Madrid, 22 maggio: il trionfo del liberismo puro, antirazzista e multirazziale
Riceviamo da Davide Chicco e volentieri pubblichiamo:
Nel corso degli ultimi anni mi è capitato, qualche volta, d’imbattermi con amici in discorsi del tipo: “Non e’ giusto che l’Inter giochi spesso senza neanche un italiano in campo: così facendo, oltre a tradire il “patriottismo”, crea dei problemi ai giovani calciatori italiani, che hanno meno possibilità di diventare giocatori professionisti”.
Di fronte a discorsi di questo tipo, ho provato e riprovato a spiegare loro che:
- Non è vero che i ragazzi dei vivai italiani avrebbero meno possibilità, perchè potrebbero, grazie al libero calciomercato europeo, giocare per una squadra francese, belga, spagnola, britannica, o tedesca;
- Non mi sembra che ci sia assolutamente niente di male se un ragazzo africano o sudamericano, che gioca meglio, s’impegna di più o è più forte d’un “footballer” dello Stivale, prenda il suo posto in una società che ha sede in Italia;
- Con il libero mercato, potendo ingaggiare i giocatori migliori provenienti da tutto il mondo, la squadra avrà più probabilità di vincere, quindi far guadagnare più soldi alla società, che li spenderà, tra gli altri motivi, anche per dare da lavorare a magazzinieri, raccattapalle, manager, delegati, ecc. dando la possibilità ad altre persone di lavorare.
La vittoria di sabato sera, che ha visto da protagonisti una squadra-Babele del calcio, con giocatori di svariate nazionalità, è un esempio quasi perfetto di cosa significhi “libero mercato”. La squadra infatti, senza guardare passaporti o bandiere, è stata costruita con un unico mantra: se sei un ottimo giocatore, non importa da che paese tu venga, non importa se tu sia bianco o scuro di carnagione, non importa nulla di nulla. Noi ti prendiamo a giocare con noi.
Un messaggio antirazzista ed antinazionalista, che ha dato evidentemente i suoi frutti.
Per illustrare meglio il concetto, chiediamo a Wikipedia di darci una mano nel ricostruire la geografia della squadra interista:
Nel trionfo di bandierine, si scorge un gruppetto d’africani (Madriga, Kenya; Muntari, Ghana; Eto’o, Camerun), una folta pattuglia latinoamericana (Cordoba, Colombia; Zanetti, Cambiasso, Milito, Samuel, Argentina; Lucio, Julio Cesar, Maicon, Mancini, Brasile; Suazo, Honduras), ed una forte componente europea (Toldo, Balotelli, Santon, Donati, Materazzi, Orlandoni, Italia; Vieira, Francia; Stankovic, Stevanovic, Serbia; Quaresma, Portogallo; Sneijder, Paesi Bassi; Khrin, Belec, Slovenia; Chivu, Romania; Pandev, Macedonia; Arnautovic, Austria).
I continenti coinvolti sono così rappresentati (assenti nella rosa solo Asia e Oceania, per ora):
Africa 10,7%
Latino America 35,7%
Europa 53,58%
I più increduli si chiederanno: ma come può una squadra con giocatori tanto diversi, di culture e abitudini diverse, garantire grandi vittorie?
Semplice: i giocatori sono stati scelti da un insieme di 6 miliardi di persone (i cittadini del pianeta Terra), tra cui anche in regioni poverissime Kenya o Senegal, quando invece i “patriottici” (statalisti, collettivisti, nazionalisti, comunisti, fascisti, socialisti, liberalsocialisti, socialdemocratici, ecc) avrebbero preferito che essi fossero scelti soltanto tra i 60 milioni d’italiani.
Beh, ora chi è più “solidale”, “terzomondista”, chi combatte di più e meglio la povertà nel mondo?
Chi vuole un’autarchia nazional-calcistica o chi preferisce dare un’opportunità a tutti?
Ottimo discorso, le mie considerazioni:
– i giocatori italiani all’estero ci vanno poco sia perché pochi campionati garantiscono guadagni come il nostro sia perché quelli che vanno all’estero raramente vengono convocati in nazionale (dovrebbe essere il massimo per un giocatore)
– rapportiamo lo stesso criterio per la competizione più prestigiosa, il mondiale di calcio. Che senso avrebbe se ogni nazionale potesse scegliere, anziché tra giocatori aventi la propria cittadinanza, qualsiasi giocatore al mondo secondo le leggi del mercato? Sarebbe ancora la stessa cosa? Potremmo chiamare una squadra Italia anche se composta dal solo 20% di Italiani? Avrebbe gli stessi tifosi? E il Brasile sarebbe ancora la squadra più titolata? La Nigeria si sarebbe mai qualificata?
Non avrebbe alcun senso anche se probabilmente la competizione sarebbe di un livello superiore a quello attuale.
E questo è il punto, il limite che può giungere questo modello di costruzione di una squadra di calcio sta proprio nella riconoscibilità del prodotto di fronte al cliente. L’inter viene ancora riconosciuta come Inter, squadra del campionato di calcio italiano, perché gioca nello stadio di milano nel campionato italiano, se fosse composta da tutti giocatori italiani ma giocasse a parigi nel campionato francese non sarebbe più l’inter.
Questo potrebbe non durare per sempre, se i tifosi dovessero smettere di riconoscere l’inter per un generale senso di snaturamento di squadra italiana allora vedremmo la FIGC correre ai ripari, per buona pace di almeno quel 50% di giocatori che l’europa da bambini l’avevano vista solo nelle cartine geografiche.
Direi che all’inter si potrebbe probabilmente applicare quello che in Gran Bretagna è noto come il Wimbledon effect:
http://en.wikipedia.org/wiki/Wimbledon_Effect
Bene, sei interista.
Ma da qui a dire che l’inter fa del bene nel terzo mondo perché ha tre giocatori africani ce ne corre.
Per quanto riguarda che si possano comprare giocatori dove si vuole, però, perfettamente d’accordo.
Ma c’è un ma. Se le squadre di calcio comprano giocatori già pronti e non seguono i vivai, non c’è crescita calcistica di una nazione. Abbiamo anche altri problemi, vero, ma visto che si parla di calcio…
Un Balotelli, tanto per essere chiari, avrebbe dovuto tornarsene nel paese di provenienza dei genitori per sperare di essere preso dall’inter, sempre che fosse sopravvissuto.
Quindi, giusto prendere i giocatori che si vogliono, ma uno sguardo anche in casa nostra.
Rilevo qui che l’inter, prima del 2006, non vinceva nulla, malgrado le spese folli di Moratti con campioni strapagati e presi in tutto il mondo, (credo che il bilancio della beneamata sia tuttora lievemente “artistico”).
E il motivo per cui non vinceva non si chiama Moggi. Non si tratta di scegliere tra 6 miliardi piuttosto che tra 60 milioni: mettendola così non avremmo mai dovuto vincere un campionato del mondo, mentre mi sembra che qualcuno l’abbiamo portato a casa.
Si tratta di saper gestire tanti galli nel pollaio, cosa che Mourinho ha saputo fare, al cotrario di quelli venuti prima.
Aspetta però che ci sia un competitor degno di questo nome a cui non vengano negati rigori (3 al Chelsea e 1 al Barcellona, per esempio) o annullati goal regolari (1 al Barcellona) e che all’Inter non vengano per contro convalidati goal in fuorigioco (1 contro il Barcellona: tutto questo ti dice niente?).
Vedrai come cambia la musica.
Francamente, poi, l’inter i passaporti qualche volta li ha guardati, chiedi a Oriali (questa è un po’ polemica): Recoba era poi questo grande campione? Non era meglio prendere un Italiano decente?
Non è patriottismo, è che l’esterofilia a tutti i costi mi sembra altrettanto sbagliata; mi spiace, ma io non salto sul carro del vincitore. Viva i nerazzurri, ma di Bergamo, che mi risulta abbiano un bel settore giovanile.
la partita di Madrid dimostra che in Italia il razzismo esiste nelle teste dei sinistroidi,Moratti ,e gli interisti,dimostrano, che chi viene in Italia con la buona volonta,verra rispettato e trattato come un italiano,il calcio come le scuole sono il miglior antidoto al razzismo.
Balotelli che intervistato ,ride di Arnautovic che fa lo scemo,e Santon che è un grande amico di Balotelli dimostrano che più di Inter ,parliamo di Internazionale.
Io penso di essere abbastanza liberista, di non essere razzista e da una vita aspetto una società italiana meritocratica, ma sinceramente non riesco a sentire molto sentimento per una squadra che ha meno del 50% di giocatori della propria nazione e sinceramente il mio sentimento non cambia se qualcuno me lo spaccia per antiliberismo, razzismo e così via.
A questo punto facciamo una cosa, visto che applichiamo il liberismo, l’antirazzismo, etc come il prezzemolo in cucina, facciamo per esempio gli alpini, i bersaglieri, la brigata sassari come è stata fatta l’Inter.
Anche io cerco la meritocrazia, peccato che in Italia l’abbiamo solo nell’ambito sportivo, sinceramente non me ne può fregar de meno se poi vedo che in tutte le altre attività lavorative la meritocrazia non è lo sport nazionale.
Infine vorrei far presente che il calcio con i crateri di debiti che ha creato, vedi contributi non pagati spalmabili in dieci anni, eserciti di poliziotti durante le partite, ecc. ecc. siano per il contribuente più un costo che un utile ….. anche tenendo conto dell’indotto.
@Pastore Sardo
perfettamente d’accordo, tranne che sul fatto che nel calcio ci sia meritocrazia.
@stefano
– “perfettamente d’accordo, tranne che sul fatto che nel calcio ci sia meritocrazia.”
hai ragione…. infatti Moggi ci ha insegnato come funziona la meritocrazia calcistica.
– “Per quanto riguarda che si possano comprare giocatori dove si vuole, però, perfettamente d’accordo.”
Anche io sono d’accordo, però anche tu hai intuito che non c’è problema di liberismo/colore/meritocrazia ma semplicemente un problema di quantità, in quanto il troppo storpia e nel nostro caso proprio i vivai di cui tu hai accennato.
Sino alla categorie dilettanti o semi professionistiche io obbligherei alla squadra di una determinata città di avere almeno il 50% di giocatori residenti nella stesso comune.
Uno non può pensare solo in termini di liberismo, razzismo, ecc. ma in termini di obiettivi che portano determinati benefici per la comunità. Non è detto che una squadra di livello più alto stimoli i ragazzi a fare sport rispetto allo stimolo/obbligo per le società di creare dei vivai.
@Pastore Sardo
E dagli con Moggi, guarda che Satana diventa invidioso.
Vai a vedere il processo di Napoli, magari ti apre gli occhi: Moggi non era un santo, ma altri, premiati per l’onestà, hanno fatto di peggio a parer mio.
Se vuoi (basta chiedere) ti do gli indirizzi con le intercettazioni: poi fai tu i paragoni.
Ciao Pastore
l’unico problema che potrebbe insorgere è che i lombardi non si sentano rappresentati più a lungo da una squadra così composta e potrebbero smettere di tifarla.
ma per il calcio questa è solo una possibilità, nel mercato reale invece, dove i lavoratori sono persone con un proprio modo di vivere e di relazionarsi, quasi certamente succederebbe quello che già succede nelle aree multietniche delle nostre città. non tutti sono disposti a “giocare” solo per i soldi, cominciano a scegliersi per affinità culturali, creano quartieri etnici che, spesso culturalmente in conflitto con le regole dello stato ospitante, creano un sacco di problemi e si scontrano con le altre etnie, tutto ciò indipendentemente dalla logica del profitto.. o meglio, alla ricerca del profitto secondo regole ben diverse da quelle del libero e democratico mercato.
se potessimo costruire un mondo di macchine allora forse avrebbe funzionato il comunismo e funzionerebbe bene anche il mondo multiculturale. ma siamo uomini 🙂
Grazie a tutti per i commenti. Nell’ordine:
@Claudio
Qui non si tratta di nazionali, ma di squadre di club. Le regole sono: le squadre di club prendono i giocatori che vogliono, mentre le nazionali (a grandi linee) prendono solo giocatori con una certa cittadinanza.
Se anche le nazionali prendessero giocatori da tutto il mondo, avremmo due sistemi identici e quello delle finte-nazionali perderebbe di valore e di spettatori.
Direi che il problema non si pone
@Paolo
Mmmhhhh… cosa intendi?
@stefano
Sono Genoano, caro Stefano, ma non e’ questo il punto. Non sono solo 3 giocatori africani, sono anche un honduregno, e parecchi da paesi europei non proprio ricchi (Macedonia, Serbia).
@juancarlos
Concordo!
@Pastore Sardo
Beh, il tuo “sentimento” e’ relativo: qualcuno piu’ purista di te dira’ che il suo sentimento per l’Inter sarebbe conservato solo se i giocatori fossero tutto lombardi; qualcun altro ancora piu’ puri direbbe “tutti milanesi”; un altro ancora direbbe “tutti nati in piazza Duomo”, e via delirando…
Per il tuo “sentimento” esistono gia’ le nazionali.
@Padanina >
Ti sbagli, i soldi sono soldi: soprattutto in periodo di crisi, chi ha bisogno di lavorare preferisce farlo in un ambiente multietnico rispetto al rimanere disoccupato.
@Davide Chicco
Ok, W Preziosi allora.
Il discorso è sempre lo stesso: non credo che prendendo un giocatore del Burundi tu aiuti il Burundi. Fai ricco il giocatore del Burundi e stop. Mutatis mutandis per qulasiasi giocatore di qualsiasi provenienza. Tutto qui. Ciao.
ok allora visto che deve contare fare la squadra più forte al prezzo minore facciamo i vivai all’estero e portiamo i giocatori da tutti i paesi poveri, così risparmiamo soldi perchè costano meno e ci facciamo tutte le squadre italiane dalla terza categoria al minor costo …. povera Italia!!!
@Pastore Sardo
questo porterebbe ad un abbassamento del costo dei giocatori italiani ed un aumento di quelli stranieri.
Nel frattempo i nostri giocatori soffrirebbero di sicuro.
Un po’ come l’economia: hanno portato le fabbriche in Cina per produrre a prezzi cinesi, e poi pretendono di vendere in Occidente, a prezzi occidentali, a chi il lavoro non l’ha più.
Ma non funziona così, vedrai che le cose si aggiusteranno, sia nel calcio che altrove.
Ciao Pastore e,
Forza ITALIA (anche se mi sa che le prenderemo di santa ragione)
Prima di essere travisato: ritengo che migliorare le condizioni economiche di più persone aumenti la ricchezza di tutti. La concentrazione delle ricchezze in poche mani è un male in assoluto.
Ci stiamo concentrando sul punto sbagliato a mio avviso…ciascuno (ciascun presidente) è libero di fare le proprie scelte nel modo che ritiene più adatto, non si possono dare giudizi di valore sul fatto che una squadra abbia più italiani o più stranieri…ben altra cosa invece è valutare se la prima squadra poggia su un florido settore giovanile e un’ottima scuola calcio o sia piuttosto una squadra costruita coi petrodollari…(non mi riferisco all’inter). C’è da dire comunque che l’Inter ha sempre prestato un’attenzione particolare ai propri giocatori (es. caso Kanu)..
Caro Stefano,
se le cose si aggiusteranno non sarà certo in Italia, dalla Spagna in su il livello culturale e organizzativo delle nazioni è anni luce distante da noi. Noi ormai ci stiamo suicidando strutturalemente, non a caso non facciamo figli e quando li facciamo non li mettiamo in condizioni di competere.
Come hai tu intuito una cosa che può sembrare conveniente in un contesto isolato può non esserlo in un contesto più esteso, detto in altro modo siamo tutt’altro che lungimiranti.
Forza Italia (ma non sto parlando di quella calcistica).
scusate mi sono scordato di aggiungere che urlare FORZA ITALIA alle competizioni delle Nazionali è fuori luogo ormai da un bel pò di anni…
Non credo proprio che dare un esempio di multirazzialità fosse in assoluto il primo intento di Moratti (è sempre la sua?)
anche se bisogna dire che i risultati della collaborazione ci sono stati.
mi è piaciuto uno dei commenti che dice che l’allenatore ha saputo tenere insieme più galli nello stesso pollaio, penso che in fondo il valore della squadra sia questo.
> Beh, ora chi è più “solidale”, “terzomondista”, chi combatte di più
> e meglio la povertà nel mondo?
Chi vuole un’autarchia nazional-calcistica o chi preferisce dare un’opportunità a tutti?
Onestamente trovo questa frase eccessiva, dare all’Inter il titolo di “terzomondista che combatte la povertà nel mondo e preferisce dare un’opportunità a tutti” mi sembra che voglia far passare da buon samaritano chi evidentemente ha preso questo genere di iniziative solo per una pura questione economica.
E’ vero che ogni tanto qualche bella storia nel calcio c’è, stile quella del calciatore argentino, definito il nuovo Maradona (che ovviamente non mi ricordo come si chiami =p )
che è stato curato e allevato dalla squadra per il suo talento. Queste sicuramente sono belle lezioni che vengono trasmesse.
Comunque non credo che il bambino che attacca le sue figurine sull’album della panini, pur accostando facce di diversi colori sulla stessa pagina
e magari idolatrando come miglior talento un calciatore africano, possa effettivamente far tesoro di quella diversità se nella sua vita quotidiana l’immigrato è costantemente percepito come il diverso da temere
che, a partire dalle stesse classi scolastiche, è tenuto a distanza e non integrato.
Quindi, direi che si, l’Inter è stato un bel esempio di collaborazione multietnica, da imitare per quanto riguarda il perseguimento dei risultati,
ma da non idolatrare come paladina delle diversità!