Nucleare e informazione. Di Giovanni Galgano
Riceviamo da Giovanni Galgano e volentieri pubblichiamo.
Il “ritorno” al nucleare, punto fermo della strategia energetica del governo italiano, sta causando crescenti tensioni tra differenti apparati dello Stato, motivate perlopiù dalle solite difficoltà di interpretazione legate alla concorrenza tra Stato e Regioni in materia energetica. Ben 12 Regioni hanno ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge 99/2009 che statuisce in materia di energia nucleare e di fatto spiana la strada all’atomo italico. Puglia, Basilicata e Campania hanno promulgato una legge regionale in cui escludono e impediscono la realizzazione di centrali nucleari sui loro territori e il Governo ha impugnato di fronte alla Corte Costituzionale tali leggi, eccependone la competenza sulla materia. A metà febbraio 2010 il Governo ha emanato il Decreto legislativo che disciplina la localizzazione, la realizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, gli impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché le misure compensative e campagne informative al pubblico.
L’Osservatorio Nimby Forum®, che monitora e studia i casi di “sindrome Nimby” in Italia e che recentemente ha presentato il suo ultimo rapporto, ha messo sotto la sua lente nel 2009 una serie di focolai di protesta in quei territori ove si è soltanto “parlato” di localizzare le nuove centrali. Il mero diffondersi di voci – molto spesso infondate – sulla presunta localizzazione di impianti di produzione di energia nucleare ha generato una ridda di prese di posizione contrarie ai presunti nuovi insediamenti, a prescindere dalla veridicità dell’informazione, in un momento storico nel quale il Governo non aveva ancora reso noto (e ancora mentre scriviamo non lo ha fatto) le località che saranno considerate per l’insediamento dei siti.
L’Osservatorio ha rilevato ben 22 casi di opposizione a mere ipotesi di localizzazione di impianti nucleari (qualcuna per la verità abbastanza fondata, affermano gli esperti) di fronte ad un piano complessivo di sviluppo a lungo termine che si incentra sulla realizzazione di un numero totale di centrali certamente di gran lunga inferiore.
Si tratta di casi che hanno avuto un ampio riscontro mediatico in assenza di notizie certe, basate per lo più su indiscrezioni di stampa e su voci non ufficiali. Una sorta di Nimby virtuale, sul quale aleggia, a nostro giudizio, una diffusa mancanza di consapevolezza sui temi del nucleare: di fatto sussiste un enorme deficit di conoscenza da parte dell’opinione pubblica in merito agli aspetti ambientali, economici e di safety che oggi la tecnologia nucleare gioca sul grande tavolo energetico mondiale.
Se il Governo ha deciso di perseguire un “new deal” energetico italiano, questo non può prescindere da un corretto e trasparente dialogo con l’opinione pubblica e, successivamente, con le comunità che vivono nei territori che verranno ritenuti adatti ad accogliere una centrale nucleare.
Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso febbraio che stabilisce le “linee-guida” e i criteri per il ritorno del nucleare rappresenta certamente un buon punto di partenza, soprattutto dove viene prevista “la partecipazione di regioni, enti locali e popolazioni sulle procedure autorizzative, sulla realizzazione, sull’esercizio e sulla disattivazione degli impianti nucleari, così come sulle misure di protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente”. E buona norma ci pare anche l’art.22 dello stesso provvedimento, che individua nel Comitato di confronto e trasparenza l’organismo territoriale che dovrà gestire la partecipazione alle procedure da parte di enti e cittadini.
Tuttavia è opportuno evidenziare le differenze tecniche che sussistono tra le azioni di comunicazione al territorio e quelle di informazione, sulle quali potrebbe essere determinante l’apporto di esperti massmediologi, sociologi, studiosi dei mass media. Il ritorno al nucleare non passerà soltanto da un “convincimento dialogato” con le comunità interessate dagli impianti. Sarà decisiva un’azione di informazione più generale, rivolta a tutti gli strati della popolazione che rappresenti in modo oggettivo, scientifico, con un’azione scevra da approcci ideologici, la realtà dell’energia nucleare oggi nel mondo, e ne svisceri vantaggi e svantaggi, eccellenze e difficoltà, in modo da consentire a chiunque voglia farsi un’idea sul tema di avere a disposizione tutti gli elementi per decidere da che parte stare.
L’Osservatorio Nimby Forum®, preso atto della volontà politica di sviluppare l’energia nucleare nel nostro Paese, sta portando a conoscenza del Parlamento e delle Istituzioni – attraverso anche audizioni alle Commissioni competenti di Camera e Senato – una proposta di affiancamento operativo allo schema predisposto dalle norme che disciplinano il piano nucleare italiano.
Tra le varie attività che Aris – Agenzia di Ricerche Informazione e Società che gestisce l’Osservatorio – propone di realizzare spicca l’istituzione del Forum sull’Informazione e la Comunicazione in ambito di materie energetiche.
Il Forum, ispirato anche all’esperienza britannica dell’Energy Saving, organo terzo partecipato dai Ministeri interessati che ha gestito le procedure informative nel piano di comunicazione relativo all’esperienza nucleare in quel Paese, si configurerebbe come un organismo tecnico che possa affiancare l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare (istituita dalla legge n.99/2009, all’art.29) che, in base al decreto licenziato dal Governo il 10 febbraio 2010, dovrà occuparsi anche della “Campagna di informazione nazionale in materia di produzione di energia elettrica da fonte nucleare”.
Il Forum, nella visione di Aris, si dedicherebbe alla raccolta sistematica delle informazioni, delle notizie e dei temi che emergono nel dibattito pubblico e scientifico in materia di energia nucleare, all’organizzazione di un osservatorio sulla percezione dell’energia nucleare in Italia, con l’obiettivo di monitorare il grado di informazione e di conoscenza dei cittadini sui vari aspetti della materia.
Il Forum potrebbe ancora coadiuvare la nascente Agenzia per la Sicurezza Nucleare nella definizione delle Linee Guida della campagna di informazione in materia di produzione di energia nucleare, e realizzare e divulgare un Libro Bianco sull’Energia nucleare, che rappresenti la “summa” delle conoscenze scientifiche sugli aspetti tecnologici, tecnici, ambientali, di sicurezza, rese però fruibili da un pubblico ampio e dagli operatori della comunicazione. Lo scopo del Forum? Quello di sviluppare un dibattito laico e partecipato, scevro da posizioni ideologiche, tendente a garantire i cittadini e il loro diritto ad una corretta informazione.
L’organismo, snello ed efficiente che Aris si immagina vede la partecipazione, oltre che dei suoi esponenti, del Ministero dell’Ambiente, di quello dello Sviluppo Economico, della Conferenza Stato-Regioni, di istituti di studi e ricerche nel campo energetico ed economico, di rappresentanti delle aziende che realizzeranno materialmente i siti, di esperti e studiosi della comunicazione.
“L’organismo, snello ed efficiente che Aris si immagina vede la partecipazione, oltre che dei suoi esponenti, del Ministero dell’Ambiente, di quello dello Sviluppo Economico, della Conferenza Stato-Regioni, di istituti di studi e ricerche nel campo energetico ed economico, di rappresentanti delle aziende che realizzeranno materialmente i siti, di esperti e studiosi della comunicazione.”
Ci manca solo l’ennesimo organismo pagato coi soldi di Pantalone (cfr. livello del comitato scientifico di Aris).
Il lavoro di Aris e del Nimby Forum non ha bisogno delle mie difese, essendo conosciuto e apprezzato da anni. Per quanto riguarda il livello, ognuno puo’ valutare come crede. Ma consiglio di dare un’occhiata anche al Comitato Scientifico e a quello d’Onore del Festival dell’Energia, un altro progetto di Aris, per avere un’idea più completa. Saluti
Guardi, Galgano, che il fatto che Aris promuova il Festival dell’Energia (cui lavorano molte persone competenti, non ho difficoltà a dirlo) non migliora il profilo scientifico del proprio comitato.
Il punto poi è che all’Italia non serve l’ennesimo organismo finanziato dai contribuenti: occorre semplicemente la capacità di imporre il diritto (a differenza, ad esempio, di quanto avvenuto a Scanzano Jonico).
“cfr. livello del comitato scientifico di Aris”
Dalla Stampa (18.02.2010): “Legambiente: interrompere la spirale di violenza
«È necessario fermare subito la spirale di violenza innescata ieri in Val Susa». Così Vittorio Cogliati Dezza e Vanda Bonardo, presidente nazionale Legambiente e presidente Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, hanno commentato così gli scontri avvenuti ieri notte tra manifestanti e polizia in Val Susa, dove si stavano svolgendo le trivellazioni per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione.”
Quindi lo stato dovrebbe finanziare un organismo che ha come esponenti i vari Cogliati Dezza… Cos’è, masochismo?
Nel XVI secolo le scoperte geografiche europee venivano eseguite al prezzo della perdita dell’80% dei partecipanti (che non erano benefattori, rischiavano per arricchirsi). Dove è finita l’energia di quei tempi? Un secolo fa stava per iniziare una guerra che diede vita al motto “me ne frego!” Dove sono ora i coraggiosi incoscienti? Ora ci sono solo i testardi ignoranti, la cui unica scusante è la sfiducia nella classe politica. Meno male che ci penserà l’LHC a risolvere i problemi… http://www.theregister.co.uk/2010/03/16/lhc_sun_moon_doom/
A proposito di fine del mondo, è ovvio che la questione delle scorie di lunga durata (il Fort Apache dei nimby) è una bufala colossale… è ovvio che più lungo è il tempo di dimezzamento e meno radiazioni vengono emesse per tempo unitario (a parità di massa).
“…ha messo sotto la sua lente nel 2009 una serie di focolai di protesta in quei territori ove si è soltanto “parlato” di localizzare le nuove centrali”. Non riesco a immaginare niente di più subdolo. Vorrei sapere da qualcuno dei vostri grandi esperti di communicazione quale dovrebbe essere un attegiamento normale nel caso sì voglia prendere una posizione riguardo la gestione del territorio in cui si vive. Stare zitti e buoni finché non si smetta di ‘parlare’ di localizzazione e il governo non passi dalle parole ai fatti e faccia un bel decreto? Ah certo, ma poi ci saranno i vostri belli organi consultivi in cui ci sì potrà fare una opinione corretta grazie alla vostra esposizione oggettiva dei fatti! Cioè, in pratica, tutte le informazioni e opinioni che non siano sotto il controllo governativo, o in qualche modo accreditate, sarebbero una sorta di rumore di fondo che contribuisce soltanto a fare confusione e ad alimentare “focolai” di protesta? Avete proprio la faccia come il c.
Il mio preceente commento non contiene nè insulti nè altri elementi degni di censura, solo un’opinione. Gradirei vederlo pubblicato o, al massimo, conoscere il motivo per cui viene censurato.
Saluti.
Stefano.
Censurate i commenti che non condividete. Complimenti! Non siete capaci di rispondere con argomenti?
anche un altro mio commento (su di un altro argomento) pare sparito…
ma allora non rimane proprio nessuno a difendere il liberismo ?
Wow! Se le cose stanno cosí molto meglio il nucleare alla coreana che alla francese…
http://www.lesechos.fr/info/energie/020439478253-le-nucleaire-coreen-deux-fois-moins-cher-que-l-epr-francais-selon-l-agence-internationale-de-l-energie.htm
Le nucléaire coréen deux fois moins cher que l’EPR français, selon l’Agence internationale de l’énergie
[ 26/03/10 ]
L’électricité produite par l’EPR construit à Flamanville par EDF coûtera 2 fois plus cher que celle issue du réacteur coréen, qui a été choisi par Abu Dhabi en décembre. C’est ce qu’indique une étude de l’Agence internationale de l’énergie publiée hier.
Alors que la filière nucléaire française cherche à tirer les leçons de son échec face à la Corée du Sud dans l’appel d’offres géant d’Abu Dhabi, l’Agence internationale de l’énergie (AIE) apporte une réponse claire et directe : l’électricité produite par le réacteur coréen APR-1400, qui a remporté un contrat de 20 milliards de dollars, coûte moitié moins que celle produite par l’EPR français. Tel est le résultat d’une étude publiée hier par l’AIE et l’Agence pour l’énergie nucléaire (AEN), qui dépend elle aussi de l’OCDE.
Selon cette étude, l’électricité produite par l’EPR construit à Flamanville par EDF coûtera entre 56 et 92 dollars par mégawattheure (MWh) en fonction du coût du capital, contre une fourchette de 29 à 42 dollars par MWh pour le réacteur construit en Corée par Kepco. « En termes de technologie nucléaire, la Corée du Sud est le pays à bas coût », note Maria Sicilia, experte de l’AIE. Elle explique ceci par des délais de construction plus courts, des frais de maintenance et d’exploitation plus compétitifs et par le fait que la Corée du Sud « est le seul pays à mener un large programme nucléaire » avec le même réacteur.
« Il y a une grosse différence entre construire une série de réacteurs et une unité », ajoute Luis Echavarri, le directeur général de l’AEN. Contrairement aux autres modèles du parc français, en effet, l’EPR n’en est qu’à ses débuts. Or, en phase d’apprentissage, certains éléments font l’objet d’ajustements, ce qui limite les économies d’échelle. Si le parc d’EPR était amené à se développer, ses performances économiques pourraient cependant s’améliorer sans pour autant être capables de rivaliser avec les réacteurs les moins chers.
Selon cette étude, plusieurs autres réacteurs sont d’ailleurs plus compétitifs que celui conçu par Areva. C’est le cas du CPR-1000 chinois, basé sur un ancien modèle français, dont l’électricité revient entre 30 et 44 dollars le MWh. Le réacteur russe VVER-1150 affiche un coût de 43,5 à 68,1 dollars le MWh.
Délais de construction
Selon Nobuo Tanaka, directeur général de l’AIE, le délai de construction joue un rôle clef : dans les pays de l’OCDE, il est relativement long, entre six et onze ans. La Chine compte, elle, quatre ans pour la construction d’un réacteur.
Un autre facteur pèse lourdement : les critères de sûreté. Areva estime que ceux de son réacteur sont les plus exigeants, ce qui a un coût. L’EPR est notamment censé résister aux chutes d’avion. Néanmoins, le groupe français travaille aussi à la réduction des coûts du réacteur.
La pression ne vient pas seulement des technologies nucléaires concurrentes, mais des autres modes de production. Alors que l’atome bénéficie d’une image d’énergie compétitive, l’étude montre une réalité plus nuancée. Dans les pays de l’OCDE, l’électricité nucléaire coûte entre 59 et 99 dollars par MWh, contre 65 à 80 dollars pour le charbon, 62 à 90 dollars pour le charbon avec technologie de captage et stockage ou 86 à 92 dollars pour le gaz. « Sur le plan purement économique, aucune technologie ne triomphe clairement », reconnaît Nobuo Tanaka.
T. M., Les Echos
Desidero solo precisare che l’organismo proposto non deve necessariamente essere finanziato con risorse pubbliche. Vorrei anche sottolineare che molto spesso si confonde la comunicazione con la propaganda. Non e’ il nostro caso, non abbiamo nulla da supportare. Saluti
Egregio Galgano,
la sua precisazione genera almeno un dubbio:
pensandoci (solo un po’), pare evidente che l’organismo proposto debba essere proprio finanziato con risorse pubbliche, altrimenti nulla potrà garantirne l’indipendenza
Che sulla carta, anche a causa del Festival dell’Energia (e dei suoi finanziatori), sembra tutt’altro che scontata…
Saluti
(Ps: non è fondamentale, ma credo che statuire sia transitivo)