Il Mon(App)olio di Google? E’ il mercato, bellezza!—di Luca Minola
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Luca Minola.
La vicenda che vede coinvolta la Commissione Europea contro Google si arricchisce di un nuovo episodio. E’ di pochi giorni fa, infatti, la lettera aperta scritta da Kent Walker – Senior Vice President and General Counsel di Google – per difendersi dalle accuse di concorrenza sleale.
Sia nel 2010 che nel 2015 il colosso americano è finito sotto la lente d’ingrandimento del commissario europeo per la concorrenza, ruolo oggi ricoperto da Margrethe Vestager, per la sua presunta posizione dominante nel mercato dell’economia digitale. Due sono le accuse principali. Secondo la Commissione, Google favorisce sistematicamente i propri prodotti di acquisto comparativo nei risultati delle ricerche generiche e soffoca lo sviluppo di sistemi operativi alternativi a Google Android firmando accordi esclusivi con i produttori di tablet e smartphone.
Senza entrare nel merito delle questioni che hanno dato avvio alle due indagini (per un loro approfondimento si rinvia al paper dell’Istituto Bruno Leoni “EU Antitrust Vs, Google”), è possibile tracciare un elenco di punti a favore della tesi secondo cui sanzionare Google è completamente sbagliato.
Anziché tutelare la libertà di scelta del cittadino come consumatore, l’azione della Commissione contro Google sembra piuttosto rivolta a difendere i suoi concorrenti.
Ciò che viene erroneamente definita come posizione dominante non è altro che il risultato delle sue continue innovazioni tecnologiche e digitali, ma soprattutto il risultato delle preferenze dei consumatori. Infatti, sono gli individui e le loro scelte a determinare chi è il vero vincitore della competizione nel mercato.
Oggi le ragioni che spingono gran parte dei consumatori ad utilizzare Google sono diverse. Ad esempio, coloro che utilizzano il suo servizio di comparazione prezzi lo preferiscono perché consente loro di bypassare gli intermediari – riducendo i tempi di ricerca – ed accedere a maggiori informazioni in minor tempo.
Tuttavia questo risultato non è stabile né tanto meno assicurato nel tempo. Contrariamente a quanto pensa la Commissione, il mercato dei servizi digitali è un mercato dinamico ed in continua evoluzione.
Finora la storia ci ha mostrato che per sbriciolare e sconfiggere presunti monopoli non servono specifiche regolamentazioni – spesso utilizzate invece per crearli -, ma investimenti, innovazione, creatività ed intrapresa. A testimonianza di quanto detto si può fare riferimento, per esempio, a Windows, considerata fino a pochi anni fa come la regina dell’elettronica. Il monopolio della società di Bill Gates è stato, infatti, frantumato dall’imporsi sulla scena di attori – tra cui la stessa Google – che hanno completamento ridefinito le coordinate della domanda e dell’offerta.
Infine, pensare a Google come unico attore dominante e incontrastato significa considerare solo una piccola parte dell’economia digitale il cui mercato non ha confini e si estende a settori completamente ignorati dalla Commissione. A far concorrenza a Google e a suoi servizi, oggi, non ci sono solo motori di ricerca, merchant platform, siti di comparazione di prezzi, ma soprattutto tutte quelle applicazioni specifiche che il consumatore decide di installare sul proprio smartphone o tablet.
Se Google ha ottenuto una posizione da leader nel mercato è perché, di fatto, è riuscito a conquistarsi la fiducia dei consumatori, mantenendo una certa continuità nei suoi servizi e creando un ambiente familiare che ha spinto gli utenti a sceglierla nonostante l’emergere di nuovi attori e tecnologie simili.
Posto il fatto che tali colossi sembrano essere tra i più grandi evasori fiscali, e che gli stati non stanno garantendo un controllo uguale per tutti, io credo che la degenerazione dei monopoli sia sbagliata e vada ostacolata (chiaramente con parametri uguali per tutti) per garantire una costante concorrenza in cui ci si debba giocare quotidianamente il proprio ruolo sul mercato, altrimenti paradossalmente decade il vero punto di forza del mercato.
Inoltre ci sarebbe da dire che per essere veramente liberi di scegliere (cosa impossibile, ma a cui è doveroso tendere) bisogna conoscere (“Conoscere per deliberare”), cosa che risulta altrettanto impossibile per la maggioranza degli utenti data l’ampia visibilità (sulla quale si, ha un vero monopolio) di Google, ma non ne faccio una colpa.
Il problema non è che la gente scelga di usare i prodotti di Google per qualsivoglia motivo, ma che Google boicotti tutti gli operatori che non lavorino esclusivamente con lei. Avendo una posizione dominante è scontato che un operatore voglia lavorare anche con Google, ma se Google pretende l’esclusiva la concorrenza viene soffocata sul nascere, rimane solo negli ecosistemi abbastanza grossi da poterne fare a meno (come quello Amazon o quello Apple). Vale la pena ricordare che Google ha ottenuto la posizione dominante con un atteggiamento diverso da quello che sta attuando dopo averla ottenuta. E’ una storia abbastanza comune e scontata, le startup chiedono libera concorrenza per guadagnare quote di mercato, gli incumbent cercano di soffocarla per mantenerle, e Google è passato da startup ad incumbent.
Stavolta non mi avete convinto molto. State veramente spaccando il capello in 4. Allora in quali casi ha senso l’Antitrust? Non è che basta dire “innovazione” e hai un lasciapassare per continuare nella tua posizione dominante. Se smettesse di innovare avrebbe comunque anni di
Rendita di fronte a sé. Google dovrebbe fare
una serie catastrofica di errori strategici, e i suoi competitor una serie incredibile di mosse
Geniali per poter colmare il gap.
Concordo con Giovanni.