22
Lug
2010

L’Italia “riti e miti” non ha il passo di Marchionne

L’Italia stenta a reggere il passo di Sergio Marchionne. E non ne ha ancora capito davvero e fino i fondo intendimenti strategici, decisione tattica, modalità di lavoro e tempi serrati: le quattro categorie fondamentali che compongono il diamante del successo del manager che dal quasi fallimento ha portato Fiat in cinque anni prima al ritorno all’utile e poi, nella crisi mondiale del settore, ad agganciare il treno americano con Chrysler per candidarsi insieme ad un ruolo di primo piano del consolidamento mondiale. E’ questo persistente non aver preso le misure con gli scenari che pure Marchionne descrive apertamente, a spiegare le reazioni che ieri si sono prodotte alla decisione annunciata dal manager ad Auburn Hills, contestualmente alla scissione tra Auto e Fiat industriale decisa ieri da John Elkann e dagli azionisti di controllo.

E’ un misto di incredulità e spaesamento, ad aver fatto dire a Roberto Calderoli  della Lega che “Fiat in Serbia non fa ridere”, a proposito della decisione di collocare a Kragijevac la produzione di due nuovi modelli di Lancia Musa e Fiat Idea sulla piattaforma della Punto Evo, nonché il nuovo monovolume Zero, o “LO” come era sin qui individuato il progetto. Immediate le reazioni più aspre della Fiom e della Cgil, ma anche del sindaco di Torino Chiamparino e della giunta regionale piemontese di centrodestra, perché è da Mirafiori che quelle produzioni migreranno. Ma anche il governo con Maurizio Sacconi è subito intervenuto chiedendo l’apertura di un tavolo immediato. La stessa richiesta del leader del Pd, Bersani.

Cerchiamo di inquadrare la strategia di Marchionne, prima di giudicarla. Lanciata la scissione e concentrati gli eredi Agnelli nella creazione di valore che essa determinerà nei settori separati delle macchine agricole, veicoli industriali e movimento terra, per l’Auto inizia il cammino che porterà entro due anni alla fusione con Chrysler, dove il 20% torinese acquisterà molto valore, visto che già la casa americana produce cassa, ma dovrà puntare all’ingresso o quanto meno ad una strategia alleanza con un nuovo partner, per evitare di subire il peso dell’azionariato pubblico e sindacale americano. Solo così, del resto, dai circa 4 milioni di veicoli ai quali si può pensare arrivi nel medio termine la somma di Fiat e Chrysler, potrà davvero giungere ai 6 sempre indicati da Marchionne: il che significa risolvere strategicamente il problema della presenza che ancora manca al gruppo, quella sul mercato cinese.

Per ragiungere questi obiettivi, Marchionne ha sempre detto che il problema più grave e irrisolto degli stabilimenti italiani era a Somigliano, dove Fiat infatti ha posto ai sindacati la sfida di una produttvità “alla polacca” per investire 700 milioni, e dove due lavoratori su tre anno risposto sì. Ma Marchionne è sempre stato sincero: ha sempre detto che il problema della produttività, e della certezza de ritmi produttivi al variare rapidissimo della domanda estera, riguarda tutti gli impianti italiani. Fiat non può permettersi di sbagliare mosse, e di sprecare le sue non eccessive munizioni finanziarie. Per questo Marchionne affronta anche il nodo di Mirafiori. Nella speranza che sindacati e politica, almeno a maggioranza, capiscano che la sfida mondiale si vince solo se si sa correre a passo di carica. Gli strumenti per questo obiettivo sono due. Ottenere il pieno delle condizioni più favorevoli i tutti  Paesi in cui Fiat è già insediata: per questo oggi si sceglie di rafforzare la produzione in Serbia, il Paese europeo più lontano dal reddito medio continentali tra quelli a Obiettivo uno delle politiche di coesione, dove la Bei e gli incentivi possono dunque assommare quasi 600 degli 800 milioni di euro necessari all’investimento. Il secondo obiettivo riguarda l’Italia: una nuova società dell’Auto non solo a fini di separazione finanziaria e di controllo rispetto alla vecchia holding, ma una vera newco al cui interno riassumere tutti i dipendenti che accettino le nuove condizioni di produttività, con un nuovo contratto.

Quest’ultimo punto, rispetto al rito e al mito del contratto unico dei metalmeccanici come riferimento obbligato dell’intero panorama delle relazioni industriali italiane, è tanto potenzialmente irritale, nuovo e ricco d’incognite da determinare il no immediato, a qualunque costo, di chi difende per storia e pregiudizio le vecchie modalità contrattuali come le uniche possibili. Ma desta anche estese e sin qui inconfessate preoccupazioni anche nell’intero spettro politico, a destra come  sinistra, nonché in tutto il panorama sindacale, anche in quelle organizzazioni, come Cisl e Uil, che a Somigliano si sono battute con energia e coraggio per il sì, mettendoci la faccia dei loro leader.

Sbaglierebbe la politica, se per condizionare Marchionne pensasse di addebitargli gli aiuti di Stato e gli incentivi pubblici che la “sua” Fiat attuale non prende più. Ed è un bene, dopo un secolo di protezionismo. Ma bisogna anche capire la politica e il sindacato meno ideologizzati, che sin qui hanno seguito Marchionne condividendone obiettivi e nuovi metodi ma che pure, di fronte ai nuovi sviluppi tanto inconsueti e di rottura per le abitudini italiane, chiedono di essere rassicurati che la nuova Fiat Auto non sia pronta ad alzare le tende e a lasciare sul serio l’Italia. Perché, in quel caso, sarebbero la Fiom e la sinistra ideologica che sin qui hanno detto sempre no, ad apparire vittoriose nel loro punto fermo di opporsi alle strategie di crescita internazionale delle imprese private, perché comunque significano meno lavoro in Italia.

Sarà questa, la mediazione che Marchionne e soprattutto John Elkann dovranno svolgere nelle prossime settimane. Perché la nuova Fiat, per quanto in gara per obiettivi impensabili in passato, ha troppo ancora bisogno del mercato italiano, per poterselo mettere contro. E’ anche pe questo che il Corriere della sera ha, di fatto, con il suo durissimo editoriale di Massimo Mucchetti, svolto la funzione che un tempo era dell’Unità: chiamare la politica a erigere un muro di contenimento contro la Fiat. Io sto con Marchionne, io che per decenni la Fiat la criticavao, quando tutti le leccavano le scarpe e anche le suole.

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32 Responses

  1. antonino marotta

    IL MERCATO HA LE SUE REGOLE NON SCRITTE.QUANDO SI VOGLIONO SCRIVERE LE REGOLE IL MERCATO SI TURBA;BISOGNA AVERE FIDUCIA NELL’AUTOREGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO E NON CERCARE AIUTI ESTERNI CHE SAREBBERO IL MALE ASSOLUTO

  2. dario

    in realtà in questo strano paese purtroppo quando qualcuno si muove con decisione è talmente tardi che è necessario adottare scelte nette di adesione o contrasto senza avere tempo e possibilità di organizzare, insieme a quella decisione, una vera azione di concerto e di sistema.
    Non sono d’accordo con il finale dell’articolo, questa azienda ha deciso di prendere una strada e di provare a portarsi dietro anche il mercato italiano, oppure e definitivamente, di internazionalizzarsi anche senza di questo. Si stanno attuando, da parte anche degli altri operatori, le premesse perchè si aprano spazi nuovi e ora difficilmente immaginabili. L’alternativa è la fine per mancanza di massa critica.

  3. Luca Salvarani

    Non ho capito bene una cosa: su 800 milioni 600 ce li mette la Bei?? Nel senso che 600 li PRESTA o li da a fondo perduto? Io credo che Fiat debba produrre dove meglio creda ma con i soldi suoi non con quelli degli altri! Finiti i regali pubblici in Italia la Fiat li va a prendere all’estero…

  4. dario

    @Luca Salvarani
    quando i soldi creano lavoro e si fanno, pertanto, fruttare, creano altra ricchezza che a quell’investimento è originariamente legata.
    Questo fenomeno viene chiamato in economia, creazione di economie esterne, cioè nuove economie create da quell’investimento iniziale.
    In questo modo si possono creare le premesse per innescare lo sviluppo di un sistema produttivo che magari è attualmente depresso.
    Ecco lo scopo che dovrebbe essere dei finanziamenti pubblici che possono poi essere ripagati ampiamente grazie a quella creazione di ricchezza.
    Se si intascano i denari e si costruiscono cattedrali nel deserto o finti insediamenti industriali quei finanziamenti diventano, invece,………regali e da qualche parte si viene anche perseguiti penalmente.
    Perchè si deve pensare che il denaro puzzi per forza e sempre? a volte può essere anche ben usato.

  5. Francesco Zanardi

    @dario
    In questo caso specifico non è Marchionne ad essersi mosso in ritardo, è il carrozzone della politica e dei sindacati ad avere tempi di reazione da bradipo in un mondo che viaggia sempre più vorticosamente.
    Ho diretto per 10 anni una piccola impresa con 40 dipendenti e so per esperienza cosa significa dover manovrare il timone giorno per giorno, ora per ora.
    Dopo quello che è successo a Pomigliano davvero Politici e Sindacati non si aspettavano questa “mossa”? Secondo me è la più naturale, quasi l’unica delle azioni possibili in questo contesto.

  6. dave

    La questione secondo me e’ molto semplice: gli stipendiati Fiat di Mirafiori non hanno assolutamente voglia di lavorare, mentre gli aspiranti lavoratori di Kragujevac (Serbia) invece si’.

    Cosa c’e’ di strano se le fabbriche si spostano nei Balcani?
    Ma poi, e’ piu’ di sinistra mantenere privilegi e stipendi per una banda di nullafacenti torinesi oppure dare l’opportunita’ a dei poveri serbi d’uscire dalla poverta’ lavorando?

  7. dario

    @Francesco Zanardi
    vorrei solo ricordare che qualche anno fa, stavano per chiudere. Poi santo Marchionne…….e c’è stato il miracolo. In questo paese non è mai esistita una pianificazione industriale che vedesse coinvolti tutti gli attori. Ognuno va per conto suo o quasi.

  8. armando

    dopo 50 anni la fiat e diretta da un imprenditore
    spero che oltre a riorganizzarla riesca a produre auto che reggano
    la concorrenza

  9. azimut72

    C’è qualcosa che non mi convince…
    Non do colpa a Marchionne perchè fa il suo mestiere seguendo i principi per ora vincenti della globalizzazione però è bene che qualcuno faccia un discorso un po’ più di principio.

    Qual è il bene più prezioso richiesto da un cittadino?
    La sicurezza (altrimenti non me ne fregherebbe niente di rispettare le leggi e pagare le tasse). Un bene più prezioso anche del “sistema sociale”. Anzi…è il vero “patto sociale”.

    Qui abbiamo una Corporate che, alla fin fine, si sta liberando dell’Italia perchè si pensa di poter fare a meno di certi argomenti e immolarli all’altare della globalizzazione (ripeto, Fiat fa il suo lavoro e non è sola in questo).

    Capisco che ormai non conti più nulla…ma in questo caso specifico vorrei ricordare che l’Italia ha fatto la guerra alla Serbia solo qualche anno fa proprio per garantire la sicurezza dei propri confini. E qualcuno c’è morto…proprio mentre si davano i sussidi al mercato italiano dell’auto.
    Non conta più nulla?

    Bene. Da parte mia però eviterò il marco Fiat…tanto è uguale, no? (mi vien da ridere quando penso a mio padre affezzionatissimo alla sua 124…)

    Sottolineo che quanto sopra non contraddice coloro che dicono che il sistema Italia è malato. Ma vorrei altresì ricordare una cosina…questo sistema ha garantito oltre 50 anni di prosperità e fatto diventare l’Italia una delle potenze economiche mondiali. Adesso che va male che si fa…si abbandona la nave?

    In sostanza, a me sembra che questa della Fiat sia l’ennesima storia della Globalizzazione forzata che prescinde dai principi di democrazia e sicurezza. La Cina è l’esempio più importante.

    Ma che faremmo se le nostre Aziende venissero espropriate/danneggiate dal Paese ospitante? Faremmo la guerra perchè non si sono rispettate le regole del libero mercato? facciamo morire qualche ragazzo perchè c’è stato l’esproprio? oppure, peggio, se la Serbia ci ostacola da qualche parte del mondo stiamo zitti e buoni perchè altrimenti ci chiude la fabbrica della Fiat?

  10. antonio ferrari

    FIAT è libera di costruire le auto dove vuole ed il consumatore italiano sarà altrettanto libero di acquistare l’auto che desidera (coreana se guarda al prezzo, tedesca se punta sulla qualità). Forse Marpionne non ha considerato tutti gli effetti delle sue decisioni: non può pensare che gli italiani continueranno a comprare FIAT come ieri solo perchè da qualche parte gli hanno incollato uno scudetto tricolore.

  11. Giorgio Tosolini

    Questo articolo è certamente condivisibile in quanto evidenzia una realtà inconfutabile, per quanti per varie ragioni hanno modo di lavorare all’estero e/o si trovano a gestire aziende che devono competere nel mercato globalizzato.
    Per quanto riguarda FIAT sembra che, seppur controvoglia, la nuova Panda sarà assemblata a Pomigliano mentre per altre nuove vetture la tendenza inesorabile è cercare posti migliori altrove.
    Ciò purtroppo non perchè Marchionne è cattivo, cinico o quant’altro ma per condizioni che sono talmente oggettive che di più non si può.
    In un contesto di competizione globale, non si può pensare che sul lavoro vero, cioè quello che realizza beni reali da usare o consumare, possa pesare, ovvero che possa mantenere, tutta la pletora di poco o nulla facenti, tutti i prestatori di servizi inutili a migliorare il benessere sociale, tutti coloro che vivono di politica, tutti i “traderini” che vogliono guadagnarsi il pane senza tanta fatica, ecc.
    L’imprenditore avrebbe anche lui piacere di vivere in un mondo protetto da garanzie e sussidi. Per quelli impegnati nella competizione libera e magari globale non è così. Ogni giorno deve pensare a come sviluppare la propria azienda altrimenti questa muore.
    Marchionne fa questa parte, lavorando molto ma molto sodo per quanto ne so, mentre altri chiacchierano, si lamentano, protestano, manifestano e poi, di questi tempi, vanno a farsi un bagno.
    Il mercato globale con le attuali non regole non l’hanno voluto gli uomini come Marchionne ma altri. Fra questi altri ci sono molti di quelli che in questo momento inveiscono contro di lui e che vorrebbero botte piena e moglie ubriaca.
    Nell’economia reale non funziona così e se Marchionne riuscirà a completare il progetto che ha iniziato, facendo della FIAT un vero e temuto competitor nel settore dell’auto, bisognerà pensare a fargli un bel monumento.
    Aggiungo ancora:
    Quando si vuole o si deve lavorare sodo, ormai è meglio andare fuori da questo nostro, nonostante tutto, amato paese, purtroppo.
    Questa è un’amara constatazione ma terribilmente vera.

  12. gianpiero

    @armando: scusami, ma Marchionne non è un imprenditore, è un manager, dicono molto bravo, ma non è assolutamente un imprenditore nel senso che non ci mette i suoi soldi e non rischia di suo, almeno per ora, ma visto il lauto stipendio che percepisce non mi stupirei se domani diventasse un finanziere o un imprenditore in proprio, in fondo esempi illustri ne abbiamo piu di uno, vedi i vari Romiti, Debenedetti, Colanino, i furbetti del quartierino, etc … ed è proprio questo che spaventa, perchè dove passano questi grandi manager in genere non rimane granchè; però, in fondo, non è colpa loro, ma dell’assenza di regole che un Stato dovrebbe avere per tutelare la propria economia, la propria esistenza oltrechè garantire una pax sociale che francamente vedo sempre più in bilico.

    E pensare che basterebbero poche regole serie, una su tutte: rispetto dell’automia privata nell’erogazione di enormi premi in stock options ai propri manager, ma con il vincolo a 10 anni sulla negoziabilità dei medesimi … vuoi tanti soldi, va bene, li prenderai fra 10 anni e per prenderli sarai obbligato a ragionare e operare sul medio lungo termine e non sul brevissimo. Scommettiamo che ci saranno meno operazioni finanziarie (leggi acquisizioni e spinoff) e più investimenti per creare valore reale e duraturo ?!

    Per quanto riguarda la Serbia ho già detto la mia in altri post e l’ho detta con buon anticipo rispetto alle dichiarazioni di questi giorni; resto quindi del mio parere, qesta è una scelta già presa da tempo, che non poteva essere dichiarata, per evidenti ragioni di opportunità, se non dopo aver creato le condizioni per poter addossare le colpe a qualcun altro (leggi sindacati non allineati) …

    Ricordate la locuzione latino “Divide et Impera” ?! Ne abbiamo avuto una mirabile applicazione in questa vicenda.

    Probabilmente questa è anche l’unica scelta possibile, in fondo un operaio in Serbia costa complessivamente (tasse e contributi inclusi) 500€ e non ci vuole una laurea in economia per capire che in Italia, al momento, non è possibile produrre a costi concorrenziali.

    Ma nemmeno questa è una colpa dell’AD, il mondo va in una certa direzione e per competere devi giocare con quelle regole, semmai il problema va ricercato altrove, all’assenza di una politica industriale e post industriale, abbiamo perso il treno delle nuove tecnologia salvo rarissimi casi (STM); ad esempio avevamo una fabbrica convertita dalla meccanica all’elettronica che produceva ottimi calcolatori elettronici (ridordate il primo?! ELEA 9003), e poi personal computer, e stampanti, ma anche centri di lavoro a controllo numerico, insomma un’azienda in grado di concorrere con IBM, AT&T Texas Instruments e altri colossi internazionali. Non eravamo ancora nell’era di un PC in ogni casa, eppure un grande manager e la sua squadra decisero che il mercato non era redditizio, ed è inziato lo spinoff (o spezzatino) per creare valore (per loro stessi?!), morale della favola l’Olivetti, la Fabbrica modello, il sogno di Adriano, è stata smembrata e dispersa per sempre, migliaia di posti di lavoro bruciati.

    E sempre gli stessi manager hanno anticipato il mercato, si son spostati sulla telefonia, ci hanno provato almeno, ma nonostaste il ns. paese sia il più grande consumatore al mondo di telefonini, abbiamo preferito demandare ad altri la produzione, eppure a Ivrea ci avevano visto giusto e ci hanno anche provato, ma poi qualcuno ha preferito vendere tutto … forse proprio perchè al comando c’erano dei manager e non degli Imprenditori … e il cerchio si chiude.

    Speriamo di non dover passare attraverso un cerchio infuocato per sopravvivere … the show must go on.

  13. antonio

    Noto che mi è stato censurato un commento in cui affermavo che libero mercato vuol dire per il costruttore produrre dove è più conveniente ma anche per il consumatore comprare quello che più gli aggrada. E che forse Marchionne non ha tenuto conto che domani non basterà uno scudetto tricolore incollato da qualche parte per convincere i consumatori italiani a continuare a dare la loro preferenza alle auto FIAT.
    ps fino a ieri pensavo che la censura fosse roba da comunisti e non da liberisti

  14. armando

    @giampiero.chamarlo imprenditore e stato un lapsus
    condivido le tue considerazioni su marchionne e l operazione chrysler non mi e molto chiara
    quello che intendevo dire e che gli agnelli con la fiat si sono comportati
    come debenedetti e compagni

  15. dario

    Scusate il problema non è la fiat e le decisioni di Marchionne, ma il contesto di sistema in cui queste decisioni maturano e si cercano di attuare.
    Il sistema, o meglio il non sistema, è l’Italia dove una politica di programmazione industriale è sempre stata latitante.
    L’unica cosa del genere che mi viene in mente è la nazionalizzazione dell’Enel,ma solo perchè venne decisa dal parlamento di allora, perchè invece, lo stesso, “si dimenticò” di pianificare, inseme agli industriali, che cosa fare, per il vantaggio di tutti, di quelle disponibilità aggiuntive che il sistema produttivo aveva così messo a disposizione.
    …Forse quella doveva essere anche la ragione per provvedimento.

  16. pietro

    Scusate il problema è semplice fateci vivere con 500 euro al mese come in serbia in polonia in cina o inqualunque altro posto dove gli operai sono pagati così, e io saro felice di andare a lavorare per 500 euro al mese

  17. Tutto è precipitato con l’entrata della Cina. Ma chi ha obbligato il WT a questo? come si può far entrare in una cerchia di stati che hanno quasi tutti le stesse regole (più o meno) e che fanno commercio ad un certo livello di costi di lavoro e poi far partecipare uno stato dalle enormi potenzialità sottocosto senza garanzie sulla qualità di produzione e senza tenere conto della diversità di materiali di composizione con i quali forniscono il mercato? era evidente che non si poteva far concorrenza a questi livelli così bassi. Le speculazioni finanziarie poi hanno fatto il resto. La gente subisce la crisi e con i pochi soldi deve tenere i conti in regola sul filo del rasoio. Questo acuisce la domanda di prodotti anche di infima qualità ma di eguale costo. E così il cane si morde la coda. Non c’è domanda interna. I prodotti italiani vanno all’estero per le medesime ragioni e ciò umilia l’eventuale possibile ripresa che avrebbe potuto farsi strada qualora queste condizioni non ci fossero state. Non si capisce perchè il governo che dovrebbe appunto governare il paese si getta nella mischia di litigi politici con trovate del 10% di tagli sui loro stipendi, (ridicolo), invece che stimolare la crescita con abbassamenti di imposte o altro, (esempio: pagare 350€ circa per un’auto usata di 3000€ incide più del 10% sul costo, chi glielo fa fare ad acquistare dell’usato? allora si preferisce magari comprare un’auto nuova a 15mila € che incide molto meno). Volete che la gente richieda fatture e scontrini?? fate in modo che sia motivata: i costi si scarichino sulle tasse. Volete che la gente paghi le tasse?? imponete delle sanzioni terribili in caso si trovasse un evasore e poi chiedetevi, (se le tasse fossero ridicole), se qualcuno rischierebbe multe astronomiche per non pagare una cretinata. Le tasse?? ma quali tasse? siamo tassati su ciò che compriamo, su ciò che guadagnamo e poi ci impongono l’iva sulle tasse. Si va in pensione e si paga le tasse sulla pensione! Ridicolo ed incredibile: si lavora una vita per poter andare in pensione, si versano premi ad un Ente fine a sè stesso, premi che pagati a compagnie private con gli stessi costi ci darebbero pensioni assolutamente favorevoli e di ben altre cifre e poi una volta in pensione dobbiamo pagare tasse anche sulla pensione! Ma arrivati alla soglia della “tranquillità” del nostro resto di vita, non più produttivi si dovrebbe pensare a noi stessi come persone che finalmente possono essere sereni dopo una vita di affanni. troppo semplice: chi ha avuto la fortuna di fare, che sò, il Presidente di Cassazione, o il Generale di carriera, ecc. o altra professione dove si ha avuto il “merito” e sopratutto la fortuna di poterlo fare e quindi di avere stipendi, possibilità di ulteriori entrate, legami commerciali e/o finanziari, insomma economici che aprono porte a cui i normali cittadini non hanno accesso, bene, dicevo, chi ha avuto questa possibilità, (non possiamo fare tutti i generali), ha già potuto mettere via tutto quello di cui hanno bisogno, in termini di denaro e immobili, senza contare la loro generosa pensione. Ma una volta che si è in pensione si dovrebbe entrare in una fase diversa da quella in cui si è stati. E’ la fase del godimento dei frutti dei propri sforzi e fatiche. Una volta in pensione ci accorgiamo che abbiamo tutti uno stomaco. Lo stomaco è lo stesso per tutti. Tutti mangiamo a pranzo e a cena. Una volta che si percepisce una pensione dignitosa perchè prendere di più se abbiamo avuto gran parte della vita che ci ha dato la possibilità di mettere da parte di più degli altri? Quando con la posizione di cui hai goduto sei riuscito acomprare la tua casa, magari anche per i tuoi figli, magari anche la tua terza casa, in montagna e al mare, e percepisci una buona pensione, di cos’altro hai ancora bisogno?? e dunque finchè ragioneremo solo in un verso e direzione unica (noi stessi), non potremo fare passi avanti. Questa politica è superata da un pezzo e nessuno se ne accorge tanto è preso dal suo quartierino.

  18. Caber

    @ gianpiero
    imprenditore è il massimo decisore aziendale, colui che effettivamente fa impresa e decide dove allocare le risorse.

    chi “ci mette i soldi” è un finanziatore, un azionista, una banca. ma questo non fa di lui un imprenditore.

    in italia i due ruoli spesso coincidono, come è tipico delle PMI, ma non è una regola generale

  19. gianpiero

    @caber: si hai ragione, nell’accezione moderna del termine, purtroppo le due figure non coincidono piu, e ribadisco il putroppo in virtù di quello che ho scritto. Chi non rischia di suo, non sente la responsabilità la responsabilità sociale che la figura dell’imprenditore riveste, ma forse sono io che ho una visione romantica e decisamente superata di un modo di fare impresa che non esiste più … e quindi via, tutti a kragujevac ad aprire imprese, ristoranti, hotel, bar, per almeno 10 anni zona franca, soldi a gogo, e tasse pari a niente …poi quando sarà finita la festa arriverà un’altra kragujevac da sfruttare ed un altro governo pronto a finanziare una nuova delocalizzazione … già, ma non era il manager che voleva affrancare l’azienda dal giogo della politica?!

  20. Pastore Sardo

    @gianpiero
    E pensare che basterebbero poche regole serie, una su tutte: rispetto dell’automia privata nell’erogazione di enormi premi in stock options ai propri manager, ma con il vincolo a 10 anni sulla negoziabilità dei medesimi … vuoi tanti soldi, va bene, li prenderai fra 10 anni e per prenderli sarai obbligato a ragionare e operare sul medio lungo termine e non sul brevissimo. Scommettiamo che ci saranno meno operazioni finanziarie (leggi acquisizioni e spinoff) e più investimenti per creare valore reale e duraturo ?!

    Sull’articolo “La Finanza2 non è astratta”, ho fatto un commento analogo, a voglia a parlare di mercato o fare grandi teorie su chi investe soldi o sui manager.
    Quando non ci sono delle semplici regole o queste non vengono applicate uniformemente alla fine vince la solita pratica della speculazione e sfruttamento ai danni di chi non è tutelato.

  21. gianpiero

    … butto li un’altra idea per una leggina semplice semplice: pagamenti obbligatori per tutti a 60gg (come in germania credo), salvo MIGLIOR accordo fra le parti (meno di 60gg) … magari le banche potrebbero storcere il naso, ecchissenefrega.

    Questa semplice regoletta oltre tutelare le PMI, ridarebbe fiato all’economia, aumentando di fatto la massa circolante, con buona pace dei monetaristi.

    La pratica dello sconto fatture tornerebbe ad avere un ruolo fondamentale nel creare capitali a brevissimo da investire e non quello di poter pagare fornitori e stipendi generando il pericoloso gap tra uscite ed incassi che sta alla base della mostruosa crisi di liquidità in cui versano le PMI costrette, da un sistema distorto e non regolamentato, a far da banca alle grandi imprese e alla P.A.

  22. armando

    @giampiero il problema non sono i termini di pagamento ma il fatto che la giustizia italiana offre mille scappatoie a chi non paga affatto

  23. gianpiero

    @armando: certo, ma rendere effettivi i termini di pagamento presuppone un sistema legislativo/giudiziario che funzioni e non offra a nessuno alcuna scappatoia.

    In un paese civile i contratti devono essere rispettati, la giustizia efficiente ed efficace, la classe dirigente onesta e rispettabile, la corruzione al minimo fisiologico … ok, ok … dove sono il cappellaio matto e il bianconoglio ?!?!

  24. armando

    @gianpiero l italia e un paese ingovernabile sia per la struttura della costituzione sia per il fatto che chiunque proponga modifiche grandi o piccole basate sulla realta o sul buon senso viene soffocato dalle persone che ne vengono toccate
    marchionne sta cercando di farlo anche se mosso dal suo interesse

  25. merlino

    qualcuno potrebbe avvisare il signor Marchionne che la Volkswagen in Europa vende molto di piu di Fiat, nonostante il suo costo del lavoro sia del 40% (quaranta!) piu alto che in Fiat? e che VW ha il primato mondiale di vendite in Cina, su cui punta (9 stabilimenti) e dove invece Fiat è pressoche inesistente. Beato lui che si puo permettere di snobbare 1 miliardo di potenziali consumatori…

    Ma, forse, gli garberebbe avere una produttività a livelli teutonici con stipendi da Serbia e COSPICUI incentivi alla rottamazione italiana (of course!). bello fare il liberista con i soldi dello stato, qui come negli States. faccio notare che senza rottamazione le vendite Fiat sono crollate del 26%. in serbia per 10 anni non paga tasse e la Serbia ha accordi commerciali favorevoli con l unione sovietica (4 gatti rispetto alla Cina).

    il futuro dirà se puntare al ribasso sulla Serbia è meglio che puntare sulla Cina e sulla qualità…
    auguri Fiat!”

  26. merlino

    PS:
    operaio Volkwagen guadagna 2.500 euro netti e lavora 28 ore la settimana.
    operaio Pomigliano SE arriva a 1.500 euro con 40 ore è un miracolato…
    (il Vs è un eccellente giornale si contraddistingue per non essere schierato, ma perche queste cose non le scrivete MAI?? dai giornali sembra che quelli di Pomigliano siano un circolo di snob che vuole troppo,,,,)

  27. merlino

    @antonino marotta
    ancora con sta favola del mercato che si autoregolamenta?
    …le maxi coperture di perdite da parte dei governi (soldi pubblici) per le banche (MILIARDI di dollari)? cosa sono???

  28. merlino

    @Max James Blair
    mi piacerebbe sapere, a proposito di pensioni private piu favorevoli di quelle GARANTITE dallp stato, che ne pensano i pensionati delle varie Enron (con pensione pari a ZERO). tu che ne pensi?

  29. merlino

    @Giorgio Tosolini
    si, sta a vedere che adesso Marchionne è una vittima della globalizzazione (con 8 MILIONI di euro all anno).
    per favore, un po di onesta intellettuale in piu non guasterebbe,,,,

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