Lo sciopero revocato dei benzinai: una buona notizia?
Potevano essere tre giorni molto difficili per gli automobilisti italiani, ma lo sciopero dei benzinai è rientrato all’ultimo momento. Non è detto sia una buona notizia, però. Il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia è riuscito a convincere le maggiori con federazioni dei distributori di carburante a trattare e di non chiudere gli impianti.
La riforma “Saglia” parte da una costatazione che è impossibile da confutare: in Italia ci sono troppi benzinai e quelli che ci sono, hanno una diffusione del self-service troppo limitata. In Italia sono presenti 22 mila distributori e solo 10 mila hanno il self-service. Solo a titolo d’esempio, nel Regno Unito, ci sono in totale 10 mila impianti, ognuno dei quali eroga due volte e mezzo il quantitativo di benzina e gasolio italiano.
Partendo da questo punto il Governo, orfano da troppo tempo del Ministro dello Sviluppo Economico e delle Attività Produttive, ha deciso di porre in atto una riforma che porti ad una diminuzione del 30 per cento del numero dei benzinai e ad un incremento del self-service fino all’80 per cento dei distributori.
Questi obiettivi erano stati concordati dall’ex Ministro Scajola e dalle associazioni dei distributori lo scorso aprile e tale “riforma” era stata accettata grazie alla messa in campo d’importanti incentivi governativi.
Si prevedeva nel provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico l’introduzione del prezzo massimo settimanale, tramite il quale i gestori non potevano aumentare per una settimana il prezzo del carburante, una volta fissato. In questo modo si riduce solo la flessibilità e molto probabilmente questa perdita di capacità di modificazione dei prezzi causa degli aumenti nel medio periodo.
Questa riforma mancava in realtá di un forte spinta liberalizzatrice. In Italia, al contrario di altri paesi Europei, non si è sviluppata la vendita di prodotti non-oil. Questa limitazione è dovuta a leggi che di fatto bloccano la vendita di tutti quei prodotti al di fuori del “mondo auto”. È possibile oggi comprare il ricambio dell’olio dal benzinaio, ma non è possibile trovare un giornale o degli snack.
Questa chiusura deriva dal fatto che in Italia ogni categoria è gelosa del proprio “piccolo mercato” in monopolio e non vuole aprire alla concorrenza. I giornalai non vogliono che i quotidiani siano venduti dai benzinai, i benzinai non vogliono che la benzina e il gasolio siano venduti dai centri commerciali e via dicendo. Così facendo, l’Italia si ritrova bloccata a causa delle piccole posizioni di rendita di monopolio delle diverse categorie.
Questa mancata liberalizzazione della riforma dello scorso aprile era tuttavia “messa in pericolo” dalla legge sulla concorrenza. Se questo provvedimento passasse, ci sarebbe finalmente una spinta liberalizzatrice nel settore della vendita dei carburanti e verrebbe meno quello status quo che tanto va bene a tutte le categorie italiane.
Questa paura è alla base dello sciopero dei benzinai, ai quali va benissimo una riforma nella quale si mette un prezzo massimo inutile e si ricevono sussidi per la chiusura degli impianti (saranno davvero efficaci?). Alla categoria invece non va bene una vera liberalizzazione e per questo motivo era stato convocato lo sciopero di tre giorni che avrebbe bloccato l’Italia.
Solo tramite una vera apertura del mercato dei carburanti, verso una distribuzione libera (centri commerciali compresi) e un ampliamento della gamma dei prodotti venduti (non-oil) si potrebbero abbassare i prezzi nella distribuzione dei carburanti.
Il fatto che lo sciopero sia stato revocato, significa che probabilmente il Governo ha fatto un passo indietro e non ha trovato il coraggio di prendere quelle misure necessarie per liberalizzare il settore.
Non sempre il fatto che sia stato revocato uno sciopero porta con sé una buona notizia.
Se va avanti cosi’ con l’editoria elettronica, fra un po’ i giornalai faranno una brutta fine senza che ci siano interventi governativi, benzinai o alieni che sottraggono il loro lavoro.
La gente dovrebbe svegliarsi e cominciare a capire che se a 18 anni uno fa un lavoro non esiste nessun diritto divino, naturale o legislativo che gli mantenga il medesimo lavoro finche’ lascia questa valle di lacrime.
Credo che le i abbia centrato il problema. I governi si succedono ma la volontà e il coraggio di liberalizzare settori dell’economia è assolutamente assente. Questo dimostra la mancanza di una politica economica, l’incapacità di prendere decisioni coraggiose, mantenendo settori nevralgici della nostra economia imprigionati nelle logiche non certo liberali e assolutamente antitetiche al libero mercato.
E’ davvero stupefacente che di questo argomento non se ne sia parlato sufficientemente, come se la revoca dello sciopero fosse stato un mancato pericolo, tralasciando colpevolemente tutta la complessità del problema. Mi vengono in mente le affermazioni di un dirigente di una catena di supermerati che ha voluto aprire il servizio di distribuzione dei carburanti e ha dovuto aspettare tre anni per ottenere l’autorizzazione. La cosa ancora più stupefacente è l’assoluto disinteresse che i cittaini dimostranoper questo problema che può essere considerato esemplificativo del nostro mercato.
In Italia si torna indietro perchè anche una manciata di voti di una lobby poco potente è vitale, perchè culturalmente la maggior parte degli italiani sono liberisti con il culo degli altri, perchè culturalmente viviamo alla giornata e non abbiamo cultura di organizzazione ed efficienza.
Abbiamo ancora un paese in mano dei tassisti, ma dove vogliamo andare ?