Nucleare: il tempo della credibilità
C’è un tempo per la propaganda, e c’è un tempo per la credibilità. Sul nucleare, le promesse un po’ fru-fru sulla “prima pietra in cinque anni” sembrano ormai lontani un secolo. Va dato atto al governo di essere riuscito a predisporre una “traccia” di quelle che saranno le tappe per il ritorno all’atomo, sebbene i problemi aperti siano ancora molti e non secondari. Alcune scelte le trovo molto giuste – come la determinazione a garantire la linearità del percorso amministrativo. Altre, molto discutibili – come i vari tracheggiamenti sull’Agenzia di sicurezza, per non dire dei siluri scajoliani all’Autorità per l’energia. Comunque, lo sfondo dell’azione governativa è impostato: si tratta ora di guardare avanti, cercando di correggere i passi falsi e indurre il paese a prendere le misure necessarie e sufficienti (non di più) alla realizzazione di nuova capacità nucleare, dopo un blackout durato trent’anni. Un interessante contributo alla comprensione di cosa la maggioranza abbia in mente viene dalla lettura della ricca intervista concessa da Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’energia, a Quotidiano Energia (subscription required).
Saglia dice tre cose particolarmente interessanti. La prima:
L’indirizzo di Scajola è rispettare i tempi.
Questa intenzione – che segue a una serie di ritardi nell’approvazione delle norme finora votate dalle Camere – va letta in stretta connessione con quella seguente, che si riferisce al vero perno di breve termine dell’intera operazione: lo Statuto dell’agenzia di sicurezza nucleare, che dovrebbe essere chiuso entro metà novembre. Dice Saglia:
è questo il vero testo che abbiamo pronto, già collazionato dal tavolo degli esperti con l’ufficio legislativo del Mse e che verificheremo in maniera approfondita col Minambiente prima di emanarlo.
L’altra scadenza, quella per l’emanazione del decreto attuativo della delega, teoricamente dovuto entro metà febbraio, è meno rilevante, perché a monte e a valle di esso si farà un intenso lavoro di negoziazione con gli stakeholder. Lo statuto dell’agenzia è, invece, una delle cartine al tornasole sulla sostenibilità di lungo termine del progetto. Anche se Saglia parla di “un’autonomia decisionale molto spinta“, la natura dell’agenzia è proprio uno dei passaggi meno convincenti finora approvati. Infatti, la nomina dei commissari è di fatto affidata alla maggioranza di turno, ed è dunque politica. Non importa se poi i nominati sono effettivamente autorevoli: il punto è che il sospetto che siano lì per rispondere a una missione reale non totalmente coincidente con quella formale è ineliminabile. Cosa di cui si rende conto, pur senza dirlo esplicitamente, lo stesso Saglia, che infatti riconduce l’autorevolezza dell’istituzione non già al collegio, bensì alla struttura, tant’è che il passaggio chiave, secondo il sottosegretario, si materializzerà
affidando importanti responsabilità al direttore generale.
E’ una scelta legittima e, probabilmente, si tratta l’unico modo di mettere una pezza su una mossa avventata, ma i dubbi restanto – tanto più che la dotazione finanziaria dell’ente sarà, con rispetto parlando, ridicola (500 mila euro subito, 1,5 milioni i prossimi anni). Il problema è che, se gli enti tecnici mancano della necessaria credibilità e affidabilità, si complica sia la missione di convincere i territori a ospitare nuove centrali, sia quella di costruire un dialogo con l’opposizione (dialogo che è fondamentale perché queste scelte o sono condivise o non sono, ma di cui, al momento, non si ha notizia né formale né informale).
Terzo tema sollevato da Saglia è quello della tecnologia, dove si legge un chiaro – e giusto – cambiamento di rotta rispetto alle intenzioni iniziali – un cambiamento di rotta che fa seguito ad analoghe correzioni dello stesso Scajola e che risponde a quel passaggio dell’intervista dell’ambasciatore americano, David Thorne, il quale ha sibillinamente alluso al programma nucleare del governo. (Fino a oggi l’orientamento è stato quello di individuare una e una sola tecnologia per il nostro paese: quelle francese, mandando su tutte le furie gli americani e facendo squagliare le aspettative di business di Ansaldo Energia, ricompensata però con lo scalpo di Sogin). Dice Saglia:
non faremo una scelta univoca perché le quattro più significative [tecnologie] possono essere idonee. Al governo non sfugge comunque che la proposta Enel-Edf ha dei punti di forza perché c’è uno scambio ormai da anni di competenze e conoscenze.
E’ un’ammissione importante, non tanto sul piano pratico – perché quel che si farà nel futuro prevedibile, se si farà, sarà francese – quanto su quello dell’impostazione generale, che diventa istantaneamente meno dirigista e più compatibile con un contesto liberalizzato. E’ ancora presto per vedere quanto di tutto questo si tradurrà in pratica, e come, ma mi pare di intravvedere in filigrana che la sensibilità di Saglia (insediatosi da pochi mesi) sta cominciando a fornire un contributo al processo che potrebbe portare l’Italia nel club atomico. Se così fosse, ne avrebbero tutti da guadagnare, compresi gli antinuclearisti che almeno si garantirebbero un nucleare “di mercato” anziché sussidiato.
Questo è probabilmente il momento più delicato nella strategia del governo: aggiungere nuovi errori, o non riuscire a correggere quelli vecchi, potrebbe essere fatale. Le scelte adottate e poi attuate devono anzitutto essere credibili: altrimenti tutto si ridurrà a una bolla di sapone.
Il nucleare è, per fortuna, l’ennesimo grande bluff di questo governo. La tecnologia ‘francese’ è obsoleta da anni come tutta la terza generazione. I reattori a fissione avevano senso all’epoca in cui vennero fermati dal referundum, ora faremmo la figura di quelli che entrano fuori tempo massimo, come nelle colonie..
Come Rubbia insegna vi sono varie altre tecnologie su cui puntare: la fusione nucleare, al posto della fissione:
http://it.wikipedia.org/wiki/ITER
il reattore ad amplificazione di energia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Rubbiatron
e soprattutto il solare termodinamico, per fortuna già ripartito in Italia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Impianto_solare_termodinamico
Se c’è UNA cosa che non perdonerò mai al capo questo governo è la defenestrazione di Rubbia nel 2005 per fare un favore alla lega e al fantomatico «ing. Regis», meglio noto come er valvola…
http://histoire.science.online.fr/storie/OGGI/RubbiaUnSomaro.htm
che la scarsità di combustibili fossili x esaurimento+Cina sarà un casino è fuor di dubbio.. che le Energie Rinnovalili possano contribuire solo x poche % è purtroppo risaputo.. che l’Uranio sia abbondante non è vero se si guarda ai programmi di raddoppio delle centrali mondiali in 30 anni.. che l’Uranio sia in paesi stabili non è vero (il Kazakistan e la Nigeria sono ovvii esempi)… che le Centrali di nuova Generazione (Francia contro Usa) siano + sicure credo sia vero.. ma poi le Scorie durano milioni di anni e noi Italiani tra Napoli e Navi Affondate dalla Camorra ad Esportazioni Somale mi sa che non abbiamo l’ETICA sufficente x rassicurarci..
la mia opinione è disarmante : non saprei che fare 🙁
Rubbia, al tempo del referendum sul nucleare, appoggiò il “sì”, cioè l’abbandono, perché ormai c’era la fusione dietro l’angolo. Da allora di angoli ne abbiamo svoltati, ma la fusione mica l’abbiamo vista.
Orbene, se ci riesce bravo, e meglio per tutti. Ma nel frattempo? Petrolio?
Rubbiatron: già il nome la dice lunga;
(inoltre all’indirizzo indicato si dice “Questa voce o sezione di energia è ritenuta da controllare.
Motivo: al termine della traduzione è opportuno verificare che le informazioni date siano corrette e la terminologia appropriata).
La Francia per diverse ragioni e’ un paese nucleare.
In Italia la sola ragione per andare verso il nucleare sono i soldi.
Le mega opere che concentrano la produzione di energia in poche mani sono una manna per capi impresa e politici.E i delinquenti.
Io non sono un ecologista , ma l’energia atomica e’ finita negli anni ottanta , e’ morta e sepolta.
Chi non se ne rende conto , secondo me e’ gia obsoleto.
Lorenzo In Italia la sola ragione per andare verso il nucleare sono i soldi.
Ottima ragione per andarci.