7
Giu
2016

Monopolio Siae, il mercato fa bene a artisti e..Siae

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è intervenuta in questi giorni con un proprio parere per sollecitare l’azione del governo e del Parlamento in favore dell’abolizione del monopolio Siae e la conseguente apertura del mercato della gestione collettiva dei diritti d’autore.

Il 10 aprile, infatti, è scaduto il termine per il recepimento della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore, senza che il Governo abbia provveduto ad adeguare la normativa nazionale introducendo i nuovi obblighi di trasparenza previsti per le collecting society (leggi Siae) e optando per la liberalizzazione di un mercato che oggi è già aperto alla concorrenza da parte di soggetti esteri.

Secondo l’Antitrust, mantenendo l’attuale divieto di svolgere in Italia l’attività riservata dalla legge alla Siae e per quanto la direttiva non imponga espressamente l’abolizione dei monopoli nazionali, si limiterebbe comunque in modo sostanziale agli artisti la facoltà di scegliere l’organismo di gestione collettiva in violazione della direttiva e si comprimerebbe indebitamente la libera iniziativa economica in un settore che l’Unione europea ha aperto alla concorrenza.

L’autorità, inoltre, osserva come le restrizioni alla libera concorrenza possano essere particolarmente di nocumento per i consumatori e gli aventi diritto in un contesto interessato da continue innovazioni tecnologiche.

E in effetti, da uno studio condotto 6 anni fa per l’Istituto Bruno Leoni era emerso come i costi di intermediazione della Siae a carico degli artisti fossero più alti rispetto alle altre grandi collecting society europee e in particolare se confrontati con i valori registrati in un mercato aperto alla concorrenza come il Regno Unito. Per il segmento di mercato economicamente più importante, quello musicale, ciò si traduceva in una perdita per gli autori stimata per oltre 13 milioni di euro l’anno.

Da allora la normativa nazionale non è nella sostanza mutata. Anche i conti della Siae non mostrano segni di miglioramento: complice la crisi, la raccolta dei diritti per gli artisti è scesa tra il 2008 e il 2014 dell’8,1%, da 570 a 524 milioni di euro. La vita dell’organizzazione, per converso, è costata agli associati e ai mandanti, in termini di provvigioni e iscrizioni, 106 milioni di euro, in calo, seppur minore (-6,8%), rispetto ai 113 di 8 anni fa. L’incidenza dei costi di iscrizione e provvigione sulla raccolta complessiva è quindi complessivamente aumentata, passando dal 18,6% del 2008 al 20,1% del 2014, un dato lontano dai tassi di efficienza rappresentati dai benchmark inglesi.

Tuttavia, sarà il processo di liberalizzazione che è andato consolidandosi nel diritto europeo (in precedenza, la libertà di scelta della società di intermediazione dei diritti d’autore era, più che un diritto, un principio e un orientamento di soft law), sarà la costituzione di una società come Soundreef, candidatasi da subito a contendere a Siae il mercato italiano, o sarà la maggior sensibilità al tema cui ha contribuito il citato studio, ma alcuni primi effetti dell’apertura al libero mercato cominciano a dispiegarsi.

L’anno stesso di approvazione della direttiva, infatti, la Siae ha provveduto a ridurre di 1,2 punti percentuali alcune provvigioni avvicinandole alla media europea. Rimane comunque, per ora, un gap in termini di minor efficienza che già 6 anni fa risultava separare la società italiana degli autori ed editori dalle più efficienti analoghe europee nel mercato della musica. Da notare però il fatto che, proprio nel comparto più minacciato dalla concorrenza, con l’ingresso di Soundreef, la Siae sia intervenuta per ridurre i costi a carico degli iscritti.

Occorre dire che la Siae, rispetto ad altre collecting society, gode di alcuni vantaggi concessi dalla normativa nazionale sul diritto d’autore. I compensi per copia privata, che gravano sui consumatori italiani e sull’industria ICT ma non sui consumatori inglesi, sono riscossi dalla Siae direttamente da chi immette nel mercato dispositivi idonei a contenere opere tutelate e non comportano significativi costi di raccolta. Ciononostante, la Siae nel 2014 ha trattenuto 4,6 dei 78 milioni di euro (aumentati rispetto al 2013 per effetto dei nuovi compensi previsti dal decreto 30 giugno 2014) raccolti da questa voce. L’altra voce di incasso in crescita è quella rappresentata dai diritti di seguito, anch’essi determinati non tanto sul libero mercato quanto in via autoritativa dalla normativa europea e nazionale. Su tali diritti la Siae trattiene una provvigione pari al 19%, più alto di 4 punti percentuali rispetto a quella pretesa dalle collecting society inglesi (DACS e ACS).

Nel paper pubblicato sei anni fa si osservava come in mercati non monopolistici l’accesso ai servizi di tutela e gestione collettiva fosse garantito a bassi costi di iscrizione (talvolta gratuita), permettendo la rappresentanza anche di autori minori o semplicemente ai primi passi. Per contro si evidenziava come la Siae imponesse costi di iscrizione e quote associative (o costi di mandato) elevati.

Nonostante alcune iniziative, come le agevolazioni previste dal 2015 per i giovani fino ai 30 anni, i costi di accesso ai servizi della Siae rimangono, di norma, estremamente alti (286,66 euro di iscrizione per un autore musicale) e contribuiscono, costituendo costi fissi, all’aumento dell’incidenza dei costi sul totale degli incassi durante il trend negativo degli ultimi anni.

Molto resta quindi da fare per ridurre i costi che ancor oggi gravano sui consumatori e sugli artisti, soprattutto nel settore letterario e delle arti figurative, ma anche per eliminare le opacità che ancora caratterizzano la gestione e la distribuzione dei compensi agli autori (tema questo cui paiono particolarmente sensibili autori di spicco che però, estranei all’organizzazione della Siae, ritengono non debitamente riconosciuti i propri meriti e diritti).

Tuttavia, il vento della concorrenza (ad oggi solo estera) pare già aver prodotto alcuni effetti positivi, almeno con riguardo al comparto musicale, come evidenziato dalla scelta di ridurre alcune delle provvigioni imposte agli iscritti e rendere accessibile l’iscrizione da parte dei giovani autori.

Ciò dovrebbe incoraggiare il governo a dare seguito agli orientamenti pro-liberalizzazione delineati da Bruxelles. Laddove esposta alla concorrenza, la Siae dimostra di poter reagire migliorando i propri servizi e riducendone i costi a beneficio dei propri stessi iscritti. Se non lo farà, è sicuro che qualche altra collecting society estera, più efficiente e trasparente nella ripartizione dei compensi secondo criteri di merito, se ne avvantaggerà attraendo a sé gli autori e gli editori italiani bistrattati in patria.

Piuttosto c’è da chiedersi perché solo le collecting society residenti all’estero (e che pagano le tasse in un altro Paese) devono poter contendere alla Siae il mercato italiano. Perché a far concorrenza non possono essere anche soggetti residenti in Italia? La resistenza del monopolio Siae è sempre più anacronistico, inutile e dannoso per gli artisti, costretti a rivolgersi all’estero per avere servizi migliori, e per l’erario, che vede i ricavi del settore varcare i confini della propria giurisdizione.

1 Response

  1. Vito

    Non è la concorrenza ad aver. Prodotto quei risultati Ma un piano strategico iniziato 6 anni fa.

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