Modesto consiglio sui cento giorni di Zaia in Veneto
Modesto consiglio a Luca Zaia, presidente del Veneto. “Prima delle elezioni è opportuno dire che le si vincerà perché si hanno buone idee, e solo dopo averle vinte è il caso di dimostrarlo”. Era il buon Winston Churchill a parlare così. Ma ai suoi tempi la televisione non esisteva, e i giornali a contare erano due, perché ai tabloid pomeridiani per pendolari un premier britannico non rivolgeva neanche la parola. Neanche a Churchill del resto andò sempre bene, visto che due volte da giovane sfumò l’elezione ai Commons, e infine, appena vinta la seconda guerra mondiale, Downing Street gli fu sottratta alle urne dal laburista Eden. Ma se non è andata liscia neanche a Churchill, la lezione da trarre è una sola. A un politico che ha vinto ancora da poco le elezioni, i conti delle promesse già mantenute è meglio farli ragionando, che incarognendo. Questa sarà la regola a cui mi atterrò, per i cento giorni ormai già più che trascorsi, dacché Luca Zaia è alla guida del Veneto.
Nei giorni recenti su varie testate, dal Corriere del Veneto al Foglio, non glie le hanno risparmiate, a Zaia. Che, in effetti, era stato larghissimamente ottimista, nell’indicare in cento giorni il termine entro il quale avrebbe prodotto un nuovo regolamento d’aula, per attenuare i diritti all’ostruzionismo e rafforzare i poteri di governo, nonché nel dare scadenza entro fine anno, per l’appuntamento con il nuovo Statuto regionale. Quando si tratta di adempimenti che ricadono appieno nei poteri delle assemblee elettive, chi è alla testa di un governo – nazionale o regionale poco importa – dovrebbe sapere che anche le maggioranze più ampie e coese prendono tempo e moltiplicano i propri punti di vista. Quanto alle Olimpiadi 2020 e alle finali di Miss Italia a Jesolo, la buona volontà di Zaia non poteva far la differenza. Mentre invece, sui costi della politica, le intenzioni in qualcosa di concreto si sono tradotte, vista la riduzione degli emolumenti agli assessori – sia pure espressa in un poco più che simbolico 5% – e il dimezzamento da 12 a 6 dei dirigenti apicali della macchina amministrativa regionale.
A mio modo di vedere, però, si fa torto a una vittoria alle urne del 60% se la si misura su questo. Diciamo allora che ci sono almeno due vie diverse, per tentare un primo bilancio del dogato Zaia. La prima è molto battuta: consiste nel misurare al bilancino il seguito personale di Zaia nella Lega, rispetto a quello di altre figure “pesanti” del movimento in Veneto, come il sindaco di Verona Flavio Tosi, il capogruppo al senato Federico Bricolo, il capogruppo leghista alla regione Federico Caner, il sindaco di Treviso Giancarlo Gobbo, e via continuando maggiorente per maggiorente di qual grande partito popolare che è oggi la Lega in Veneto dopo la sua fortissima affermazione. Questa via, però e secondo me, interessa meno i veneti, per quanto capisca bene che intrighi invece il giornalismo, che campa anche strologando sulla maggior vicinanza o distanza di Zaia rispetto a ciascuno degli altri capi leghisti veneti, rispetto al Re Sole della Lega che resta sempre Umberto Bossi.
C’è poi una via diversa. Quella che aspetta di capire non i primi cento giorni, ma i primi atti che Zaia compirà in grado di far davvero intendere quali e quanto buone siano le sue idee, ma solo dopo aver vinto le elezioni. Proprio come diceva Churchill. Diciamo allora che ci sono almeno tre questioni davvero essenziali, al di là delle promesse elettorali, su cui misurare ciò che da Zaia è lecito attendersi. La prima è istituzionale. La seconda è politica. La terza è economica. Ma io inverto l’ordine, e comincio proprio da quest’ultima.
La questione economica è quella disegnata dal rapporto della Fondazione Nordest fresco di stampa, e che abbiamo illustrato la settimana scorsa. In sintesi estrema, il Veneto è oggi la Regione più manifatturiera d’Italia. Difende questa peculiarità nella crisi mondiale meglio di quanto si temesse. E, di conseguenza, per il governo regionale e chi lo guida rappresenta una sfida: Zaia si trova ad essere il governatore regionale che potrà contare naturalmente sul miglior rapporto con Confidustria di ogni suo collega del Nord. E parliamo delle confindustrie veronesi, vicentina, trevigiana: tranne Assolombarda, le più forti d’Italia. L’industria veneta è diffusa, internazionalizzata, impegnata in uno spettacolare sforzo di creazione di valore all’estero migliorando le catene di fornitura. Uscendo dai vecchi distretti con cui si facevano economie di scala per la domanda interna. Se l’agronomo Zaia prende la testa del movimento industriale del Nordest che a palazzo Balbi chiede non incentivi ma un modello di “rete d’impresa” su cui commisurare consolidati fiscali per le tasse e bond di filiera da chiedere alle banche, c’è un futuro per il suo governo da banco di prova nazionale delle politiche economiche.
La questione politica e quella istituzionale sono collegate, perché sono la stessa: il federalismo, nella sua traduzione di autonomia impositiva rispetto al Centro, e nel peso che le Regioni virtuose del Nord sapranno esercitare insieme rispetto a Roma, dove sarà forte – anche nel Pdl è forte – il richiamo al solidarismo per le scassate Regioni del Centrosud. Se Zaia osa, c’è una partita del Nord che unisce le Regioni guidate dalla Lega alla Lombardia di Formigoni. Se Zaia presta invece orecchio alla politica romana, allora Veneto e Lombardia si dividono, perché tra Tremonti, Berlusconi e Letta nel Pdl vi sono oggi più cose di quanto nella filosofia della battuta dell’Amleto. Inutile dire che, dal mio punto di vista, Zaia e la Lega dovrebbero osare. Ma è dall’industria e dalla produttività dei servizi alla persona e all’impresa, che devono partire. Perché il Veneto che si trovano a guidare è, davvero, un modello per l’Italia e per farla uscire dalla crisi.
Piccola precisazione: fu Clement Attlee a sconfiggere Churchill. Anthony Eden prese il suo posto quando l’anziano leader, nuovamente premier nel 1951,si dimise nel 1955: l’anno dopo si infilò nella fallimentare spedizione di Suez.
Anthony Eden servì durante il conflitto mondiale come Cancelliere dello Scacchiere di WS Churchill.