Nucleare: Bersa-nì
Il Pd è favorevole o contrario al nucleare? O, meglio, è favorevole o contrario alla possibilità per le imprese elettriche operanti nel paese di tornare a investire in questa tecnologia? E, quindi, rispetto alla strategia governativa conduce una opposizione senza se e senza ma, oppure la sua è una critica costruttiva per correggere le eventuali storture? Apparentemente – se almeno si giudica dagli atti parlamentari – il Pd non è contrario a priori. Se invece si giudica in base alla percezione pubblica delle posizioni del principale partito d’opposizione è vero il contrario. Finalmente, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, intervistato sul Secolo XIX da Luigi Leone, esprime in modo chiaro la posizione del Pd. Forse. Più o meno. Grosso modo.
La domanda è chiarissima: “E il nucleare?” (prima di leggere la risposta, bisogna tener conto del fatto che a Genova hanno sede Ansaldo Energia e Ansaldo Nucleare, eredi di quel che resta delle competenze tecniche del nostro paese, e che il capoluogo ligure si è candidato – per voce della sindaco democratica, Marta Vincenzi – a ospitare l’Agenzia di sicurezza nucleare). Ecco, testualmente, le parole di Bersani:
Un’azienda come l’Ansaldo avrebbe solo da guadagnare se facessimo le cose che dobbiamo, come il “decommissioning” (lo smantellamento delle vecchie centrali, ndr). Invece questo percorso è stato abbandonato, con un piano portato avanti dal ministro Claudio Scajola che è velleitario e irrealizzabile. Tanto per dire: si può parlare di nucleare senza aver previsto siti di superficie per le scorie e con procedure che escludono sostanzialmente le responsabilità dei territori? Noi siamo disponibili a ragionare, ma su cose concrete.
Ora, cosa ha detto Bersani? Assolutamente nulla. Ha pacchianamente sviato la questione. Per certi versi ha ragione: senza un percorso chiaro per lo smaltimento delle scorie, nessuno si sogna di rischiare. L’iter autorizzativo delineato nel decreto del Mse è discutibile. Tutte queste cose, e altre, le spiega benissimo Diego Menegon in questo Focus dell’IBL. Ma tutto ciò c’entra solo marginalmente con l’oggetto della discussione parlamentare di oggi, che non riguarda la realizzazione di centrali nucleari – e dunque l’effettivo ritorno all’atomo – ma la costruzione della cornice di norme e regole che rendano possibile tale sviluppo – e dunque stiamo parlando di uno dei tanti tasselli relativi al ritorno potenziale all’atomo.
Un partito serio – come senza dubbio aspira a essere il Pd – non può permettersi ambiguità su questi temi. Deve saper dire se è favorevole o contrario all’opzione nucleare (che è cosa enormemente diversa dall’essere favorevoli o contrari al decreto del governo, o favorevoli o contrari a uno specifico progetto). Dalla risposta che si fornisce a questa domanda, discende poi logicamente il tipo di approccio, sia nella comunicazione sia nell’azione parlamentare e nell’elaborazione di progetti di legge, verso la maggioranza e i suoi tentativi. Voglio essere chiaro: si può benissimo essere favorevoli all’opzione nucleare e contrari al modo in cui il governo sta tentando di declinarla. O si può essere serenamente contrari. Ma non si può nascondersi dietro questioni specifiche per evitare il cuore del problema, perché da un lato è un tema troppo importante e di troppo ampia dimensione per essere dribblato, dall’altro perché un “nì” equivale, agli effetti pratici, a un “no”. Una centrale costa troppi soldi e troppo tempo perché qualcuno investa in presenza della percezione di un forte rischio politico. Il niet del principale partito d’opposizione sortisce esattamente questo fatto. Quindi, nicchiare è un modo ipocrita di essere contrari.
Bersani, che ha le palle, le mostri e prenda una decisione. Farebbe un favore a sé, al suo partito, al mercato e a tutti i cittadini che prendono il nucleare sul serio (favorevoli o contrari che siano).
“Bersani, che ha le palle,… ”
Davvero?
La posizione di O. Giannino è sempre chiarissima su qualsiasi punto (a proposito: Grazie per il coraggio dimostrato in “Nove in punto”), ma quando parla Bersani mi pare di essere scema.
Proviamo a richiederglielo dopo le elezioni……
questo articolo mi pare arrivare fuori tempo massimo. durante le primarie del PD a Bersani è stato rinfacciata più volte la sua posizione ambigua, ma alla fine il PD una posizione chiara l’ha presa. ed è per un NO deciso a questo piano per il nucleare.
basta leggere l’unità epr trovare molti articoli che confermano.
uno a caso: http://www.unita.it/news/93809/bersani_sul_nucleare_non_daremo_alcuna_tregua
il PD dice no per motivazioni politiche, per non perdere i voti di una certa sinistra, tra ex verdi e fan di grillo e Di Pietro.
E’ uno come tanti problemi che il centro-sinistra dovrà con decisione affrontare anche con conseguenze dolorose, per non far arrivare i nodi al pettine quando sarà troppo tardi.
@ Ornella Trojani: Non sono Giannino. Che naturalmente non necessariamente condivide quello sche scrivo. Ciò detto, a me pare che Bersani sia, o almeno sia stato, persona seria. Tireremo le somme al termine del suo mandato.
@ Roberti Renzi: Temo che avremo la stessa (non) risposta, visto che qui si vota ogni sei mesi…
@ Lucio: Mi sta bene che il Pd sia contro “questo” nucleare, se intende il modo in cui il governo sta conducendo la sua strategia. Il problema è che, dalle dichiarazioni “ufficiali”, non si capisce se il Pd sia contrario a “questo” nucleare o al nucleare tout court.
@ Marianusc: Se il Pd dicesse no, lo ripeto, sarebbe una posizione legittima. Il problema è che non dice né no, né sì.
@Carlo & Roberto Tenzi
la campagna elettorale perenne è uno dei bastoni tra le ruote (già pessime) alla politica di questo paese.
Detto questo, concordo col fatto che sia importantissimo prendere una decisione chiara, Carlo, da parte di Bersani (che io come te penso abbia fatto veramente grandi cose; ad esempio le liberalizzazioni, purtroppo lasciate a metà forse perché, credo, rischiavano di dare una svolta seria al paese…), ma è difficile dire (che secondo me è quello che ha in testa Bersani) di non essere contro al nucleare, ma totalmente contro il modo di affrontarlo dell’attuale governo (sto semplificando, scusate), senza essere scambiati per contrari-disfattisti (da quelli favorevoli all’atomo) o favorevoli-pazzi (da quelli sfavorevoli), sia per gli elettori che per gli elettori dei partiti “alleati”.
Detto questo, ripeto, sono d’accordo con te, sbaglia comunque al 100% a non esporsi più chiaramente (le sfumature di una questione, per me, non giustificano un errore di comportamento).
ahah, ho visto solo ora il bersa-nì!
Non è questione di serietà, ma proprio di palle. E se permettete, ogni giorno che passa Bersani, come d’altronde i suoi imbarazzanti predecessori, dimostra di non averle. Il perchè è molto semplice: è semplicemente terrorizzato dalla prospettiva di perdere un’ulteriore fetta di elettorato (sinistrorso). Questi elettori sono ancora legati alle tante scemenze che la sinistra ha fatto e detto dagli anni 70 ad oggi, sono fondamentalmente reazionari e conservatori, e sono corteggiati da chi oggi (leggi Di Pietro) usa quella demagogia fatta di luogocomunismo che, da sempre, ha su di loro un effetto incantatorio.
Ecco perchè Bersani non ha il coraggio di scegliere; ma mica solo sul nucleare, bensì su qualsiasi argomento che preveda una presa di posizione netta e inequivocabile.
Dal sito USA http://pronucleardemocrats.blogspot.com/
Nei paesi che – come gli Stati Uniti, la Francia, il Giappone, la Russia e altri – hanno sviluppato l’industria nucleare esistono ingenti ricadute occupazionali dirette. Tanto per citare alcuni esempi, nelle industrie nucleari, termo-meccaniche ed elettro-meccaniche degli Stati Uniti operano attualmente 52 mila ingegneri nucleari e circa 250 mila addetti specializzati. In Francia ogni reattore nucleare in funzione (ce ne sono 59) impiega circa 400 addetti, per un totale di circa 24.000 addetti. L’EDF ha più di 40 mila dipendenti, AREVA ha 75 mila dipendenti e nell’industria manifatturiera nucleare francese operano altri 40 mila addetti. La sola manutenzione degli impianti nucleari francesi impiega circa 30 mila addetti, in massima parte dipendenti di imprese esterne.
In Italia negli anni Ottanta il comparto nucleare in senso stretto contava circa 45 mila addetti, mentre oggi non va oltre i 3.500: la differenza le dà la dimensione delle ricadute occupazionali dirette e dei posti di lavoro distrutti dalla rinuncia al nucleare.
Ma ha poco senso parlare solo di posti di lavoro all’interno del comparto nucleare. Se infatti è vero che la ripresa dei programmi nucleari comporterà un sensibile incremento dei posti di lavoro nelle aziende del settore e nell’indotto, è altrettanto vero che la disponibilità di energia elettrica a basso costo (attualmente l’elettricità italiana è la più cara del mondo) migliorerà la performance di tutta l’economia nazionale, consentendo alle imprese nazionali di espandere le loro attività e di creare esse stesse nuovi posti di lavoro.
Al contrario, l’alto costo dell’elettricità dovuto all’assenza di una componente nucleare sta oggi determinando la chiusura delle attività ad alta intensità elettrica, come ad esempio la siderurgia e l’industria dell’alluminio. È il caso di ricordare la vicenda emblematica dell’Alcoa, che sta chiudendo gli stabilimenti in Italia a causa del costo eccessivo dell’elettricità.
Il nucleare è una fonte di energia pulita, non emette gas serra e non ha alcun impatto negativo sull’ambiente. Chi sostiene il contrario lo fa su basi ideologiche, non scientifiche. La radioattività rilasciata nell’ambiente da una centrale nucleare è pari a 1/25 della radioattività scaricata con le ceneri di un impianto a carbone di uguale potenza, ceneri che sono normalmente utilizzate per produrre materiale da costruzione e pavimentazioni stradali. I materiali radioattivi prodotti negli impianti nucleari sono in quantità estremamente limitata e sono tenuti interamente sotto controllo e la sicurezza delle centrali è assoluta.
Non a caso, per la sua decisione a favore del nucleare, Obama ha dato giustificazioni essenzialmente ambientali, dichiarando di essere ben consapevole delle preoccupazioni degli ambientalisti, ma che su temi che toccano l’economia, la sicurezza energetica e il futuro del pianeta non è possibile accettare le vecchie contrapposizioni.
Quanto al contributo che il nucleare può dare alla riduzione delle emissioni, visto che questo costituisce un cavallo di battaglia ambientalista, anche se eccessivamente drammatizzato, la componente principale della CO2 prodotta ogni anno in Italia proviene proprio dalla generazione elettrica (26%). Quando saranno in funzione, gli otto reattori previsti dal programma nucleare italiano eviteranno ogni anno l’immissione in atmosfera di 100 milioni di tonnellate di CO2, il che corrisponde a una riduzione del 20% delle emissioni complessive attuali (580 milioni di tonnellate) ovvero all’aver tolto dalle strade 20 milioni di automobili. Non ci sono altri mezzi per ottenere questi risultati.