16
Mar
2011

L’Unità e i due mali che la minano

Sì, domani è festa per l’Unità d’Italia. Sì, per il sottoscritto che da giovane repubblicano cantava a voce spiegata nei campi estivi – allora si tenevano, eccome, delle federazioni giovanili –  “morte a Franz, viva Oberdan”, l’Unità d’Italia e l’epopea risorgimentale sono un valore. Ma il disincanto prevale sull’orgoglio. L’economia c’entra eccome, per questo ne scrivo anche qui. E poi, la data scelta non mi piace proprio.

Non solo perchè da giovane cantavo anche, scanzonatamente, “bruceremo le chiese e gli altari, bruceremo i palazzi e le regge, coi budelli dell’ultimo prete impiccheremo il papa e il re”. Pur con tutto lo spirito di ricomposizione e pacificazione verso ogni componente della storia patria e senza nessuna nostalgia per la divisione in campi avversi, lasciatemi dire che l’Unità d’Italia meritava di essere festeggiata in una data diversa. Per diverse ragioni.

La prima è di ordine storico. Ma dico io dovevamo scegliere proprio la data in cui viene approvato l’articolo unico “Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di Re D’Italia”? Approvato dn Parlamento che non era nazionale affatto, visto che a quella data all’ex Stato Sardo mancava ancora Mantova in Lombardia e tutto il Veneto, tutto il Friuli e tutto il Lazio? Per tacere poi dell’attuale Trentino Alto Adige, che arriverà sconfitto e annesso 60 anni dopo, al termine della prima guerra mondiale e c’incazziamo pure che la SVP dica di non avere niente da festeggiare? E non abbiamo proprio niente da ridire sul fatto che il Re di Sardegna preferì per non scontentare la sua aristocrazia continuare a chiamarsi Vittorio Emanuele “secondo”, a differenza di quel che aveva fatto Enrico III di Navarra che divenuto Re di Francia divenne Enrico IV perché quella era l’ordinale nazionale, esattamente come fece Giacomo VI di Scozia allorché si chiamò Giacomo I d’Inghilterra? Fate voi, ma a me l’Unità piace eccome ma questa data poco mi sconfinfera, l’Italia era disunita ancora e quel giorno contò innanzitutto per i Savoia, pace all’anima loro e un ballo pieno di simpatia per il loro attuale erede televisivo. Oltretutto, dei 170 mila che votarono per quel Parlamento di duchi e principi su 26 milioni di italiani dell’epoca, 70 mila erano dipendenti statali: sai che festa da ricordare…

La seconda ragione è per il pasticcio con cui lo si è deciso. Ci siamo inventati all’ultimo secondo un ponte lungo che ci abbasserà reddito e produttività. Un messaggio assolutamente sbagliato, almeno per me. Tanto che ho brindato, quando Confindustria e tutte le altre associazioni d’impresa l’hanno fatto presente. Respinte tra gli improperi. E il ridicolo è che ho dovuto leggere, sul Corriere della sera, un fondo del solitamente ottimo Gianantonio Stella in cui si diceva ma quante storie, ci sono Paesi al mondo che lavorano meno di noi e con più feste ma sono più avanti. Con questo criterio, si può fare anche la festa fatta al buon senso. Come il gatto fa la festa al topo, però. Tanto è vero che all’ultimissimo secondo in Consiglio dei ministri nel decreto è stato inserito un comma che per la copertura delle spese alle imprese chiama in causa il 4 novembre, che però non è più festa e dunque alla fine ne verrà fuori un caos con qualcuno che sicuramente impugnerà la norma.

Al di là del colore, è il caso di avanzare anche una terza riflessione di fondo. Sulla ragione profonda per cui l’Unità e il senso nazionale da noi è, di fatto, assai meno diffuso che altrove. Credo sia una riflessione che spetti innanzitutto a chi li difende, i valori del Risorgimento, a chi si riconosce nella storiografia liberale dei Rosario Romeo, non in quella gramsciana e marxista che del Risorgimento e Unità ha sempre aspramente criticato elitarismo e mancate risposte alla questione agraria e sociale.

La mancanza di senso nazionale equivale per me al grande fallimento storico delle classi dirigenti italiane. Diedero il meglio di sé nei primissimi anni della destra storica, dall’erculeo sforzo dei codici dell’unificazione. Ma già con Depretis e il trasformismo ecco la debolezza storica del parlamentarismo italiano. Capace di minare consenso e risultati anche della stagione più riformistica della storia italiana, quella giolittiana. Contro la quale il radicalismo della sinistra democratica, Luigi Salvemini su tutti, finì per vibrare colpi tanto duri da rafforzare da una parte il senso di estraneità al compromesso politico necessario, per far entrare e radicare nelle istituzioni masse cattoliche e masse socialiste, e da costituire dall’altra – del tutto involontariamente – il terreno più fecondo per i fermenti antisistema che sfociarono poi nel fascismo da una parte, e nel comunismo dall’altra.

L’Italia di popolo, fattasi solo nelle trincee insanguinate del primo conflitto mondiale, dopo poco era Italia di regime. Al quale le classi dirigenti non seppero dare, tranne minoritarissime eccezioni, che consenso opportunista. Il primo cinquantennio della Repubblica, nata sotto la confluenza costituzionale di cattolici e sinistra comunista, non poteva che vedere minoritari i valori unitari che pure avevano animato il Risorgimento. Il successo liberale malagodiano negli anni Sessanta, quello repubblicano negli anni Ottanta dopo i governi Spadolini, quello socialista craxian-garibaldino in nome dell’autonomismo dal Pci, non hanno che a malapena scalfito l’edificio politico-istituzionale i cui pilastri di fondo erano quelli del compromesso solidarista da una parte e internazionalista dall’altro: quanto di più avverso ai valori liberal-borghesi che, infatti, nessun “classico” grande romanzo italiano ha mai affrontato se non per descriverne decadenza e inanità, da De Roberto a Tomasi di Lampedusa, da Moravia a Pratolini, da Vittorini a Pavese.

E’ da questo duplice fallimento – dei valori liberal-borghesi, e della prassi amministrativo-istituzionale del continuo compromesso tra avversi all’idea di nazione – che derivano i due mali italiani storicamente più gravi, le due mine che ancora attentano a un’Italia seria: una pubblica amministrazione ipertrofica e incapace di quell’autonomia e indipendenza e senso dello Stato prescritti dall’articolo 97 della Costituzione figlio della lezione di Silvio Spaventa; il drammatico divario tra Nord e Sud. Un divario che per 130 anni su 150 sempre si è aggravato, tranne che nella parentesi 1951-1971, come ha benissimo scritto e documentato Luca Ricolfi. La questione settentrionale, che da vent’anni si è affermata nel Paese, a mio giudizio non è colore intollerante e xenofobia, come vorrebbe il più delle recente letteratura del revanscismo meridionale, che posso comprendere ma non condividere. La riunificazione tedesca come lo sviluppo spagnolo postfranchista ci hanno offerto grandi prove storiche di come i divari territoriali possano essere attenuati e colmati, con rigore di finanza pubblica, meno tasse e più produttività e investimenti nell’economia privata.

La malattia italiana, la bassa crescita, è il prodotto malato di uno Stato “sbagliato” e di un Sud depresso. La mia maniera di festeggiare l’Unità- anche e persino nel giorno caro ai Savoia – sarà dunque quella di continuare a credere che esiste ancora una via coerente ai valori liberali e di mercato, perché nel prossimo futuro si possa venire a capo di entrambi i mali. Altrimenti, e comunque per tanti giovani tra i migliori, l’unica è andarsene.

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48 Responses

  1. Articolo molto interessante ed in gran parte condivisibile.
    Sulla data “sbagliata” vorrei ricordare che storicamente è sbagliato anche il 25 Aprile: sarebbe stato meglio festeggiarlo il 7 maggio come altri paesi europei (tant’è che nel comune di Ovaro, paese di mio nonno, il più grave episodio bellico avvenne il 2 maggio 1945)
    Sul resto dell’articolo condivido e ci sarebbe ancora da rincarare la dose.
    Pero’ se io fossi nato da uno stupratore, o fossi un trovatello, (per mia fornuta non è così) dovrei festeggiare il mio compleanno?
    Si, festeggerei di esistere, senza inventarmi nobili ascendeze. Quindi, senza insulsa retorica, senza assolvere il re che non ha cambiato numero, senza assolverecoloro che hanno buttato il popolo in guerre assurde e male organizzate (1866, libia, guerre mondiali..) ecc. festeggiamo il fatto di esserci, e festeggiando “pensiamoci” e cerchiamo di progettare e desiderare un futuro.

    Tra l’altro quest’anno festeggiamo insieme agli irlandesi !!!

  2. Luciano Pontiroli

    Caro Giannino, i valori liberali erano rappresentati da Cavour, che non vedo neppure menzionato. Certo, era il primo ministro del re sabaudo, ma – finché visse – fu lui a guidare il processo di unificazione con l’intento di non giungere ad un Regno di Sardegna allargato ma ad un Regno d’Italia.
    Non sono sicuro, invece, che la Repubblica pensata da Mazzini fosse connotata da un maggiore liberalismo e che la soluzione monarchica sia stata la peggiore. In ogni caso, è quella che ci ha dato la Storia.

  3. mario unnia

    Ottimo caro Oscar. Io mi sento fuoriuscito in questo paese ‘unitario’ a tal punto che propongo di fondare l’associazione degli italiani fuoriusciti in italia. Ma non esporrò la bandiera della lega, bensì quella americana, del paese i cui valori mi convincono e mi stanno a cuore.

  4. Piero

    ciao Oscar… a proposito di andarsene.. con le scarpe o con i soldi..
    mia madre (nonna di 72 anni e 5 elementare che ascolta sempre radio24 e pure te)
    mi ha detto che hai detto che stanno pensando o forse è già approvato un cavillo da inserire nelle prox aste bot che dà allo stato la posibilità unilaterale di rinviare il rimborso in caso di necessità… ha capito bene ?

  5. gianpaolo

    Penso che l’Italia intesa come nazione funzioni solo come Ideale ma non come unità fisica vera e propria. Ognuno di noi, lombardo sardo, ligure ecc, penso che si senta quotidianamente qualcos’altro. Siamo solidali e sappiamo essere davvero formidabili nei momenti drammatici proprio perchè solo in quei momenti sentiamo il richiamo di qualcosa di importante….ma è nel vivere quotidianamente la fatica dei nostri doveri civici come cittadini che facciamo fatica.

  6. Pippo

    E perché non celebrare l’unità d’Italia con una solenne cerimonia il 4 Novembre a Redipuglia ?
    La sono sepolti 100’000 veri “Fratelli d’Italia” che per la sua Unità e senza distinzioni nordiste o sudiste sono morti combattendo a a viso aperto l’ultima vera battaglia.
    Pippo il vecchio

  7. Roberto 51

    Caro Giannino,
    questo è il nostro paese, altri non ne abbiamo e allora festeggiamo senza troppi sofismi!
    Il male che lo mina è che siamo troppo intelligenti, passiamo il tempo a spaccare il capello in quattro e non facciamo quello che dobiamo fare, lo dimostra il fatto che le nostre qualità escono fuori quando siamo alle strette e non c’è più da pensare ma solo da agire.
    Io festeggio il 150° con l’auspicio che noi tutti Italiani impariamo a fare ciascuno al meglio il nostro dovere, senza fare troppe storie.

  8. Teorocker

    Salve, ha ragione, poi scegliere il giovedì per fare un ponte lungo è stato davvero triste, fare domenica no?. Poi sento una cosa dentro: quasi un’imposizione. Non mi piace. Uno stato Ladro, corruttore e ora anche “impositore”, tutti seguono però perchè basta “stare a casa” e siamo contenti… Domani per l’unità vado in laboratorio e finisco quello che non ho finito oggi… Buona serata a tutti

  9. lorenzo toscano

    a sentire i commenti del popolo leghista di questi giorni,resto davvero meravigliato di quanto la scuola pubblica non sia riuscita a trasmettere delle verità storiche nenche a persone della mia generazione. Semto dire dal parlamentare europeo speroni che lui non festeggia l’unità di italia perchè si sente “conquistato” da chi e da che cosa non si sà. Io ricordo che l’unità d’italia è partita dalle mire espansionistica della dinastia sabauda , dunque padana che la la guerra di colonizzazione del meridione è stata fatta da garibaldi con un manipolo di scalmanati bergamaschi che trovarono la complicità della mafia siciliana e che lo stato più ricco di quell’italia era proprio il regno delle due sicilie. Non per fare il solito vittimismo meridionale ma se c’è qualcuno che si deve sentire conquistato quello sono io, anche perchè gli ultimi 150 anni sono state un susseguirsi di politiche a favore di quella parte politica che oggi si ritiene conquistata.
    Ricordo (cito Giordano Bruno Guerri) che la cosidetta lotta al banditismo nel meridione fatta dai padani ha prodotto più vittme del 42-43 che in quegli anni sono state fatte leggi discriminatorie contro i meridionali e che l’oro della banca d’italia in gran parte è quello del banco di Napoli. Forse sono io che dovrei pensare che senza l’unità d’italia il meridione sarebbe più ricco,anche perchè qualche dubbio me lo fa venire anche lei quando afferma che in germania il gap tra la germania dell’ est e quello dell’ovest si è eliminato in due anni. Io credo che ciò dimostra l’assenza di una vera volontà politica per risolvere la questione meridionale , infatti mai in italia si è pensato di introdurre misure appunto federali per aiutare il meridione come la fiscalità di favore , la differenziazione del costo del lavoro , l’introduzione di tassi d’interesse più bassi per le aree meridionali. Si è cercato invece di sviluppare attraverso l’assistenzialismo un mercato per l’aziende del nord guardandosi bene da consentire ad esso alcun sviluppo industriale . vede anche i tagli alla cultura sono tagli al meridione perchè si sa che nel meridione c’è la maggioraza del patrimonio archeologico mondiale , e perchè lo sviluppo del turismo passa attraverso la valorizzazione di tali risorse. Dunque, nelle scelte strategiche del nostro paese non c’è mai stata alcuna considerazione del meridione lo si vede anche in politica estera . La posizione del meridione si pone come ponte naturale tra il medioriente e l’Europa napoli poteva e doveva essere la porta d’europa sull’oriente, ed invece è diventata per la soddisfazione del nord la capitalew della spazzatura derisa da tutta europa. Non me ne voglia Speroni ma chi ha pagato l’unità d’italia è stato il meridione anche in termini di vittime (ricordiamo i soldati del carso) e di contributi assegnati al meridoni e mangiati in gran parte dalle grandi aziende del nord con la collaborazione fattiva delle varie mafie. Eppure nonostante tutto io credo che ne sia valsa la pena , perìchè insieme con tutte le nostre contraddizioni siamo una potenza economica perchè comunque nel mondo italia è sinonimo di qualità e di stile perchè comunque italia e sinonimo di cultura ed arte. Io non credo che divisi avremmo raggiunto , questo obiettivo, forse avrei potuto avere uno 0.5 di irpef in meno da pagare ma non avrei mai avuto un grande paese protagonista della storia d’Europa . Ecco perchè domani io esporrò il tricolore anche se quella bandiera mi è costato il sangue dei miei avi che non volevano perdere l’identità , il sangue dei miei bisnonni sul Carso il Sangue dei miei zii in africa ed in italia mandati a combattere da un Emiliano megalomane che assieme ad altri padani era infervorato per la patria , ed i miei soldi che dovrò pagare in nome di un federalismo fiscale che introduce una concorrenza sleale tra imprese del nord ed imprese del sud . Viva l’Italia

  10. Massimo Peruzzo

    Pippo :
    E perché non celebrare l’unità d’Italia con una solenne cerimonia il 4 Novembre a Redipuglia ?
    La sono sepolti 100’000 veri “Fratelli d’Italia” che per la sua Unità e senza distinzioni nordiste o sudiste sono morti combattendo a a viso aperto l’ultima vera battaglia.
    Pippo il vecchio

    quoto in toto! la vera festa è il 4 novembre. Io abito ai piedi del Monte Grappa, a 30 km dal Piave, forse questi luoghi diranno qualcosa a qualcuno….
    Per il resto farò anche io come Teorocker, domani si lavora e alla grande! Solo così possiamo aiutare l’Italia: lavorando!

  11. Luciano Mollea

    SArebbe anche da ricordare il Giuseppe Prezzolini di “L’Italia Finisce” per capire tutto quello che è stato sbagliato dell’Italia unita…

  12. Flavio

    Caro Giannino, proprio un bel articolo, scritto con sentimento. E per confermare la tua ultima frase….vivo soddisfatto a Karlsruhe! Sarà che sono trentino e forse son più legato al mondo tedesco, non tanto per lingua quanto per cultura, ma tornare nell’italiotta non rientra tra le mie opzioni.

    ps: la tua trasmissione su radio24 è fantastica! Comunque, su forza, continua a martellare la mente della gente e cerca di farla ragionare, chissà…..un giorno….

  13. Gigi

    “… continuare a credere che esiste una via coerente con i valori liberali e di mercato”
    Caro Oscar sono proprio questi valori che “ripuliscono”, politicamente parlando, il berlusconismo operativo ed imperante. Sono quei valori in base ai quali quotidianamente opera contro lo Stato Democratico e la sua Costituzione collocandosi di fatto nell’antistato dei Mangano ( suo acclamato eroe ) e dei Dell’Utri. Non hai bisogno di sperare e credere; sei più che mai ipocritamente coerente con questi reali valori operati ! …

  14. Andrea Z

    La monarchia partitocratica, dispotica e autoreferenziata che ci governa è fatta di persone nominate, mediamente incompetenti, che praticano l’esercizio delle loro funzioni al solo scopo di rimanere al potere e quindi curare i propri interessi privati.
    Noi siamo sudditi, schiacciati da un fisco esoso e dalla burocrazia, da una pubblica amministrazione sorda e arrogante che non manca mai di dirci che siamo noi cittadini a non essere onesti. Il rumore mediatico ha lo scopo di sviarci dal tema e di narcotizzarci i pensieri. Le idee libere da schieramento fanno paura. Ci insegnano a tifare e uccidono il pensiero critico. Io non credo nella politica e nell’italia e quindi non festeggio

  15. sono d’accordo con lei quando dice che per centotrenta anni il divario nord sud non è stato colmato , peccato che un intellettuale così acuto non si chieda se c’è stata mai la volonta politica di colmarlo ? Io credo di no . Quelli che sollevano la questione settentrionale sono tutti quelli che hanno venduto merce a buon mercato agli “assistiti ” del sud. Lei queste domande non se le pone forse perchè al di là dell’articolo zeppo di retorica un pò la secessione la vuole pure lei.

  16. Pietro Francesco

    Riflessioni condivisibili, dottor Giannino. Tuttavia, mi permetto di dissentire riguardo l’Alto Adige e il partito territoriale svp. Il Presidente della Provincia ricopre una funzione pubblica e rappresenta tutti i cittadini residenti nella provincia, non solo i germanofoni; pertanto, non può permettersi di mancare di rispetto all’Unità Nazionale e addirittura di dire che non ha nulla da festeggiare. Queste sono offese e provocazioni gratuite, che non solo non risolvono i problemi, ma li accentuano. Inoltre, ricordo ai lettori del blog e al dott. Giannino, che è sbagliato anche dal punto di vista storico considerare l’ Alto Adige non italiano, in quanto gli antichi romani lo abitarono ben prima di qualunque altro popolo. La verità è che l’Italia come Nazione esiste da due millenni, da quando cioè gli antichi romani ed il Cristianesimo la plasmarono etnicamente, linguisticamente e culturalmente. Questi tre aspetti sono i più importanti a caratterizzare un popolo in quanto abbosognano di millenni per sedimentarsi. L’aspetto economico, invece, per il quale addirittura qualcuno dice che l’ Italia è divisa in due, è il più facile e veloce da modificare, se solo lo si volesse. Mi viene in mente ad esempio la migrazione di decine di migliaia di veneti nelle paludi pontine appena bonificate negli anni 1920-1930, quando il veneto era una terra di morti di fame ed il lazio era (come lo è ancora adesso) la seconda regione più ricca dopo la lombardia. A nessuno venne in mente di chiedere il distacco del veneto dall’ Italia solo perché in quel momento storico i veneti morivano di fame…

  17. Riccardo

    Tutto comprendo e tutto condivido ma questa non la sento come casa mia, la vivo come una specie di prigione, dove sono costretto a lavorare la metà del tempo per mantenere, con le mie enormi contribuzioni fiscali, qualcuno che fa molta meno fatica di me.
    Rispetto tutti e mi inchino di fronte alla maggioranza dei miei simili ma la mia Patria si bella e perduta, non è questa.

  18. Pietro Francesco

    Vorrei inoltre ricordare che mentre noi avevamo Virgilio (originario di Mantova) che componeva le bucoliche e le georgiche, dall’altra parte delle alpi c’erano dei popoli barbari e incivili che ancora vivevano nelle caverne, erano suddivisi in tribù e non conoscevano la scrittura. Va molto di moda ultimamente ritenere la cosiddetta cultura tedesca superiore, solamente perché in questi ultimi anni l’economia tedesca è più dinamica della nostra. E’ una visione del mondo veramente settaria e limitata, che qualifica come ignorante e superficiale chi la adotta. Come Italiano sono orgoglioso e fiero di esserlo e sicuramente non dimentico secoli e secoli di luminosa storia solo perché stiamo vinendo in un periodo economicamente non facile. Noi italiani abbiamo creato la Civiltà, quella stessa civiltà che abbiamo insegnato nei secoli a gran parte del mondo. Per questi motivi e nonostante tutto, EVVIVA L’ITALIA!

  19. CLAUDIO DI CROCE

    Sono orgoglioso di avere in concittadino come Lei. Ritengo che Lei sia uno dei migliori giornalisti italiani. Condivido al cento per cento le Sue battaglie liberiste contro la predominante ideologia statalista di derivazione fascista e comunista che appestano l’Italia . Non sopporto la retorica patriottarda fatta da politici che per decenni hanno sognato di diventare membri dell’URSS – ogni riferimento al compagno Napolitano è voluto -. . Tenga duro : le persone libere sono sempre osteggiate dai fanatici di cui è piena l’Italia. Non si spaventi per gli insulti e le minacce.
    Con stima

    Claudio Di Croce
    Torino

  20. Giovanni Bravin

    @Pietro Francesco
    Affermare categoricamente: “Noi Italiani abbiamo creato la Civiltà….” Corrisponde ad una ristretta visione del mondo. I Giapponesi, Cinesi, Arabi, etc, potrebbero sostenere altrettanto con periodi storici differenti. L’Italia celebra il 150° anniversario della sua quasi Unità, oggi. Molte regioni si unirono in anni diversi all’Italia. Nel 1961, si preferì celebrare il secolo, nel periodo da maggio ad ottobre di quell’anno. Molte opere pubbliche erette in quell’occasione furono smantellate subito dopo. Erano stati spesi soldi pubblici, ma durarono pochissimo!

  21. EVVIVA L’ITALIA ED IL TRICOLORE!!!
    L’Italia del 2000?!?! Da alcuni giorni ho questa immagine, metafora della nostra situazione: visualizzo un tricolore a mezz’asta, non un bel tricolore fiero, intatto, lucente e sventolante, ma uno sgualcito, smorto, a brandelli… ma gigante… vedo tante persone accanto a questo tricolore che sostanzialmente adottano due diversi comportamenti: gli uni, di solito ben vestiti, distinti, ma quasi assatanati che strappano pezzi, accaniti ed egoisti; gli altri umili, disperati, impegnati a ricucire gli strappi fatti dagli altri. Il ROSSO: la grande (eccessiva) pressione fiscale che incide e rende poveri i poveri lavoratori (persino gli imprenditori) ed il sempre più povero stato (il lavoro in nero, diminuisce le tasse percepite), e la sempre più povera economia (forse il colore che più legherei al Nord industriale). Il VERDE: l’anti-meritocrazia, il sistema di conoscenze, la politica corrotta ed egoista, la paura nell’innovazione (volendo possiamo idealmente legarla al centro, a Roma, alla capitale) che divorano l’economia italiana, la possibilità di ricchezza per gli Italiani e il loro stesso orgoglio. Il BIANCO: le mafie che dilaniano e divorano il poco di buono che resterebbe dell’Italia, compresi vite e soldi, tanti soldi (e, quantomeno come origine, provengono dal Sud, il bianco fantasma che impaurisce l’Italia)…. Questa è l’Italia di oggi e, temo, l’Italia del futuro! Noi giovani ringraziamo alcuni soggetti delle generazioni immediatamente precedenti per averci regalato questa situazione di cui andare fieri, orgogliosi e con la certezza di un presente e di un futuro TRANQUILLI….. boh. cercheremo di ricucire e di riattaccare i brandelli, ma…. gli ostacoli sono numerosi. chi vincera? IL MOTTO? POLITICI MENO CORROTTI E PIU’ CORRETTI! MENO TASSE, PIU’ FIDUCIA NEI GIOVANI TALENTUOSI, RESISTENZA E LOTTA ALLA CRIMINALITA’! e PRESTO TORNEREMO A VINCERE E RECUPEREREMO A LIVELLO MONDIALE.
    Cristina

  22. Vittorio

    Caro Giannino,
    in tutto questo parlare voglio fare una piccola considerazione. Il sottoscritto (classe 1949) è cresciuto in una famiglia liberale e mononarchica il mio quadrisnonno, trisnonno, bisnonno, nonno e padre hanno sempre creduto e si sono sempre identificati in questi ideali.
    Io di mio nonno ho un ricordo meraviglioso è attraverso i suoi racconti sulla 1a Guerra Mondiale, ha combattuto sul Grappa, ho capito tante cose come quella che italiani del nord e del sud combattevano insieme.
    Quando questa mattina (17/3) su Rai 1 ho visto il Presidente della Repubblica (ex comunista) che rendeva omaggio al RE VITTORIO EMANUELE II ho pensato ai miei che non hanno mai tradito i propri ideali.
    Mi scusi di questo sfogo, ma per me sono cose importanti.

  23. monica

    Caro Oscar,
    torno dai consueti lavori africani (le elezioni ugandesi vissute in parte guardando a quello che stava e sta succedendo a nord del continente) e ascolto prontamente la tua trasmissione dove parli anche a difesa del nucleare che condivido e al momento resto basita di fronte alla notizia della scorta a Scilipoti, a spese del contribuente cioè anche mie, gasp!. Al pomeriggio le mie amiche manca poco mi strangolano quando dico la mia, biologiche vegetariane e terrorizzate dal mostro che avanza. Oggi leggo il calendario delle celebrazioni romane per l’unità e trovo che il nostro presidente come prima azione pubblica VA A MESSA. In cosa mi dovrei oramai riconoscere in quanto italiana? C’è un riferimento in queste celebrazioni alla laicità dello Stato? Si offesero tutti quando più di trant’anni fa l’amatissimo (e odioso) Eduardo De Filippo preconizzò la permanente agonia napoletana con un oramai celebre “fujitevenne” (scappate via). Avremmo dovuto dargli retta in molti già allora.

  24. Noi qui tranquilli festeggiamo l’Unità d’Italia, mentre dall’altra parte del globo festeggiano… la distruzione del terremoto… Fossi stata fra i caporioni dello Stato credo avrei proposto di rimandare questi festeggiamenti in giorni di disperazione ed incertezza sul futuro di intere popolazioni! Con quale coraggio riusciamo ad anteporre pensieri di festa ad attimi così tremendi? A prescindere comunque dal fatto che oggi mi annovero fra gli stakanovisti… ma il mio pensiero è distratto dai grossi avvenimenti disastrosi nipponici e politici in libia che influiranno su tantissimi aspetti della vita di tutti, anche se PER OGGI fingiamo clima festivo… dal mio punto di vista è una grande tristezza.
    Penso anche che, ammesso che molti giapponesi possano essere disposti a trasferirsi in Italia (e credo che comunque preferirebbero restare a casa loro per far ripartire il loro paese con dignità assoluta), sarebbe un gran bene se potessimo essere solidali con loro ed ospitarli (quanti più si potesse): noi avremmo tanto aiuto da offrire loro in questo particolare momento… e loro avrebbero moltissime cose da insegnarci, a noi italiani!! dall’IMPEGNO nel lavoro e nella vita, alla DEVOZIONE, alla PAZIENZA ed all’estrema capacità di ORGANIZZARSI e PREVEDERE. Ancora mi stupisco di come siano riusciti a costruire intere città che abbiano retto all’incredibile potenza di questi Terremoti! Credo che, certo i danni sotto molti fronti ci siano stati, e veramente ingenti, e che forse (mi auspico di no) se ne potrebbero aggiungere ulteriori. Ma se consideriamo la potenza di tutto quello che è successo, molto ha resistito, le conseguenze avrebbero potuto essere ancora più disastrose se il popolo giapponese non fosse stato così organizzato! Io oggi, mi sento di ribadire che, a maggior ragione, festeggio lavorando, anche in onore di questo popolo che tanto si è tirato su le maniche in passato e sicuro ugualmente farà in futuro! Festeggio lavorando anche in onore di un’Italia che necessita di impegno e fatica per riemergere da un vortice che altrimenti ci risucchierebbe! Festeggio lavorando in onore del passato, del presente e del futuro! Qualcuno potrebbe pensare che in realtà non festeggio… forse è vero… il mio cuore, già tanto triste per una situazione che ancora non mi permette assoluta felicità in questa Italia, e quindi il pensiero torna in questo desolato ma forte Giappone!

  25. Piero

    IL MOTTO? POLITICI MENO CORROTTI E PIU’ CORRETTI! MENO TASSE, PIU’ FIDUCIA NEI GIOVANI TALENTUOSI, RESISTENZA E LOTTA ALLA CRIMINALITA’! e PRESTO TORNEREMO A VINCERE E RECUPEREREMO A LIVELLO MONDIALE.Cristina

    tutto bello e al 100% condivisibile… peccato che tutto ciò non avenga x colpa dei marziani… i politici corrotti in massa sono il frutto del voto di una mentalità familistica e furbesca di massa… tasse sono frutto di sperperi clientele raccomandazioni ed evasione di massa… se non cambia mentalità della ormai larga maggioranza della popolazione tutto ciò che auspichi sarà utopia… ed io tecnicamente prevedo che non cambierà.. anzi peggiorerà.. non ai posteri ma a noi stessi nel giro di qualche anno la facile ma triste sentenza..

  26. fabrizio

    Caro Oscar ho letto con piacere…e ti ringrazio. Però, se mi permetti, non consigliare i giovani, soprattutto quelli migliori, ad andarsene. Loro, perderebbero quello status e te quella coerenza nei valori liberali. All’ Italia rimarebbe solo il vuoto e il becerume di mercato.
    Fabrizio

  27. @Piero
    pienamente azzeccato il succo del mio ragionamento! utopico? certamente (purtroppo) ritengo quindi due le possibili conclusioni:
    – farci su le maniche cercando di farcene barba di questi comportamenti (che preferisco non giudicare pubblicamente, in quanto non spetta a me), magari applicando quanto più possibile quelli che sono i NOSTRI PRINCIPI DI VITA. Purtroppo, è risaputo che chiunque in Italia si attenti a riordinare qualcosa che non vada, non appena inizia ad ottenere risultati in qualche modo “scomodi” a qualcuno che nella SCALA SOCIALE sia qualche gradino più sopra, venga tagliato. Alla faccia del principio di uguaglianza sancito nell’art.3 Costituz. Un pochino in piccolo, ma forse somigliamo ad una società stile induista… quella tipo con la suddivisione in caste… Finchè resisto cerco di combattere, per il bene, spero, di chi verrà dopo di noi.
    – consolarci a vicenda ed emigrare (anche questo valido per tutti coloro che si considerano corretti) tutti in massa. e lasciare che questa infima Italia “tiri le cuoia” affogata dai suoi tumori… (e me ne dispiacerebbe…. ma di tanto in tanto la tentazione è forte, specie quando ti capita di avere a che fare con determinati tipi di soggetti, diciamo, così perfettamente integrati in questo così imperfetto sistema)

  28. Luciano Pontiroli

    Bell’antologia di cattivi umori, vani auspici e leggende nere.
    Gli italiani sono come sono, ognuno vede le cose a modo suo e sopporta a fatica i suoi vicini, figuriamoci quelli che vivono più lontani. Eppure, nella lunga storia dei popoli della penisola, non tutto è negativo … anzi, senza dare retta a chi crede che prima dei Romani l’alta valle dell’Adige fosse disabitata (ma a che scuola ha studiato costui?), credo che essi – i popoli della penisola, intendo – abbiano dato qualche contributo alla costruzione della civiltà occidentale (non facciamo paragoni inutili con la Cina, rapporti seri tra le due civiltà sono piuttosto recenti).
    Il fratello di mio padre, caduto nel 1920 nella rimozione dei campi minati al confine orientale, riposa a Redipuglia con moltissimi altri Italiani, di tutte le regioni. Gli errori della classe politica che ha governato l’Italia unita sono molti e gravi, ma non sono certo minori di quelli che governarono gli stati preunitari. I nostalgici dei Borboni si ricordino i giudizi espressi dai politici europei su quel regno, prima di venire a cianciare di un preteso furto dell’oro del Banco di Napoli – come se la riserva aurea di una delle banche di emissione di uno stato scomparso dovesse essere dote privata dei suoi cittadini; i padani che hanno in uggia l’unità si ricordino che questa mosse dal nord, che Garibaldi era nizzardo, cioè ligure, che moltissimi garibaldini e patrioti in genere erano del nord … e si ricordino anche che non tutti i padani combatterono Barbarossa a Legnano!

  29. nicknamemadero

    Appena letto il tuo articolo “L’unità e i suoi due mali” ho pensato: “Allora esistono persone dotate di buon senso”. Subito dopo, però: “Possibile che tali persone – che pur esistono – non abbiano non solo ruolo e rappresentanza politica rilevante, ma almeno spazio e ascolto degno di rilievo nel nostro paese?”
    Dunque i mali dell’Unità d’Italia sono tre.

  30. Caro Giannino, complimenti per la sua appassionata esposizione che in linea di principio condivido. Però lei mi fa venire il torcicollo! Sarà forse per deformazione professionale ma oggi più che mai occorre pensare al domani. Recriminare sulle decisioni del passato serve a poco o nulla, nonostante le buoni ragioni. Sono sicuro che se legge il mio blog (www.lambda-ridens.blogspot.com) lei in qualità di esperto apprezzerà molto la mia proposta PIATTAFORMA ISTITUZIONALE e magari migliorla. La madre di tutte le riforme non è la Giustizia, bensì la Costituzione italiana! Uno dei tanti argomenti che tratto sul blog. Fra non molto invierò all’ IBL una mia elaborazione del mio pensiero da anonimo liberale circa l’acqua potabile, che trovo che sia più liberale di quella espressa dall’autorevole Carlo Stagnaro. Per quanto riguarda l’odierna ricorrenza confido che in senso figurale la rappresento come un edificio avente il piano terra con stile architettonico monarchico ed il primo piano a stile repubblicano. Non si può ignorare la monarchia. E come se un figlio ignorasse il proprio genitore! Intanto da domani io lavoro per proporre altre soluzioni valide per le istituzioni e pronto a festeggiare il 151° dell’Unità d’Italia nel modo più degno e per me più bello. Auguri.

  31. Pietro Francesco

    Prima degli antichi romani l’ Alto Adige era disabitato nel senso che oltre a qualche capanna di legno e qualche centinaio di persone non c’era granché. I “popoli della penisola” esistono solo nella propaganda leghista… Gli Italiani sono ormai da oltre duemila anni UN SOLO POPOLO, omogeneo etnicamente (studi genetici lo confermano), linguisticamente (tutti i dialetti italiani hanno come base il latino) e culturalmente (la cultura classica, la cultura cristiana, la cultura contadina, la cultura dei commerci e degli affari del rinascimento e delle repubbliche marinare, etc). Le varie dominazioni straniere succedutesi nei secoli fino al 1861 non hanno intaccato questa omogeneità, lasciando come traccia qualche parola nei dialetti e poco più.

  32. elisa

    Condivido pienamente, solo che in situazioni cosi deliranti mi rimane difficile credere in un futuro cambiamento e mi avvicino molto di più al pensiero di un radicale trasferimento….

  33. Luciano Pontiroli

    Mai sentito parlare dei Reti? Furono, appunto, sottomessi dai Romani in epoca augustea.
    Quand’anche il dominio romano avesse unificato i popoli della penisola, possiamo dimenticare il regno dei Goti? E quello dei Longobardi che tennero buona parte della penisola per qualche secolo? Che diciamo dei Normanni nel sud, dei Greci, degli Albanesi?
    Se siamo così omogenei, come mai facciamo fatica a sopportarci a vicenda?

  34. Pietro Francesco

    Per quanto riguarda i Reti, occorre tener presente che con la conquista romana della valle padana, essi furono ricacciati nei territori che attualmente costituiscono la Confederatio Helvetica; dunque, i romani si sostituirono alle popolazioni preesistenti; inoltre c’è da considerare la differente consistenza numerica dei romani rispetto ai popoli preesistenti ( i primi erano molto più numerosi dei secondi). Pertanto i lombardi di oggi non sono altro che (diciamo al 90%) i discendenti dei legionari romani che duemila anni fa occuparono quei territori. Per quanto concerne invece i popoli successivi alla dissoluzione dell’impero romano, come i succitati Longobardi et similes, è necessario far presente che la loro amministrazione non modificò in misura rilevante la composizione etnica della popolazione locale (si parla di un 5%), né tantomeno quella linguistica e culturale. La “”prova provata” di ciò è costituita dai numerosi studi genetici condotti sulla popolazione europea, che evidenziano una forte omogeità genetica della popolazione italiana, dalla Sicilia al Piemonte, e riscontrano la presenza di aplotipi “stranieri” (cioè tipici di zone geografiche differenti) in una percentuale che non va mai oltre il 5-10%.
    Tuttavia, senza volersi soffermare troppo sull’aspetto etnico (che è il meno importante per definire un popolo, si pensi alla grande Nazione statunitense), permane l’omogeneità linguistica e culturale che caratterizza noi italiani, di cui nessuno potrà mai negare l’esistenza, neanche il più accanito sostenitore della secessione di questo o quel territorio.

  35. Piero

    @Pietro Francesco

    non è solo l’Italietta che stà diventando più egoista e corrotta.. è tutto l’occidente.. stiamo percependo dopo 60 anni di sviluppo il declino strutturale delle nostre società (concorrenza globale di manodopera a basso costo e senza diritti, immigrazione, debiti pubblici e privati fuori controllo, risorse naturali razionate).. così di fronte a questo arretramento prevale sempre più il ragionamento : “io penso SOLO x me”…

  36. Luciano Pontiroli

    I Reti erano insediati nell’alta Valle dell’Adige e in altre valli alpine.
    La Lombardia, mi pare, era abitata da altre popolazioni celtiche. Dire che i Lombardi attuali discendano dai legionari romani implica ritenere che questi fossero tanto numerosi da soverchiare gli originali abitatori dell’attuale Lombardia (che, guarda caso, prese il nome dai Longobardi).
    Perché non citare qualcuno dei “numerosi studi genetici”, così da permettere agli altri lettori di prenderne conoscenza?

  37. Caro Giannino
    ieri, osservando le (poche invero) bandiere tricolori esposte (più che altro quelle regalate dai quotidiani), mi facevo questa domanda: oggi festeggiamo in pompa magna (…) il 150° dell’Unità d’Italia, com’è che nessuno si è mai ricordato di festeggiare anche i 149 precedenti?
    Il sentimento di unione nazionale, la coesione di una comunità, il senso di appartenenza, la condivisione di valori e obiettivi, sono tutte cose che non si possono suscitare a comando, senza averli coltivati, diffusi, e alimentati con coerenti comportamenti e atteggiamenti.
    Se in Italia questa unità è poco o punto vissuta, come a me sembra, qualche ragione ci dovrà pur essere; 150 anni sembrano tanti, ma a paesi con una radicata identità nazionale sono serviti secoli (e non solo) per costruirla, svilupparla e mantenerla.

  38. Pietro Francesco

    Il nome della Regione “Lombardia” certamente deriva dal fatto che grosso modo quella attuale corrisponde al territorio amministrato dai Longobardi per qualche secolo, ma la denominazione fu l’unica impronta permanente insieme a qualche parola nel dialetto che essi lasciarono.
    Una prova empirica dell’omogeneità degli italiani è la diffusione del biondismo: ebbene, una percentuale rilevante di biondismo (sopra al 10-15%) è presente solo in Alto Adige ed in Valle d’Aosta, dove infatti almeno metà della popolazione ha origine austriaca e francese, mentre il dato è simile tra lombardia, piemonte campania e sicilia (http://it.wikipedia.org/wiki/File:BiasuttiMappa.png)
    Ad ogni modo, per chi volesse approfondire la genetica delle popolazioni e la storia genetica d’Europa e d’Italia, vi rimando alle numerose opere di Luigi Luca Cavalli Sforza ( http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Luca_Cavalli-Sforza) e ad altri approfondimenti che ho trovato on line (http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_genetica_dell%27Europa); (http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_genetica_dell%27Italia).
    Ribadisco comunque che il fattore genetico/etnico è il meno importante per definire un popolo (si pensi a tutti gli stati del continente americano e dell’ oceania, caratterizzati da una spiccata multietnicità eppure accomunati da valori comuni).
    La propaganda leghista del nord “celtico” è totalmente infondata dal punto di vista storico e scientifico. Le maggiori città del nord sono state fondate dai romani (mediolanum, augusta taurinorum) come anche molte città minori (augusta praetoria, dove si può ammirare il meraviglioso arco di augusto, ariminum, etc).
    Noi italiani siamo bravissimi ad autoaccusarci, a dire che la società è in declino, etc, ma siamo meno bravi a ricordare il nostro fulgido e glorioso passato e a riconoscere i nostri meriti attuali. La tendenza a dire “la società di oggi è in declino” è una costante di ogni epoca: pensate che già 4 secoli prima di Cristo un filosofo agrigentino di nome Empedocle disse in proposito che “il presente è sempre decadente”.
    Dobbiamo avere più fiducia e più speranza nel futuro della nostra amata Italia ed impegnarci per questo giorno per giorno, ciascuno nel proprio piccolo.

  39. Luciano Pontiroli

    Nel 1961 avevo 18 anni. Le celebrazioni di Italia 61 riempirono di orgoglio buona parte degli italiani. Quelli di adesso, in buona parte, sono schifati del fatto che si parli dell’Italia. Che pena!

  40. Luciano Pontiroli

    @Pietro Francesco
    “Il contributo romano all’omogeneizzazione delle popolazioni italiane non deve tuttavia essere enfatizzato oltre misura. Infatti come dimostrato dagli studi di Luigi Cavalli Sforza le varie aree dell’Italia presentanto un considerevole grado di differenziazione a dimostrazione che la composizione etnica delle varie popolazioni/regioni d’Italia rispecchia quella del periodo pre-romano, essendosi mantenuta praticamente inalterata dall’età del ferro.
    Inoltre notevoli differenze antropometriche (come ricordato da Cavalli Sforza) tra le popolazioni del nord, centro, sud e delle isole erano ancora molto evidenti negli studi condotti dagli antropologi fino al tardo XIX secolo d.C.”
    Riporto questo brano da Wikipedia, Storia genetica dell’Italia: anche tenendo presente il caveat preposto alla voce, è evidente che non v’è supporto per la tua tesi. Cfr. anche quanto scrivono Luca e Francesco Cavalli Sforza in “Chi siamo. La Storia della diversità umana”, A. Mondadori, 1993, p. 335 ss., sulla geografia genetica dell’Italia, dove si illustra in particolare l’influenza greca nell’Italia meridionale e quella celtica nell’Italia settentrionale che, a loro avviso, spiegherebbe le somiglianze genetiche tra i suoi abitanti e quelli della Francia centrale ed orientale, dell’Austria, della Germania meridionale e di parte dell’Inghilterra.
    Con questo non voglio dire che la tua convinzione circa l’omogeneità etnica degli italiani contemporanei sia ingiustificata, ma che le evidenze addotte sono fragili.

  41. Pietro Francesco

    Torno per l’ennesima volta ad affermare che un popolo si definisce tale prima di tutto per l’aspetto linguistico e culturale. Premesso ciò, è ovviamente molto interessante la discussione etnologica, specialmente per gli appassionati di storia. Per rispondere all’ultimo messaggio, dico che il virgolettato riportato non si riferisce al testo dello studioso, ma è un’ interpretazione molto semplificata fatta da wikipedia, e quindi da prendere con beneficio d’inventario. Peraltro nelle stesse opere del Cavalli Sforza sono presenti alcuni punti contraddittori, compatibili petraltro con l’evoluzione temporale del suo pensiero e delle scoperte scientifiche. Egli stesso afferma inoltre che gli studi sulla storia genetica delle popolazioni hanno necessariamente un elevato grado di approssimazione. Tuttavia, ciò non mi impedisce di affermare con certezza che un milanese medio o un bolognese medio sia molto più simile nel genotipo e nel fenotipo ad un romano medio che non ad un londinese medio o ad un parigino medio.
    E’, inoltre, molto interessante l’osservazione sulle differenze antropometriche, in particolare la diversa altezza tra le reclute del sud e quelle del centro-nord riscontrata in occasione della visita di leva per la costituzione del primo esercito del Regno d’Italia (l’altezza media dei militi del centro-nord era maggiore di circa 5/10 cm rispetto a quella dei militi del sud); ebbene, gli storici sono concordi sull’interpretazione di questo dato: la diversità si deve alla differenza nell’alimentazione degli abitanti del sud rispetto a quelli del nord (più ricca di cereali e verdure la prima, più ricca di carne e latticini la seconda).
    Circa l’influenza dei celti, dei greci et similes sugli italiani, non ho affermato che essa è assente, ma che è molto limitata; e lo è per le ragioni storiche cui ho accennato: nel caso dei Greci e dei punici è limitata poiché essi si limitavano a colonizzare le zone costiere senza addentrarsi minimamente nell’interno; nel caso dei celti e dei popoli preromani dell’ Italia settentrionale, è limitata poiché essi erano numericamente inferiori ai romani e fuggirono in maggioranza (nel momento dell ‘occupazione) al di là dell’arco alpino o vennero fatti schiavi.
    Altro discorso per quanto riguarda i popoli preromani della penisola italiana (apuli, umbri, volsci, sanniti, piceni, latini, etc): in tal caso, più che di popoli diversi, si dovrebbe più propriamente parlare di tribù o clan, che si caratterizzavano essenzialmente per occupare zone diverse della penisola e non per differente origine etnica.
    Discorso totalmente diverso va fatto per gli Etruschi, l’unico vero popolo (etnicamente, culturalmente e linguisticamente) diverso dagli antichi abitanti della penisola. Le origini di questo popolo sono tuttora oscure e le teorie sulle loro origini le più diverse; nonostante gli sforzi di molti storici, gli etruschi rimangono un popolo tuttora circondato da un alone di mistero indelebile. L’unica cosa certa su di loro è che occupavano grosso modo il territorio dell’ attuale Toscana e che furono assimilati gradualmente dai romani.
    In conclusione, vorrei porre in evidenza questo: ammesso e non concesso che nel momento dell’unificazione italiana da parte dei romani (avvenuta quasi esattamente duemila anni fa) vi fossero delle rilevanti differenze etniche nello spazio geografico che attualmente costituisce la Repubblica italiana; ammesso e non concesso ciò: non è forse ragionevole pensare che nell’arco temporale degli ultimi duemila anni la commistione ed il crogiuolo di quelle differenze abbia costituito un popolo abbastanza omogeneo?
    La difficile situazione economica del sud (contingente e non permanente) non può giustificare la mistificazione del passato strumentale ed utile a giustificare una presunta identità del nord diversa da quella del centro e del sud. Semmai dovrebbe spingerci tutti insieme ad impegnarci per risollevare il sud.
    Ultima riflessione: noi italiani (tutti, da bolzano a lampedusa)abbiamo una storia e una cultura che la maggior parte degli stati e dei popoli del mondo ci invidia; una storia quasi impareggiabile, affascinante, commovente, immensa. Pensate alla storia dell’impero romano: oggi metà degli stati europei parla una lingua che discende dal latino e il 50% delle parole inglesi deriva dal latino; pensate al Cristianesimo: ha il suo centro da due millenni a Roma (Gesù disse a Pietro:” Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”) e si è diffuso in tutto il mondo contribuendo non poco allo sviluppo spirituale dell’umanità.
    Mi chiedo: COME SI FA A NON ESSERE ORGOGLIOSI DI ESSERE ITALIANI?

  42. Luciano Pontiroli

    @Pietro Francesco
    Ho riportato uno stralcio da wikipedia e ricordato un lavoro di Cavalli Sforza perché tu avevi invocato quelle fonti a sostegno delle tue affermazioni.
    Non mi è chiaro cosa tu intenda dire a proposito dell’assoggettamento dei celti: forse che gli schiavi non si riproducevano?
    Il resto del tuo discorso si articola in due punti:
    1 – la commistione ed il crogiuolo delle differenze avrebbero creato un popolo abbastanza omogeneo, ma questa è un’ipotesi che dovrebbe essere approfondita in maniera scientifica, considerando anche l’ostacolo alla commistione rappresentato dalla suddivisione della popolazione in entità politiche diverse, per secoli, e anche dopo dalla scarsa evidenza di matrimoni tra settentrionali e meridionali (se non forse nel secondo dopoguerra, in seguito all’emigrazione di massa dal sud al nord;
    2 – che la maggior parte dei popoli del mondo invidi la nostra cultura è un’affermazione indimostrata e, credo, indimostrabile. Certo, è stata ed è tuttora importante, soprattutto per il contributo offerto alla cultura occidentale at large; le classi colte di molti altri paesi tuttora considerano importante conoscere la letteratura, l’arte e la musica italiana, visitare i suoi centri d’arte e le sue bellezze paesistiche (finché non le avremo distrutte) e magari acquistare i prodotti dell’industria italiana. Ma la nostra è una parte della cultura occidentale, non è la cultura leader nel mondo contemporaneo; in particolare, nella filosofia, nelle scienze della natura e nelle scienze umane andiamo a rimorchio di altri (abbiamo ottimi divulgatori, ma pochi innovatori).
    L’appello finale a risollevare tutti insieme il sud dimentica quanto si sia speso per l’intervento nel Mezzogiorno, e quanto miseri siano stati i risultati ottenuti. E’ ora che gli abitanti delle regioni meridionali assumano le loro responsabilità.

  43. Riccardo

    Si è messa in modo la macchina televisiva antilega. Qualcuno ha calcolato che la parola “Italia” viene citata con un incremento del 1100%. Come mai? Perchè questa improvvisa rinascita dell’amor patrio nel nuovo millennio?
    Per lo stesso motivo per cui il presidente Napolitano (degna persona.. s’intende) andava mesi fa a Bergamo o a Vicenza per “sgridare” un certo nord per la sua tiepidità ai festeggiamenti.
    Eppure è lo stesso nord che ogni anno con i suoi residui fiscali atttivi (non per molto) sorregge letteralmente la nazione intera e soprattutto le quattro regioni militarmente occupate dalle mafie che con il 28% della popolazione producono il 60% di tutti i residui fiscali passivi nazionali.
    Per una certa fascia di popolazione, l’operazione sta riuscendo, il cannoneggiamento mediatico sta avendo il risultato di non far più percepire l’istintivo imbarazzo che serpeggiava all’intonazione dell’inno di Mameli al di fuori dell’ambito calcistico; l’effetto aumenterà ancora per poi trovare un appiattimento davanti agli strati di popolazione meno suggestionabili.
    Ma i problemi sono ancora tutti lì.
    E’ più patriottico contenere l’incidenza dell’evasione al 20% e sbandierare poco il tricolore o fare grandi festeggiamenti e poi avere il sommerso al 80% come in Calabria?
    E’ più italiano cantare a memoria l’inno e quadruplicare il numero di invalidi civili o mostrarsi più freddi con Mameli e non rubare la pensione allo Stato?
    Domande retoriche ma neanche tanto.
    Perchè a ben guardare a noi che stiamo al nord e votiamo Lega, senza andare Pontida con le corna, senza dare addosso agli immigrati, senza essere condividere le sparate di Borghezio; a noi non frega un bel niente della Padania come Patria e siamo ancora pronti ad amarlo il nostro Sud. Siamo solo stanchi, troppo stanchi di pagare per assistere, di lavorare per qualcun’altro. Concedeteci questa stanchezza, perchè proprio non ne possiamo più.
    Una volta compreso che non si può spremere un territorio per più di tre generazioni senza che la quarta si ribelli, capito questo, non ci sono limiti all’amore che, nonostante tutto conserviamo per una delle terre più belle del mondo, il suditalia.

  44. Franco

    @Luciano.A dire il vero di questi fantomatici celti non c’è traccia a livello cromosomico(al più qualche goccia di sangue in Piemonte).Nel nord ovest erano stanziati i Liguri,che erano un’altra cosa.

  45. Massimo

    @Riccardo.Guardi che l’evasione e soprattutto l’elusione fiscale sono diffusi a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale.I principali responsabili sono i lavoratori autonomi,come in Grecia.Per quato riguarda i festeggiamenti,è più patriottico contenere l’incidenza dell’evasione fiscale al 20% e sventolare molto il tricolore e cantare con gioia l’inno,così ci si sente più felici dentro, come del resto dimostrano gli studi della University of Illinois.

  46. Riccardo

    @Massimo
    Se ci conoscessimo glielo regalerei, mi limito al consigliarle “Il sacco del nord” di Luca Ricolfi, le sue opinioni riguardo alla macchia d’olio dell’elusione e evasione italiana cambieranno un pò.
    Riguardo alla responsabilità dell’evasione agli autonomi, devo convenire ovviamente ma vorrei non dimenticasse che il 75% di chi lavora in proprio era un lavoratore dipendente; come la mettiamo?
    Evidentemente chi può, evade.
    Forse esiste un motivo strutturale all’alta evasione italiana, forse ha a che fare con i 144.000 dipendenti della regione sicilia, o forse con l’incidenza del sommerso nelle quattro regioni ad alto tasso di malavita.
    Personalmente sventolare una bandiera che simbolegga la mia personale oppressione fiscale mi rende depresso. Ma rispetto la felicità altrui. Mi dispiace un pò doverla finanziare, preferirei che chi vuole festeggiare non lo facesse anche a mie spese.

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