4
Ago
2010
Manuel Ayau, un uomo di cui non sentirete parlare
Difficilmente ne avrete sentito parlare, ma Manuel Ayau (nato il 27 dicembre 1925 e venuto a mancare ieri) è un uomo la cui vita ha avuto un senso. Pochi hanno fatto quanto lui per la libertà individuale e la scienza economica, nel suo disastrato Guatemala e non solo.
Ayau era un imprenditore ma a partire dagli anni Settanta prese a dedicare una quota sempre più ampia non solo dei suoi averi ma del suo tempo e più in generale delle sue energie a quell’universo di idee caro anche ai lettori di questo blog. Partecipò attivamente ai lavori della Mont Pelerin Society che, prima di Internet, era pressoché l’unico strumento di cui per tenersi in contatto disponeva la piccola comunità di studiosi che a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta gettò le basi della lenta e progressiva “rinascita” del liberalismo classico dopo le due guerre. “Muso”, come lo chiamavano gli amici e tutti coloro che in qualche maniera finivano per sentirlo amico pur avendo avuto scambi episodici con lui, era per molti come per Bob Higgs “un eroe”. Qui qualche cenno biografico e qui il podcast di un bel documentario-conversazione del Liberty Fund. E’ stato uno straordinario “imprenditore intellettuale”, cui dobbiamo (così lo dobbiamo a Ralph Harris, a Jacques Garello, a Leonard Read e a pochissimi, temerari altri) la sopravvivenza delle idee di mercato in una stagione terribile, cui l’ingresso nelle sedi ufficiali del dibattito pubblico era loro interdetto, grazie a delle piccole e agili “istituzioni corsare”.
Ayau ha fatto tantissime cose della vita. E’ stato un uomo d’impresa fra i maggiori del suo Paese, ha fatto il consigliere d’amministrazione di imprese importanti, non si è sottratto all’amaro calice della politica, ha fondato nel 1959 il primo think-tank liberale del suo Paese e dell’America latina (il Centro de Estudios Economico-Sociales) ma la sua grande opera è stata l’Universidad Francisco Marroquin. Una straordinaria università privata, che ha fatto nascere e crescere, con l’obiettivo (raggiunto) di farne un centro di eccellenza in grado di accompagnare il progresso civile del suo Paese. Credo sia l’unica università del mondo dove gli studenti si trovano a passare a fianco di busto di Ludwig von Mises (cui è intitolata la biblioteca) e a uno di Friedrich von Hayek. E’ sicuramente l’unica che pubblica una rivista chiamata “Laissez Faire”. Tutti gli studenti undergraduate, indipendentemente dalla specializzazione, debbono sostenere un corso di economia e uno di “filosofia sociale” (basato sul pensiero politico di Hayek).
Ci sono signori che spergiurano di voler fondare una “università del pensiero liberale” e che potrebbero mantenerne a dozzine, ma al massimo ne parlano il 26 di dicembre di ogni anno, se proprio non c’è di meglio da fare, e palesando una curiosa idea di corpo docente che andrebbe da Tony Blair a Putin.
Muso Ayau è stato un uomo che, con disponibilità immensamente inferiori, ma credendo in qualcosa, una vera “università del pensiero liberale” l’ha costruita – coinvolgendo a vario titolo Friedrich von Hayek, Milton Friedman, Jim Buchanan, Gordon Tullock, Vernon Smith. Lascia un’eredità destinata a fiorire sempre di più, in un Paese non facile, grazie alla sua determinazione, alla sua tenacia, alla sua straordinaria fiducia nella capacità delle idee di cambiare le cose. Gli sia lieve la terra.
Egregio Sig. Mingardi, certi spergiuratori non hanno la più pallida voglia di fondare alcunché di liberale. Non avendo la più pallida idea di cosa significhi tale parola.
Per certa gente “liberalizzare” significa: “fammi entrare in quel mercato”. Stop, poi si possono, anzi, si devono chiudere le porte.
E tra i tanti Berlusconi è forse il meno peggio.
Difficilmente si può ritenere Berlusconi il meno peggio, con tutto quello che ha fatto per salvare se stesso e le sue aziende, esponendosi direttamente è vero, ma al solo scopo di ottenere con le buone o con le cattive quanto voleva.
Pur non avendolo mai votato mi ricordo ancora (un decennio fa come minimo) di un milione di persone in piazza portate dalla sinistra quando lui per la prima volta aveva cercato di fare la riforma delle pensioni.
Stava pensando ai suoi interessi? Mi sembra illogico, adesso forse capiamo che farla in quel periodo avrebbe permesso di avere più risorse da investire.
Una sinistra senza un progetto/programma di sviluppo (non parliamo poi di politica estera e istruzione) ha favorito la creazione di una quantità enorme di valore sottratto a cui da un pezzo berlusconi si deve occupare.
Poi che a livello nazionale e soprattutto territoriale anche il suo partito sia composto da tanti asini/delinquenti.
Per quanto riguarda le riforme liberali siamo messi molto male sia da destra (fini e tremonti in primis) che a sinistra (ancora anni 70 che manco i taxi è riuscito a liberalizzare).
L’unica via di uscita è la fuga 🙂
Anche a me, che pure seguo abbastanza il movimento liberale-liberista nel mondo, era completamente sconosciuto il nome di Manuel Ayau, del disgraziato Guatemala, e me ne rammarico. Il Guatemala è famoso per un altro Nobel, una donna, per cose un po’ diverse. Però qualcosa di liberale si muove anche vicino al Guatemala, per esempio a Panama e in Honduras. Mi piacerebbe chiedere al grande economista On.Antonio Martino se lui conosceva Ayau. Comunque in Italia, checchè se ne dica, Berlusconi è il meno lontano dal pensiero liberale-liberista (non ne è nemmeno vicinissimo, purtroppo, ma chissà, lasciandolo governare…)
Credo che sia questa la grande illusione di Berlusconi, far pensare che lui sia un liberale o il meno peggio in questo campo:cosa ha fatto di liberale durante tutti questi anni di governo? Benpoco, forse niente.
Anche la riforma del lavoro, forse unico accenno liberale, è stata fatta a spese del lavoro dipendente che ha ormai ben pochi mezzi per difendersi.
Contro i grandi interessi, dal sindacato dell’amministrazione pubblica ai vari poteri delle aziende che operano nelle utilities, alle associazioni varie (farmacisti, commercialisti avvocati ecc ecc) io non ho visto niente di risolutivo, abbiamo sprecato 16 anni per niente nell’immobilismo totale come nei peggiori anni di Craxi-Andreotti-Forlani