L’iceberg (ovvero perché tifo Tremonti)
I miei giudizi di valore sul ruolo dello stato in economia, come è noto ai lettori di Chicago-blog, sono agli antipodi di quelli di Giulio Tremonti: il ministro dell’Economia ritiene necessario e possibile un colbertismo efficiente, una guida pubblica che indirizzi il sistema economico; la mia opinione è che non sia possibile, dato che perseguirebbe obiettivi ‘francesi’ con eserciti burocratici italiani, e che sia anche dannoso, dato che in Italia il ‘pubblico’ identifica da sempre il perseguimento volontario di interessi privatissimi con mezzi della collettività mentre il ‘privato’, se vi fosse molta più concorrenza di quella attuale, garantirebbe il perseguimento involontario di interessi collettivi con mezzi non della collettività.
Accanto ai giudizi di valore, ovviamente opinabili, vi sono però i giudizi di fatto, oggettivamente verificabili o falsificabili, e il giudizio di fatto di maggior rilievo dell’economia italiana di fine 2009 è che i parametri di finanza pubblica (debito/pil e deficit/pil), in peggioramento a causa delle recessione, stanno riportando il nostro paese ai livelli di allarme della prima metà degli anni ’90. La crisi economica ha rimesso la nave Italia sulla rotta dell’iceberg (il debito pubblico insostenibile) dalla quale si era allontanata nella seconda metà del decennio scorso grazie a politiche di rigore economico, alle privatizzazioni e al maxiregalo che la moneta unica europea ci ha fatto dimezzando il costo del nostro debito.
L’iceberg non è ancora molto visibile, nascosto dalle nebbie della politica italiana e dalla vista cortissima della nostra classe politica, ma noi siamo sulla sua rotta. Tremonti, tra le tante cose che non condividiamo, ha però il merito di aver impedito l’assalto alla diligenza della finanza pubblica che si fa notoriamente più insistente in periodi di crisi, quando i ben maggiori obiettivi ‘pubblici’ riescono a nascondere ben maggiori ‘appropriazioni private’ di risorse collettive. Nulla è cambiato rispetto all’aneddoto che si racconta del famoso politico del dopoguerra che si dichiarava non interessato alla teoria keynesiana, salvo poi ricredersi: “Cosa sostiene questo Keynes? Che bisogna aumentare la spesa pubblica? Allora mi interessa”.
Se Tremonti dovesse lasciare via XX settembre, sarebbe il ritorno alla grande del partito unico della spesa pubblica, già molto di moda negli anni ’70 e ’80, in sostanza la variante tricolore dei festaioli del Titanic durante la famosa crociera inaugurale.
Potrebbe essere ben possibile, nel caso improbabile di sostituzione di Tremonti, la designazione di un uomo che sia orientato verso le necessarie riforme e che provi almeno a proporle con la necessaria forma alla coalizione. Lo stesso Tremonti, nonostante il suo rigore, non impedisce a quell’iceberg di crescere a dismisura.
luigi zoppoli
condivido in pieno la tua impostazione e quella di Tremoni.. siamo vicinissimi al fallimento cioè al 120% già oggi anno 2009 (depurando dal Pil la quota di nero che non pagando le tasse non lo sostiene) ed hanno pure il coraggio di parlare (pochi mesi prime delle elezioni) di aprire buchi spaventosi che esploderebbero quando aumenteranno i tassi di interesse e quando la fine della cassa integrazione darà un double dip storico a consumi/pil.. talvolta mi sembra che l’ideologia offuschi pure menti assai illuminate come quella del mio caro amico Oscar 🙁