4
Mag
2013

Ma il vero problema non è il debito — di Gerardo Coco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.

La famosa coppia di economisti  statunitensi Ken Rogoff and Carmen Reinhart pubblicavano nel 2008 un libro di successo This time is different. Eight Centuries of Financial Folly (2009). Ripercorrendo 800 anni di storia finanziaria gli autori hanno mostrato che 250 casi di crisi da debito in 66 paesi e 5 continenti si sono conclusi con la bancarotta. In ogni epoca i leader politici ed economici hanno ignorato quanto era accaduto in quella precedente illudendosi che ciò che aveva causato le catastrofi nel passato non era operante nel loro tempo e quindi… via a manetta col debito nella convinzione che “questa volta è diverso”. Ma ogni volta l’epilogo e stato lo stesso: il default.

Nel 2010 Rogoff e Reinhart  pubblicavano Growth in a Time of Debt (http://www.nber.org/papers/w15639) una ricerca che evidenzia che un debito superiore al 90% del PIL blocca la crescita. Quest’ultimo lavoro ha avuto grande influenza ed è stato utilizzato come riferimento nel dibattito sulle politiche di austerità per stigmatizzare le politiche basate su un debito eccessivo.

Ora, è avvenuto che un gruppetto di economisti abbia scovato un errore nella ricerca: Rogoff e Reinhart hanno infatti omesso di inserire nel loro lavoro alcuni paesi col risultato di abbassare il tasso di sviluppo medio da 2.2% a zero, il che inficerebbe tutta la loro tesi. Apriti cielo! Le forze pro-debito hanno scatenato una querelle macroeconomica che ha dominato i blog economici nelle ultime settimane. Agli economisti infuriati non è parso vero di dichiarare la ricerca priva di fondamento e di invocare la fine dell’austerità economica. Governi, non lasciatevi influenzare da quei pasticcioni di  Rogoff  e Reinhart, continuate a spendere e indebitarvi!!

Precedentemente, due altri famosi economisti, Robert Shiller e Paul Krugman avevano criticato la ricerca  contestando, da un lato, il legame causale tra debito e crisi e dall’altro, l’insufficiente spiegazione sulle conseguenze dell’impatto del debito sull’economia. Per la verità quest’ultima critica è abbastanza pertinente. Se infatti Rogoff e Reinhart avessero dato spiegazioni più approfondite, oggi la domanda: come mai il debito pubblico riduce lo sviluppo?, sarebbe talmente ovvia da vergognarsi a porla.

Innanzi tutto, la prima cosa che viene spontaneo chiedersi è: se non si accetta la tesi degli Autori a quali fenomeni sarebbero imputabili le crisi negli USA e nella UE? Dovremmo rispondere alla maniera dei keynesiani e monetaristi? (che non hanno mai azzeccato una previsione economica) e cioè che sarebbero dovute alla diminuzione della domanda aggregata, al fatto che la gente non spende abbastanza o alla inadeguata dotazione monetaria per stimolarla? Entrambe queste scuole sostengono che nella misura in cui queste variabili sono manipolate con intelligenza, lo sviluppo è assicurato. Purtroppo ignorano che come per una famiglia, la spesa di un paese dipende dal reddito, cioè da quanto si produce meno quello che si consuma, comprese le eventuali rate di debito.

Ora il debito totale, la somma dei deficit annuali, di per sé non rappresenterebbe un problema e, in teoria, un’economia potrebbe sopportare un deficit perpetuo a condizione che il rapporto debito/Pil rimanesse costante e l’economia crescesse pure in modo costante. Esemplificando: se il PIL è 10 e il debito è 9 cioè il 90%, un paese potrebbe sopportare un deficit perenne anche del 4.5% a condizione che l’economia crescesse in modo costante del 5%. Infatti dopo il primo anno il debito diventerebbe a 9,45 mentre il PIL 10.5, lasciando costante il rapporto debito/PIL (9.45/10.5= 90%). Il secondo anno le cifre salirebbero rispettivamente a 9.87 e a 11.02, il cui rapporto è sempre del 90%. E così di via.

Il punto è che l’economia con un livello di debito così elevato non potrebbe crescere del 5% perché gli incrementi di PIL verrebbero erosi dagli interessi composti del debito e l’economia dovrebbe crescere ad un tasso superiore per pagarli. Da un lato infatti, la collettività dei contribuenti dovrebbe pianificare un ammontare di tasse future pari al loro valore attuale (o valore pronta cassa) per poter pagare i futuri interessi. Ciò che ridurrebbe la disponibilità del capitale privato necessario per nuovi investimenti e creare aumenti di prodotto per pagare il servizio del debito (questo spiega perché la pressione fiscale non calerà mai finché il debito permarrà elevato). Dall’altro, come illustrato nel precedente articolo La frontiera del debito i deficit finiscono per avere una produttività marginale negativa, cioè non generano reddito sufficiente per ripagarsi. Se le spese da sostenere sono quelle per il welfare o per finanziare perdite è logico che successivi deficit invece di aggiungere risorse all’economia, le detraggono. Naturalmente ci sono altri fattori che possono mitigare gli effetti di un debito elevato (ad es. le importazioni di capitale dall’estero) che la ricerca di Rogoff e Reinhart non ha preso in considerazione, ma la relazione causale tra debito e crisi è incontrovertibile: ad un certo punto per la legge dei rendimenti decrescenti ogni nuova dose di debito provoca un decremento di prodotto.

Del resto uno dei più eminenti ed apprezzati economisti del ‘900, Irving Fisher scriveva (Boom & Depressions) che un debito elevato rispetto al PIL scatena una serie di eventi che sfociano nella depressione e ha descritto con efficacia la dinamica debito/deflazione. Fisher sottolineava che è proprio l’altezza del debito a determinare la gravità della crisi osservando che quella degli anni ’30 aveva avuto effetti più virulenti della precedente e altrettanto grave crisi del 1921, perché il debito totale era maggiore. L’aspetto critico del fenomeno crisi è la riduzione dell’aggregato monetario che viene innescata dalla liquidazione dei debiti, un processo di “deleveraging” cioè di vendita forzata delle attività patrimoniali per pagare i debiti e che è l’esito di una precedente fase di leveraging innescata da un boom che spinge ad un debito esagerato rispetto al capitale proprio.

Una critica che si potrebbe fare allo studio a Rogoff  e Reinhart ma che non ne pregiudica le conclusioni è di aver preso in esame solo il debito pubblico e non anche quello privato: non si può infatti analizzare l’economia senza riferirsi al suo bilancio totale: mutui, carte di credito, derivati e passività fuori bilancio (unfunded liabilities) sono pesi che impediscono la crescita. Se sommiamo tutte queste passività al debito pubblico, il debito mondiale sale a qualcosa come il 1000% del PIL mondiale. Una bolla terrificante. Potremmo dire, parafrasando Rogoff  e Reinhart, che questa volta sarà diverso, ma solo perché sarà peggio.

La seconda critica più significativa è che nella loro analisi gli autori non hanno evidenziato lo spartiacque fondamentale tra il periodo in cui vigeva il sistema aureo da quello in cui è stato abbandonato in modo definitivo. Nel primo caso il debito si poteva estinguere perché esisteva il mezzo per farlo: l’oro. Nel secondo è diventato impossibile. Il rapido sviluppo economico tra il 1950 e il 1960, pur in presenza di una simultanea espansione monetaria, ridusse rapidamente il debito della seconda guerra mondiale. Ma ciò fu appunto possibile grazie alla presenza nel sistema monetario dell’oro la cui forza centripeta vincolava il debito. Non è un caso che dopo averlo esiliato, cioè a partire dalla seconda metà del XX secolo, il debito se ne sia andato per la tangente. Una volta superata la soglia della saturazione il debito non può più essere ridotto e diventa perpetuo. E’ questo l’aspetto cruciale completamente trascurato da Rogoff e Reinhart, dai loro detrattori e da tutti coloro che con analisi macroeconomiche tanto sofisticate quanto vane continuano a brancolare nel buio senza trovare una vita d’uscita. E non la trovano semplicemente perché nel sistema monetario vigente, una via d’uscita non esiste.

Ciò che ci porta a concludere che il debito in quanto tale non è il problema vero ma l’effetto dell’interventismo implicito nel sistema monetario attuale. Questo è un gigantesco monopolio guidato e coordinato dalle banche centrali che comprando i debiti dei governi e monetizzandoli pongono a fondamento del sistema il debito stesso. Ne risulta che il denaro, essendo debito, non può mai estinguere in modo definitivo altro debito ma solo trasferirlo. Per questo motivo è permanente. Raggiunta poi una certa soglia, lungi da produrre reddito lo dissolve, come un sovente chimico distrugge la materia.

Oggi c’è la tendenza a sostituire il termine con quello più rassicurante ma subdolo di “liquidità” che ha l’apparenza ingannatrice di un fondo illimitato e permanente di risorse a disposizione dei governi per finanziare le loro politiche scellerate. Tutte le discussioni sul debito sviano dunque l’attenzione da questo problema assolvendo l’operato delle banche centrali viste come salvatrici di ultima istanza mentre sono la causa primaria della destabilizzazione economica e finanziaria. Vale la pena di ricordare, in chiusura, l’opinione di Ludwig von Mises in merito: Uno dei punti essenziali della filosofia interventista è l’esistenza di un fondo inesauribile che può essere spremuto senza fine. Tutta questa dottrina crolla quando questa fonte è prosciugata. L’economia di babbo natale crollerà da sé. (Mises, Human Action).

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21 Responses

  1. Spartaco

    Un’altra idea-forza del mantra neoliberista è stata clamorosamente smentita. L’idea demente della crescita attraverso austerity. La recessione non si combatte con politiche recessive. In sintesi senza politiche economiche espansive (il buon vecchio e sempre attuale Keynes) non se ne esce.
    USA,Giappone e BRIC lo hanno capito da tempo; ora tocca all’Europa (Germania in primis). Tutto il resto è inutile chiacchiera.

  2. claudio p

    si, infatti ci sono molte menti acute che si concentrano sui sintomi, ma manca quella visione prospettica che permette di vedere le cause.
    quali sono gli asset a garanzia della moneta che circola? i patrimoni degli stati (soprattutto immobiliari) e la loro capacità di tassare il reddito dei privati.
    la marea di liquidità che gli stati immettono sul mercato è vincolata/proporzionata a tali asset? no, ma la resa dei conti non è ancora arrivata grazie alle acrobazie politiche, finanziarie e mediatiche che rimandano il giudizio intransigente del mercato.
    comunque io non sono così sicuro che il sistema aureo sia la soluzione. mi sto convincendo che fornire gli attori economici di moneta sia un servizio come un altro, e che vada lasciato ai privati e alla concorrenza. ecco che allora anche gli stati, dovendosi indebitare con i privati, ma senza fantasmagorici garanti di ultima istanza, torneranno a essere trattati come le famiglie, le imprese, e tutti gli attori del mercato.

  3. francine

    Nel frattempo il buon Letta and company(ben appoggiati da altri paesi Europei)sperano di riuscire a continuare nella sciagurata politica degli ultimi 20 anni abbondanti:il debito non si tocca(salvo salire inesorabilmente)le spese statali manco a dirlo possono solo crescere e le tasse..pure!!!!Finche’ qualcuno ci compra i bot tout va bien madame la Marquise..Quando qualche fondo internazionale si accorgera’ che il re’ e’ nudo invece ci saranno dolori per tutti.E l’austerity nel frattempo??al rogo!!Intanto l’unica austerity ha riguardato noi contribuenti perche’ mi pare che a livello statale i taglio siano da solletico..D’altra parte come fa bene le cose lo Stato..non le fa nessuno..Auguri a tutti..

  4. Riccardo

    “Abbiamo una tecnologia eccezionale”, disse Ben; la pressa per la stampa delle banconote; così abbiamo proseguito lungo la via della schiavitù…

  5. Articolo interessante, ma quando si parla di debito mi pare che si dimentichi una cosa: a cosa serve quel debito.
    Non sono un economista, mi spiego con un esempio pratico. Se una persona che tu sai essere un alcolizzato o un giocatore incallito ti chiede 100 euro, oppure un ragazzo volenteroso che decide di aprire banchetto al mercato ti chiede 200 euro, quale dei due presteresti più volentieri i soldi? Immagino che uno calcoli la probabilità che tali soldi verranno restituiti!
    Orbene: il problema è che in Italia gran parte della spesa pubblica serve per mantenere una burocrazia inefficiente che non solo non da alcun ritorno, ma anche soffoca le altre attività.
    (senza contare le infrastrutture senza ritorno come le “cattedrali nel deserto e il TAV)

  6. SPARTACO

    Gli ultimi paladini dell’ortodossia neoliberista difendono disperatamente la tesi di Rogoff e Reinhart. Una battaglia -perdente- di retroguardia.

  7. Angela

    @SPARTACO
    La battaglia vincente, d’avanguarda, sarebbe quella di continuare a indebitarsi, far aumentare la disoccupazione, distruggere l’industria, avere migliaia di esodati, non riuscire a pagare le pensioni e così via. Quello che sta proprio succedendo di questi tempi grazie ai debiti. Complimenti comunque per la profondità della sua critica.

  8. matteo barto

    @Spartaco
    a bhè… se vogliamo portare il discorso a questo livello sai che dico
    inizia tu a mettere in campo politiche keynesiane(coi tuoi soldi ovviamente) che poi io ti seguo

  9. claudio p

    @Spartaco
    l’espansione monetaria è in atto da decenni, l’austerity sulla spesa pubblica è ridicola; USA, BRIC e soprattutto Giappone non ci hanno ancora dimostrato che seguire Keynes gli ha portati fuori dal guado.
    manipolare la moneta non serve a migliorare la vita dei cittadini nel lungo termine. la moneta è solo un’unità di misura, un codice di scambio. modificare artatamente una unità di misura è, in ultima analisi, nient’altro che una frode: se le teorie Keynesiane non fossero state utili ai burocrati le avremmo già dimenticate da tempo. La difesa accorata di keynes mi ha ricordato Stuart Mill quando diceva che “gli uomini non hanno più ardore per la verità di quanto non ne abbiano per l’errore”.
    Parlare di neoliberismo (perché neo?) per poi associarlo all’austerity denota faziosità, ignoranza o un mix delle due..

    “gli uomini non hanno più ardore per la verità di quanto non ne abbiano per l’errore” (Stuart Mill)

  10. francine

    Uno sondaggio svolto su un campione di cittadini europei(su Le Monde giornale di sinistra)nei piu’ importanti Paesi compreso il nostro dimostra che gli interrogati sono disposti a qualsiasi sacrificio(aumento orario lavoro/riduzione ferie/spostamenti/eliminazione prestazioni sociali gratuite etc)pur di non vedersi aumentare le tasse.E non solo in Gran Bretagna..Quando ci sara’ un politico con un po di coraggio disposto a farsi odiare da molti ma anche appoggiare dai piu’ che finalmente metta in essere politiche liberiste serie???La gente e’ pronta!!!!!!!!Basta a questa politica che punta solo sull’aumento dell’imposizione e su un costante aumento della spesa per conseguire una fantomatica ripresa!!!!

  11. Francesco_P

    @Deck

    Uscire dall’euro è una tentazione. Purtroppo la freddezza dei numeri ci impone di rimanere nella “moneta unica” perché non potremmo più beneficiare delle politiche di espansione monetaria di Draghi e saremmo costretti ad un’inflazione a 2 cifre, con tutte le conseguenze sui costo degli interessi e sul potere d’acquisto della popolazione. Ricordo che la BCE, non potendo “stampare moneta” in modo palese, ricorre al finanziamento alle banche ed all’acquisto sul mercato secondario dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà come surrogato all’acquisto diretto del debito pubblico.

    Se dovessimo uscire dall’euro il problema del nostro debito pubblico si aggraverebbe. Quindi ci dobbiamo tenere obtorto collo il famoso mostro a 17 teste e lasciar perdere i sogni.

  12. Aldo Marino

    Beh. Propri l’affaire Italia smentisce quello che lei afferma. La spesa a debito, spacciata per spesa per la crescita, produce esattamente la crisi in cui siamo. Infatti, se fosse come dice lei o keynes o i nostri pericolosi governanti, con 2.100 miliardi di debito dovremmo essere nella piena occupazione, in pieno boom economico. Invece, evidentemente, non essendo così va da se che il debito, la spesa a debito (quella tanto richiesta dai nostri politici che tanta e tanta ne hanno fatto) è foriera solo di altra recessione da cui, monsieur Lapalle insegna, diviene ad ogni giro più difficile uscirne.
    Siamo dinanzi ad un drogato, pieno zeppo di eroina, e vogliamo curarlo con dell’altra eroina. Certo nell’immediatezza sembra che stia meglio ma, subito dopo, è già bello che defunto (cosa che, temo, sia già avvenuta per il nostro Paese, solo che ancora non v è il “rigor mortis” per cui ci illudiamo di respirare)

  13. Aldo Marino

    Opssss.
    Ovviamente intendevo rispondere a Spartaco, non già, come appare, a Claudio P.
    Chiedo scusa

  14. Mariotti Claudio

    Buongiorno, finalmente si cominciano a dire le cose come stanno. Da Goldman Sachs a Fed, a BCE , che stampano denaro a costo zero, e il signoraggio bancario che non è uno dei problemi gravi, ma IL PROBLEMA PRINCIPALE DELL’ECONOMIA , DELLA SOCIETA’ E DELLA LEGALITA’. In 6 minuti una ragazzina di 12 anni canadese spiega il signoraggio bancario (vd su YOUTUBE ),non servono economisti del c…. Leggere EUROSCHIAVI , CHE QUALCHE COSA SI IMPARA !!!
    ognuno per se stesso Dio per tutti

  15. Perry Mason

    Mariotti Claudio :
    Buongiorno, finalmente si cominciano a dire le cose come stanno. Da Goldman Sachs a Fed, a BCE , che stampano denaro a costo zero, e il signoraggio bancario che non è uno dei problemi gravi, ma IL PROBLEMA PRINCIPALE DELL’ECONOMIA , DELLA SOCIETA’ E DELLA LEGALITA’. In 6 minuti una ragazzina di 12 anni canadese spiega il signoraggio bancario (vd su YOUTUBE ),non servono economisti del c…. Leggere EUROSCHIAVI , CHE QUALCHE COSA SI IMPARA !!!
    ognuno per se stesso Dio per tutti

    aiuto, ancora con il signoraggio!!! Sig. Mariotti, lei ha guardato con attenzione il video di cui ci parla? ha prestato la dovuta attenzione? Si? Ma allora perchè non ha colto l’evidente serie di contraddizioni esposte? E dire che si tratta di concetti semplici…

  16. Perry Mason

    Francesco_P :
    @Deck
    Uscire dall’euro è una tentazione. Purtroppo la freddezza dei numeri ci impone di rimanere nella “moneta unica” perché non potremmo più beneficiare delle politiche di espansione monetaria di Draghi e saremmo costretti ad un’inflazione a 2 cifre, con tutte le conseguenze sui costo degli interessi e sul potere d’acquisto della popolazione. Ricordo che la BCE, non potendo “stampare moneta” in modo palese, ricorre al finanziamento alle banche ed all’acquisto sul mercato secondario dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà come surrogato all’acquisto diretto del debito pubblico.
    Se dovessimo uscire dall’euro il problema del nostro debito pubblico si aggraverebbe. Quindi ci dobbiamo tenere obtorto collo il famoso mostro a 17 teste e lasciar perdere i sogni.

    portare dati a sostegno della sua tesi no? in tutti i paesi in cui sia stato fatto QE non si è avuta alcuna fiammata inflattiva, anzi il rischio più concreto al momento è la deflazione. Se dovessimo uscire dall’Euro la nostra scassata liretta non potrebbe portarci al default perchè ancora abbiamo la possibilità di ridenominare il ns debito (facoltà che altri paesi non hanno, vedi Spagna e Grecia che hanno dovuto emettere importanti tranches di debito pubblico sotto legislazione inglese, in Italia abbiamo solo poche emissioni EuroMOT in diritto inglese, tutto il resto è in diritto italiano e quindi ridenominabile) e quindi la Banca d’Italia potrebbe mettere in essere politiche espansive, stampando ed acquistando il debito.
    Quello che descrive lei è qualcosa di ben diverso, l’LTRO2 è una spada di Damocle sulle nostre teste, l’LTRO2 è stato messo in piedi per una sola ed unica ragione: consentire a determinati creditori di vendere le loro posizioni sui debiti sovrani dei paesi periferici, scaricandone il costo sui vari sistemi bancari locali. In soldoni: con l’LTRO2 “ci siamo ricomprati il debito pubblico italiano” (faccio notare che prima dell’LTRO2 il debito pubblico italiano era in mano a soggetti italiani per il 45% circa, ora siamo ben oltre il 70%…).
    C’è comunque una cosa che nessuno degli apologeti dell’Euro spiega mai: ammettiamo che i tassi di cambio tra le valute dei diversi paesi abbiano una ragione, come è possibile sostenere che una economia possa funzionare pienamente se la “sua” valuta viene scambiata ad un tasso che non si confà allo stato dell’economia del paese in questione? A mio modo di vedere la risposta è di una semplicità disarmante: non è possibile, ed infatti TUTTI i paesi che si sono indebitati in una divisa straniera (nel nostro caso, l’Italia del 2013 dato che l’Euro per una serie di ragioni non è più una moneta comune, nemmeno dal punto di vista legale) inevitabilmente fanno default. Lo abbiamo già visto tantissime volte. E lo sanno perfettamente tutti, comprese le banche tedesche che hanno voluto l’LTRO2 per vendendere alle banche italiane le loro posizioni in BOT e BTP…
    Come dicono gli inglesi, one size doesn’t fit all! Questo è il problema.

  17. Stefano

    Costruire o rendere sicure case, capannoni, scuole ospedali, musei, teatri e Chiese genera valore.
    Costruire infrastrutture che servono (NB: non fare buchi e poi mandare altri a riempirli, non inventarsi infrastrutture x poter maneggiare commesse milionarie, …..) mettere in sicurezza il territorio, sostituire centrali sporche con sistemi di produzione pulita ma economicamente sostenibile, …..
    Istruire e curare
    Tutto questo genera valore.
    Una volta il valore era riconosciuto nell’oro e si stampava moneta se c’era sufficiente valore.

    Ora il valore (la ricchezza) di una Nazione è nel valore dei suoi cittadini, delle sue infrastrutture, delle sue case e fabbriche che producono ed esportano, dei suoi ospedali, musei, scuole e luoghi d’arte.

    Per questo si può stampare moneta, non fare debito, xchè per questo una Nazione diventa riconosciuta dalle altre come un luogo dove si vive bene:
    Cultura
    Salute
    Intelligenza
    Arte
    Paesaggio
    Infrastrutture
    ……
    Questo deve essere l’obiettivo dell’Italia nell’Europa e dell’Europa nel mondo …..non il PIL.

  18. Piero from Genova

    se nn stampavano sarebbe fallito 50% sistema capitalistico in sovraproduzione strutturale da almeno 20/30 anni (mkt saturi+tecnologia mai a questi livelli nella storia).. iniziò Reagan Liberista con Greenspan fine ’80 quando sostituì Volcker.. altrimenti sarebbe 29 bis (e fu Keynes a metterci una toppa.. nn voi austriaci).. stampando (forse) ci limiteremo a default parziali e diluiti.. meno male che austriaci contano come 2 a briscola..

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