Maratona Concorrenza: liberare il commercio al dettaglio
Tra le segnalazioni che l’AGCM ha inviato al Governo per la legge annuale per la concorrenza, c’è anche quella sulla rimozione degli ostacoli al commercio al dettaglio, che se attuata avrebbe ricadute positive considerevoli per la crescita economica nel lungo periodo. I mesi più difficili della pandemia ci hanno mostrato che l’efficienza e la capacità di adattamento – la “resilienza”, come si usa dire di questi tempi – della vendita al dettaglio (e soprattutto della GDO) sono state essenziali per garantirci un livello di qualità della vita, quanto all’approvvigionamento, che risentisse il meno possibile degli effetti delle misure di contenimento del contagi: il rafforzamento della competitività può condurre a un irrobustimento delle qualità positive dell’intero settore.
È stato osservato, in letteratura, che alcune forme di deregolamentazione avviate in passato hanno spiegato effetti di crescita importanti. Si pensi alla liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi (2011), che ha aumentato l’occupazione e il numero di punti vendita di circa il 2% (Rizzica et al., The effects of shop opening hours deregulation: evidence from Italy, Banca d’Italia, Temi di discussione n. 1281, 2020): si tratta di un dato in linea con quanto ha rilevato la Commissione europea, a proposito della correlazione tra una regolamentazione del settore meno restrittività e una produttività del lavoro più elevata (Background documents for the European Semester: The EU retail sector, 2018). Va da sé che maggiore concorrenza genera effetti positivi apprezzabili per i consumatori non solo in termini di varietà, innovazione, qualità dei prodotti e servizi offerti, ma anche quanto al livello dei prezzi. Secondo uno studio relativo all’Italia, infatti, negozi di metratura elevata localizzati in province con regolamenti che limitano fortemente l’ingresso di nuovi operatori presentano profitti mediamente superiori dell’8% rispetto agli stessi negozi situati in province caratterizzate da contesti di mercato meno restrittivi (Schivardi – Viviano, Entry Barriers in Retail Trade, Econ. J., 2011).
Quanto agli ostacoli normativi alla completa liberalizzazione del commercio al dettaglio, l’AGCM evidenzia la presenza di «stringenti regolamentazioni, soprattutto a livello regionale e locale, che ostacolano il processo di liberalizzazione introdotto a livello nazionale». I più rilevanti sono i requisiti per l’apertura di nuovi esercizi commerciali, le limitazioni all’orario di apertura dei negozi e i vincoli alle vendite promozionali. Pertanto, si propone anzitutto di riordinare i regolamenti che disciplinano i diversi requisiti per l’avvio di attività di commercio al dettaglio, eliminando quelli non necessari e proporzionati. L’AGCM sembra qui far riferimento principalmente ai requisiti previsti dalle normative di settore ed eventualmente dai regolamenti locali, dal momento in cui è necessario richiedere una “autorizzazione” proprio agli enti comunali per aprire un negozio con una superficie fino a 1.500 metri quadrati per i comuni più piccoli e 2.500 metri quadrati per quelli più grandi.
Ancora, si evidenzia la necessità di abrogare espressamente i vincoli agli orari di apertura e alle chiusure settimanali dei negozi. Difatti, la possibilità di introdurre questi vincoli è stata eliminata solo tacitamente dal d.l. “Salva Italia” (2011) e dal successivo d.l. “Cresci Italia” (2012) e questo sembra consentire, a livello locale, il surrettizio aggiramento della previsione di liberalizzazione. Infine, si propone di eliminare i vincoli alle vendite promozionali e alle vendite di fine stagione. In particolare, l’AGCM ritiene opportuno sopprimere il potere che le Regioni hanno di disciplinare i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione, lasciando loro solo la facoltà di disciplinarne le modalità di svolgimento e la pubblicità.
Si tratta, in altre parole, di rimuovere restrizioni che peggiorano le condizioni di offerta e la libertà di scelta dei consumatori e che sono prive di una valida giustificazione in termini di efficienza dal punto di vista degli operatori. In verità, quelli delineati dall’AGCM sono interventi non solo “a costo zero”, ma anche di portata non dirompente. Eccettuata la proposta sui saldi di fine stagione, infatti, le altre sono progressioni coerenti – e alle volte solo chiarificatrici – della direttrice di liberalizzazione avviata nel 2011. L’aspetto più interessante di questa segnalazione è, allora, quello di impedire alle Regioni e ai Comuni di approfittare delle pieghe della legislazione vigente per intervenire con norme anti-concorrenziali. Come è noto, l’art. 117 co. 2 lett. e) Cost. riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia della concorrenza, eppure non sono rari i casi in cui gli enti locali provano ad arrogarsi poteri anche al di là delle proprie competenze. L’ultimo caso in ordine di tempo – e piuttosto eclatante – è stato quello della Provincia di Trento, che ha tentato di limitare la libertà di apertura domenicale dei negozi al dettaglio in 12 giornate festive, prima di incorrere nelle bocciature dell’Antitrust e del TAR. Il senso vero, dunque, della segnalazione è quello di evitare, per quanto possibile, di fornire appigli normativi agli enti locali per adottare (legittimamente o meno) disposizioni in contrasto con i principi di liberalizzazione del decreto “Salva Italia”.
Rispetto alle proposte avanzate dall’AGCM nella relazione al Governo potrebbe agevolmente costruirsi un certo consenso politico. È pur vero che questo in carica è il Parlamento che aveva discusso della reintroduzione della chiusura domenicale obbligata degli esercizi commerciali (misura opposta dalla grande maggioranza degli italiani), ma se c’è una cosa che l’ultima crisi di governo ci ha insegnato è che tutti possono cambiare idea su tutto. Sarebbe quindi veramente da sciocchi non farlo anche sul tema della piena liberalizzazione del commercio al dettaglio.
Il primo articolo della maratona #concorrenza2021 e la lista degli altri articoli sono disponibili qui.