27
Nov
2024

Non si muove foglia che il Golden Power non voglia

Con cadenza ormai settimanale, il tema del Golden Power torna ad attirare le attenzioni di una cronaca politica ed economica ormai abituata a forme di neo-interventismo tanto invadenti quanto poco efficienti.

L’ultimo casus belli è dato dalla vicenda Unicredit e si delinea, nuovamente, secondo i ragionamenti di una retorica che, in pressoché ogni operazione “non concordata” (come se si dovessero concordare con la politica tutte le operazioni …), vede gli spettri di un attacco al potere. O, per meglio dire, di un attacco all’interesse nazionale, da difendersi con rinnovato spirito patriottico.

La situazione, in verità, è ben diversa e come tale va inquadrata.

Innanzitutto, è opportuno ricordare che tra interesse nazionale e sicurezza nazionale (quest’ultima da difendersi, nel caso, anche con i Golden Power) c’è una bella differenza. In particolare, diversamente dalla sicurezza nazionale, l’interesse nazionale ben potrebbe passare attraverso quegli stessi investitori (soprattutto esteri), un tempo (ma in verità ancora oggi) tanto ricercati, e poi troppo facilmente additati (nel caso in cui non siano rispettati i desiderata politici) quali “predatori ostili” di asset strategici. 

In secondo luogo, è necessario sottolineare che – ancor più laddove si tratti di mercati vigilati – il sistema delle regole già offre un’ampia e dettagliata struttura di supervisione multilivello: questa, indirizzata a vigilare sulla gestione sana e prudente (ad es. delle banche) risulta essere ben più titolata a verificare operazioni che, anche se di innegabile rilevanza sistemica, devono essere apprezzate, in prima battuta, sotto un punto di vista tecnico e poi (se proprio si deve – ma sarebbe meglio di no) politico. In altri termini, la politica deve seguire la tecnica e non utilizzarla strumentalmente per finalità che si pongono al di fuori dei confini della regolamentazione dell’economia.

Infine, non può non menzionarsi il tremendo caos che, nel mondo reale, il sistema del Golden Power ha creato tra gli operatori: tra prenotifiche, notifiche e identificazione (semiseria) di cosa è rilevante e cosa non lo è, il risultato consiste in un quadro di riferimento odierno altamente incerto e dunque costoso, tanto per gli azionisti (già, ci sono anche loro!) delle società coinvolte in questo nuovo vortice burocratico, quanto e più in generale per il mercato e la credibilità del Paese.  E ciò, a totale discapito di un quadro normativo che, di contro, dovrebbe essere chiaro, stabile ed efficiente.

Per queste (e tante altre) ragioni, la questione del Golden Power andrebbe dunque maneggiata con maggiore cura e attenzione nei confronti dei soggetti interessati.

La speranza, si dice, è l’ultima a morire, dunque rimane l’auspicio di vedere allontanarsi, in futuro, quella sensazione di certo sgradevole di avere uno Stato capace di comportarsi, allo stesso tempo e quando comodo, sia come arbitro sia come giocatore.

You may also like

Lo Stato imprenditore post pandemico? Grazie ma no, grazie
Dietro la guerra all’automobile ci sono obiettivi ambientali o politici?
Coronavirus: la tentazione dello Stato-padrone
Václav Havel: la responsabilità come antidoto a populismo, totalitarismo e burocrazia

Leave a Reply