L’illusione ottica
L’Italia paese sano? Non scherziamo: a volte, leggere male i dati può causare gravi fraintendimenti. Sul sito del Wall Street Journal è disponibile una bella e documentata mappa interattiva sui paesi dell’eurozona, nella quale il nostro paese è classificato come “a medio rischio”, mentre figurano “ad alto rischio” nazioni spesso indicate come modelli – quali la Spagna e l’Irlanda. Dove sta il trucco?
Il trucco, semplicemente, non c’è. Tutto dipende da che tipo di coordinate si adottano. Se si sceglie un sistema di coordinate relativo – come ha fatto il Wsj sulla scorta della Commissione europea – allora è vero: il nostro paese se la cava abbastanza bene. Ciò vale se ci si concentra sul cambiamento che i principali indicatori macroeconomici e di finanza pubblica hanno avuto dall’inizio della crisi a oggi. Come scrive il Wsj,
l’elevato debito pubblico esistente, al 105 per cento del Pil, ha impedito al governo di imbarcarsi in qualsiasi stimolo fiscale significativo durante la recessione.
Abbiamo, cioè, fatto di necessità virtù. Questo non ci ha impedito, a causa delle enormi rigidità della nostra spesa pubblica, di avviarci su un sentiero preoccupante di aumento delle dimensioni relative del debito rispetto al Pil, che veleggiano verso il 120 per cento (contro una media dell’eurozona pre-crisi attorno al 60 per cento, come da vincoli del Patto di stabilità, e tende al 90 per cento). La crescita del prodotto interno lordo, che nel 2009 ha performato peggio della media dell’eurozona, nel prossimo paio d’anni sarà modesta e pari o inferiore a quella dell’area dell’euro, secondo le previsioni. Abbiamo avuto risultati migliori rispetto a due soli indicatori: la disoccupazione e il deficit pubblico. Sulla prima, non è chiaro quanto abbia influito l’ampia estensione dell’economia sommersa (che pure non è necessariamente sempre e solo un male). Quanto al deficit, ci troviamo – rispetto al resto d’Europa – in una situazione ambigua: la crescita del deficit italiano è stata più moderata, ma partiva da un livello pre-crisi più preoccupante. Si può quindi dire che gran parte del nostro deficit sia strutturale, mentre gran parte del deficit altrui sia congiunturale. Se saranno adottate politiche di rientro dagli stimoli efficaci, il deficit degli altri si ridurrà rapidamente ai livelli pre-crisi: il nostro, resterà pressappoco dov’è.
Per capire la differenza, guardiamo a Madrid. Sicuramente la crisi ha avuto un impatto devastante: il rapporto debito/Pil quasi raddoppia (ma resta sotto l’80 per cento), mentre il deficit arriva, nel 2009, a un tremendo 10 per cento del Pil. La disoccupazione tende verso la quota stellare del 20 per cento, mentre la crescita del Pil – che nel 2009 è sceso meno di quello italiano – ricupererà molto lentamente. Questo non fa della Spagna un paese peggiore dell’Italia. Il governo di Zapatero si è impegnato a riportare il deficit entro la soglia del 3 per cento del Pil da qui al 2013. Non sappiamo se ci riuscirà. Se lo farà, è probabile che la Spagna torni, in un periodo di tempo relativamente breve, a brillare come caso-scuola in Europa. Altrimenti, potrebbe avviarsi su un sentiero italiano, di deficit incontenibile, debito crescente e, come risultato, alta tassazione e bassa crescita. E’ però importante sottolineare che l’Italia non sta meglio della Spagna, semplicemente perché l’Italia è uno dei possibili futuri – ma non l’unico – per gli spagnoli. Se riusciranno a rimediare agli errori compiuti negli ultimi due anni, si salveranno, mentre noi continueremo a barcamenarci.
E’ vero, dunque, che nel frangente della crisi l’Italia se l’è cavata: nel senso che ha perso meno, avendo meno da perdere. Si è impoverita meno, essendo più povera. In termini relativi, possiamo compiacerci di essere molto fighi. In termini assoluti, restiamo il malato d’Europa.
Spero sarò perdonato ma questo è un post che non mi piace, per vari motivi.
Il primo riguarda la lettura degli indicatori. Chi sa di management, sa anche che gli indicatori non danno la visione della realtà ma danno “la migliore visione possibile della realtà secondo la vision dell’azienda”.
L’azienda Europa ha indicato alcuni parametri guida e su quelli bisogna basarci…non su altri. E su quelli, l’Italia, al momento, se la cava meglio di altri (piaccia o non piaccia).
Per avere un quadro completo della realtà si potrebbero aumentare gli indicatori; ma chi sa di management, sa anche che troppi indicatori equivalgono a nessun indicatore.
Per esempio, l’Italia è fortemente danneggiata dalla mancanza di un’indicatore sull’indebitamento privato; ok, ce ne facciamo una ragione….
Per esempio ancora, qualcuno potrebbe dire che la crescita del PIL è un valore poco veritiero se la crescita si basa sull’incremento dell’indebitamento e/o sulla bolla edilizia (Spagna???); ok, ce ne facciamo una ragione…
Altra cosa che non mi è piaciuta è quando si scrive “abbiamo fatto di necessità virtù”. Come sta dimostrando la Grecia, non era affatto detto che l’Italia avrebbe stretto la cinghia. Di questo, probabilmente, il merito maggiore ce l’ha Tremonti; ma noi lo stiamo facendo, altri devono dimostrarlo (ottima per esempio l’Irlanda).
Potrei continuare.
Beninteso, non voglio dire che l’Italia è migliore degli altri…anzi…ha dei grossi problemi, il debito in primis.
Però non possiamo neanche vedere le cose sempre e comunque in negativo.
Se lo dovessimo fare a livello globale, beh…allora scopriremmo cose molto interessanti.
Per esempio, il Paese del wsj (ovvero gli STATI UNITI D’AMERICA) possono essere tecnicamente considerati solventi? (…la risposta è molto interessante, vero?)
E’ più solida la famiglia italiana o la famiglia tedesca? (anche qui risposta molto interessante, vero?)
La Cina ha ben investito o rischia di trovarsi in “cul de sac” di investimenti che non stanno in piedi da soli? ( altra risposta molto interessante….)
La realtà è complessa e nessun set di indicatori potrà mai definirla completamente.
Secondo me, e concludo, l’Italia non se l’è cavata affatto male fino ad adesso (poteva andare molto peggio). Se poi continuerà ad essere così…beh…l’argomento ci porterebbe troppo lontano.
azimut72
Azimut, forse non sono stato abbastanza chiaro su un punto: è ovvio che l’Italia (cioè Tremonti) si è comportata bene durante la crisi, relativamente agli altri. Ma non dobbiamo illuderci che i nostri problemi siano risolti: per così dire, abbiamo aggiunto relativamente poche distorsioni congiunturali, ma quelle strutturali erano e restano ben superiori agli altri (basta guardare lo stock di debito, infinitamente maggiore). In altre parole, se dovessi scegliere – sulla base di indicatori macro come quelli di cui stiamo parlando – se vivere in Italia o in Spagna, sceglierei la Spagna.
Ciao Carlo,
ottimo articolo!
Sulla Spagna ho un po’ di pessimismo. Hanno una disoccupazione al 19 per cento e l’anno prossimo salirà al 20 per cento. Il Governo Zapatero non riesce a trovare la forza di fare una riforma del mercato del lavoro seria.
Vi sono due tipologie di contratto, una molto flessibile e una estremamente rigida, che di fatto creano un mercato duale.
Hanno aumentato a dismisura i sussidi di disoccupazione (anche per questo il deficit supererà il 10 per cento del PIL) e molta gente preferisce stare a casa con il 90 per cento dell’ultimo stipendio, piuttosto che cercare un nuovo lavoro.
Credo che finchè non riusciranno a compiere una riforma importante del mercato del lavoro, rischieranno di vedere una situazione molto difficile.
Comunque scelgo anche io di vivere in Spagna
Vivere in Spagna, senza dubbio!
AUGURI DI BUON ANNO A TUTTI !
Trovo utilissimo il suo articolo come richiamo ad un ‘metodo’ di lettura dei dati. Qualcuno in sede di governo cerca di presentare all’opinione pubblica una lettura, diciamo più rosea. Lo si può perfino capire. Ma a condizione che la lettura sia poi adeguata e foriera di efficace operatività. E qui vengono i dolori.
Con l’occasione le auguro, insieme a tutti i collegh che animano il sito, un grande 2010
luigi zoppoli
Ho letto che qualcuno dice che la spagna ha una disoccupazione al 19%.
Perché l’Italia? Il dato ufficiale (8%) è chiaramente fasullo. In realtà l’italia ha il tasso d’inattività più alto d’Europa e uno dei tassi d’occupazione (57% se non ricordo male) più bassi.
Mentre il tasso d’occupazione è certo, il tasso di disoccupazione è manipolabile in base ai parametri di calcolo.
Vorrei inoltre ricordare che il salario medio italiano è circa del 33% inferiore rispetto al salario medio europeo. Questo dato la dice lunga sullo stato di salute del nostro patto sociale. Ma siccome ci dicono che dobbiamo essere ottimisti…quando non riusciremo più a far la spesa nella quarta settimana del mese forse ce ne renderemo conto…