Obama meglio di Merkel? E perché mai?
Obama nazionalizza Gm con il sindacato UAW. Un male comunque necessario? Una svolta addirittura benefica, verso un nuovo modello americano? Anche stamane, dissento vigorosamente da come Sole 24 ore e Corriere della sera presentano ai loro lettori la decisione Usa su GM. Mi pare i media liberal americani si comportino molto meglio, vedi oggi la vigorosa stroncatura in sette punti che David Brooks verga sul New York Times.
Scrive il direttore del Sole che la Merkel su Opel coi russi sa di ruggine e protezionismo, mentre Obama su Gm guida l’industria dell’auto Usa a un avveniristica accelerazione verso nuove tecnologie ecocompatibili. Sul Corriere Mucchetti, sempre più editorialista di punta del nuovo corso di via Solferino, aggiunge un nuovo capitolo all’esaltazione della presunta superiorità del modello europeo su quello americano, sulla scorta di quanto egli ha sempre sostenuto e recentemente ha anche scritto Mario Monti. Ecco che cosa capita a chi si affida a previdenza e sanità privata, invece che a quelle pubbliche del welfare universalista europeo, è la loro tesi: lo Stato deve salvare tutti dal fallimento del privato, e ben gli sta a tutti così imparano a separare profitto da solidarietà.
Entrambe le tesi non mi convincono neanche un po’. E mi confermano che le povere imprese private italiane, ormai, il nemico intellettuale lo hanno ben solidamente al timone nei loro giornaloni di riferimento. Semmai, il fallimento di GM è il degno e preannunciatissimo – da vent’anni almeno, vedi gli innumerevoli articoli richiamati dai siti americani che seguono ogni giorno il settore dell’auto – esito di un modello totalmente inefficiente di gestione delle relazioni industriali, totalmente sbilanciato dal lato del sindacato UAW per colpa delle pressioni politiche. Quando per vent’anni si incorpora un aggravio di 30 dollari per ora lavorata rispetto ai concorrenti che lavorano in stabilimenti nello stesso mercato Usa, il fallimento è di un sindacato che pretende di imporre costi fuori mercato – fattore che resta totalmente assente dalle analisi “nostrane” – non del modello previdenziale contributivo privatistico. Quanto alla svolta tecnologica, che siano manager di Stato a saperla realizzare a condizioni di efficienza ed efficacia, successo di mercato e di volumi superiori a quelli di imprese e manager privati, sarebbe la prima volta nella storia dell’umanità. Tanto ne diffida la stessa task force dell’auto dell’Amministrazione, che ha dettato le regole della nazionalizzazione di Gm e dello scorporo da essa di Opel, da aver imposto alla stessa controllata tedesca di non attivarsi sul mercato domestico Usa, per evitare concorrenza.
La nazionalizzazione GM non mette alla testa dell’azienda nuovo management privato, come almeno avviene in Chrysler-Fiat. Non focalizza il gigante fallito sul più rapido recupero di profittabilità, diluendo e travestendo lo sforzo necessario attraverso l’obiettivo “verde”. Rafforza nel sindacato la certezza che d’ora in poi a maggior ragione – gettate sulle spalle dei soli nuovi assunti i tagli di retribuzione oraria e di prestazione welfaristiche – Obama non potrà certo mollare GM al suo destino, in caso i risultati siano insoddisfacenti. E obbliga chi guiderà l’azienda a muoversi secondo queste stesse coordinate.
In più, l’obiettivo dell'”azionista pubblico riluttante”, come l’ha definito ieri Obama, cioè uscire al più presto e senza troppo rimetterci da Gm, è del tutto inattuabile. Finora al contribuente Usa il 60% di G è costato 53 miliardi di dollari, e di conseguenza per uscirne senza falò di denari del contribuente bisognerebbe che l’azienda capitalizzasse almeno 80 miliardi di dollari. Mai, nemmeno nei tempi più rosei e cioè ormai molti anni fa, GM ha superato i 52 miliardi di dollari. Figuriamoci se è ipotizzabile un prossimo futuro in cui il fallimento e 180 miliardi di debiti possano tradursi in 100 miliardi di valore. E tutto ciò mentre il debito pubblico Usa passerà dal 41% del Gdp dove l’ha lasciato Bush a oltre l’80% entro il 2013, secondo le previsioni attuali del Budget Independent Office del Congresso.
No, non è una svolta. No, non è il fallimento del mercato che responsabilizza individui e imprese, attraverso liberi contratti, sulla copertura sanitaria e previdenziale. E’ il fallimento imposto da cattivi politici e pessimi sindacalisti, a manager che hanno anteposto la propria sopravvivenza all’etica dei risultati. Esattamente come avviene a Rcs, ed è forse per questo che ai grandi giornali italiani piace così.
parole sante… e valgona anche per i vari tg nostrani purtroppo….
Certamente Obama dovrà mettere ancora altri soldi del contribuente americano per mantenere in piedi GM nei prossimi anni. Mi sembra che in America si stiano ispirando all’IRI degli anni 70-80, in cui i pessimi politici nostrani utilizzavano fondi pubblici per saldare il segno meno in calce ai bilanci annuali di tante società (Alitalia, Tirrenia, Alfa Romeo, ecc.).
Ma secondo Lei, caro Giannino, Obama è davvero convinto di poter uscire al più presto e senza troppo rimetterci da GM oppure è solo una posizione opportunistica contingente ed utopistica (come tante altre che sta assumendo in altri settori)?
Cordiali saluti
cosa succederà al dollaro quando questa crisi si attenuerà?
Dificile dire oggi se davvero l’Amministrazione consentirà a GM la razionalizzazioen feroce di cui avrebbe bisogno: tutto al momento cospira per il no. E passerà tempo, pèrima che l’utopismo venga passato al setaccio dei fatti e dei risultati. Ma quel tempo verrà, in ogni caso. quanto al dollaro, è tornato stabilmente sopra la quota di 1,40 per euro, e il deprezzamento tendenziale ulteriore è pressoché scontato, con i tassi attuali e primi segnali come l’asta pubblica di titoli fwderali andata male la scorsa settimana