioni, a credere che con meno tasse farebbero altro che continuare a non investire, a evadere ancor più e a esportare nella famigerata Svizzera o a San Marino, contro le cui banche non a caso si rivolgono le pressioni minacciose delle irruzioni di finanzieri alle prime luci dell’alba?”….- Questo significherebbe che noi – popolo italiano -siamo geneticamente evasori fiscali, cioè per DNA peggio di Francesi, Tedeschi, Inglesi.- Io questo NON LO CREDO, credo invece che – da buoni padri di famiglia – ci difendiamo da un Stato rapace ed inetto nello spendere i soldi di tutti.- Se la pressione fiscale fosse percepita come equa e giusta sono convinto che pochi avrebbero interesse a “vivere nel terrore” di una ispezione della GdF.-

  6. bill

    Purtroppo, che ci si appassioni o meno, l’argomento “tasse” è il primo punto che un governo dovrebbe fissare nella propria agenda.
    E sempre purtroppo, l’analisi di Oscar è corretta: ad abbassare la pressione fiscale non ci si pensa proprio nè a destra nè, ma questo è ovvio, a sinistra.
    Forse l’unico che vorrebbe dare uno scossone in questa direzione è proprio Berlusconi : sa bene che questa è la sua ultima occasione come presidente del consiglio e una svolta “epocale” vorrebbe lasciarla. Ma dubito che i tanti statalisti da cui è circondato, da Tremonti a Fini e pure la Lega (che col piffero vuole ad esempio abolire le provincie) glielo permetteranno.
    Per cui, l’ultima speranza è uno di quei colpi di teatro, stile predellino piuttosto che abolizione dell’ICI sulla prima casa, che ogni tanto Il Cav mette in atto. Tutto sta a vedere se in questo caso ha la forza politica necessaria per imporre una decisione del genere.

  7. bill

    PS: Uno i soldi, se li guadagna, li porta in Svizzera perchè è costretto: versare allo stato oltre il 50% del proprio reddito è semplicemente subire una rapina a mano armata. Non capirlo, o fare finta di non capirlo, significa essere stupidi o intellettualmente disonesti. Tertium non datur..

  8. andrea lucangeli

    @ bill Certe categorie “privilegiate” arrivano (tra tasse nazionali e tasse locali) a subire il 56% del prelievo fiscale.- In queste condizioni lo Stato non solo diventa il “socio di maggioranza” della tua attività ma diventa pure il tuo “strozzino”: se gli devi dei soldi ti impone di darglieli subito (o con more pesantissime per i ritardati pagamenti), se sei tu che li avanzi….aspetta e spera…- Per questo noi siamo “sudditi” di uno Stato sprecone, centralista, burocratico e pure “feroce” nel mangiarci nel piatto…..- Altro che i bei “predicozzi” di Napolitano sulla responsabilità individuale e collettiva, qui si salvi chi può.- I Ministri dell’Economia passano ma i parassiti burocrati rimangono….- Cambiare tutto per non cambiare nulla, è sempre la solita storia in Italia….

  9. oscar giannino

    Caro Andrea, quella frase che tu giustamente censuri su artigiani e autonomi la pensa Tremonti – oggi, non anni fa quando faceva l’elogio del popolo delle partite Iva – non certo io, che mi batto da sempre a loro favore!

  10. aldo

    a me tutta questa storia mi sembra tragica e farsesca, tragica perchè mette in evidenza la grande distanza che esiste ancora tra il centro destra italiano e lo spirito liberale e libertario, d’altronde il fascismo è una costola del socialismo, e comunque il modello di riferimento per tremonti sono colbert e la germania, che è tutto dire.
    una farsa, perchè ogni tanto Berlusconi si lascia scappare la verità quando dice che non pagare le tasse, con certe livelli di tassazione e certi sistemi di calcolo, è doveroso però poi non ne trae le conseguenze e mette in pratica le soluzioni.
    Io mi domando ma sarebbe così difficile offrire a chi a meno di quaranta anni uno scambio vai in pensione più tardi 75 anni, ma ti tagliamo le tasse sui redditi del 30%.

  11. Concordo pienamente, caro Oscar. E per mia natura, sono anche scettico sulla possibilita’ di cambiare questo stato di cose, che mi appare come una naturale e ineluttabile conseguenza di uno Stato che si e’ preso troppi poteri. E siccome da solo i poteri non se li togliera’ mai, la situazione non puo’ risolversi. O meglio, si risolvera’ solo quando la condizione di poverta’ ed indigenza nella quale verremo catapultati da questa politica, provochera’ rivoluzioni e spargimenti di sangue. Purtroppo, non e’ affatto detto, e non e’ neppure probabile, che dopo queste rivoluzioni, si imbocchera’ la via liberale. Anzi, potrei scommettere su una deriva totalitaria.
    In ogni caso, mi pare che troppo poco si faccia per far comprendere ai politici che la base dell’economia sono i risparmi e non il consumo o peggio, il consumo a debito. Va bene disquisire su domanda o offerta. Ma il problema cardine sono i risparmi. E questo, pare che nessuno lo voglia capire.

  12. andrea lucangeli

    @ Oscar Hai ragione, la frase è attribuita al Trem e allora….peggio mi sento se anche un mio “mito” cade nell’errore di considerare ineluttabilmente gli italiani un popolo di evasori….- A parità di pressione fiscale (e con i servizi che ci vengono offerti in cambio) tedeschi, francesi ed inglesi avrebbero già fatto rotolare le teste dei loro governanti…- Noi, invece di fare la rivoluzione (fiscale) e di ghigliottinare qualche potente, abbiamo scelto la strada meno cruenta dell’autodifesa passiva, ossia l’evasione….- Lorsignori dovrebbero essere contenti, ci “rimettono” qualche Euro ma…si salvano la testa…

  13. È buffo. Dieci giorni prima Visco scriveva sull’IRAP sul sito LaVoce.info, affermando:

    “In sostanza, quindi, l’Irap è un’imposta sul reddito prodotto prelevata per ragioni di semplicità amministrativa al momento della produzione del reddito, che colpisce tutte le componenti del valore aggiunto netto in modo uniforme.
    Non si tratta quindi di un’imposta sul reddito delle imprese, ma di un’imposta su tutti i redditi riscossa dalle imprese per conto dello Stato […] L’unica differenza è che per l’Irap non è prevista una rivalsa esplicita, problema che può preoccupare giuristi o contabili, ma non economisti consapevoli del fatto che le imposte si trasferiscono o meno a seconda delle condizioni di mercato e non certo delle condizioni giuridico-contabili.”

    Adesso invece sul Corriere sostiene che “è molto dubbio che nella situazione attuale di sovrapproduzione generalizzata e output gaps molto consistenti, la riedizione di una politica dell’offerta, sia la soluzione migliore. Altrettanto perplessi lascia l’ipotesi di ridurre le tasse sulle imprese (sempre l’Irap), aumentando al tempo stesso l’Iva”.

    Qualcosa mi sfugge: è, secondo Visco, l’IRAP un’imposta sui soli redditi d’impresa, o un’imposta che colpisce il reddito prodotto da tutti i fattori della produzione? Secondo la tesi espressa su LaVoce, un taglio dell’IRAP non dovrebbe avere un impatto contemporaneamente lato offerta e sui consumi dei lavoratori?

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