No all’elemosina di 10 euro al mese: se Letta non osa ora su spesa e tasse, quando?
Il governo Letta-Alfano ha esattamente una settimana di fronte a sé per il varo della legge di stabilità. Sono sette giorni decisivi. Più di mille polemiche intorno al dopo Berlusconi nel Pdl o Forza Italia che sia, è solo l’annunciato cambio di marcia sulla politica economica del governo a poter concretamente dare evidenza agli italiani che davvero qualcosa di profondo è mutato. Così ha detto il presidente del Consiglio, all’indomani della fiducia riottenuta in aula, sfidando il no di Berlusconi divenuto alla fine un paradossale sì, di fronte alla sconfitta che si profilava nel suo stesso partito. Ma se sia così o meno sarà l’impianto della legge di stabilità, i suoi numeri e le misure di cui sarà composta, a doverlo testimoniare.
Ieri abbiamo avuto due nuove evidenze di ciò che a tutti dovrebbe essere già molto chiaro da tempo. La prima è che la via tutta-tasse al riequilibrio del bilancio deprime il Pil e non genera il gettito atteso. La seconda è che la ripresa del braccio di ferro tra Pd e Pdl alza nuovo fumo, rispetto alle priorità.
Sul primo versante, fa testo il gettito IVA nei primi otto mesi dell’anno. Da quando l’aliquota ordinaria salì dal 20 al 21% nel settembre 2011, l’IVA incassata scende. Ora l’aliquota è salita al 22%. Ma nei primi otto mesi del 2013 il suo gettito è diminuito del 5,2% rispetto al 2012, con 3,7 miliardi di euro in meno. Scendono infatti per la recessione gli scambi interni, e diminuiscono le importazioni contribuendo sì a migliorare la bilancia dei pagamenti, ma facendo piangere le casse dello Stato. Anche l’Irpef scende leggermente, sempre per la recessione. E cresce invece del 7,5% l’Ires pagata dalle imprese: il che spinge ad abbassarne ulteriormente il margine per investire ed espandere la base degli occupati. In un quadro europeo dove tutti i Paesi sottoposti alla trojka – Irlanda, Portogallo, Spagna – hanno attese di crescita per il 2014 superiori a quelle italiane, anche la Grecia potrebbe batterci. E’ di ieri la previsione di un più 0,4% del Pil greco nell’anno a venire. L’Italia deve dunque cambiare segno alla micidiale linea sin qui da essa seguita, basata sugli aggravi d’imposta.
E per far questo, sicuramente non serve riprendere il teatrino dell’IMU esattamente dove si era interrotto all’esplosione del caso Berlusconi. Ieri emendamenti del Pd relativi a far pagare l’imposta alle “case dei ricchi” sono prima stati accantonati, e torneranno oggi all’esame. Tra mille roventi parole tra destra e sinistra.
Non è sull’IMU che può avvenire il cambio di passo per la crescita. Lo sanno tutti. O la maggioranza di governo trova il modo di evitare cornate su questo, oppure sarà ancora più difficile immaginare qualsivoglia “spirito nuovo”, capace di identificare e perseguire poche chiare priorità.
Il governo ha di fronte a sé tre strade. La prima è quella che sembrava pronto a percorrere prima della nuova fiducia, e di tutto ciò che vi è ancora di politicamente irrisolto. Letta aveva fatto intendere una legge di stabilità intorno al punto di Pil, interventi non oltre 15 miliardi compreso il miliardo e mezzo necessario per evitare di sforare il tetto del 3% di deficit per il 2013. La seconda è quella di un orizzonte più impegnativo, ma sempre nei confini dello stretto rispetto degli impegni europei. La terza è quella di misure ancora più energiche, ma nel contesto di un confronto serrato con Bruxelles e i partner europei sulle ricadute positive di una maggior crescita italiana, visto cheormai siamo tornati a essere una mina per tutti malgrado i nostri corposi avanzi primari.
Sembrerebbe ragionevole scartare la prima ipotesi, cioè comportarsi da parte del governo come se nulla fosse accaduto. O peggio, credendo che nei pochi giorni si possano chiarire tutti gli elementi non chiari a destra, nel rapporto tra chi continua a riconoscersi in Berlusconi, chi in Alfano, e chi sta semplicemente a guardare per capire chi vince. Bisogna osare. E qui si pone il bivio europeo.
Facciamo un esempio, per essere chiari. Letta ha annunciato con forza che la bandiera della svolta sarà quella di un intervento finalmente volto ad alleviare le troppe imposte su impresa e lavoro. Si è parlato di 4 o 5 miliardi di euro in meno. Con un taglietto all’IRAP pagato dalle imprese sulla componente lavoro della base imponibile, e il più concentrato ai lavoratori, con maggiori detrazioni IRPEF ai redditi più bassi. Senonché, le anticipazioni pre-fiducia erano di un beneficio ai lavoratori concentrato in un solo mese, a fine giugno, pari a 100 o 150 euro. Qualcuno si è spinto a immaginare 200 euro e più, ottenendo dal Tesoro calorosi inviti a tenersi bassi.
Guardiamoci in faccia. Vogliamo dirlo o no, che un intervento nell’ordine di dieci euro in più al mese in portafoglio non cambia la sostanza depressiva di redditi procapite tornati, a prezzi correnti, a quelli di 25 anni fa? Possono davvero, Letta e Saccomanni, farsi illusioni in proposito? Quando Prodi nel 2007 abbassò di 4,5 miliardi l’IRAP l’effetto sul 2008 si rivelò modestissimo. Certo, saltarono in aria la Lehman e il commercio mondiale. Ma da allora abbiamo perso 9 punti di Pil e 25 di produzione industriale, ergo bisogna per forza pensare a qualcosa di più ambizioso.
Significa da una parte avere il coraggio di mettere mano a tagli di spesa come sinora se ne sono visti troppo modesti, come poco ambiziosi sembrano i primi obiettivi affidati al nuovo commissario alla spending review, Cottarelli.
Ma significa anche esser disposti ad aprire da subito un round negoziale a Bruxelles quando, appena varata la legge di stabilità, comincerà il suo esame da parte della Commissione europea. Nell’ambito del percorso tendenziale di azzeramento del deficit, contrattare ad esempio per ogni euro di spesa corrente in meno individuato e tradotto in meno imposte su lavoro e reddito, un euro aggiuntivo di minor imposizione che nel breve alza l’asticella del deficit, per però generare da subito crescita aggiuntiva e gettito, pareggiando i conti nei due anni successivi. Vi sono parlamentari che lo propongono esplicitamente nella maggioranza senza per questo ripudiare euro ed Europa, come Enrico Zanetti che in queste materie non improvvisa, visto che è uno dei più esperti in materia fiscale e contabile. E’ una buona idea.
Letta e Alfano hanno una settimana per convincersi ad osare. Trovino la forza di stupirci. Dieci euro in più al mese sarebbero un’irrisione dopo tutto quel che si continua a vedere: l’ennesimo buco a Roma, il finto taglio alle retribuzioni dei consiglieri regionali siciliani in realtà ancorandole alla busta paga dei senatori, le finte privatizzazioni fatte con partita di giro dal Tesoro a Cassa depositi e Prestiti come in Ansaldo Energia, e la triste commemdia in atto su Alitalia, in cui altri “privati falliti” con banche private alla testa richiedono l’intervento statale dopo aver beneficato dell’oneroso salvataggio a spese del cotnribuente nel 2008.
Non oserà Giannino,non oserà. E Lei fra tre mesi sarà ancora qui a dire che se casca il Governo finisce il Mondo.
A me sembra chiaro che questo governo, ne nessun altro governo espresso da questo parlamento, non combinerà alcunchè, per mancanza di volontà riformatrice e per semplice incapacità. Parliamoci chiaro: la mission di questi personaggi, tutti, è mantenere lo status quo. Bisogna iniziare ad abituarsi all’idea che, senza un reset totale, ovvero un evento traumatico, leggi default, l’Italia è destinata a continuare l’indecente piccolissimo cabotaggio che stiamo da tempo sperimentando, fino a quando sarà possibile drenare risorse alla parte del paese che produce o ha risparmi accumulati in passato. Peraltro, se i voti vanno sempre in maggioranza ai soliti noti, come possiamo essere ottimisti? Non credo che l’Italia sia riformabile, in primo luogo perchè non vuole essere riformata.
Sig Giannino
La seguo da molti anni. e Lei dice molte cose assolutamente incontrovertibili.
La crociata dell’abbattimento spesa pubblica improduttiva (che pur se improduttiva fa comunque PIL) è corretta ma non risolverà il problema dello sfasamento fra il tasso di cambio reale italiano rispetto al core-europee’ che è e resta la vera causa della NS eccessiva debolezza. Se Lei stesso ha confermato che 4,5 miliardi concessi dall’allora governo prodi non diedero alcun apprezzabile risultato, a che pro, oggi, Lei e confidustria-sindacati chiedete ancora miliardi? Le risorse, reperite con immane difficoltà, finirebbero nel baratro del differenziale di competitività, dando un minimo effetto per pochi trimestri. Poi dopo, la mancanza di un cambio flessibile, produrrebbe un nuovo gap fra i tassi di cambio reali. Lei questo lo sa. E lo sanno tutti coloro che abbiano studiato almeno un esame di macroeconomia 1. Se l’Italia è poco competitiva e resta poco competitiva, non c’è alcuna medicina definitiva se non ripristinare la più elementare regola economica della domanda-offerta sul cambio, uscendo dall’euro. Anche io sarei formalmente d’accordo con Lei nell’affermare e propugnare un miglioramento del ns sistema paese nel suo complesso, elemento che costituisce la palla al piede delle ns imprese. Ma poichè pare assodato che non siamo in grado di superare tutti i ns problemi, che ci differenziano dai paesi evoluti (per mafia, corruzione, analfabetismo, arretratezza atavica di intere macroaree dello stivale, politici imbelli e incapaci) che dobbiamo fare? Secondo i puristi del liberismo dovremmo continuare a perdere competitività persistendo in ricette depressive di austerità. Secondo altri forse è il caso diammettere che la serie ‘a’ dell’euro a conti fatti, dopo oltre un decennio, NON CI E’ CONVENUTA. Che faciamo? Ci adeguiamo alla realtà, e forse abbiamo ancora poco tempo per farlo, prima di finire co pletamente digeriti dal core-europe? Oppure persistiamo nell’intransigenza dottrinale, nella convinzione che si possa mettere il carro davanti ai buoi? Ps: mi domando per quale motivo i liberisti che si dichiarino tali, accettano e sposano la ‘mano invisibile’ non vogliono che sia applicato al ns cambio la legge domanda-offerta. Perchè? Me lo domando ma non trovo alcuna risposta logica rispetto ad un approccio tanto distante dalla propria mentalità
Gentile Edgardo
Sono d’accordo con lei circa il fatto che il paese è irriformabile. Ma nel frattempo qualcuno fra i nostri sessanta milioni ha affrontato dei sacrifici e continua a farlo. Non ritengo che sia moralmente corretto evocare il default come un catartico evento di reset. In primo luogo chi ci ha rimesso coi sacrifici finisce per rimetterci una seconda volta col fallimento, con in più l’onta di essere accomunato nella disgrazia in egual modo a chi ha sempre vissuto di rendita e non ha rinunciato ai propri privilegi. In secondo luogo chi Le assicura che solo col default il popolo imparerà ciò che non ha imparato in 150 anni? Io penso che, stando alla storia, se un popolo è autolesionista, lo sarà anche dopo un fallimento. Se vuole un esempio guardi un po’ cosa è capitato poco più di 10 anni fa in Argentina, eppure quello stato pare orientato inesorabilmente ad un nuovo fallimento. Come ho già scritto, sono sempre più convinto che occorre fare in modo che le leggi economiche naturali svolgano liberamente il proprio contributo, cosa che nell’attuale architettura dell euro-Europa non viene consentito per una convenzione. La convenzione è il cambio fisso dell’euro fra paesi europei non caratterizzati dai medesimi livelli di competitività. Se un paese perde per qualche motivo la competitività rispetto ad uno o più fratelli europei, non opera il naturale meccanismo sul tasso di cambio. E questo anche nel caso in cui, per estremizzare, siano i NS partner ad operare scorrettamente, deflazionando volontariamente il proprio mercato interno, mentre tutti gli altri restano fermi, cosa che comunque porta ad un gap competitivo. Non si comprende per quale motivo deflazionare intenzionalmente sia economicamente ed eticamente corretto, mentre tornare alla lira, con annessa svalutazione viene ritenuto immorale, quando si tratta unicamente ed esclusivamente del libero operare della legge domanda-offerta sul tasso di cambio.
guardi Giannino da un governo che dopo questi anni di alitalia dei capitani coraggiosi è ancora lì a pensare di farla comperare da cdp o fs che cosa ci si può aspettare??..NULLAAAAA… ANZI ANCORA DISASTRIIIIIIII… buona giornata!!
L’idea secondo me è accettabile solo ed esclusivamente si abbatte parte del debito vendendo beni pubblici (edifici, quote azionarie, concessioni governative. società partecipate a livello locale). In questo caso il rapporto debito/PIL diminuisce perché si riduce il debito, invece di aumentare perché diminuisce il PIL. Dismissioni per 200 miliardi in 5 anni significano, facendo i conti a spanne, un 10% in meno. A questo punto è legittimo convertire il meno spesa in meno tasse. Bisogna tuttavia concentrare il meno spesa sul fronte non solo degli sprechi (che non dovrebbero nemmeno esistere) ma su quello del “meno burocrazia”, “meno adempimenti”. Perché è li’ che si liberano risorse per le imprese. L’euro aggiuntivo viene da li’, anche senza raddoppiare il calo di imposta.
Inoltre c’è sempre il nodo bancario da affrontare. Una ripresa produttiva ha bisogno di risorse da investire e le banche oggi (legate a doppio filo con la politica tramite le fondazioni) usano la liquidità per comprare titoli debito pubblico, non per prestarla ad imprese e famiglie.
Ci sono tanti nodi che devono venire al pettine.
Gentile Giancarlo,
mi creda, io non evoco il default, ne null’altro; osservo la situazione. Peraltro sono d’accordo con Lei riguardo al fatto che non servirebbe ad emendare i problemi di fondo che ci affliggono. Proprio per questo ritengo l’Italia irriformabile, perchè chi vota saranno sempre gli stessi italiani. Tuttavia, credo che questa lunghissima agonia finirà per prosciugare tutte le risorse positive disponibili, umane, finanziarie ed economiche. E, guardandomi ogni giorno attorno, mi sembra che ci siamo molto vicini. Quindi, che facciamo; continuiamo così? La risposta del nostro governo sembra essere: assolutamente sì. Troika o default mi sembrano le uniche possibilità di cambiamento che abbiamo allo stato attuale. E’ una constatazione, non un auspicio.
mi sembra che continuare a lamentarsi di questo governo sia inutile: fino a che non si troverà il modo di ELIMINARE questa burocrazia non si potranno risolvere i problemi che affliggono gli italiani, anzi non gli italiani tutti ma solo quelli che pagano le tasse e non quelli che i soldi delle tasse si pappano indisturbati e grassi. Bisogna convincere con le buone o malauguratamente con le cattive questa BUROCRAZIA (sono sempre gli stessi anche se cambiano i governi) a staccare la bocca dalla mangiatoia. Quando decidono di aumentare le tasse la risolvono in un amen, quando qualcuno propone di abbassare leggermente gli emolumenti c’è sempre una parte dei parassiti (la corte costituzionale) che ricorda al popolo bue che i diritti acquisiti non si possono toccare: dormivano quando qualcuno ha inventato gli esodati ? Temo che ci salverà solo il fallimento dell?Italia. Ovviamente si salveranno burocrati e caste più o meno occulte.
una sola cosa continua a stupirci….e io non capisco perché
COME VOLETE che si cambi passo se si cambiano solo gli asini con altri loro simili? (mettiamo pure che dopo Monti siano entrati in tiro dei muli, ma quando ci mettiamo i purosangue per correre l’Arc du trionphe???) Quel che voglio dire è che senza una profonda coscienza meritocratica non si va da nessuna parte. Come facciamo a fare le privatizzazioni se non lasciamo che si analizzi veramente perché le aziende che dobbiamo cedere (che ci infliggono altre perdite o poco guadagno) devono essere cambiate. Questo vuol dire azzerare i vertici e questi clienti devono solo ringraziarci perché non chiediamo loro di rispondere dei talenti che abbiamo affidato loro, che fossero 2 o 10. Con loro dovremo pur eliminare gli inutili se non dannosi, si annidino negli acquisti o negli uffici tecnici. Come facciamo a tagliare le spese se dobbiamo conservare le clientele dei vari partiti siano essi sindaci o assessori in comunità montane o minicomuni o nelle province??? Cosa dice un operaio esodato di una Minetti pensionata? a meno di 30 anni?? I tagli cominciano dalle organizzazioni inefficienti per eliminare le “bestie” che vi si annidano come i pidocchi e far emergere le competenze e le responsabilità.
Sono convinto che solo dopo bisogna parlare di soldi sia verso PMI che amministrazione pubblica. ALTRIMENTI torniamo a inizio secolo quando la nostra spesa pubblica era di 600 miliardi anno. Oggi siamo più inefficienti e spendiamo il 35% in più. Molte aziende sono lo stesso Il parco macchine della dirigenza che era di gloriose Croma diesel è diventato tedesco e sovente a benzina ma la percentuale di investimenti si è dimezzata e la produttività è caduta del 20%
Osare! è un invito inutile. Questo Paese è in mano al blocco sociale costituito dal “Pubblico” ovvero P.A. , Sindacato, partiti, caste intoccabili istituzionalei, scevre da ogni reale controllo, insofferenti ad ogni riforma, feroci contro chi solo accenna a rivederne criteri di carriera e sopratutto retribuzioni. Giustizia! ridurre quegli stipendi sarebbe un atto di giustizia e via a seguire tanti altri. Criteri di valutazione del pubblico impiego, organici, produttività, figure apicali: una massa sterminata. Osare? per esempio fare una analisi di quanto abbia prodotto in miglior servizi la Riforma Bassanini della P.A. e quanto è costata e quanto costa? ma non penserà mica che la facciano loro , intendo i partiti che stanno lì, in particolare il PD? mi creda è un invito inutile ….
@ Bruno. Lei davvero pensa che il Pdl e Scelta Civica siano meglio? Se si ricorda, fu proprio il Pdl con Fini (Berlisconi inizialmente accennò qualche piccola contrarietà) ad aumentare a dismisura gli stipendi, in particolare quelli apicali nelle FF.OO.
Scelta Civica è poi la quintessenza stessa della PA, frutto di un patto fra Grande Industria e Burocrazia di Stato. Provi a vedere dove hanno preso quei quattro voti.
@Giuseppe. Guardi non salvo nessuno ma sicuramente in questo sinistra e sindacato hanno grandissime e gravissime colpe ideologiche. Nei fatti colpe hanno poi i politici a tutti i livelli, dall’amministratore del piccolo comune a quello del grande, delle regioni e delle istituzioni statatli, ecc. in quanto non sono stati mai controparte a difesa del resto dei cittadini. Di Fini e similari c’è da vergognarsi a parlarne. Ma quel che si constata fuori dalle convinzioni personali è che questo blocco “pubblico” articolato negli Enti e nelle istituzioni con la complicità della politica che ne fa parte e ne è spesso emanazione sta trascinando il paese sul fondo perchè le risorse stanno lì e da lì non si muovono. Tutta questa massa di spesa si ritiene evidentemente una “variabile indipendente” dalla crisi tant’è che la P.A. non si è e/o non è stata riorganizzata, non si è e/o non è stata ridotta, non se ne parla seriamente, si punta all’evasore (che disapprovo per essere chiari) o alla necessità che il settore produttivo aumenti la competitività per aumentare le entrate (vedi Iva) . Non si dice la verità ovvero che tutti costoro le tasse non le pagano ma le percepiscono e che da percettori di tasse dal 2001 ad oggi hanno aumentato le loro retribuzioni molto più del settore produttivo (Bassanini docet e i provvedimenti che cita lei pure e così anche tutti gli “agganci alle retribuziono dei parlamentari ed altre mille invenzioni del genere). Osare? certo che osano, osano non toccare niente di tutto ciò…
L’italia sottoposta a vincoli di lacrime e sangue è un poco come la Germania dopo la prima guerra mondiale.
I soli sacrifici non portano a niente se non al continuo calo di produttività che, non a medio, ma a breve termine, non sarà più matematicamente sostenibile dall’aggravio di costi su coloro che rimangono.
Quindi il continuo rimandare di tutto per anni e anni conduce solo alla miseria diffusa e al rischio di nuove formazioni politiche estremiste.
La ns. classe dirigente incompetente è diventata quello che era la nobiltà a suo tempo.
Hanno i propri privilegi, vivono lontano dalla gente, anche se ne parlano come un fenomeno che esiste, mettono continue tasse e leggi che le motivano e ci impongono il rispetto di esse con la forza poiché dal momento che una cosa è legge essa è quindi giusta e deve essere rispettata.
Vergogna.
Ormai l’unica opposizione viene da persone che campano nel fare osservazioni ma nessuno si espone.
Lei Sig. Giannino, se mai leggerà questo messaggio, sappia che io l’ho votata anche se è scivolato su una cosa come un finto titolo accademico, sappia che adesso non sono più iscritto al suo movimento, perché anche loro adesso iniziano con feste, balli e cene. Ma che dobbiamo fare festeggiare qualcosa, oppure attirare le masse con delle specie di “mini feste dell’unità”.
Io ho oltre 40 persone a lavorare per me e sono stanco di rischiare senza più guadagnare.
Mi dia una risposta precisa, sincera e secca.
1) Lei crede davvero che questo paese si riprenda nel breve periodo ? Badi bene io dico si riprenda e non esista la possibilità che si riprenda.
2) Mi dia un alternativa di paese con buone prospettive di vita, tassazione decente, legalità e burocrazia snella. Es. Stati Uniti; Australia ; Canada, ecc..
E’ solo una vergogna.