10
Lug
2012

Neanche in Danimarca la cura dimagrante è quella giusta

In Danimarca si sta prendendo in considerazione l’idea di abolire la tassa sui cibi grassi e sugli zuccheri aggiunti sostituendo il gettito mancante con l’aumento dell’aliquota base delle imposte sul reddito. La proposta arriva dai Social Democratici, che si oppongono al balzello sul junk food in quanto danneggia il mondo del lavoro nell’industria alimentare e agricola (si stimano circa 2000 posti di lavoro in meno) e, in generale, l’economia: com’è inevitabile che sia, infatti, ad un aumento del costo di alcuni cibi i danesi reagiscono acquistandoli all’estero, favorendo quindi l’economia oltre i confini del proprio Paese.
L’EHPA, che rappresenta le organizzazioni sanitarie e mediche, si oppone all’abolizione sottolineando i benefici economici di lungo periodo derivanti dalla miglior salute dei cittadini, che si rifletterebbero in minori costi sanitari, assicurata – ritengono – da queste misure fiscali.
Il caso danese interessa anche l’Italia dove periodicamente viene ripresa l’ipotesi di introdurre una tassa sul junk food nella mai troppo contestata abitudine di credere in uno Stato paternalista che sa cos’è meglio per i cittadini fino al punto di invitarsi a tavola e ordinare per loro. Una cultura paternalista che però persiste nell’ignorare come: a) se si tassa la merendina, si mangia la torta fatta in casa: le calorie però non mancano neanche negli alimenti casalinghi, quindi il problema dell’obesità non si risolve; in alternativa, si fa come i danesi che comprano gli stessi cibi meno cari oltre confine; b) è un’imposta regressiva: dato che sono soprattutto i più poveri quelli che fanno maggior uso di tali cibi, saranno loro a rimetterci di più; c) dove la sanità pubblica è prevalente, già si paga la sanità tramite la tassazione generale: i fortunati che pur consumando tali cibi restano magri, si troveranno dunque a dover contribuire pur non godendo dei benefici sanitari. Inoltre, se si vogliono impedire i comportamenti a rischio, allora si dovrebbero tassare, ad esempio, anche le attività sportive pericolose, creando un circolo vizioso potenzialmente infinito di intrusione della sfera pubblica nella vita privata; d) i consumi di tali alimenti sono inelastici rispetto al prezzo: è inutile a ridurre l’obesità perché spesso questa è legata a problemi psicologici e fisici, oltre che a uno stile di vita sedentario. Nel primo caso un’imposta difficilmente risolverà i loro problemi, nel secondo ci saranno comunque spese sanitarie legate all’obesità da pagare che tuttavia non vengono coperte tramite tale balzello.
L’esempio danese interessa il nostro Paese anche per un altro motivo, che spiega lo scetticismo del partito liberale: in un periodo di riforma fiscale mirata a stimolare la crescita economica, obiettivo attuale e urgente in particolare in Italia, alzare le imposte sul reddito non può che avere conseguenze negative. Quelle sulle persone fisiche tendono infatti a ridurre i consumi che però rappresentano degli importanti stimoli alla crescita economica e senza i quali si limita la produzione; quelle sulle imprese, invece, limitano gli investimenti e, di conseguenza, la creazione di posti di lavoro. L’opposto, insomma, delle condizioni per stimolare la ripresa. Come non è tassando i cibi grassi che si risolve il problema dell’obesità, allo stesso modo non è traslando l’ammontare delle tasse da una forma all’altra che si risolve il problema della recessione. D’altra parte, la riduzione del peso fiscale può invece essere compensata da una maggiore crescita: è lo Stato, quindi, che va messo a dieta.

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9 Responses

  1. claudio p

    Secondo me il risvolto più angosciante è che se la tassa sul junk food passasse, la gente finirebbe per accettarla così come accetta la sovrattassa sui superalcolici e quella sulla sigarette (salvo poi acquistarli dove costano meno, ovviamente).
    Quale opinion maker andrebbe oggi in TV a dire che un Stato che tassa il junk food è uno Stato fallito? Che è uno Stato che rinuncia alle funzioni per cui è stato concepito e assume compiti che non gli spettano? Che è un Stato che invece di proteggere e difendere la sfera dei diritti individuali la violenta? Nessuno o quasi. La propaganda statalista è senza contraddittorio.

  2. Pietro Piccoli

    A mio parere l’imposta sui cibi o bevande dannosi non è la soluzione, ma credo che lo sia un imposta che agevoli chi segue una vita meticolosa e attenta alla salute.Trovo ingiusto che chi è sano debba pagare per chi ogni giorno abusa di alcol, fumo, sigarette o cibi grassi. La libertà sta anche nell’assumersi le responsabilità di quello che si decide di fare nella vita e della propria vita.

  3. paolo

    si vola alto in europa …. perché non tassare allora direttamente la massa grassa in eccesso di ogni individuo. si può morire anche di mozzarelline fitte in olio extravergine di oliva, oppure mangiando tortellini. perché poi dimenticare la cotoletta alla milanese, pure quella se mangiata tutti i giorni non è che faccia poi così bene. non esistono mica solo le merendine …… Poi non vorrei sembrare ironico, ma a questo punto non si dovrebbe pretendere che venissero detassate scarpette da tennis e biciclette……

  4. maurizio

    avendo lavorato per diversi anni dopo la laurea in Danimarca, e conoscendo il carico fiscale che lo ricordo per gli smemorati arriva al 68% per un reddito medio, posso dire di conoscere questo simpatico popolo. Un popolo che gli altri scandinavi spesso chiamano con disprezzo gli “italiani del nord” in quanto “troppo” espansivi…
    Detto questo non sono particolarmente contrario a questo genere di tasse sul consumo (che colpisce anche le auto, l’alcool, le bottiglie in vetro e plastica, …): rientra in una mentalità, condivisibile o meno, del “visto che noi stato pensiamo a te dalla nascita alla morte se proprio vuoi avere atteggiamenti che portano ad una spesa sociale, te li facciamo pagare in anticipo. Decidi tu”
    Non appartiene certo ad una scuola di liberismo ma è coerente con la visione di massima del popolo danese. Se ora decidono che la tassa è da eliminare in quanto ci sono troppi “evasori” (no, meglio chiamarli arbitraggisti) che sfuggono allora vuole dire che si stanno troppo italianizzando

  5. claudio p

    @maurizio
    Il discorso che fai è interessante, ma c’è un’opinione diffusa che non mi convince. Chi può dimostrare che c’è una relazione tra la spesa sanitaria di un individuo e le sue abitudini alimentari? Anche i concittadini più salutisti invecchiano, si ammalano e muoiono come tutti gli altri, e non è detto che si ammalino di malattie “poco costose”.
    D’altro canto un individuo che causa poca spesa sanitaria può essere per esempio un obeso che muore d’infarto senza aver mai visitato un ospedale o, in un caso ancora più estremo, un tossicodipendente ventenne che muore di overdose.
    Forse è più facile dimostrare le persone che “causano” più spesa sanitaria sono proprio quelle più attente e diligenti, che fanno prevenzione e che tengono a bada malattie croniche per anni, grazie alle analisi e ai farmaci.

  6. Marat

    lo stato deve stare il piu’ possibile fuori dal mio portafogli,dal mio letto,e anche il piu’ lontano possibile dalla mia tavola…

  7. @lucia, maurizio

    Diciamo la verità, non esiste solo lo stimolo negativo. Esiste quello positivo. Se detassassero i cibi più salutari, ecco che molti si orienterebbero verso quelli.
    Magari perdendo qualche kilo o riducendo il colesterolo.
    Certo, paesi come la Danimarca non abbondano di cibi sani e pertanto le loro produzioni patirebbero danni. Infine è evidente che lo scopo non è solo quello di far del bene, ma soprattutto quello di far gettito fiscale.
    Vorrei proprio vedere la faccia di Monti se gli italiani decidessero che davvero le sigarette non vanno più comprate!
    Quel che è sicuro è che “sorvegliare e punire” di Foucault è un testo assai di attualità: Allo stato etico ho appena dedicato un minisaggio e personalmente ne farei volentieri a meno. Di uno stato etico come l’Italia, poi, che preleva sempre intorno alla percentuale che dice Maurizio (in un modo o nell’altro), ma che non ci ritorna certo i servizi della Danimarca, beh non posso che dire il peggio possibile… Il paternalismo di un papà cattivo è evidentemente peggio di quello di un papà buono.
    Non sarà mica perchè invece che un papà noi italiani ci ritroviamo un papa?? 😛

  8. Ars

    Bravo. Sono d’accordo. Il tema richiede pensiero e non lasciarsi andare conformisticamente alle prime impressioni stataliste-totalitarie.

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