Mi ricordo Monti verdi…
Come spesso accade, Mario Monti nella sua enciclica domenicale muove da una dato incontestabile, ne deduce una conseguenza sulfurea e giunge a una conclusione rispetto alla quale l’unico atteggiamento corretto è l’esorcismo. Per il rais dell’Università Bocconi, la vittoria dei verdi in gran parte dei paesi europei – e in particolare nella Francia di Daniel Cohn-Bendit – dimostra la rinata “domanda di Europa” e, segnatamente, di “un’Europa che protegga, che non ostacoli troppo gli Stati che proteggono i loro cittadini e le loro imprese, anche all’interno della stessa Ue”. La risposta politica a questa domanda, che per Monti è stata finora interpretata soprattutto da formazioni di destra e più o meno euroscettiche, consiste, paradossalmente, nel tradimento di quello che fu e in qualche misura ancora è lo spirito autentico dell’unficazione: “consentire, da parte della Ue, che ogni Stato si occupi delle istanze sociali senza riguardo all’apertura rispetto al resto della Ue, anche in violazione delle regole del mercato unico”. Questo tipo di risposta Monti la condanna, giustamente. In contrasto, egli propone di estendere l’integrazione “ad aspetti, come il coordinamento della fiscalità. che permettano agli Stati di dare grande attenzione al sociale pur rispettando il mercato unico”. Sarà sicuramente un mio limite, ma non vedo grande differenza: mi pare, semmai, un modo di evitare la contrapposizione tra i protezionismi nazionali e l’ “aperturismo” comunitario sacrificando quest’ultimo, e facendo dell’Ue un mega-Stato che, anziché superare le vecchie logiche, le adotta e ne moltiplica gli effetti. Tra parentesi, a me pare abbastanza ovvio che l’ “onda verde” non sia tanto il frutto di una tardiva conversione degli europei all’ecologismo sulla spinta della crisi, quanto piuttosto l’equivalente (mutatis mutandis) del voto italiano all’Italia dei Valori: è un modo di incanalare la protesta contro i partiti della sinistra senza confluire né nel voto di destra, né nell’astensionismo. Il problema è che le attuali politiche ambientali europee, che pure rispondono da tanti punti di vista alla sensibilità di Monti e di quelli come lui, finiranno per gravare l’economia europea di una zavorra che potrebbe farsi insostenibile, con buona pace della competitività e infine dello stesso sociale. Come si può pensare di costruire un welfare state efficiente, ammesso che sia possibile e utile, in un contesto di declino economico, nel quale la platea dei beneficiari netti dello Stato sociale è destinata a crescere come risultato del combinato disposto tra la crisi e le politiche anti-crescita da un lato, dall’altro della rinuncia a perseguire una autentica integrazione dei mercati? Da questo punto di vista, la vittoria dei verdi è un fallimento dell’europeismo vero: se davvero Bruxelles seguirà la strada indicata da Monti, ed è ben possibile, lo spazio politico comunitario comprimerà sempre più il mercato. Del sogno europeo, ci resterà solo la burocrazia.
Secondo voi quando Monti parla di “coordinamento della fiscalità” vorrà dire verso l’alto o verso il basso?