Liberalaizescions
Nicolò non ha ancora deciso cosa farà da grande. Sta valutando diverse ipotesi, ed assumerà un orientamento fra un paio di mesi, quando compirà il primo anno di vita. Nel frattempo però gli piace poter pensare che nessuna strada gli sarà preclusa. O almeno che così dovrebbe essere. Ecco perché aveva accolto con vivo compiacimento l’annuncio di un piano di liberalizzazioni. Nel suo linguaggio impreciso, lui le chiama liberalaizescions, forse influenzato dalle recenti apparizioni televisive del molleggiato.
Alla fin dei conti, però Nicolò è abbastanza deluso.
Nel suo radicalismo infantile, Nicolò crede che ciascuno dovrebbe esser libero di svolgere l’attività economica che più gli aggrada, con i soli limiti fissati della legge penale (e anche su molti di quei limiti ci sarebbe da discutere). Starà alla sua capacità, e un po’ anche alla sua fortuna, trovare chi lo compenserà, sia esso un datore di lavoro o direttamente un cliente.
Con qualche fatica Nicolò riesce ad ammettere che per l’esercizio di alcune attività possa essere richiesta una abilitazione: ad esempio, se vuoi fare il tassista, devi saper guidare l’auto e conoscere le strade. Ma, una volta ottenuta l’abilitazione, ciascuno dovrebbe esser libero di svolgere l’attività per la quale è qualificato.
Quindi Nicolò pensava che le liberalizzazioni dovessero consistere nello smantellamento di quelle bardature che limitano la possibilità di ciascuno di perseguire le proprie scelte di lavoro e di intrapresa. Ma è rimasto deluso. Per poter svolgere molte attività occorrerà ancora rientrare in un numero chiuso di autorizzati. Così continuerà ad essere per i farmacisti, i notai, i tassisti.
Nicolò comprende che è ragionevole una certa gradualità nel passaggio dall’offerta limitata all’offerta libera. Ad esempio, molti tassisti hanno pagato con i propri soldi la licenza; la totale liberalizzazione immediata li metterebbe sul lastrico. Per questo Nicolò trovava ragionevole la proposta dell’Istituto Bruno Leoni di avviare la liberalizzazione concedendo una seconda licenza commerciabile ai tassisti attuali. Ma l’obiettivo dovrebbe esser chiaro: giungere a un sistema nel quale il numero dei tassisti sia governato dalla libera interazione fra domanda e offerta.
Così non era prima delle liberalizzazioni del governo Monti; e così non sarà neanche dopo. Forse aumenterà il numero dei tassisti,, dei notai, dei farmacisti. Ma sarà sempre un numero chiuso.
Si dice: ma se il numero chiuso si fa più largo, non è già qualcosa? Nicolò non ne è così sicuro. Ha sentito dire che esiste una cosa chiamata economie di scala: con l’aumento delle quantità prodotte (del numero di atti stipulati, dei farmaci venduti, delle corse di taxi compiute) il costo medio unitario, entro certi limiti, diminuisce. Ma se aumenterà il numero dei taxi, delle farmacie, dei notai, la quantità prodotta da ciascuno di loro probabilmente si ridurrà, e i costi unitari aumenteranno. Se si resta all’interno di un meccanismo di numero chiuso, sembra a Nicolò probabile che chi fornisce i servizi in condizioni protette riuscirà a rovesciare i maggiori costi unitari sulla clientela. E ciò gli sarà reso possibile dal fatto che sarà comunque precluso l’ingresso sul mercato a nuovi entranti che, accontentandosi di remunerazioni inferiori o introducendo innovazioni tecniche e organizzative, potrebbero prestare il servizio a condizioni migliori per i clienti. Pur con le sue ancore scarse letture, Nicolò ha sentito già dire che la cosa veramente dannosa sono le barriere all’entrata, che interdicono quella concorrenza potenziale capace di spingere chi già opera nel mercato verso la frontiera dell’efficienza. Le liberalaizescions di cui si parla non rimuovono affatto le barriere all’entrata. Speriamo sia per la prossima volta. Nel frattempo, Nicolò è piuttosto scettico sulla possibilità che interventi tanto limitati possano produrre i magnifici e progressivi incrementi del reddito nazionale di cui si è parlato. E intanto ha cominciato a valutare se indirizzarsi verso un’attività protetta dal numero chiuso.
Caro Nicoló, l’unica cosa giusta che hai detto è che le tue letture sono scarse. Continua (anzi comincia) a leggere e poi ne riparliamo.
@ Paolo . Saprebbe argomentare le sue tesi a proposito di questo post ? Se sì, allora è invitato a mettere per iscritto le sue osservazioni. Altrimenti si risparmi altri commenti stupidi (per non dire infantili) come quello che ha scritto. Ci farà senz’altro una figura migliore.
@Enrico Baria
Caro papà di Nicoló, Le assicuro che la superficialità e l’approssimazione del post rendono molto difficile argomentare. Accomunare notai, tassisti e farmacisti (perché non aggiungere gli autisti degli autobus comunali, anch’essi a ” numero chiuso”) dovrebbe già farle capire cosa intendo. D’altro canto il post è stato scritto da un bimbo di 10 mesi, lasciamolo crescere!
Caro Nicolò, mi sembri un tipo abbastanza sveglio. Quindi che cosa fai ancora qui? Perchè non emigri?
@ Paolo
io ero un piccolo bambino che ha dovuto emigrare: sono cresciuto ma gli anni non mi hanno fatto cambiare idea su uno stato che pretende di dire quanti tassisti, quanti notai o quanti farmacisti ci devono essere.
Sono rimasto un bimbo che sogna per la sua vecchia casetta la stessa libertà che ha trovato andando a dormire in un lettino lontano.
Caro Nicolò, c’è un punto saliente che ti sfugge ancora dovuto alla tua tenera età. Tu sei arrivato in una struttura economica e sociale consolidata da decenni di scelte ed adattamenti più o meno giusti ma che si sono sintonizzati nel tempo tra loro conformando un certo modello economico e sociale.
Pensare di prendere la sola superficie di un altro modello, qualsiasi, ed imporla sul primo è scelta accademica, infantile e pericolosa che rischia, seppur coi migliori propositi, di sfasciare totalmente l’ambiente in cui ti trovi. In breve: ignorante della vita così com’è il governo che ci sta portando sullo scoglio del Giglio alla massima velocità.
Vedi, caro Nicolò, per prendere l’esempio, ma solo l’esempio, dei taxisti, devi sapere che a New York essi sono il primo boccone della catena alimentare economica tanto che la loro etnia varia nei decenni a seconda dell’inserimento di quella razza nella piramide sociale del paese (tanti anni fa gli italiani, poi i turchi, adesso indiani e indonesiani).
E’ così da sempre perchè accettando di abbandonarti nelle fauci di oligarchiche finte cooperative, riesci a sbarcare il lunario con un’attività faticosa ma di scarsi requisiti e con un investimento veramente minimo che puoi pure condividere con amici o parenti per iniziare la scalata al sogno americano.
I taxi costano un po’ meno, certo, e se ne trovano di più, certo pure, ma non grazie alle cooperative, che anzi hanno tutelato per decenni il diritto di spennarti nella tratta JFK-Manhattan risolta solo da relativamente pochi anni con la flat-fair e grazie ad un’amministrazione comunale intransigente con le lobby, bensì perchè la benzina costa un quinto che in Italia perchè lo stato chiede meno, le assicurazioni pure, rivendere la propria auto non costringe ad un’odissea burocratica con relativo salasso fiscale, le manutenzioni non sono obbligate presso le case produttrici. Si chiamano concorrenza e libero mercato. Se non funzionano puoi perfino provare a far causa e rischiare di vincerla in poco tempo perchè la giustizia, lì, funziona abbastanza.
Caro Nicolo’, non farti fregare. I taxisti italiani, solo un esempio, si sono strapagati il diritto, magari sbagliato a suo tempo, per carità, di star lì in coda senza clienti a leggere riviste davanti al telefono che non suona. Ci hanno investito la vita strapagandosi rate che se generate da un privato si chiamano usura ma se richieste da una banca si chiamano mutuo. La struttura in cui sono entrati quella era e su quella hanno pianificato il loro futuro di vita e di pensione.
Cancellargli tale futuro con un colpo di penna lasciando cementato lo sfondo di banche, assicurazioni, stato eccetera vera causa delle distorsioni, darà una misera soddisfazione all’invidia sociale di qualche cliente incazzato perchè un taxista non gli ha emesso ricevuta ma non risolverà i tuoi problemi.
Probabilmente finirai tu stesso a fare il taxista per qualche COOP perchè non sei figlio di banchiere mentre ieri sera, in TV a New York, c’era un ragazzo canadese che è venuto in città per studiare recitazione, ha fatto la fame per 5 anni vivendo perfino senza elettricità in Spanish Harlem, ma è ora diventata una star del cinema in pochi mesi.
Nel tuo paese, Nicolò, questo non accadrà mai e non per colpa dei taxisti.
@Paolo
Premesso che non sono il papà di Niccolò, non vedo come si possa pretendere di criticare un articolo senza specificarne il motivo. Non mi sembra una richiesta così esosa quella di argomentare le proprie tesi.
Questo post critica l’esistenza di categorie privilegiate (come quelle che beneficiano del numero chiuso); l’unica sua critica consiste nel fatto che vengono elencate diverse categorie privilegiate. Ma non è certo colpa di Niccolò se ci sono tante categorie privilegiate (tra cui quelle citate): sarebbe piuttosto assurdo se dovesse fare un articolo per ognuna di esse, quando invece è sufficiente scriverne uno che esprime i concetti validi per tutte.
Un concetto è che i privilegi concessi dallo Stato ad alcuni individui consistono nel penalizzare tutti gli altri. Un altro concetto è che la concorrenza fa bene ad ogni settore; non si capisce in base a quale logica (per esempio) per i notai e per i tassisti vale questa regola, mentre per i farmacisti – miracolosamente – sarebbe vero il contrario.
@Enrico Baria
Cari Enrico e Nicolò, il numero programmato può essere giustificato in base a diversi motivi. Prima di parlare “tout court” di barriere all’accesso si dovrebbe conoscere in base a quali regole avviene questo accesso. Se studierete queste regole vedrete che le stesse sono assolutamente diverse per ciascuna delle categorie elencate e che, di conseguenza, non è corretto assimilarle, nè parlare genericamente di categorie privilegiate.
Vi invito quindi a studiare i meccanismi di accesso al mercato delle categorie da voi criticate.
Naturalmente potrei illustrarvele io, ma preferisco che vi informiate da soli, sopratutto Nicolò in quanto è opportuno che sin da piccolo impari il valore dello studio (anche se qui più che di studio potremmo parlare di raccolta dati) e non acquisisca un concetto “giornalistico” della cultura, che certamente non lo aiuterà nella vita
@Mario
La invito a leggere il mio precedente commento, dove ho esposto alcuni dei motivi per cui il “numero programmato” non è mai giustificabile. Le faccio notare che l’esistenza di altre regole statali (oltre a quelle che limitano la concorrenza) non smentisce alcuno dei motivi citati. Naturalmente sarò lieto di leggere le sue eventuali obiezioni – che peraltro avrebbe potuto scrivere già nella sua risposta al mio commento.
Quando al valore dello studio, mi trova assolutamente d’accordo. Per questo motivo le consiglio la lettura di Hazlitt ( http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=10496 ), dalla quale apprenderà in maniera più chiara e dettagliata le stesse argomentazioni che ho sinteticamente elencato sopra.
Caro Nicolò, come vedi dai commenti dei protezionisti qui sopra, l’Italia continuerà a declinare perché le piccole caste continueranno a fare di tutto per proteggere il loro orticello, evitando di spiegarti che se un mestiere ha bisogno delle tariffe minime per sopravvivere allora non è un mestiere, è una rendita; che se un mestiere è così poco professionalizzato che a farlo sono gli ultimi immigrati di turno evidentemente è un mestiere che vale poco e come tale andrebbe pagato. E si difendono dalla concorrenza con le menate sulle banche usuraie, sul fatto che si rischia di “sfasciare totalmente l’ambiente in cui ti trovi”, sul fatto che “non hai letto abbastanza”, pensando di convincerti che il problema è sempre altrove, non nella loro piccola casta.
Lasciali stare Nicolò, emigra subito, come sto facendo io con la mia azienda, e lasciali godere in questo “ambiente” che si sono creati e che si impoverirà sempre di più perché di concorrenza e meritocrazia proprio non vogliono sentir parlare.
@Mario
Grazie Mario, è esattamente quello che volevo dire. Mischiare le pere con le mele va bene se sei un bambino di 10 mesi, ma già a 2 anni devi cominiciare a correggerti, altrimenti la tua ignoranza non la recuperi più
@Fauro
Si è mai chiesto il perchè lo Stato debba decidere quanti notai, farmacisti e tassisti debbano esserci e se tale regola è sbagliata in tutti e tre i casi, oppure no? Ha mai approfondito come si diventa notai, farmacisti o tassisti? Se è una questione di merito, di censo o di parentela? Se tutte queste categorie sono regolate allo stesso modo? Io credo di no. E se lo ha fatto, credo dovrebbe ripensarci.
Lo sa che anche i parlamentari sono numero chiuso, i magistrati, i poliziotti, i carabinieri? C’è il numero chiuso all’accesso di molte università di paesi liberalissimi (USA). Per lei queste ipotesi sono tutte assimilabili? Sono tutti casi in cui il numero chiuso è sbagliato?
Capirà che è molto difficile argomentare seriamente con persone che parlano dopo aver letto al massimo il Sole24Ore (e ripeto al massimo). Quindi preferisco l’ironia
E’ curioso come i liberisti all’amatriciana che affollano questo e altri spazi liberisti e mercatisti siano sempre contrarissimi a qualunque vera apertura del mercato per quelle categorie protette da barriere di ingresso, sostenute e difese col voto consortile.
Fate un bel paio di post su questi argomenti :
1) perchè è necessario licenziare tutti i dipendenti pubblici
2) perchè è necessario abolire i sindacati
e tornerete di nuovo ad avere centinaia di entusiastici commenti a favore del “libero mercato” e della “libera impresa”!!
@Mario
Le limitazioni di accesso ai mercati basate sul numero dei concorrenti sono sbagliate sempre dal punto di vista della crescita economica (legga qualche libro di economia..) e dannose per la clientela anche dal punto di vista della qualità dei servizi (anche qui: legga qualche studio comparato).
Purché si abbia la capacità di svolgere un lavoro, un’attività, non debbono esserci barriere, soprattutto se imposte dallo Stato (l’ultimo a saper come decidere su tali barriere) ma anche se imposte da un ordine, un albo, .. una casta.
La sua osservazione poi sul numero chiuso nelle università USA è risibile perché applicata all’inverso! In quel caso è la numerosità della clientela che fruisce del servizio ad essere limitata.
@Giovanni
Qualsiasi lavoro o attività? Anche il poliziotto quindi. O il giudice. Mi pare una tesi bizzarra
@Giovanni
Quindi per nessun lavoro o attività è giustificabile una barriera imposta dallo Stato. Proprio nessuno? Quindi nemmeno per i poliziotti o i giudici, ad esempio. Mi pare una teoria alquanto bizzarra (per non dire risibile).
@Paolo
@Mario, Paolo. Parlo evidentemente di attività economiche, svegliatevi! La giustizia, la sicurezza e la difesa sono funzioni dello Stato (le uniche che esso dovrebbe fare, in effetti). Spero vi sia chiara la differenza.
Per le attività economiche non dovrebbe esistere MAI nessuna barriera all’ingresso in termini numerici, solo le abilitazioni professionali necessarie a fare il lavoro (patente per i taxisti, laurea per avvocati e farmacisti,..), quindi nessun albo o ordine che decide quanti concorrenti debbono esserci in un settore. A deciderlo deve essere unicamente il libero mercato, se vogliamo tornare ad essere un paese dinamico ed in crescita. Niente più reti di protezione per nessuno e vedrete come la crescita del tasso di produttività del nostro paese tornerà ai livelli degli anni 60.
Se invece questo paese vi piace così, addormentato e spento, tenetevelo così: intanto io e Nicolò emigriamo, il tempo stringe…
@Giovanni
La sanità è secondo Lei un’attivitá economica? Aprire un’ospedale o una clinica dovrebbe essere consentito a chiunque? E un carcere? Io nel business delle carceri mi ci butterei volentieri. La sicurezza è certamente un’attività economica, tanto che esiste la vigilanza privata, eppure i poliziotti sono pubblici impiegati. C’è qualcosa che non mi convince nel suo ragionamento, indovini cosa.
@Enrico Baria @Mario
Naturalmente il link rinvia ad un riassunto del libro, e non al libro medesimo, che avrò sicuramente cura di acquistare, al contrario di come, altrettanto sicuramente, ha fatto colui che lo ha consigliato. Tutto coerente alla cultura Bignami dei nostri oscuri tempi
@Paolo. Giovanni ed Enrico hanno provato a spiegarle la differenza tra attivita’ non economica e attivita’ economica secondo una visione liberista. Ci provo anche io: la prima e’ prerogativa di uno Stato (anzi, l’unica sua ragione di esistenza) e riguarda tutte le attivita’ attinenti alla tutela sociale: difesa, sicurezza (forze dell’ordine), giustizia (magistratura) e ovviamente, la riserva di legge, e su cio’ non ha concorrenti. La seconda e’ lasciata al mercato, dove gli operatori economici, opportunamente qualificati, offrono servizi e prodotti a chi e’ interessato a comprarli. Chiunque ne abbia le qualifiche, puo’ rispondere alla domanda di un servizio ed un bene, col solo limite della legge che stabilisce CHi e’ qualificato a fare e COME puo’ fare, ma MAI QUANTI.
Spero di averle chiarito i dubbi su magistrati, carabinieri, poliziotti da un lato e avvocati, notai, farmacisti, architetti, ecc. dall’altro.
Per un inquadramento istituziinale le suggerisco un testo qualunque di Economia Politica in uso presso molte facolta’ italiane.
@Paolo. La vedo confuso, se nn capisce la differenza tra guardie giurate e polizia non so proprio che fare. Certo che la sanità, come anche l’istruzione, sono anche attività economiche, tanto che esiste una fiorente industria privata in entrambi i settori, anche in Italia. Chiunque, davvero chiunque si informi, se ha competenze e capitali può aprire cliniche, ospedali, case di cura e scuole private. Ci sono ovviamente autorizzazioni da ottenere ma NON esiste il numero chiuso, almeno qui, per fortuna. Si puo’ cercare poi di ottenere la convenzione sanitaria pubblica o il riconoscimento della scuola o università dallo Stato italiano, ma molte strutture, sia sanitarie che scolastiche nn la chiedono. Ad esempio la scuola americana dei miei figli nn e’ riconosciuta dallo Stato italiano ma a noi va benissimo così. Ecco il libero mercato, ognuno fa l’impresa che vuole, ognuno sceglie da chi servirsi.
Ah proposito: negli USA esistono pure i carceri privati… Ooohh! Sorpreso?
@Giovanni
Quindi se lo Stato non ti autorizza non puoi aprire una clinica o una scuola. Non si tratta di attività libere, questo lo capisce anche Lei. Forse piano piano sta arrivando al punto. Se c’è un interesse pubblico un’attività non puó essere libera, deve essere controllata dallo Stato. Rifletta su questo e verifichi se, secondo Lei, taxi, notai e farmacie sono uguali tra loro.
P.s. Carceri al plurale è di genere femminile, forse una scuola italiana non sarebbe male frequentarla
@Paolo
Una cosa e’ il controllo delle attività, un’altra e’ il limite al numero delle attività. Ma vedo che nn comprende, come nn comprende la differenza tra funzioni dello stato ed attività economiche, sulle quali lei glissa alla grande. Si tenga pure l’Italia statalista. Se le piace così…
@Paolo
Più che acquistarlo, le consiglio di aver cura di leggerlo. Glielo dico perchè, da questa discussione, si evince che non è abituato a farlo nei confronti delle idee che smentiscono le sue teorie. Nei miei commenti le ho esposto delle obiezioni, invitandola a ribattere qualora non fosse d’accordo. Nessuna risposta, eppure ha continuato a riproporre le stesse idee che avevo smentito con le mie obiezioni. Come definisce questo tipo di “cultura” ? Oltretutto le sue argomentazioni successive, oltre a non rispondere in merito al post, sono tutt’altro che serie.
1) Se cita i poliziotti e i giudici per giustificare leggi anti-concorrenziali in un settore economico, allora potrebbe usarle per giustificare leggi anti-concorrenziali in tutti i settori economici. Come vede, la mancanza di logica alla base di una teoria porta a sostenere palesi assurdità.
2) Esiste un numero chiuso per le agenzie di sicurezza private (guardie del corpo, guardiani notturni etc) ? No, allora è evidente che l’argomento basato sui poliziotti è fallace. Garantire la sicurezza dei cittadini è un servizio che non necessita del numero chiuso. Infatti negli USA esistono città private protette da polizie private (il cui organico non è soggetto a restrizioni statali): come vede, la sicurezza non è un settore dove è necessario un numero chiuso imposto dai politici al potere. Inoltre si potrebbe discutere sul fatto che le decisioni dei politici non sono certo il massimo dell’affidabilità e che un sistema basato su di esse è spesso foriero di inefficienza.
3) Citare la magistratura pubblica in un paese dove è evidente la sua inefficienza le sembra un buon argomento ? Praticamente si è auto-smentito, si è dato la zappa sui piedi. Non ci sarebbe alcun bisogno per un numero chiuso di magistrati: potrebbero esistere tribunali privati, scelti da entrambe le parti in causa o dal proprietario del luogo su cui è avvenuta la disputa. Il numero verrebbe stabilito dalla domanda e dall’offerta. Se proprio crede che i cittadini non sappiano fare ciò che è bene per loro, potrebbe pensare che lo Stato certificherebbe i tribunali privati e ne controllerebbe l’operato – magari meglio di come fa coi magistrati pubblici. Di nuovo, nessun bisogno di un numero chiuso.
Conclusione. Capirà che è difficile discutere con persone che fanno finta di non leggere le obiezioni e che, per ribadire gli stessi concetti soggetti a tali obiezioni, tirano fuori argomenti che si smentiscono da soli. Comunque spero che avrà cura di leggere, questa volta.
@Enrico Baria
Ma come si fa a discutere seriamente con uno che parla di tribunali privati, senza sapere che il nostro codice di procedura civile prevede giá gli arbitrati. Ha mai sentito parlare di diritti disponibili e di diritti indisponibili, di interesse pubblico? Per me è impossibile discutere con chi fa affermazioni tanto generiche. Tutti voi pseudo liberisti vi limitate a ripetere “negli USA” come se il fatto che una soluzione sia adottata li la renda solo per questo migliore di un’altra. Per usare un’argomentazione generica come quelle che Lei tanto ama potrei risponderle che negli Usa (in molti Stati) c’è anche la pena di morte.
Visto che lei è tanto amante degli USA legga la copiosa letteratura sui commons che ha fruttato anche il Nobel alla Ostrom, le cui tesi, peraltro, a mio avviso non sono del tutto condivisibili. Io acquisterò e leggerò il Suo Hazlitt
@Giovanni
Io non ho mai detto che il numero chiuso è sempre giusto. Vorrei invitarla a riflettere se, in alcuni casi, non lo sia. Tuttavia noto che Lei si nutre di granitiche certezze. D’altro canto se lo fanno negli USA, vuol dire che è certamente giusto
@Paolo
Ma come si fa a discutere seriamente con uno che, smentito dalle obiezioni altrui, fa finta di non averle lette ? Lei ha ricevuto delle obiezioni, non ha saputo ribattere, quindi è consapevole di aver sostenuto delle sciocchezze. Tra le altre cose, ha appreso che il numero chiuso dei magistrati non è affatto necessario; perdipiù l’esempio degli arbitrati le dà ulteriormente la zappa sui piedi. Allora dovrebbe smettere di sostenere tesi che, con successo, le sono state contestate.
Inoltre cercare di attribuirmi idee che non ho mai sostenuto non l’aiuterà certo a difendere le sue. Ho mai scritto che le soluzioni adottate negli USA siano a priori migliori delle altre ? No. Il mio obbiettivo era dimostare che il numero chiuso non è affatto una necessità e che se ne può fare felicemente a meno. Obbiettivo raggiunto, mi pare.
Infine, a ben vedere, solo lei sta sostenendo delle idee a priori. Non ha ancora spiegato perchè debba esistere il numero chiuso; non lo ha fatto per alcuna delle categorie di cui si è parlato. Ha solo continuato a ripetere che tale strumento sia necessario, nonostante che le obiezioni smentiscano proprio questo punto. Non dubito che tale “approccio” renda difficile, se non impossibile, riuscire a discutere con qualcuno.
@Enrico Baria
Le ripeto che potrei spiegarle perchè esiste il numero programmato per ciascuna delle categorie da Lei elencate. Tuttavia dovrebbe essere Lei, che contesta una regola, a sapere quale è il fondamento di questa. Si tratta di elementari regole di logia, che però, a quanto sembra, Lei non osserva. Facciamo così allora, saprebbe spiegarmi perchè, secondo lei, esiste il numero programmato dei farmacisti, dei tassisti e dei notai?
Immagino che Lei ritenga che questa regola sia stata inventata rispettivamente da un legislatore-farmacista, tassista o notaio. Se studia, ma vedo che non ne ha voglia o capacità, vedrà che si tratta di una regola nata per motivi ed esigenze in parte diverse. Allora, solo in un secondo momento, capirà che non in tutte le ipotesi tale regola è giusta e, di conseguenza, non in tutte è sbagliata.
Prima di allora è inutile che mi spinga a discutere sul merito con Lei che ignora l’argomento e si esprime per luoghi comuni.
Tuttavia, siccome sono buono, Le do un indizio. Se cerca in questo sito troverà la spiegazione almeno del numero programmato dei notai. Per gli altri è necessaria un po’ più di fatica
P.S. le svelo un segreto: gli arbitri non sono magistrati e agli stessi non possono essere deferite tutte le controversie (cfr. art. 806 c.p.c.)
@Paolo
Le ho dimostrato che non c’e’ alcun fondamento per le “regole” che lei sta difendendo; adesso mi dice che dovrei sapere quale sia questo inesistente fondamento. Le sembra che il suo discorso abbia un senso logico ? A me sembra che lei sia in grande difficolta’, dal momento che non sa giustificare l’esistenza del numero chiuso. L’ ho gia’ sfidata a farlo, ma vedo che non e’ capace di rispondere e ne immagino il motivo. A rigor di logica dovrebbe rinunciare a sostenere le sue tesi iniziali, ma evidentemente e’ abituato a sostenere idee preconfezionate (anche quando si rivelano assurde, come in questo caso).
Mi spiace distruggere le sue illusioni su come funziona il mondo, ma la informo dell’esistenza di gruppi di pressione sulla politica. Immagino che lei non conosca la differenza tra interessi concentrati (quelli delle lobby) e interessi diffusi (quelli dei consumatori) – con tutto quello che ne deriva. Potrebbe informarsi al riguardo. Il fatto che lei non sappia giustificare le leggi anti-concorrenziali che difende a priori dovrebbe suggerirle che si tratta di manovre ad uso e consumo dei politici e dei loro clientes. Ancora una volta mi dispiace dover distruggere la sua ingenua visione del mondo, ma non e’ un mistero (per le persone adulte, almeno) che i tassisti facciano pressioni politiche sul PdL.
Siccome sono buono, la sfido di nuovo a ribattere alle obiezioni che ha ricevuto. Ma temo che lei non abbia le capacita’ per farlo, come ha ampiamente dimostrato finora. Non si preoccupi, non ne sono sorpreso: immaginavo che non esistessero validi argomenti per difendere leggi stupide come quelle sul numero chiuso, lei ha solo confermato la mia ipotesi.
@Enrico Baria
@ Enrico Baria
@ Giovanni
ragazzi, risparmiatevi la fatica, vi svelo io grande segreto: il Signor Paolo è un notaio e non ha nessuna intenzione di rinunciare al numero chiuso che lo protegge: avevo già provato a discutere con lui in un vecchio post, ma, come avete visto anche voi, chi difende i suoi privilegi non ha remore ad arrampicarsi sugli specchi.
Particolarmente divertente è che stavolta non solo ha evitato di rivelare di essere un notaio, ma ha anche evitato di focalizzarsi su questi rimanendo sul vago e parlando genericamente di farmacie, notai e taxi….
@Ricardo
Carissimo, ben ritrovato, perchè non prova a spiegare Lei ai suoi amici il motivo del numero programmato dei notai? Dovrebbe averlo compreso ormai. Poi potrete ritrovarvi tutti insieme e studiare farmacisti e tassisti e verificare le motivazioni del numero programmato in quei casi. Infine, potrete farvi la vostra idea, senza ripetere come dei pappagalli quelle altrui
@Enrico Baria
Caro amico, in un vecchio post dal titolo: “Decreto liberalizzazioni e notai: chiamatela pianificazione, non liberalizzazione!” ho spiegato al signor Ricardo le ragioni del numero programmato dei notai. Se avrà la pazienza di recuperarlo forse capirà. Se lo farà verificherà che in quel post tutti, tranne Ricardo, uomo la cui cocciutagine è degna di miglior causa, avevano compreso le ragioni da me esposte. Il suo approccio ai problemi denota, mi spiace dirlo, grande superficialità, ma si consoli, da grande potrà certamente diventare economista
Caro Nicolò giovane liberista figlio di liberista il problema non è cosa farai tu da grande ma cosa farà da la società italiana e quella occidentale quando tu sarai grande, e mentre lo diventerai.
La storia è li a insegnarlo , ad urlarlo, ma molti non sembrano in grado di apprendere la lezione o di volerlo fare.
La base di una società democratica e sostenibile è la classe media, è una distribuzione sociale a uovo e non a piramide.
E’ vero che per distribuire ricchezza bisogna prima crearla ma questo non significa che si debba accettare tutto in funzione della creazione di ricchezza.
E’ sicuramente più efficiente alla creazione ed accumulazione di ricchezza una società oligarchica con pochi ricchi e molti poveri, poco liberi.
La natura del mercato tende a concentrare la ricchezza non a distribuirla mettendo nelle mani dei più forti strumenti sempre più efficaci ad ulteriormente accerscere la ricchezza ed il diavrio con gli altri.
Non è che si debba pensare a regimi comunisti o dirigisti, basta metter dei limiti ragionevoli a quelli troppo bravi e troppo veloci che se corrono troppo avanti non aiutano nessuno.
Non c’entra l’invidia è questione di ragionevolezza, se in un organismo qualcosa cresce troppo di solito è una malattia, grave.
I migliori devono lavorare per la crescita della società non (esclusivamente) per la propria altrimenti non meritano ne l’oro ne l’alloro, ma solo piombo.
@Paolo
Ho avuto il piacere di leggere le “ragioni” del numero programmato dei notai. Cito:
“Se lo Stato italiano ritiene che gli interessi tutelati dai notai abbiano rilevanza pubblica, allora non è possibile liberalizzarli”
Ecco finalmente il suo argomento: dal momento che i politici al potere hanno deciso così, è giusto così. Devo commentare ? Ok. Il fatto che un politico stabilisca qualcosa non auto-giustifica la misura presa. Lei è libero di credere il contrario, così come io sono libero di credere che si tratti di una stupidaggine. Nel caso in questione, i compiti svolti dai notai possono benissimo essere svolti da società private in concorrenza tra loro: non ha ancora portato alcun motivo valido per sostenere il contrario, si è limitato a dire che i politici italiani hanno deciso diversamente. Beh, mi spiace: i politici italiani non sono il Vangelo, a me non interessa il fatto che lei ritenga sacre le loro decisioni.
“Nei paesi di common law le persone con meno possibilità economiche ricevono una tutela di livello nettamente inferiore a quelle che possono permettersi di pagare i migliori legali.”
Secondo lei nei paesi di civil law non esistano legali pagati profumatamente proprio perchè danno una tutela nettamente superiore rispetto a quelli che si fanno pagare meno ? E’ ovvio che i migliori legali si facciano pagare di più: questo avviene sia in UK che in Italia. Peraltro il “problema” si risolve facilmente: basta che lo Stato paghi il legale a chi non se lo può permettere economicamente.
“In pratica poichè tu cittadino devi per forza venire da me per fare alcuni atti, allora io ti devo assicurare un servizio capillare su tutto il territorio e devo stare nel mio studio. Questo è il numero programmato.”
Oh, come è gentile ! Ha eliminato per legge i suoi potenziali concorrenti, ma promette di non approfittarsene più di tanto. Solo un pochino, per gradire. Peccato che, se non mi obbligasse a venire da lei, magari troverei un notaio migliore: infatti, non potendo eliminare per legge i potenziali concorrenti, ogni notaio proverebbe a batterli offrendo un servizio migliore. Toh, il libero mercato incentiva le persone a lavorare bene. Non si può dire lo stesso del numero chiuso.
“Poi si potrà dire che questo numero è troppo esiguo e che il servizio non è sufficiente ed allora si aumenteranno i notai”
E chi stabilirà il “numero congruo” ? La politica al potere, ovviamente. Si legga sopra la mia “congrua risposta” a tale credenza.
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Pur nella diversità di vedute, la ringrazio per avermi indicato i commenti a quel post. Ho letto con piacere le risposte che le ha dato Ricardo.
@Enrico Baria
*non esistono
@Enrico Baria
Finalmente, almeno sui notai, si può cominciare a discutere sul merito. Non capisco tuttavia la sua posizione, eliminare semplicemente il numero programmato lasciando per tutto il resto il sistema inalterato, oppure adottare un ordinamento di common law?
Ah! Ora e’ tutto chiaro. Il nostro Paolo e’ un “rentier”, un sussidiato dalla nostra società, uno che non ha bisogno di competere per trovarsi i clienti.
Chiaro anche il suo, fallace, approccio alla materia in discussione: “così e’ se vi pare”…
@Giovanni
Le ricordo che ho vinto un pubblico concorso bandito dallo Stato. Non ho ereditato nessuna “azienda” come tanti imprenditori
@Paolo
Che lei abbia vinto un pubblico concorso non cambia il fatto che lei sia un sussidiato della società, anche molto ben sussidiato. Non sarebbe un “rentier” se il numero dei notai fosse totalmente aperto, sempre accessibile per concorso, ma totalmente aperto.
Se si riferiva a me il commento sulle eredita’ posso dirle che i miei genitori erano operai e che le mie tre aziende me le sono fatte da solo, competendo per trovare clienti, anche all’estero, OGNI SANTO GIORNO.
@Giovanni
Torniamo al punto di partenza. Lei ritiene quindi che il numero programmato dei notai non sia giustificato. Tuttavia non comprendo se lei pensa che si dovrebbe “aprire” il sistema, mantenendo per il resto tutto uguale ad ora, oppure se ritiene preferibile un sistema, diciamo per comodità, di common law.
P.S. non mi riferivo a Lei, non sapevo nemmeno che lavoro fa
Caro Nicolò, tu hai solo 10 mesi, tuttavia quando sarai grande rileggi questo post. Ti accorgerai che la maggioranza delle persone si nutre di luoghi comuni; spara sentenze, senza conoscere ciò di cui parla; accusa perchè non ha argomenti nè idee personali; ripete come un pappagallo quello che ha sentito o letto da qualche parte. Non appena si scende nel merito, si fanno domande per verificare il grado di approfondimento del problema da parte dell’interlocutore, quasi mai si ricevono risposte.
Spero che tu, crescendo, diventi una persona capace di approfondire i problemi e, soprattutto, spero che tu non sia uno di quelli che hanno un’opinone su tutto perchè, come è evidente, in realtà non conoscono nulla.
Ti saluto caro Nicolò e ti ringrazio, perchè ancora una volta mi hai rafforzato nell’idea che solo studiando e faticando si diventa una persona matura e consapevole. Il resto sono solo chiacchiere
@Paolo
In precedenza si sarebbe potuto discutere su vari concetti, tra i quali la constatazione che un settore in cui è vietata la concorrenza sia inefficiente. Ma lei non ha voluto farlo.
Il sistema migliore è quello che più si avvicina al libero mercato, poichè incentiva le persone (notai compresi) ad offrire un buon servizio. Si potrebbe discutere su quale forma sia ottimale sotto questo punto di vista, ma non era lo scopo di questo post. Infatti, rispetto al sistema attuale, sono preferibili sia l’ordinamento di common law sia l’abolizione del numero chiuso. Chiaramente l’abolizione del numero chiuso non risolverebbe tutti i problemi legati all’interferenza statale; in questo contesto mi sembra preferibile l’ordinamento di common law, ma (come ho già scritto) si potrebbe discutere su come liberalizzare anche quest’ultimo.
PS: quando vorrà rispondere alla mia richiesta (giustificare l’esistenza del numero chiuso), sarò ben lieto di leggere i suoi commenti. Forse lo sarà anche Niccolò, dal momento che quando sarà grande si chiederà per quale motivo lei non abbia ancora risposto alle domande/obiezioni che ha ricevuto per verificare il suo grado di approfondimento del problema.
@Enrico Baria
Se lei ha letto, come dice, il post dal titolo: “Decreto liberalizzazioni e notai: chiamatela pianificazione, non liberalizzazione!” dovrebbe aver capito le motivazioni del numero programmato dei notai. Se vuole gliele riassumo brevemente qui, anche se mi pare inutile.
Il notaio è un pubblico ufficiale al quale sono delegate delle funzioni pubbliche. Lo stesso forma atti pubblici che sono beni pubblici in quanto tutelano l’interesse dello Stato alla corretta tenuta del pubblici registri (Registro Immobiliare e delle Imprese) nei quali sono contenute informazioni che garantiscono la tutela dei traffici giuridici
A questa funzione sono correlati alcuni obblighi tipo: 1) conservazione di atti pubblici; 2) obbligo di assistenza alla sede; 3) impossibilità di rifiuto di ricevere gli atti, anche se economicamente non convenienti; 4) controllo statale di tutti gli atti ricevuti ogni 2 anni
Connaturato a tale funzione è il numero programmato. Al notaio viene affidata una sede dallo Stato. Se lo Stato non programmasse il numero e la localizzazione delle sedi (e quindi del numero dei notai) il sistema salterebbe perchè il notaio potrebbe recarsi a stipulare dove vuole e il servizio non sarebbe garantito.
In parole povere poichè lo Stato ritiene che per determinati atti si debba andare per forza dal notaio, allora il notaio deve essere facilmente raggiungibile da tutti e presente sul territorio. Analoga scelta è stata fatta per la magistratura
Naturalmente tale scelta politica è contestabile, tuttavia bisognerebbe proporre un sistema alternativo che sia efficace e che funzioni bene come quello attuale che i numeri, non io (che Lei penso ami tanto) ci dicono essere eccellente, sia dal punto di vista dei costi che dell’efficienza
Tenga presente che, come ho sottolineato nel post sopra richiamato, in tutti i paesi in cui esiste il notariato di tipo latino il numero dei notai è stabilito dallo Stato
Ora che mi ha fatto ripetere le motivazioni del numero programmato dei notai, mi aspetto da Lei delle proposte per modificare questo sistema e sostituirlo con uno migliore per i cittadini.
Le faccio un’ultima considerazione. Non mi pare un’osservazione particolarmente intelligente quella che siccome questo sistema (compreso il numero programmato dei notai) è stato “stabilito” dai politici e a Lei i politici non piacciono, allora questo sistema non Le piace. Infatti, in tutti i paesi del mondo civile, esiste una cosa che si chiama democrazia rappresentativa in base alla quale le decisioni sono prese dai politici legittimamente eletti dal popolo sovrano. Tra l’altro anche l’abolizione di questo sistema o la sua sostituzione o modifica devono essere decisi da quegli stessi politici di cui Lei non si fida. Quindi seguitando nel suo, chiamiamolo, ragionamento questa modiifca sarebbe sbagliata.
Diciamo che io, se fossi in Lei, rivedrei leggermente i meccanismi logici che mi portano a fare alcune affermazioni, per evitare che i miei interlocutori non mi prendano sul serio
@Mario
Mi ha copiato. Comunque va bene lo stesso.
Oppssssss…. il nostro simpatico notaio si è tradito mettendo il nome sbagliato e rivelando il suo astutissimo giochino di spalla tra “Paolo” e “Mario” che si fanno i complimenti a vicenda….
@Mario
Mi scuso, nel precedente commento non sono stato sufficientemente chiaro. Le motivazioni che ha appena dato sono le stesse a cui ho gia’ risposto: non le stavo chiedendo di ripeterle, ma di esporne altre (se ci sono) che non siano gia’ state confutate. Oltre a dire che lo Stato ha deciso cosi’, non e’ stato in grado di fornire altre giustificazioni. Se non ne ha altre, a me va benissimo: vuol dire che non c’e’ alcun valido motivo per sostenere il numero chiuso. Far finta di non leggere le obiezioni altrui non toglie che siano state scritte nero su bianco.
Peraltro le ho gia’ esposto le mie proposte per migliorare questo settore: abolire il numero programmato e tutte le altre restrizioni alla concorrenza, che garantiscono solo un servizio peggiore (come le ho gia’ dimostrato in precedenza).
Nota finale. E’ la sua credenza secondo cui i politici fanno sempre la cosa giusta a non essere un’osservazione particolarmente intelligente. Non so cosa le faccia credere che la maggioranza abbia sempre ragione: e’ una palese inesattezza. Fossi in lei, rivedrei leggermente i meccanismi logici che mi portano a fare alcune affermazioni. Comunque, se legge i miei commenti, vedra’ che non critico questo sistema a priori perche’ sono stati i politici a deciderlo: lo critico perche’ e’ stato deciso in maniera palesemente sbagliata, il tutto a favore di determinate categorie e a scapito delle altre.
@Enrico Baria
e dove avrebbe risposto? dove avrebbe confutato?