3
Mar
2017

Norma “anti-scorrerie”. C’era una volta il ddl concorrenza

La norma “anti-scorrerie” di cui si parla in questi giorni s’ispira alla disciplina francese, che prevede l’introduzione di obblighi di comunicazione rafforzata per ogni soggetto che superi determinate quote di capitale (tra loro molto ravvicinate) in una SpA quotata. Il soggetto acquirente sarebbe così tenuto a comunicare a ogni giro di boa quali intenzioni muovano il suo acquisto e quali siano i suoi progetti futuri. La notizia di oggi è che – sebbene i contenuti tecnici dell’emendamento siano ancora in fase di definizione – quest’obbligo verrà esteso a qualsiasi società quotata, eliminando quindi l’iniziale limitazione ai soli settori “di interesse strategico”. Il che rende ancora più grave e pericoloso quanto sta accadendo.

Non bisogna lasciarsi ingannare dal nome così “evocativo” scelto dal Ministro Calenda: quella in esame non è una norma “anti-scorrerie”, ma una “anti-scalate”. Essa avrà un solo effetto plausibilmente ipotizzabile: rendere più difficile il processo di contendibilità di una società. Una simile sequela di obblighi informativi, infatti, rischia di “esporre” il potenziale acquirente di una società quotata (di qualsiasi dimensione) prima del momento opportuno e cioè prima del superamento della soglia che rende obbligatoria un’OPA. Ciò rappresenta, al contempo, un portentoso strumento di difesa del management in carica di una società (che si presume non particolarmente capace e efficiente, se rischia di vedersi scalzato da un nuovo investitore) e un danneggiamento delle opportunità degli azionisti diffusi di una quotata estranei al gruppo di controllo (che vedranno allontanarsi la possibilità di partecipare al godimento del premio di controllo della società). E, ovviamente, l’ennesimo ostacolo a investimenti esteri, in un Paese sempre più a corto di capitali nazionali e complessivamente poco internazionalizzato a confronto delle altre maggiori economie europee: in percentuale del PIL, la consistenza degli investimenti diretti esteri in Italia è meno della metà dei livelli di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.

In tutta questa storia, c’è poi una sorta di ciliegina finale sulla torta dell’assurdo: una norma che serve a fossilizzare gli assetti proprietari, rendendo più costoso il processo di contendibilità di un’azienda, infatti, verrà inserita in una legge che dovrebbe servire a iniettare maggiore concorrenza nel nostro sistema economico. Questo ci conferma in un antico sospetto: in Italia si vendono come “concorrenziali” scelte regolatorie che sono invece a misura degli incumbent e che sono, pertanto, pensate per poter mettere fuori gioco qualsiasi outsider. Se non ci fosse da piangere, verrebbe quasi da ridere.

@GiuseppePortos

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