L’IBL, Walt Disney e la salvezza del mondo
L’inizio del nuovo anno è forse il momento migliore per interrogarsi sull’efficacia degli sforzi compiuti, e l’utilità di quelli da compiere, nella direzione di una progressiva riduzione del peso dello Stato. Il nostro lavoro – nostro come IBL, ma nostro più in generale come persone che a vario titolo si riconoscono nella galassia “mercatista” – è servito ad affamare la bestia, o a far sì che si saziasse meno di quanto avrebbe fatto in nostra assenza, o almeno ad aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica che la bestia bestia è, e che quel mangia è cibo nostro? E cosa dobbiamo fare per aumentare questa consapevolezza nel futuro? Vorrei concentrarmi su questo secondo aspetto.
Lo spunto mi viene da una discussione piuttosto accesa sulla pagina Facebook dell’IBL, dove qualche nostro amico si è lamentato del fatto che abbiamo ripreso positivamente le parole di Giorgio Napolitano sul debito pubblico (qui il discorso integrale del capo dello Stato, qui il nostro commento). Ecco le parole “incriminate” di Napolitano:
Nelle condizioni dell’Europa e del mondo di oggi e di domani, non si danno certezze e nemmeno prospettive tranquillizzanti per le nuove generazioni se vacilla la nostra capacità individuale e collettiva di superare le prove che già ci incalzano. Tanto meno, ho detto, si può aspirare a certezze che siano garantite dallo Stato a prezzo del trascinarsi o dell’aggravarsi di un abnorme debito pubblico. Quel peso non possiamo lasciarlo sulle spalle delle generazioni future senza macchiarci di una vera e propria colpa storica e morale.Trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni ; e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare. Questo dovrebbe essere l’oggetto di un confronto serio, costruttivo, responsabile, tra le forze politiche e sociali, fuori dall’abituale frastuono e da ogni calcolo tattico.
Napolitano ha detto qualcosa su cui la maggior parte di noi si trova facilmente d’accordo. Anzi, ha detto qualcosa che per la maggior parte di noi è ovvio, e non da oggi. Quindi – hanno osservato i nostri critici – non c’è nulla da rallegrarsi; semmai, dovremmo indignarci perché solo oggi il capo dello Stato, dopo aver passato una lunga vita in politica, si rende conto che il nostro paese è afflitto da troppe tasse e troppe spese. Inoltre, nel suo intervento ha dato un colpo al cerchio e uno alla botte, indugiando sulla retorica facile della lotta all’evasione. Insomma: a ben guardare, nulla di nuovo e nulla che sia degno di nota.
Non sono d’accordo. In questo momento storico, la sostenibilità del debito pubblico è la questione italiana (e non solo italiana). In molti sensi, la lotta politica si gioca tutta qui: tra chi crede che il debito vada abbattuto e che ciò sia fattibile solo attraverso un drastico ridimensionamento della spesa, e tra quelli che invece pensano che il peso del debito possa essere contenuto attraverso incrementi del prelievo fiscale (pudicamente nascosti sotto la foglia di fico dell’evasione). Pur con tutte le cautele del caso, il capo dello Stato ha detto chiaramente che il debito è insostenibile perché la spesa è insostenibile. E, dicendolo, ha accreditato e legittimato posizioni in cui noi – ideologicamente, politicamente, culturalmente – ci riconosciamo, e facendolo ha reso un servizio alla nostra causa – la causa della libertà individuale e dell’antistatalismo.
Dopo di che, è vera e ovvia un’altra cosa: Napolitano non è un liberista, non è un antistatalista, non è un anarchico di mercato. E allora? Non possiamo pretendere, e sarebbe assurdo farlo, che ciascuno si adegui perfettamente e totalmente al paradigma libertario. Il nostro mestiere è semmai fare di tutto per convincere il più ampio numero di persone che il mercato funziona meglio della regolamentazione, le transazioni volontarie di quelle dettate dall’autorità pubblica. Il nostro mestiere è, insomma, avere un obiettivo chiaro in mente – il raggiungimento della libertà individuale – ma, contemporaneamente, distinguere il fine dai mezzi; distinguere l’obiettivo ultimo dai piccoli o grandi progressi (o passi indietro) che vengono compiuti. In questo senso, poter annoverare il capo dello Stato tra quelli che dicono qualcosa di (parzialmente) simile a ciò che diciamo noi è un argomento formidabile tanto di legittimazione, quanto di visibilità. Noi continueremo a essere “estremisti”, ma il baricentro si è mosso, magari in misura impercettibile, nella nostra direzione.
C’è un altro aspetto. Nella sua discussione sulle prospettive strategiche del libertarismo, Murray Rothbard mette in guardia contro le tentazioni gemelle dell’ “opportunismo di destra” e del “settarismo di sinistra”. L’opportunismo di destra consiste nel confondere il mezzo col fine: per esempio, ridurre l’intera nostra battaglia a una riduzione del 2 per cento delle imposte. Il settarismo di sinistra consiste invece nel negare che un progresso graduale sia un progresso: cioè che la riduzione del 2 per cento delle tasse non vada perseguita perché il 2 non è il 100 per cento. Le parole di Napolitano non sono la consacrazione della vittoria libertaria: i libertari sono ben lontani da qualunque cosa sia vagamente definibile come una vittoria. Ma sono un passo nella giusta direzione. E negare che le cose stiano così non è purismo innocuo: è un colpevole – secondo me – atteggiamento da “tanto peggio tanto meglio”. Se vogliamo rendere la società in cui viviamo una società libera, dobbiamo consapevolmente batterci per qualunque piccolo miglioramento, pur sapendo che quello che noi vogliamo è un miglioramento grande e radicale. Ma, come diceva Zio Paperone, i miliardi sono fatti di centesimi, e se scartiamo i centesimi perché valgono poco e offendono la nostra dignità, ci troveremo più poveri: senza miliardi e senza centesimi. O, se preferite, come recita quella splendida canzone dalla colonna sonora di Pomi d’ottone e manici di scopa (qui il testo integrale),
Watch the tiny totters inching up a hill
It may seems to you he’s merely standing still
Though the steps he takes are infinitely small
They’re a step in the right direction after all.
(Hat tip: Andrea Giovanni Stagnaro)
Vero, Carlo.
Però la giusta reazione alle parole di Napolitano è, appunto, questa tua di oggi: chiarire che si tratta di un piccolo passo nella direzione corretta, ma che l’obiettivo rimane lontanissimo.
Dunque, non approvare ma spronare ……
Proiettando Hayek oltre quello che ha scritto, credo poco nel gradualismo: meglio la doccia fredda!
Per questo la tentazione del “tanto peggio tanto meglio” l’ho provata spesso.
…comunque stavolta hai ragione tu!
il problema è che si parla come se fosse stato fatto un piccolo passo insufficiente…
in realtà si continua ad andare nella direzione opposta (più debito più spesa).
c’è solo un filo di coscienza in più del problema… ma passi fatti zero… anzi… meno uno..
@Lorenzo Imbasciati
Approvo. A mio avviso la soluzione del problema non verrà certo dai Napolitano, le cui idee e opinioni sono, rispetto alla progressiva globalizzazione dell’economia, come dire, ininfluenti. La soluzione verrà, obtorto collo, nonostante l’assoluta insipienza della classe politica italiana. Fallimento dell’Italia? Rivolta fiscale? Secessione? … Nessuno sa quale sarà l’accidente che farà precipitare la situazione.
Sicuramente però, a meno di un miracolo di cui per il momento non si scorge alcun segno, il riequilibrio non verrà da una riforma in senso autenticamente liberale dello Stato approvata grazie a una spontanea iniziativa presa dalla politica italiana.
Sarò cieco, ma non vedo alcun piccolo passo nella direzione corretta: nelle parole di Napolitano leggo solo la volontà di abbattere il debito pubblico e non quella di ridurre la spesa, nemmeno la corrente (sottoporla “alla più severa rassegna” significa evitare eventuali sprechi, non ridurla). L’abbattimento del debito deve, per Napolitano, giungere dal pagamento delle imposte “a qualunque livello le si voglia assestare” (ok il 99%?).
Onore alla coerenza e alla lucidità del presidente, da sempre statalista a tutto tondo: il problema è il debito pubblico, perché rischia di sovvertire l’attuale sistema a lui congeniale; e allora occorre risolverlo con l’aumento della pressione fiscale e la riduzione della libertà economica (della libertà tout court).
Perche’ gli italiani che hanno i mezzi non “rompono il banco” dello Stato insolvente in cambio di interventi legislativi strutturali che RIDUCANO DRASTICAMENTE LA SPESA CORRENTE, aspettiamo che lo facciano i tedeschi od i cinesi per diventare cosi’ loro debitori e schiavi ?
Investano i ricchi ed i potenti nel futuro del nostro Paese conferendo spontaneamente allo Stato una piccola parte della loro ricchezza per ridurre il DEBITO PUBBLICO dando un segno di fiducia e speranza nel futuro dell’Italia.
Invito ancora una volta chi volesse approfondire l’argomento a leggere il pamphlet
“Se Gesu’ fosse Tremonti…” sul blog:www.segesufossetremonti.blogspot.com.
Devo pero’ ammettere che dopo mesi di attesa non ho ancora ricevuto alcun messaggio o commento di supporto od incoraggiamento verso detta iniziativa, neppure da chi si dichiara liberista ed interessato al futuro del Paese.
Non basta parlare o scrivere, bisogna agire, anche sborsando quattrini, altrimenti lo faranno i tedeschi o peggio i cinesi ed allora sara’ finita.
Anton
oltre il discorso del Presidente e consapevole dell’insostenibilità del debito, vorrei porre una domanda partendo dalla solita immagine della coperta troppo corta: o ci si copre la testa o ci si coprono i piedi. come uscirne? usando la coperta per tappare lo spiffero, proprio quello spiffero che fa sorgere la necessità di coprirci.
Non esiste un approccio simile anche in questo caso? tra lo statalismo (aumentare la tassazione) e il liberismo (tagliare la spesa) non esiste una “terza via” che non sia una “mediazione” ma uno sguardo da un’altra angolazione?
Direi di sì: tagliare la spesa non a pioggia alla Tremonti, ma in modo da “potare” lo stato e tassare in modo da favorire i comportamenti “virtuosi”
Inoltre “agilizzare” la PA !!!
possiamo fare 4 conti al nosto (caro) napolitano ancora a spese dello stato quanto è costata la sua presenza al governo dall inizio ad ora ?OSCAR metti anche questo con orologio conta euro aspese dei cittadini grazie.