Nuovi dati sulla crisi:prudenza, per favore
Il dato relativo alla produzione del mese di maggio fa subito brindare i più. E’ il primo mese in cui la decrescita si ferma, rispetto al mese precedente. Anno su anno, siamo a un meno 20%. Il più 2% nel comparto energetico e il segno più per i beni durevoli e non durevoli – tradotto: auto e alimentari, farmaci e tabacchi – fanno pensare che a giugno vi potrebbe anche essere un timido segnale di miglioramento su maggio. Di qui a una consistente ripresa, la differenza è fatta dall’andamento che resta gravemente negativo per metallurgia e meccanica, il cuore della manifattura italiana fuori dall’auto.
Il quadro mondiale si presta a una lettura a doppio binario. L’Asia sta andando più forte di quanto si pensasse solo poche settimane fa, come si vede dagli andamenti dell’export cinesi a giugno e degli altri Paesi a maggio, resi noti tra ieri e oggi: dalla Cina alla Sud Corea alle Filippine a Taiwan, la crescita dell’export su base mensile, che ha iniziato a manifestarsi tra marzo e aprile, continua a essere superiore alle attese e si colloca in una forbice tra il 5% generale e il 7% cinese. La Corea del Sud sta realizzando una crescita record: più 2,3% di Pil nel secondo trimestre, dopo che nel primo comunque aveva evitato la recessione crescendo dello 0,1%. Tradotto in termini più semplici: l’Asia sta ridislocando potentissimamente e rapidissimamente i propri flussi commerciali al proprio interno, in attesa che America e paesi Ocse riprendano a consumare. Non è un processo dal quale Europa e Italia abbiano molto di che aspettarsi, per il traino dei propri dati congiunturali. Solo con politiche filo-cinesi atte a farsi aprire le porte – che Pechino ha chiuso in molti comparti alzando dazi e procedure amministrative, in modo che lo shift verso la domanda interna abbia il più possibile alimentazione da prodotti domestici o comunque asiatici – si riuscirà a garantirsi accessi e proprie crescite di volumi nel medio periodo.
Venendo all’Occidente, per l’export italiano è decisivo il dato tedesco e quello americano. La ripresa inattesa della produzione industriale tedesca a maggio – un più 5% su base mensile – ha fatto stappare molte bottiglie. Ma analizzandola bene si nota che dipende solo dall’avvio a termine del processo di destoccaggio delle scorte, rispetto a domanda per lo più interna. Infatti i dati dell’export e import dello stesso mese, rilasciati ieri, non sono affatto coerenti con un’ipotesi di ripresa del traino della locomotiva tedesca. Quanto agli Usa, dell’interruzione del contenimento delle perdite di posti di lavoro avvenute nell’ultimo mese rispetto alla tendenza dei due precedenti abbiamo già detto, e nel frattempo i nuovi dati su andamento dei prezzi immobiliari – ancora in caduta – e delle foreclosures- i pignoramenti – testimoniano che la caduta della capacità di consumo è ancora potentemente in corso, per riallinearsi a un reddito disponibile in doppia contrazione a motivo della perdita rilevante di base occupazionale e del rapido innalzarsi della propensione al risparmio. In tali condizioni, fossi un’industriale italiano nel settore dell’export manifatturiero, starei molto attento a credere che il peggio è alle spalle.