Manovra Monti: punto di svolta per il settore idrico?
La manovra finanziaria del governo Monti prevede l’abolizione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua e dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, prima facenti capo rispettivamente al Ministero dell’Ambiente e al Ministero per lo sviluppo economico, per accorparle e affidare le relative competenze a un unico soggetto, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
Sebbene con l’ultimo referendum gli italiani abbiano votato contro il nucleare e contro la liberalizzazione del servizio idrico, un’Autorità il più possibile indipendente è fondamentale in entrambi i settori: nel primo caso, per la regolazione tecnica ed economica sulle scorie e lo smantellamento dei vecchi impianti, nel secondo per ridurre il possibile conflitto di interessi tra regolatore e impresa regolata, soprattutto dal momento in cui, in seguito all’esito referendario, le gestioni potranno essere affidate senza procedure ad evidenza pubblica. Un’autorità indipendente dovrebbe infatti garantire maggiore trasparenza e indipendenza, in particolare nella determinazione delle tariffe, assicurando il buon funzionamento del mercato grazie alla garanzia di regole certe e, si spera, il più possibile stabili e rispettate.
Fino a pochi mesi fa l’autorità competente per i servizi idrici era la Conviri, che però non aveva né poteri di intervento (al massimo, si limitava a fare studi o proposte agli organi di governo), né strumenti e risorse adeguati. È quindi stata sostituita con il D.L. n. 70/2011 dall’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, oggi accorpata nell’Autorità per l’energia elettrica e il gas: una simile incertezza normativa non è certo utile oltre a essere anche costosa, ma d’altra parte un intervento legislativo in materia era necessario per istituire finalmente un soggetto regolatore indipendente, già presente in molti altri paesi europei, che abbia le competenze e l’esperienza adeguate e possa operare ad una certa distanza dal potere politico. In caso contrario si rischia che l’interesse del politico, orientato soprattutto verso obiettivi di breve termine quali mantenere le tariffe basse, prevalga sull’interesse generale, che invece richiede una solidità aziendale, economica e finanziaria di lungo periodo.
La scelta di fondere due diverse autorità in una unica trova giustificazione nella necessità di ridurre il personale e per evitare inutili e costosi duplicati difficilmente coordinabili: in merito all’acqua, un recente studio dell’Ocse sulla governance del settore evidenzia come un numero troppo elevato di soggetti competenti renderebbe più complesso coordinare e, quindi, rendere efficaci le politiche in materia. La decisione di affidare tale compito all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (come proposto anche da Luigi Ceffalo in un paper [PDF] dell’IBL) era già stata presa in considerazione nel 2007 (nel disegno di legge A.S. no. 1366), anche in considerazione della competenza tecnica e dell’indipendenza dimostrata nei fatti dall’organismo oggi presieduto da Guido Bortoni: una simile scelta comporta ovviamente il rischio che si affermi un modello di regolazione derivante da altri settori, ma d’altra parte istituire un’autorità ad hoc per i diversi settori è un’opzione costosa e incerta, vuoi perchè richiederebbe di affrontare le incognite legate all’introduzione di un nuovo soggetto istituzionale, vuoi perché non si può ignorare l’evidente debolezza e precarietà che ha dimostrato di avere fino ad oggi una struttura dedicata apposta a tale servizio (la Conviri), vuoi infine per le maggiori difficoltà di finanziamento.
Dal momento che l’idrico e l’elettrico sono due mercati contigui e integrati (l’acqua è fondamentale sia per fornire l’energia elettrica che per i servizi idrici) e con una serie problemi comuni (per esempio gli aspetti fondamentali nella regolamentazione delle reti), questa opzione ha tutte le carte in regola per porre le basi per una ristrutturazione del settore più coerente, informata ed efficace.