Napolitano, la CEI e la produttività
Scusate, ma sulla vicenda Fiat-Melfi non sono d’accordo né con l’intervento del Capo dello Stato, né con il giudizio dell’arcivescovo presidente della commissione CEI per i problemi sociali e del lavoro. Mi sembrano da segnalare positivamente il Corriere della sera, che ha titolato giustamente “Napolitanto critica la Fiat”, il segretario della Uil Angeletti, che ha detto chiaro che in una vertenza giudiziaria tra privati il Capo dello Stato non dovrebbe entrrare per nulla, e il ministro Gelmini che in tutto il governo ha detto chiario “sto con Marchionne”. Il Presidente della Repubblica mi sembra da elogiare molto per l’invito a superare lo scontro e a discutere con pacatezza del futuro delle relazioni industriali, visto che ha riconosciuto che la competizione internazionale è “aspra”. Ma mi sembra però da condannare risolutamente, per la sua scelta di entrare a gamba tesa in una vicenda nella quale menziona solo i ricorsi del sidnacato contro la Fiat, e non quelli della Fiat contro i tre licenziati. In questo modo, il segnale che viene dal Quirinale è che il magistrato del lavoro, che nel giudizio d’urgenza ex articolo 28 dello Statuto si limita a una delibazione sul presunto fumus antisinacale della misura aziendale senza entrare nel merito delle cuircostanze di fatto, dovrà di fronte al ricorso Fiat dare ragione ai licenziati. Il Quirinale tace, sui ricorsi pendenti Fiat e sull’azione penale intentata dall’azienda per danno improprio. In altre parole – come riconosce persino oggi Tito Boeri su Repubblica, in un articolo pure che è aspramente conro la Fiat nelle sue conclusioni – dovrebbe passare il principio per il quale chiunque sciopera può bloccare una linea di produzione ledendo il diritto dei colleghi a non scioperare, e danneggiando l’impresa. E’ un errore gravissimo, senza precedenti nella storia istituzionale italiana. Politici e imprenditori e sindacalisti e giornalisti seri avrebbero dovuto insorgere con durezza. A questa stessa conclusione portano le parole pronunciate da mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Mons. Bregantini ha affermato che la Fiat “lede i diritti delle persone”, perché “riduce tutto a una questione di carattere economico-finanziario”. Ignoro se abbia parlato a titolo personale o a nome della CEI, ma la carica che ricopre impegna l’intera Chiesa italiana. Che dunque si schiera a favore del blocco delle fabbriche travestito da legittimo diritto di sciopero, e per la via giudiziaria al blocco, una volta che sindacati minoritari perdono nelle urne , come è accaduto a Pomigliano. Mi sembra francamente pazzesco.
Forse è il caso di riflettere su due numeri, per capire quanto seria sia la questione dell’innalzamento della produttività da realizzare nel nostro Paese. Noi come italiani e come europei non abbiamo tanto un problema di produttività oraria a parità di qualifiche e mansioni, rispetto per esempio agli USA. Dagli anni Ottanta l’America ci ha strabattuto in produttività – a parte che per il più massiccio uso di tecnologie ITC – per due ragioni: lavoravano molti più americani che europei sul totale della popolazione in età da lavoro, e lavoravano per più ore e giorni e settimane l’anno, rispetto agli europei. Nel 1997, sul totale della popolazione tra i 15 e i 64 anni, lavorava il 73,5% degli americani, rispetto al 58,5% come media allora degli attuali Paesi dell’euroarea, quando in Italia la percentuale era del 51,3%, in Francia del 59,6%, in Germania del 63,7%.
A fine dicembre 2009, dunque incorporando gli effetti della crisi, la terribile disoccupazione americana ha abbassato il tasso di partecipazione per la prima volta da decenni ben sotto il 70%, al 67,6% per la precisione. La media dell’euroarea si è molto avvicinata agli USA, arrivando al 64,7%. Ma è una media che incorpora Paesi come la Germania al 70.9% (attenzione, nel 2009 è salita la partecipazione rispetto al 2008 malgrado la crisi, a conferma di quanto sia robusto economicamente quel Paese), la Francia al 64,2%. E l’Italia resta a uno sconsolante 57,5%. Abbiamo ancora più di 13 punti pieni percentuali di partecipazione al mercato del lavoro da recuperare, rispetto alla Germania leader europea. E’ per questo che servono regole diverse, i 18 turni, e straordinari senza scioperi contrattati da sindacati che si rendano conto di come va il mondo oggi, e di che cosa dobbiamo metterci in condizione tutti di fare per vicnere la sfida e difendere la manifattura italiana, la base per l’occupazione di oggi e di domani, il traino della crescita italiana attraverso l’export.
Questi 13 punti invece è come se non esistessero, per tutti coloro che invocano il lavoro per decreto legge o per decreto di un giudice. Mi dispiace, ma non avrei mai pensato che Chiesa e Quirinale potressero rivelarsi così irresponsabili, da incoraggiare chi chiude gli occhi di fronte alla realtà e invoca il diritto a bloccare le fabbriche.
Tutto ‘sto polverone mediatico, con tanto di Capo dello Stato che risponde prontamente ad una lettera (mai vista un’istituzione pubblica che risponde cosi’ velocemente alle lettere dei cittadini) per tre persone reintegrate dal giudice che sono state spostate di reparto.
Mi aspetto altrettanto interesse e partecipazione per tutti i lavoratori a tempo determinato e tutti i lavoratori senza piu’ il posto che non hanno la fortuna di avere alle spalle un circo mediatico, ma sono semplici persone che pero’ vanno a votare… Poi non accusiamo il “popolo bue” se le urne non danno i risultati sperati.
Condivido completamente l’articolo. Tra le altre cose segnalo che la sospensione dal lavoro è una cosa prevista dal CCNL dei metalmeccanici, tutto il rumore attorno questa scelta della FIAT è frutto di una ben orchestrata campagna della FIOM.
TITOLO XVIII Sospensione dal Lavoro
Art. 92 (Sospensione del lavoro)
In caso di sospensione dal lavoro per fatto dipendente dal datore di lavoro ed, indipendente dalla volontà del lavoratore, il lavoratore ha diritto alla retribuzione di fatto per tutto il periodo della sospensione.
La norma di cui al precedente comma non si applica nel caso di pubbliche calamità, eventi atmosferici straordinari, casi di forza maggiore e scioperi.
Le Parti richiamano la vigente normativa sulla CIG ordinaria.
Anche l’articolo 18 della legge 300 (Statuto dei lavoratori) non deroga assolutamente alle disposizioni previste all’articolo 2104 riguardo il potere direttivo che l’azienda può legittimamente esercitare nei confronti del lavoratore subordinato.
È difficile far partecipare più persone al mondo del lavoro con questi chiari di luna che in Germania e nord EU non ci sono.
Asili nido: fuori 3 bambini su 4 http://www.west-info.eu/it/asili-nido-fuori-3-bambini-su-4/
Oscar, non posso che esser d’accordo. Non relativamente alla tua conclusione, però: tu dici che non avresti mai pensato che Chiesa e Quirinale potressero rivelarsi così irresponsabili, ed io vedo – invece – una perfetta coerenza di lorsignori con le consuete prese di posizione. Purtroppo, questa è l’Italia: terra dei cachi.
Condivido sia l’articolo che il commento di Franco, credo che queste prese di posizioni sono fini a se stesse….ossia, aumento del consenso verso queste istituzioni e conseguente probabile diminuzione dell’offerta di lavoro per ovvi motivi.
Il popolo bue ringrazia le istituzioni, io invece ringrazio questi imprenditori che ancora investono qui nonostante il profitto che ne possono trarre sia qualcosa che si avvicina più ad una scommessa che ad una previsione calcolata.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha così risposto ai tre lavoratori della Fiat Sata di Melfi: “Cari Barozzino, Lamorte e Pignatelli,
ho letto con attenzione la lettera che avete voluto indirizzarmi e non posso che esprimere il mio profondo rammarico per la tensione creatasi alla FIAT SATA di Melfi in relazione ai licenziamenti che vi hanno colpito e, successivamente, alla mancata vostra reintegrazione nel posto di lavoro sulla base della decisione del Tribunale di Melfi. Anche per quest’ultimo sviluppo della vicenda è chiamata a intervenire, su esplicita richiesta vostra e dei vostri legali, l’Autorità Giudiziaria: e ad essa non posso che rimettermi anch’io, proprio per rispetto di quelle regole dello Stato di diritto a cui voi vi richiamate.
Comprendo molto bene come consideriate lesivo della vostra dignità “percepire la retribuzione senza lavorare”. Il mio vivissimo auspicio – che spero sia ascoltato anche dalla dirigenza della FIAT – è che questo grave episodio possa essere superato, nell’attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell’attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell’evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale”.
Leggere in questa lettera quello che non c’è mi sembra a dir poco scorretto. Che lo faccia la Gelmini che si vanta del suo passato professionale che comprende anche l’aver superato l’esame per diventare avvocato in quel di Catanzaro senza dare spiegazioni non mi stupisce, per fortuna le persone capaci che hanno un passato professionale degno di questo nome, non sono come lei, ma che lo faccia chi ha il compito di informare mi sembra scandaloso.
Il Capo dello Stato si è rimesso alla decisione della magistratura cosa che dovrebbero fare tutti quanti, altrimenti qualcuno dovrebbe spiegare a che cosa servono i tribunali.
In attesa della definizione finale che potebbe anche essere di assoluzione, i tre operai vanno reitegrati come deciso dal giudice. Non piace alla Fiat? Ne prendiamo atto! Anche a me non piace che una azienda come la Fiat con tutti gli aiuti pubblici che ha avuto se ne vada all’estero fragandosene degli operai. Per avere un nuovo modello di relazioni industriali gli operai, i sindacati, dovrebbero fare nuove concessioni e assumersi nuove responsabilità, ma anche la Fiat dovrebbe fare uno sforzo, considerare gli operai come degli uomini che hanno la loro dignità e delle famiglie sulle spalle. Il sistema adottato dalla Germania richiede sacrifici e impegno a tutti non solo a una parte sociale. Vorrei porre una vecchia domanda: qualcuno mi può spiegare come può sopravvivere un operaio italiano con 400 euro? Domanda sciocca forse ma siccome il poblema della Fiat, tra le altre cose, sembra essere il costo del lavoro e considerato che intende risolverlo proseguendo la politica della delocalizzazione, in Serbia i lavoratori percepiranno questo stipendio che è senz’altro ottimo per le condizioni economiche della Serbia, vorrei sapere quale stipendio un operaio italiano dovrebbe accettare per permettere alla Fiat di fare un prodotto con un costo del lavoro accettabile. Vorrei anche dire che la delocalizzazione in Polonia non ha comportato una diminuzione deel costo finale delle aute prodotte in quel paese. La Fiat ciurla nel manico, lo ha sempre fatto e chi si limita a guardare i dati dell’utlimo trimestre o giù di lì si mette il paraocchi di fronte alla storia di questa azienda.
a mio parere sono gli utili dei lavoratori polacchi che coprono le perdite della fiat italiana
Ma più o meno invece mi sembra che tranne il capo dello stato e la chiesa, tutta sta messa in scena non abbia avuto poi così tanto sostegno da parte dei politici.
Può essere che i picchetti ledano il diritto (ma perché diritto? al limite una pura e semplice necessità per chi non nasce su di un pozzo di petrolio o con ingenti patrimoni familiari) agli altri di scioperare, sono daccordo: ma è esattamente quello che è sempre successo, non è successo NULLA DI NUOVO da parte del SINDACATO. E’ la FIAT a CAMBIARE. In questa vicenda c’è qualcuno che fa quello che ha sempre fatto per consuetudine, quello è il sindacato e sono i 3 sfortunati licenziati (sfortunati, perché quello che hanno fatto è quello che si è sempre fatto senza che a nessun altro succedesse mai niente); c’è qualcuno che invece ha scelto di fare una guerra. La FIAT rompe le vecchie regole.
L’occupazione in Italia è di meno che in altri paesi europei http://is.gd/eEI2E; ma il mercato del lavoro fa pena. Nessuno si mette a cercare l’acqua in mezzo al deserto, lavorare in Italia è più difficile, complicato, che in altri paesi, e il rendimento (come utile sulla fatica spesa) sono più bassi. E’ inutile dire che lavorando di più si ottiene di più, non serve a niente: quello che conta è il rendimento, l’efficienza. Se in America, lavorando le stesse ore, uno che ha una laurea, riesce a quadagnare 2 o 3 volte uno che qua, il suo rendimento è molto più elevato. E’ normale, che se io lavoro molto di più e faccio molti più straordinari, guadagno di più, ma a che costo? Anche nel deserto c’è acqua, ma quando deve essere profondo il pozzo?
@armando: semmai sono gli utili che la Fiat fa utilizzando la forza lavoro in Polonia (a basso costo e con meno diritti), e non gli utili dei lavoratori… ma tant’è.
Mi piacerebbe però capire se gli utili Fiat, le vendite, sono fatte nei mercati come Polonia e Serbia, vendendo una 500 a 14.000 euro, dove gli stipendi medi degli operai sono 5-800 euro al mese. O sono fatti altrove questi famigerati ‘utili’?
Infine, Fiat vende molto in Italia… se gli italiani (quei pochi rimasti a farlo) che comprano Fiat per ‘amor di patria’ smettessero di farlo perché stufi di vedere trasferiti poli produttivi all’estero, cosa succederebbe alla Fiat? Comincerà a vendere in Polonia?
ho dei dubbi che la maggioranza di coloro che comprano fiat lo faccia per amor di patria o per difendere gli interessi degli italiani
Non mi sorprende la lettera di Napolitano ed il commento della CEI.Sono scontati.Roba vecchia.
Sulla vicenda degli operai,ritengo inaccettabile il licenziamento.Eccessivo.
Ritengo ancora piu’ inaccettabile la pretesa di espandere il diritto di sciopero giustificando azioni
che costringano ad aderire chi non vuole.Questa è violenza.Questo è quanto accade da sempre.
Chi commenta i fatti e se ne dimentica sbaglia e non risolve nulla.
e il classico errore italico,deviamo sui tre operai, un problema centrale che e lo svincolo che FIAT chiede al contratto nazionale che se malgestito come pare lo sia e sarà, avrà ripercussioni solo sui lavoratori del piccolo terziario che che certe tutele dei media se le sognano…a ben vedere a Melfi credevano di essere statali..e Fiat finchè lo stato collaborava con scivoli e roba varia e stata al gioco…
Giannino,ma perchè mischiare pere (produttività) con cipolle (tasso di partecipazione)?
autosmentita oggi stesso, tra l’altro, parlando di scuola sul tg1.
@armando: eggià, compriamo Fiat perché sono le auto migliori al mondo o perché hanno il miglior rapporto prezzo/prestazioni…
E per il resto? Dove secondo lei Fiat vende le proprie auto (mercato occidentale alias costo del lavoro alto oppure nei Paesi in cui produce le auto in modo conveniente)? Secondo lei è accettabile la politica Fiat di ‘esportare’ le proprie fabbriche dall’Italia – che, ricordiamolo, ha a più riprese aiutato Fiat a rimanere a galla -?
Non discuto il problema della produttività e la staticità dei contratti di lavoro che non sono sostenibili per l’industria in generale, discuto la facile cura del prendere centri produttivi e spostarli laddove il costo del lavoro è più basso. A mio avviso questo è un problema grave che non può essere risolto, come s’è fatto finora, esportando ricchezza (lavoro) ed importando povertà (disoccupazione) – per citare Tremonti -.
Certo, a meno che non si sia dell’avviso che bisogna parificare il nostro costo del lavoro a quello dei Paesi come Polonia, Slovenia, Messico, Cina… [ivi comprese le tasse allo Stato].
Oscar condivido tutto! Rimango sempre esterrefatto ed interdetto dalla vulgata politica e purtroppo anche giuridica secondo la quale il lavoro sarebbe un diritto, una posizione soggettiva, cioè, che qualcuno, non si sa chi, dovrebbe garantire al lavoratore! Insomma, forse siamo ancora l’unico paese al mondo dove il diritto al lavoro viene inteso come pretesa positiva di ricevere la possibilità di espletare una prestazione anziché come diritto negativo, inteso cioè come divieto di interferire violentemente nella libertà altrui di ricercare l’occupazione che gli e’ più confacente e che qualcuno e’ disposto a remunerare. Questo equivoco enorme ha generato nel settore pubblico migliaia di lavori assolutamente inutili e nel privato ha consolidato l’idea che a ciascuno di noi spetta sempre ed in ogni caso un lavoro, retribuito come diciamo noi, articolato secondo i nostri esclusivi bisogni. Ma e’ mai possibile che una parte importante della dirigenza di questa nazione non comprende che bisogna produrre beni e servizi che qualcun altro e’ disposto a pagare secondo gli standard che derivano dal confronto concorrenziale? Perché il monsignore di turno non dice Lui a Marchionne come fare in modo che si vendano le auto Fiat e non le altre marche? Qui c ‘e’ da uscire pazzi !
Quando si parla di posti inutili nella PA e nella PAL nessuno che dicesse mai quali sono.
Ok, stanno eliminando i precari dalla scuola che forse non servono.
Ma quali altri dei 3,6 milioni devono essere eliminati?
Il confronto effettuato sul rapporto fra il numero degli operatori del pubblico impiego e il totale dei residenti evidenzia che in Svezia vi sono circa 135 impiegati ogni mille abitanti, in Spagna circa 49 su mille, in Francia circa 50 su mille, nel Regno Unito circa 70 su mille e in Italia 62 su mille.
Un dipendente pubblico in Austria costa 2.771 euro, in Danimarca 5.213, in Francia 3.637, in Germania 2.030, in Italia 2.660.
Sicuramente saranno poco produttivi e questo può dipendere da due cose:
1) i politici non sanno organizare la macchina pubblica;
2) come pagatio pittazio, cioè la gente è pagata poco e rende poco.
Ma rimane la domanda: se sono troppi, quali bisogna licenziare?
@nicole: hai ragioen, facciamo qualche esempio di numeri… dunque se leggi il recente “Comuni spa: il capitalismo muinicipale in Italia” edito dal Mulino, potrai approfondire la situazioone delle 711 società capogruppo delle municipalizzate italiane per 4874 società controllate a cascata, nei diversi settori da energia, trasporti, acqua, servizi ambientali etc, con attivo (dai 2005) per 102 bn, fatturato di 43 bn e numero dipendentin complòessivi di circa 245 mila unità: in questo caso non si trratta di licenziare, ma di cedere al mercato praticamente TUTTO, perché il servizio per erestare pubblico deve rispodnere a standard di qualità rispetto ai costi degli input e alla qualità del servizio offerto, non deve essere affatto gestito da manager e dipendenti pubblici….. altro esempio: se leggi “Il sacco del nORD” DI lUCA rICOLFI, TROVI le spese comparate e riaggregate di ciascuna regione – ancor più in dettaglio nel matyeriale allegato alla relazioen tecnica sul fderalismo della commisisonje presieduta da Luca Antonini, la trovi negli agtti parlamentari – e vedrai come il rapporto tra dipendenti regionali sicialinai e veneti è di 4 a 1, quindi non è vero che non sappiamo dove tagliare.- si sa benissimo, il probhlema è farlo, e anche in quel casop non licenziando ma esternalizzabndo al privato con cessione di piante organiche inizialmente intyangibili con riserva temporale poi di mopdulazione secodno obiettivi9 di maggior efficienza nel tempo…. diciamo che si arriva alla cifra di 7-800 mila solo con questo metodo senza colpo ferire….
Sicilia : 22500 precari negli enti locali, fuori dall’ organico previsto! Seguire commenti stampa nazionale e locale sulla deroga allo sforamento del patto di stabilita’!
@Oscar Giannino
@Giannino
Io ho parlato di 3,6 mln di statali e, se volevo parlare di settore PA/PAL allargato, avrei parlato di 4,2 milioni in questo comprendendo società captive e precari.
Sono d’accordo che le società captive della PA/PAL siano degli abomini che vanno eliminati ASAP, ma questo che c’azzecca con il discorso su quali tagliamo dei 3,6 mln di dipendenti pubblici, che forse non sono tanti e forse solo mal distribuiti?
La verità che non si vuole riconoscere è nei 1.800 mld di debito pubblico, cresciuto per pagare una struttura statale (polizie, protezione civile, scuole, sanità, sussidi alle imprese, forse armate, welfare scandinavo, cooperazione internazionale) che non è enorme se paragonata ad altri paesi ma, molto banalmente è una struttura che l’Italia NON SI POTEVA, NON SI PUO’ E NON SI POTRA’ PERMETTERE perchè il paese è:
1) sovrappopolato (rispetto a quello che può tecnicamente produrre) e quindi lo sforzo primario della politica (per prendere voti) è crere posti di lavoro in tutti i modi possibili, anche sussidiando imprese “private” semi-fallite o inventandosi olimpiadi ed esposizioni che, grazie ai soldi pubblici, creano lavoro temporaneo fino alla successiva bella pensata;
2) l’Italia non ha capitali da investire nell’automazione (l’unico modo di far crescere la prodittività) perchè una scellerata politica fiscale ha favorito il mattone e perchè questa, più l’esigenza spasmodica dello stato di finanziarsi per crare lavoro, ha creato un meccanismo infernale che drena capitali verso il debito pubblico sottrendolo agli investimenti produttivi che, senza capitale, devono sfruttare manodopera locale e/o immigrata pagata poco
E infatti, sia il brunettismo sia il leghismo, al di là dei proclami per i giornali fianheggiatori, non si azzardano minimmente a eliminare le province o le società captive: e mica so’ fessi che licenziano la gente del loco e perdere le elenzioni!
Così come non tagliano i sussidi all’agricoltura e alle imrpese , altri soldi buttati e fonte di malverazioni sui quali anche Ricolfi, il fustigatore non pone mai lo sguardo severo.
La scuola pubblica da sola conta un organico di oltre un milione di dipendenti.Cominciamo a privatizzare quella e avremo già fatto un bel passo in avanti.
@Massimo74, privatizzata la scuola, chi paga le imprese scolastiche private?
Ma capisco il suo ragionamento: privatizzandola, il privato eliminerebbe una parte dei professori inutili e delle scuole inutili, ma questo non lo può fare anche lo stato?
Quindi Lei ritiene che il milione di dipendenti della scuola sia in sovrannumero di….? 10.000, 100.000, 500.000? Quanti?
E lo stesso vale per le forze di polizia oltre 500.000 persone.
Quante ne eliminiamo?
E la gente della sanità?
@Nicole kelly: l’ultima volta che avevo visto i dati sul numero di occupati nelle scuole pubbliche dei paesi europei , l’Italia aveva circa 950.000 dipendenti, contro i 650.000 ad esempio della Francia. Credo che la comparazione con gli altri paesi europei potrebbe essere una buona base di partenza, visto che tra l’altro siamo nella stessa area monetaria. In questo caso , ci sarebbero circa 300.000 esuberi da fare. Non essendo purtroppo Tatcheriani, si potrebbe iniziare bloccando le nuove assunzioni a tempo indeterminato, cosa che tra l’altro contribuirebbe a dare un segnale ai nuovi iscritti all’università sul percorso universitario realmente giusto da seguire. Rimane il fatto che la privatizzazzione della scuola con voucher pubblici, rimane la via migliore all’efficienza , all’equità, alla qualità.
@MassimoF.
Alfine uno che si espone e dice, forte e chiaro, che abbiamo 300.000 insegnanti da cacciare!
Ma da cacciare subito perchè, se questi restano in servizio fino alla pensione, poi bisognerà anche pagargli la pensione…. è non è un dettaglio di pochi migliaia di euro.
Altro? Polizie? Forze Armate? Sanità?
Sul voucher non sono d’accordo perchè favorisce solo i preti e le cape di pezza, e non credo sia il caso di incentivare la gente a mandare i figli in queste scuole visto quello che è uscito fuori in Irlanda, Stati Uniti, Germania e anche in Italia.
Mi piacerebbe sapere dai cari amici (putroppo non) thatcheriani come pensano di far mangiare le 300mila persone da licenziare nel periodo che va dal loro licenziamento al periodo di un loro (ipotetico) rientro nel mondo lavorativo.
La visione economica liberista attuale mi sembra non tenga conto degli sfridi della realtà, la concorrenza perfetta ed il liberismo perfetto non esistono come non esiste il comunismo o il socialismo perfetto, occorre trovare un compromesso tra le esigenze di oggi e la (eventuale) massima efficienza liberista futura.
Ed alla fine si finisce invece sempre con un viva l’austerità di Berlingueriana-Tremontiana memoria
@Nicole Kelly: non ho nessuna intenzione di difendere i benefici della scuola privata , poichè nell’italia cattolico- marxista, non c’è nessuna possibilità di una sua affermazione. Voglio fare solo una osservazione , ovvero che oggi le scuole private sono a prevalenza religiose, in quanto essendo la scuola un monopolio pubblico, non è profittevole avviare attività d’impresa scolastica e quindi chi apre scuole sono quei soggetti non interessati al profitto, come le organizzazzioni religiose ; un ‘eventuale privatizzazzione rendendo profittevole la scuola vedrebbe una netta diminuzione dei preti e una composizione del mercato molto diversa. Sui dipendenti pubblici, come ho detto nel post precedente, non mi sembra che chiedere in tempi ragionevoli un adeguamento numerico alla media europea, sia essere liberisti o chissà cos’altro la mente statalista italiana si possa inventare, ma semplicemente buon senso.
@Riccardo Perché deve essere sempre e solo lo stato a risolvere i problemi della gente? Classico modo di pensare socialista. Lo stato non deve essere una associazione caritatevole. La concorrenza perfetta è un utopia, così come pensare che lo stato possa fare la moltiplicazione dei posti di lavoro: non funzionerà mai e non ha mai funzionato.