Liberalizzazione dei taxi. La torta e la mano invisibile del pasticcere
Su Forbes, qualche giorno fa, è stato pubblicato un articolo in cui è stato tradotto un estratto dal Corriere della Sera che riportava, in relazione a una recente segnalazione dell’Antitrust a governo e parlamento, la proposta dell’Istituto Bruno Leoni di liberalizzazione del trasporto taxi.La proposta, già depositata in parlamento nel 2006, è stata ripresentata lo scorso 21 dicembre dal deputato Gianni Vernetti (API) e si basa sull’aumento delle licenze in circolazione e sulla concessione di una nuova licenza gratuita ai tassisti già operanti nel mercato: un creativo e razionale compromesso tra la necessità e la giustizia incontrovertibile di aprire il mercato alla concorrenza e l’interesse altrettanto legittimo dei tassisti di continuare a gestire la loro licenza come un capitale.
Intanto, nel dibattito pubblico è stata posta la questione del “perché andare a disturbare i poveri tassisti, quando i settori da liberalizzare che contano di più sono altri come energia, ferrovie, poste, ecc.?”
Ma una cosa non esclude l’altra (e il decreto annunciato dal governo dovrebbe fare altrettanto) e se è vero che la liberalizzazione di alcuni settori strategici avrebbe un impatto più significativo, da ciò non segue che sia allora da rimandare o evitare quella del servizio taxi. E non è nemmeno vero che sarebbe un danno per i tassisti.
Dai commenti postati all’articolo comparso su Forbes si può risalire ad alcune differenze in termini di regolamentazione dei taxicabs negli Stati Uniti e sembrerebbe che alcune città americane, quanto a deregulation e quindi a prezzi e qualità del servizio di trasporto taxi, se la passino molto meglio di altre. È il caso, per esempio, di Phoenix, Arizona, dove la liberalizzazione ha portato a un apprezzabile calo dei prezzi, a un incremento dell’efficienza del servizio e, con qualche aggiustamento introdotto dall’amministrazione locale, anche alla garanzia della sicurezza. È una “open entry city” per i tassisti, i quali differenziano l’offerta del loro servizio per conto di agenzie o gestendone loro stessi una.
A New York, invece, la resistenza della categoria è così forte che nonostante le tariffe inaccessibili per molti abitanti e le risapute inefficienze in diverse zone della città, a danno specialmente dei ceti più poveri e dei disabili, ci sono circa 1100 licenze in meno in circolazione dal 1937 e in ottobre 2011 il prezzo di una medallion (la licenza dei tassisti neworkesi) è arrivato a 1 milione di dollari, una “pura posizione di rendita” secondo gli economisti americani.
La letteratura – che non è solo quantitativamente, ma qualitativamente (poiché in prevalenza economica) a favore della liberalizzazione – fornisce studi teorici ed empirici che dimostrano che la concorrenza creata dall’apertura del mercato:
- abbassa le tariffe;
- eleva la qualità del servizio (decoro, affidabilità, sicurezza, onestà);
- crea nuove nicchie di mercato più su misura per clienti con esigenze particolari, come i disabili;
- come conseguenza di 1, 2, 3 aumenta la domanda.
L’analisi di particolari casi, inoltre, mostra come sia falso che la liberalizzazione sia la causa di fenomeni di fallimento di mercato e sovrabbondanza – che è pur vero che in alcuni casi si sono verificati – e dimostra che il mercato trae beneficio non da “se” ma da “come” avviene la liberalizzazione.
Ritornando al caso italiano, il “Parlamentino” dei tassisti, che riunisce 19 sigle fra sindacati e cooperative del settore, ha indetto lo sciopero nazionale per il 23 gennaio.
È stato deciso di adottare una posizione di resistenza forzata e un atteggiamento acritico rifiutandosi di valutare come si procede a liberalizzare. Eppure, proprio la qualità della liberalizzazione proposta dall’Istituto Bruno Leoni creerebbe delle condizioni vantaggiose sia per i tassisti già sul mercato, sia per i consumatori.
Ricevere una seconda licenza, come viene proposto, per i tassisti che già ne possiedono una non solo sarebbe la compensazione della perdita di valore della prima licenza, ma aprirebbe anche alla possibilità di gestire la seconda come un capitale da investire: vendendolo oppure affittandolo, aumentando quindi il volume d’affari e, per i più propensi alla libera intrapresa, anche l’imprenditorialità della propria attività.
La preoccupazione principale può essere riassunta in una considerazione fatta da un tassista che, intervistato da Ballarò, si è espresso affermando che “la torta è sempre quella” e quindi dividerla ulteriormente non può che svantaggiare l’attuale categoria tassinara.
Ma se di torta si parla, allora il tassista sbaglia a considerarla come rappresentativa della scarsità di lavoro per i tassisti. Le risorse scarse – stabilite in numero fisso – sono le licenze, quindi i taxi, non i clienti. Al contrario, all’aumentare del numero dei taxi i prezzi scendono e aumentano anche i consumatori, che significa nuove fette di mercato, nuove fette di torta.
Dunque, la liberalizzazione non produrrebbe danni ma nuove opportunità: nuovi clienti per i tassisti, nuove possibilità di lavoro per i newcomers, servizio più efficiente e tariffe più basse per i consumatori, crescita economica nell’interesse collettivo grazie a un irrimandabile aumento di libertà economica (oggi L’Heritage Foundation ci ha informato che l’Italia è scesa al 92° dell’Index of Economic Freedom 2012).
Se, però, si inizia a dire che si sta andando “contro” i tassisti, che sono il “capro espiatorio delle liberalizzazioni” e che non fa la differenza come la farebbe intervenire su altri monopoli più importanti, si rischia il solito immobilismo del “prima quello, no prima quell’altro e ci sarebbe quell’altro ancora…”, si finisce allora che non si va da nessuna parte: è il caso di dirlo se si pensa a quando si attende un taxi in una giornata di pioggia o in altri casi frequenti di asimmetrie tra domanda e offerta.
A proposito, anche l’economia comportamentale fornisce argomenti a favore della liberalizzazione dei taxi. È stato condotto uno studio proprio sul comportamento economico dei tassisti di New York, che spiega perché nei giorni di maggiore domanda ci sia sistematicamente meno offerta di taxi. È stato osservato che i tassisti tendono a stabilire per ogni giornata un obiettivo di guadagno, raggiunto il quale terminano il servizio. Così capita che lavorano meno ore proprio nei giorni di maggior richiesta quando, infatti, riescono in meno tempo a raggiungere il loro obiettivo di guadagno quotidiano. Se si considera il calcolo economico, i tassisti dovrebbero calibrare lavoro e tempo libero in modo tale da lavorare di più quando il tasso di salario è più alto e consumare più tempo libero quando quest’ultimo “costa meno”, cioè quando il salario a cui si rinuncia è più basso, ma è risultato che avviene regolarmente il contrario.
La risposta dell’economia cognitiva è che gli individui, diversi dall’homo economicus, tendono a considerare la disutilità di una perdita maggiore dell’utilità di una vincita delle stesse dimensioni; è la Prospect Theory che è valsa a Daniel Kahneman, insieme a Vernon Smith, il Nobel per l’economia e per la quale il fallimento nel raggiungere l’obiettivo di guadagno della giornata è percepito da tassisti come una perdita da evitare lavorando più a lungo; mentre il superamento dell’obiettivo è percepito come una vincita, ottenuta la quale i tassisti sono meno incentivati a continuare il servizio.
La risposta della politica economica dovrebbe invece essere liberalizzare, perché la mano invisibile di Adam Smith del libero mercato, diversamente, non smette mai di lavorare.
1) Questa può andare bene come norma transitoria ma le licenze vanno ABOLITE! Non esiste al mondo che io non possa prendere un auto e trasportare una persona a pagamento, chiunque deve avere la libertà di poterlo fare e di poterlo fare gratis! Unici vincoli: possesso di una patente e pagare le imposte dovute, per il resto massima libertà!
2) Vorrei far notare una cosa a più lungo termine: si sta sviluppando (Google con ottimo successo) una tecnologia che consente alle auto di “guidarsi da sole” senza che ci sia l’autista quindi quello dei tassisti è un mestiere che in prospettiva sparirà completamente fra diversi anni. Uno compra tot. macchine ci installa i software necessari, prende la domanda con internet e le macchine si guidano da sole e il servizio viene pagato con la moneta elettronica. Come moltissime altre industrie e servizi diventerà molto poco labour intensive e molto capital intensive.
Caro Oscar Giannino, spero che possa dedicare un po’ del suo tempo per questa mia, la seguo spesso e la stimo intellettualmente.
Sono un Taxi driver di Milano. Le ho già anticipato sinteticamente, come Twitter vuole, il mio pensiero. La “torta” che le nostre città, ognuna diversa, con diverse potenzialità, consentono di sostenere il nostro mercato ha dei limiti, dato dalle capacità economiche intrinseche di ognuna di esse e da il numero di abitanti da servire.
Talvolta, persone che secondo me non girano molto il mondo, mi portano l’esempio di New York, dove basta un cenno per avere subito a disposizione un Taxi… Sarà poi vero? Lei viaggia sicuramente più di me… Tornando alle “torte” e a New York, vorrei fare alcune considerazioni: New York ha la bellezza di 8.175.133 abitanti con 13.000 taxi. Milano ha 1.336.879 abitanti con 4900 taxi, se ad ognuno di noi, a titolo di “risarcimento”, danno un’altra licenza (questo stando alla bozza del decreto che sta ufficiosamente circolando), potenzialmente siamo il grado di emettere sul mercato milanese quasi 10000 macchine! La sproporzione delle cose mi sembrano palesi. La torta non basta per tutti!
I numeri non mentono, lei lo sa, poi li possiamo interpretare come vogliamo!
Questo porterà ad una grande svalutazione del valore della licenza, (che la maggior parte di noi acquista con lunghi e sacrificanti mutui) per i seguiti fatti: se le potenzialità economiche della città (considerando anche il periodo di difficoltà in cui versa l’economia) rimane la stessa, i nostri costi di esercizio rimangono gli stessi (tutt’al più tenderanno ad aumentare seguendo i tassi di inflazione, se va bene!) il numero delle corse diminuirà, essendo noi praticamente il doppio, da questo il deprezzamento del valore della licenza e degli incassi!
Qualcuno dice che se diminuiscono le tariffe, (anche se dati alla mano, da studi studi indipendenti, sono in linea con le medie europee) potremmo aumentare il numero di corse, che purtroppo è influenzato dalla velocità commerciale, che rema contro queste aspettative. In poche parole il traffico diventa la determinate!
Lei gira spesso e lo sa, vede come cambiano le tariffe, a parità di tragitto, quando nei periodi estivi o determinati eventi abbattono il traffico!!
Come spesso capita, quando si entra nel merito delle questioni, le cose si complicano ed emergono le complessità.
Senza dilungarmi ulteriormente, anche se volendo si poterebbe ancora approfondire, la ringrazio, non spero che lei diventi portavoce di nessuno, non lo vorrei perché la stimo e confido nella sua indipendenza, nella sua integrità intellettuale, mi auguro di averle dato gli strumenti, le informazioni per poter commentare e discutere, se ne avrà ancora occasione, di questo argomento con la giusta obiettività.
Dear Mr Reali, for your information, Forbe’s article wasn’t an endorsement for Istituto Bruno Leoni nor a glamorizing of its initiatives, but just a simple example of the many peculiarites in the european austerity’ packages. E quando negl’USA ci si lamenta di inziative delle autorità federali/statali/comunali, bisogna tener sempre conto , in primis, del CONTESTO: perchè si ha a che fare con un Paese che si oppone ad una semplice carta d’identità nazionale..per non parlare del diritto COSTITUZIONALE di possedere armi per difendersi dai surprusi del governo …e mi scusi se è poco! Quindi, nel contesto italiano, è meglio l’iniziativa dell’Istituto Bruno Leoni con licenze gratis ad una categoria che si compra le licenze per Euro 1000000 + tra di loro ( e senza alcun beneficio per la Pubblica Amministrazione!) o sarebbe il caso di liberalizzare il mercato e regolamentarlo con lo stesso sistema che va demonizzando http://www.nyc.gov/html/tlc/html/passenger/taxicab_rate.shtml ? E’ chiaro che, a meno che non si ha a che fare con dei soggetti anarcoidi, bisogna avere un minimo di regolamento del settore e RISPETTO PER LE REGOLE specialmente per tutelare gl’interessi della cittadinaza.Quindi, se l’ente di controllo dei taxi esiste per tutelare sia gl’addetti del settore che hanno numeri stratosferici http://ask.yahoo.com/20070321.html e sia ( e specialmente) la cittadinanza..qual’è il problema? Where is the beef? E poi cosa vuol dire “compensazioni per i tassisti”? Perchè no per gl’artigiani? E per i farmacisti? E quello ..? E quell’altro? Ma che le mettessero all’asta e facessero una adeguata riforma fiscale ( crediti/deduzioni)per far fronte alle liberalizzazioni…che a forza di chiaccherare siamo arrivati a BBB!!!
Secondo me bisogna dare libertà nelle licenze ma concedendo un credito d’imposta pari al valore della licenza che non è ancora stato ammortizzato ai tassisti esistenti.
Togliere l’ordine dei giornalisti e dare a tutti libertà di parola.
Buongiorno a tutti,
è la prima volta che mi affaccio su questo blog che ho trovato subito interessante.
In merito a questo articolo voglio fare un commento che non riguarda direttamente la liberalizzazione delle licenze dei taxi, cosa a cui sono assolutamente favorevole, quanto piuttosto uno di ordine più generale che prende spunto dallo studio sul comportamento dei tassisti di New York che quando hanno raggiunto il loro obiettivo di guadagno giornaliero se ne vanno a casa.
Si osserva nell’articolo che ciò non è un comportamento da homo economicus e ciò viene spiegato dicendo che molti considerano la disutilità di una perdita più importante dell’utilità di una vincita.
Questa spiegazione mi sembra riduttiva.
A me sembra che andrebbe considerato anche quello che io chiamerei homo fisicus, la persona reale che, dopo un po’ di tempo che sta al lavoro SI STANCA e ha solo voglia di andarsi a sdraiare su un letto.
In una giornata di pioggia, ad alta richiesta, sicuramente un tassista guadagnerebbe più del suo obiettivo giornaliero se lavorasse l’intera giornata, ma dopo poche ore, magari dopo avere viaggiato incessantemente senza neanche il tempo per un caffè in mezzo a un traffico pazzesco, semplicemente non ce la fa più e quando ha incasssato abbastanza non vede l’ora di andare a casa.
Nelle giornate “morte”, con un bel sole, può anche essere un piacere vagare per la città magari solo per guardarsi intorno, fermarsi ora in un bar, ora dal giornalaio e fare due chiacchiere. Il lavoro a quel punto non pesa, si può tirare tardi senza problemi e così alla fine incassare comunque quello che si desiderava.
Succede a tutti, anche a me; certi giorni continuo fino alle 10 di sera perché mi fa piacere farlo, indipendentemente da ciò che sto facendo, altri non ce la faccio proprio e semtto appena possibile.
In sostanza, quello che gli economisti spesso non considerano (io non sono un economista, solo un appassionato) è che i comportamenti umani sono dettati da fattori che con il guadagno spesso hanno molto poco a che fare.
Un saluto a tutti,
Vincenzo
Vorrei trovare un termine un po’ alieno: COMPLEMENTARE. Il servizio “taxi” è complementare al trasporto pubblico tradizionale. Quindi, non può estrapolare dei semplici dati ( ca. 13,000 taxi in una città di ca. 8,000,000) senza tenere in considerazione la capillarità del trasporto pubblico di NYC. Certo, non è detto che con più taxi e tariffe più basse ci saranno automaticamente più utenti: non so a Milano, ma a Roma per fare 50 mt. si prende la macchina propria, crisi o non crisi! E a prescindere da un trasporto pubblico efficiente o non! Magari quello che dovrebbe chiedersi è :”come mai, con le tariffe dei taxi di NYC, che sono ca. UN TERZO IN MENO di quelle di Roma, GL’AUTISTI RIESCONO A PORTARE A CASA ca. $150 AL GIORNO, NON INCLUDENDO LE MANCE”? E poi, “per quale motivo l’utenza di Roma deve accettare come N-O-R-M-A-L-E un inizio corsa di euro 10/12 quando si chiama un radio taxi”? O “non vedersi decurtato il 10% sulla tariffa quando il punto di arrivo è un ospedale”? O prendere per scontato il tragitto più lungo? Solo perchè i tassisti, poverini, stanno tutto il giorno parcheggiati ad aspettare il prossimo pollo? E tutto questo perchè si comprano a vicenda le licenze a peso d’oro accendendo mutui o ipotecando le loro case? Per cui si sa qual’è la rimostranza della categoria ( il costo della licenza!), ma ciò non può andare a scapito della cittadinanza, e il biasimare o strumentalizzare l’attuale crisi economica per demonizzare una dovuta riforma mette in risolto una grande ipocrisia, perchè mi vengono subito in mente i commenti dei tassinari di quando l’Italia “viveva nel benessere” e si cercava di riformare il settore taxi..un deja vu? Quindi non sarebbe male entrare nel merito delle questioni cercando di capirle per poi trovare soluzioni fattibili nell’immediato e durevoli nel tempo , e questo imparando dagl’altri http://www.nyc.gov/html/tlc/html/home/home.shtml , visto che con tutto ciò che sia piena e zeppa di scienziati , l’Italia è da quel dì che sta andando a rotoli…! Per cui ben vengano le liberalizzazioni a 360°, e se ciò comporta un tassinaro dalla Cina..che almeno dia un servizio decente!
Una brevissima risposta al tassita di Milno rispetto al punto in cui dice che in ogni caso non sarebbe possibile fare più corse perché la velocità commerciale è quella che è.
Se lagente usasse di più il taxi, grazie alle tariffe più basse, la velocità commerciale aumenterebbe enormemente dal momento che ci sarebbe molto meno traffico.
Mi ricordo di avere letto qualche anno fa, ma potrei sbagliarmi sulle cifre, che almeno in centro la metà delle macchine in circolazione sta semplicemente cercando parcheggio.
Vincenzo
Primo: perché si dice che le liberalizzazioni debbano essere affrontate e risolte complessivamente, in blocco. A me sembrerebbe ragionevole distinguere e trattare le cose partitamente, e nel caso dei taxi addirittura secondo le forti differenze tra città e città. Poi non ho capito che cosa si liberalizzerebbe.
Le tariffe, magari lasciando un prezzo minimo? Non so come potrei, al telefono con la centrale della cooperativa, discutere del prezzo, o trattare coi singoli tassisti in fila al posteggio. Un’asta a ogni tragitto? Ma può darsi che la soluzione sia semplice e che io non la veda, dunque sono pronto ad ascoltare.
Oppure, più verosimilmente, le licenze? Ma mi sembrerebbe molto più sensato regolare il numero delle licenze sulla domanda, come dovrebbe già essere in ciascun comune. Ci possono essere città in cui i taxi sono in numero sufficiente, altre in numero perfino eccedente, altre in cui mancano. Ma appunto, nessuno può regolarlo meglio dei singoli comuni o province. E c’è una bella differenza fra le città in cui l’orario è rigido, e le città in cui è flessibile, dunque un’auto può di fatto lavorare per due o per tre.
A Firenze, per esempio, il turno è di dodici ore, e possono alternarsi due congiunti di primo grado, e all’occorrenza possono coprire anche le altre ore, senza prevalere sui turni normali degli altri.
A Roma non è così, mi pare: si faccia. Quanto all’idea di “regalare” una nuova licenza a chi ce l’ha già: detto così, fa pensare a un raddoppio del numero dei taxi. A Roma diventerebbero quasi 16 mila, se non sbaglio. Ci sarebbe lavoro (e traffico) per sedicimila taxi? A Firenze sono 650, e sono unanimi nel ritenere (anche i miei amici, quelli che mi dicono la verità) che per 1.300 taxi non ci sarebbe lavoro, e che il fabbisogno non può essere misurato sui giorni di Pitti o sui mesi caldi di aprile e maggio, per i quali caso mai si potrebbero stabilire rinforzi temporanei. (A parte la scabrosa questione dei noleggiatori).
La licenza “regalata” a chi già ce l’ha non eliminerebbe nemmeno il problema del costo sostenuto finora per comprare la licenza, perché un parco licenze raddoppiato ne dimezzerebbe il valore, o peggio. Leggo che a Milano una licenza costa più o meno 170 mila euro. A Firenze costa circa 300 mila euro: c’è un consolidato e bizzarro criterio, per cui il prezzo delle licenze segue quello di un appartamento – non centrale, naturalmente – di quattro stanze. Ufficiosa com’è, la cifra è così notoria che viene citata dall’Agenzia delle entrate quando vuole riscuotere la tassa sul passaggio di proprietà.
Chi prende un taxi nelle nostre città, e in particolare quelle dai mirabili centri storici (cioè tutte), pensa che rapidità e tariffe delle corse migliorerebbero enormemente se il traffico privato fosse drasticamente ridotto a vantaggio di quello pubblico, autobus, tram, taxi collettivi (che si sono inabissati prima ancora di scalfire le abitudini). Aggiungo, a queste cose che non sono riuscito a capire, una considerazione di costi e ricavi politici. Chiunque conosca i tassisti, da quelli più inclini alle maniere spicce a quelli, e quelle, miti e spirituali, sa che il governo se la vedrà con una ribellione decisamente forte e tenace. C’è una proporzione fra il vantaggio che si ritiene di ricavarne per i consumatori, ammesso che vantaggio ci sia, e l’ingorgo che si susciterà?
Infine, i tassisti dovrebbero chiedersi come sia stato possibile che si sollevasse contro di loro una così virulenta ostilità popolare: più che contro i banchieri, appena sotto i politici. Una mano loro stessi l’hanno data, opponendosi rigidamente a ragionevoli cambiamenti, dalla assegnazione di nuove licenze all’ampliamento dei turni alle norme cavillose che impediscono alle macchine dei comuni limitrofi di caricare nel capoluogo, sicché sono costrette a viaggiare vuote, eccetera.
Detto questo, un paese ridotto allo stremo che fa dei tassisti i propri nemici, quasi fossero amministratori delegati di Unicredit, è un paese che ha alzato il gomito.
@miguel
Posto che sono d’accordo che i taxi siano solo un simbolo e che a livello economico non cambiano nulla, le pongo un quesito: io di lavoro faccio il consulente. Perché non c’è una licenza per consulenti, dipendente dalla domanda, che mi consenta di mantenere tariffe “sufficientemente elevate da guadagnare bene”?
E perché non, per dire, una licenza per saldatore? E’ più difficile fare il saldatore rispetto al tassista, oggi come oggi.
Potrei andare avanti all’infinito.
Credo che Marco Tizzi abbia colto appieno il punto. La vicenda taxi è un simbolo. Non importa tanto come reagiscono i tassisti, male ovviamente, ma come reagisce il restante 99,9 % della popolazione.
Se lì i tassisti trovano sostegno, vuol dire che come cittadini non abbiamo capito per nulla il senso del concetto di libertà.
Come dice Marco per fare il saldatore, il consulente, l’idraulico o il pittore non c’è bisogno di nessuna licenza. Chiunque può farlo e fare concorrenza a chi già fa quel lavoro. Perché non deve essere possibile nel caso dei tassisti, dei farmacisti, dei notai?
Caro oscar giannino astenersi dall’applicare le liberalizzazioni su ogni settore non è come mettere il cacio sui maccheroni
Insomma conoscere prima di parlare altrimenti perdiamo solo tempo
@Vincenzo
perdiamo tempo con i taxi oppure sul sesso degli angeli
perchè non levano dal monopolio tabaccai sigarette etc etc
come mai?
Svegliatevi usate la testa
@miguel
1) La liberalizzazione dei taxi, in linea di principio, dovrebbe abolire il numero chiuso delle licenze, così che chiunque abbia una patente ed una macchina possa andare al Comune e farsi rilasciare la licenza.
Dato che così facendo il valore delle licenze cadrebbe a zero dalla sera alla mattina (chi pagherebbe per una licenza che si può avere gratuitamente?) si è optato per la soluzione di compromesso di raddoppiare il numero regalando una licenza in più ai tassisti, così che questi possano recuperare almeno in parte l’investimento.
Presumibilmente, l’abolizione totale del numero chiuso sarà cmq fatta ma nel lungo periodo.
Inoltre, la liberalizzazione dovrebbe abolire i vincoli territoriali (i.e. un tassista sarebbe libero di andare a lavorare in un altro Comune).
Le tariffe invece, resterebbero regolamentate -come fai giustamente notare, non è pensabile negoziare ogni corsa. Probabilmente, però, in una seconda fase provvederanno ad abbassarle.
2) Lei dice che “nessuno può regolare il numero giusto delle licenze meglio di Comuni e Province” – errato!!
I tassisti stessi e gli aspiranti tali (i.e. il mercato) possono regolare il numero giusto delle licenze (quando non esisterà più il numero chiuso), che si adatterà alle esigenze di mobilità di ogni città (in più, l’abolizione dei vincoli territoriali provvede un’ulteriore meccanismo di flessibilità per compensare zone a bassa e alta domanda).
3) “””La licenza “regalata” a chi già ce l’ha non eliminerebbe nemmeno il problema del costo sostenuto finora per comprare la licenza, perché un parco licenze raddoppiato ne dimezzerebbe il valore, o peggio””””
Vero. Il meccanismo fornisce una compensazione solo parziale (vendendo la seconda licenza il tassista rientra almeno di una parte dell’investimento). Si tratta, come dicevo prima, di una compromesso – non c’è modo (o almeno nessuno lo ha trovato) di liberalizzare senza una perdita per i tassisti, con questo meccanismo si cerca di ridurla un pò.
4) Costi/ricavi politici – a parte la questione di principio per cui non è che lo Stato possa tirare giù le braghe ogni volta che qualcuno protesta, i costi e ricavi vanno considerati anche in prospettiva – il danno che una protesta può creare è una tantum, i vantaggi per i consumatori e la collettività sono per sempre.
Quanto avrebbero guadagnato i consumatori dal 2007 ad oggi se Bersani fosse riuscito a liberalizzare al tempo?
5) Una puntualizzazione: NON è vero che le liberalizzazioni si concentrino sui tassisti – le liberalizzazioni riguardano una serie di settori: farmacie, notai, avvocati, assicurazioni, benzinai, poste, etc etc
Il motivo per cui si tende a parlare più dei tassisti che di altri è solo perchè questi protestano in maniera più visibile e rumorosa di altri, attirandosi così addosso anche le ire di molti cittadini.
E’ vero però che altre categorie, in maniera silenziosa, stanno cercando di mettere i bastoni tra le ruote al provvedimento, e sarebbe molto opportuno parlare un pò di questi: un esempio per tutti – la versione iniziale del decreto doveva liberalizzare anche i notai. “Magicamente” la liberalizzazione si è già ridotta al semplice aumento del numero e (forse) riduzione delle tariffe (i.e. è saltata l’abolizione del numero chiuso e dei vincoli territoriali….)
1) Una stringente regolazione -licenze contingentate, tariffe amministrate, obbligatorietà della prestazione- è essenziale per assicurare sostenibilità economica e qualità del servizio. La deregulation incentiva il massivo ingresso nel mercato di taxisti occasionali e part-time che esercitano la professione come secondo (o terzo lavoro), il più delle volte senza attenzione a qualità e sicurezza. Sebbene meno qualificati degli operatori full-time riducono gli introiti di questi ultimi tanto da spingerli ad abbandonare il settore. Non solo, le tariffe “libere” sono invariabilmente spinte verso l’alto dagli operatori occasionali/marginali; prevalenti presso le piazzole di sosta nei luoghi ad alta attrattività (aereoporti, stazioni, ecc) e inclini a comportamenti “predatori” a danno dell’utenza. Inevitabile un peggioramento del servizio, un aumento delle tariffe e una precarizzazione degli introiti per le imprese più strutturate. Condizioni che inducono le autorità ad attuare politiche di ri-regulation. Questo spiega perchè in tutto il mondo -USA e Regno Unito compresi- il taxi è regolato da licenze contingentate e disciplinato come un servizio pubblico. (Comandini,Violati,Gori 2004; Iaione 2008)
E ancora :
Tutte le esperienze di liberalizzazione del servizio taxi si sono rivelate fallimentari. Anni 80: esperienza di deregulation tariffaria tout-curt intraprese in alcune città USA fallite a causa di fenomeni di violenza generati da discussioni sul prezzo (Zerbe,1983; Frankena e Pautler,1984). Anni 90: fallimentare esperienza di totale deregulation del servizio taxi (Svezia,Irlanda,Olanda). Al danno della precarizzazione del lavoro degli autisti (Svezia,Irlanda,Olanda) si è aggiunta la beffa dell’aumento dele tariffe (Svezia,Olanda), del peggioramento della qualità del servizio (Svezia,Irlanda,Olanda) e della reintroduzione di un sistema di permessi (Svezia,Olanda). (Visco Comandini,Violati,Gori,2004; Rossano; Iaione,2008). Il fatto che la licenza assuma valore economico positivo non è di per sè indice di cattiva regolazione. (Cairns e Liston-Heyes,1996). Analisi sul valore delle licenze USA rivelano un’incidenza di circa mezzo dollaro a corsa; frazione quasi insignificante del costo fisso x ogni singola corsa. Analoghi calcoli x il mercato di Roma evienziano valori ugualmente trascurabili (Visco Comandini,Violati,Gori,2004).
@Marco Tizzi
Differenze fondamentali Tassisti/edicole sono SERVIZI e quindi regolamentate diversamente il saldatore è una LIBERA PROFESSIONE
@Miguel
Servizio? Servizio… pubblico intende? Chi lo stabilisce? Secondo quali criteri?
Un’edicola per me è un commerciante come chiunque altro. Nessuna differenza. Anzi, è un comemrciante che vende cose che per me non hanno più senso di esistere, quindi per me non ha alcun senso di esistere.
Un tassista vende un servizio come un consulente, identico. Come un’impresa di pulizie, identico.
La scelta di cosa aprire al mercato e cosa no in questo paese è arbitraria, quindi sempre discutibile.
Se si vuole un paese socialista si regolamente e si pianifica tutto. Altrimenti si apre.
Un po’ sì e un po’ no non torna, perché si creano sacche privilegiate.
Stante questo, si fa molto rumore per nulla, perché di certo taxi e farmacie non sono il problema del paese.
@ Miguel
@ Marco Tizzi
semplificando al massimo, il criterio generale dovrebbe essere: aprire al mercato a meno che l’industria in questione non presenti “fallimenti di mercato” (i.e. esternalità; impossiblità di esclusione di utenti; consumo del bene/servizio non rivale; asimmetrie informaive, etc etc).
Se la struttura dell’industria presenta una qualche tipologia di fallimento di mercato è necessario una qualche forma di regolamentazione che può assumere molte forme diverse a seconda dei casi specifici, dalle più soft (e.g. regole di trasparenza – etichette su cibi e bevande), a quelle medie (e.g. tasse su emissioni di CO2; sussidi per efficienza energetica; etc) a quelle più invasive (e.g. regolamentazione di prezzi e/o quantità – autostrade) a quelle più estreme (e.g. nazionalizzazione – scuola pubblica).
La scelta non può essere arbitraria (come purtroppo è accaduto fin troppo spesso in questo paese), nè si possono fare distinzioni inesistenti tra “servizi” e “libera professione”
@Ricardo
Interessante che tra le forme di regolamentazione lei non metta le licenze 🙂
Immagino sia perché le oligarchie private siano peggio sia del pubblico che del privato libero.
Non esiste solo New York: settimana scorsa sono stato a Parigi e come in tutte le città europee all’uscita del terminal c’era ad attendermi una bella fila di taxi pronti ad accogliere i clienti appena sbarcati. Tornato a Roma, all’uscita del Terminal1 di Fiumicino (dove atterranno Alitalia e AirFrance tra le altre), ho trovato solo dei taxi blu (NCC che attendono con ansia la liberizzazione delle licenze) che cercavano di approcciare i malcapitati turisti stranieri: e i veri taxi dov’erano? Dov’è il servizio che dovrebbero offrire?
Se liberilizzi ma non applichi le leggi che esistono cosa serve?
Come scritto qui cerchiamo di non fare populismo
http://italyworkinprogress.blogspot.com/2012/01/liberalizzazioni-vs-populismo.html
A me questo fatalismo della “torta” non piace: questione di abitudine, ma io credo che se le tariife dei taxi si riducessero, la gente imparerebbe di piu` ad usarlo, il traffico nelle citta` si ridurrebbe e diverse categorie di cittadini (compresi gli anziani senza …badante automunita..) potrebbero muoversi piu` facilmente. Interessabte e` che il taxi e` un mezzo di trasporto popolare nei paesi “emergenti” come la Tunisia, oppure come (almeno fino agli anni ’90) in Grecia.
Non si vuole liberalizzare i taxi? Beh, allora i comuni ricomprino licenze e auto, assumano i taxisti come loro dipendenti e facciano prezzi politici delle corse!
@LucaS
Interessante…….le auto che si guidano da sole. Magari poi inventano pure gli aerei che si pilotano da soli, i robot nei negozi che distribuiscono merci al posto dei commessi (la produttività crescerebbe a dismisura), le bambole gonfiabili intelligenti al posto delle prostitute…. E noi tutti a casa, a grattarci…..Niente tassisti, niente commessi, niente operai, in una società senza lavoro. Il problema è che la ricchezza, quella reale, segue il lavoro. Che ce ne facciamo di una società dove, a fronte dell’aumento della produttività abbiamo un più che proporzionale aumento della disoccupazione e della povertà?
Questo blog, di cui non conosco i finanziatori (mi piacerebbe che vengano pubblicati – grazie) è ricco di ragionamenti e commenti che come minimo si possono definire bizzarri.
@Marco
Mi scusi, mi spieghi bene: un mondo in cui non è necessario alcun lavoro manuale è un mondo che non le piace?
@Marco Tizzi
Certo che mi piace, soprattutto se ogni fine mese mi viene accreditato un bel bonifico sul c/c, magari dello stesso importo di quelli che vengono corrisposti periodicamente ai “professori” di questo governo privo di mandato popolare. Se poi il bonifico mi viene corrisposto su un c/c lussemburghese o di qualche paradiso fiscale, sarebbe anche meglio.
A distanza di un anno..Forbes,Proposta IBL, Pasticcere Invisibile,Tecnici,Deregulation..BYE! BYE!. I taxisti hanno vinto e spazzato via le false liberalizzazioni. Una grande vittoria per tutti.
ma che bel ragionamento…visto che tanto si toccheranno anche i grandi perche’ non cominciare dai piccoli?ma chi e’ questo giornalista?
e comunque in citta poco turistiche come torino,cuneo,asti, dove gli unici clienti sono forniti dalla popolazione autoctona al 99%, raddoppiare le licenze equivarrebbe a espropriarle e regalarle .
se volete fare un servizio sensato intervenite a livello locale,dove serve,non con l’idrante a casaccio.