L’euro-dracma continua. Ma Atene non è la sola rea
Anche oggi fonti di governo tedesche e della Commissione hanno emesso rituali smentite contro le ipotesi di salvaaggio greco ventilate dalla stampa. I governanti tedeschi ci tengono a non dire ai loro elettori che la trattativa è solo con Parigi – ogni giorno i quotidiani germanici sono pieni di editoriali per i quali il salvataggio sarebbe anticostituzionale, secondo la tesi di Paul Kirchof che due elezioni fa ebbe il fegato di proporre la flat tax prima che la merkel lo defenestrasse. L’Ue è una finzione, nella crisi dei debiti sovrani europei, e la rattativa tra tedeschi e francesi per le clausole di salvataggio resta molto riservata, giusto per essere pronti nel caso in cui improvvisamente la situazione precipitasse. Tuttavia, l’ipocrisia no è solo questa. Devo a un sito dalle cui sparate bisogna a volte – spesso, anzi – guardarsi, ma che è comunque utile guardare almeno dal mio punto di vista, cioè zerohedge, il rimando a un paper di Gustavo Piga che risale al 2001, preparato per l’International Securities Market Association e per il Council on Foreign Relations e che oggi mi sono letteralmente divorato, non avendolo mai letto integralmente. All’epoca, fece scandalo per la stessa cosa oggi richiamata dal sito USA, e fu il Financial Times con James Blitz a sparare contro l’Italia, che tutti ravvisarono nel Paese che tra 1996 e 1997 per entrare nell’euro fece un mega swap per 200 bn yen con una banca d’affari – che tutti ravvisarono in Goldman Sachs – che anticipò al governo medesimo liquidi per abbassare il deficit. Prodi respinse le accuse con sdegno. A Piga fu impedita la presentazione del suo studio in una conferenza pubblica. Ma le 130 pagine del paper di 9 anni fa hanno in realtà tutt’altro interesse. Il punto non è tanto lo scandalo di quella singola vicenda, quanto la dettagliata ricostruzione di quanto la prassi fosse diffusa – sia pur nell’assoluta riservatezza – tra tutti i Paesi europei, Svezia, Francia, Spagna, Irlanda etc, e quanto fosse stata ampliata dall’euro. Sono mali che vengono da lontano. E che non si curano con l’ipocrisia tedesca.
“Maiale! L’occhio basso della Merkel si rivolse alla Grecia con disgusto contabile neanche dovesse rispondere alle avances del suo amato collega italico. È che questi conti pubblici bucolici e latini irritano i palati nordici da guardia che non danno mai e comunque credono di aver già dato con la caduta del muro. Mentre i polli si rinfacciano disgrazie fin dalla guerra punica la speculazione si appropinqua e avvolge nelle sue spire l’ingenuità dell’euro. Carta che il dollaro, novello David grazie a Bernanke, può ora permettersi di calpestare come una testa di Golia. Ben muove i tassi verso la conquista della crescita. Sarà mica finita la recessione? Intanto a Francoforte, contagiati dalla fredda immobilità della Torre, più che scippare il coraggio ai colleghi americani si congelano sulla prudenza del secondo passo. Almeno ci si gode i bassi tassi che innaffiano i debiti e la quarta settimana. Quando poi Trichet alzerà, un qualche ripostiglio a via XX Settembre si troverà per infilarci tutti questi interessi…”
grazie direttore,
da “La Notte” di Repubblica, la segue mai?
francesco
LA TRAPPOLA DELL’INDECISIONE tra “Dracma, Liretta e…Supermarco.”
Che i problemi dell’euro vengano da lontano non vi è dubbio, così come non vi è dubbio sul fatto che l’Euro non sia quella che gli economisti defiiscono “un’area valutaria ottimale” (su tutti le opinioni di O. Blanchard). Nell’area euro infatti, convinvono Paesi on momche avevano un diverso livello generale dei prezzi, con economie strutturalmente diverse: da un lato i Paesi con monete deboli, tipo Grecia e Italia, abituati a decenni di svalutazioni competitive (per sostenere le esportazioni di merci a basso valore aggiunto), alto Debito Pubblico, alta inflazione ed ancor più alti interessi. Dall’altra parte Paesi con una produzione di eccellenza e ad alto valore aggiunto (Germania su tutti) abituati ad una moneta forte che gli consentiva di approviggionarsi con poco massimizzando poi i ricavi delle esportazioni. Insomma due mondi economici radicalmente diversi. Eppure: nonostante si sia sbagliato chi, forse con troppa superficialità, ha parlato del declino del Re Dollaro, l’Euro è stato finora più che utile, a tutti. Ai “Nordici”, perchè li ha fornito una moneta ancora più forte con cui incrementare il surplus della Bilancia Commerciale. E ai “Su(d)dici” perchè ha permesso una normalizzazione di inflazione e tassi d’interesse che da soli non sarebbero mai stati in grado di raggiungere e, almeno per l’Italia, una certa attenzione sui Conti Pubblici. Ora però, gli assestamenti che la crisi impone, fanno venire al pettine i nodi dell’euro tra cui quello che tutti individuano come il principale: l’assenza di una politica economica comune. D’altro canto, esistono rilevanti problemi di “moral hazard” nel rebus del salvataggio greco. Perchè se la Germania si impegnasse formalmente a dare il proprio sostegno alla Grecia, allora vi sarebbe un’ondata di attacchi speculativi sui bond Greci tali da rendere praticamente inevitabile l’intervento di aiuto. Inoltre i decisori pubblici greci potrebbero decidere di fare meno di quello che farebbero se fossero certi di essere abbandonati al loro destino, almeno per ciò che attiene a politiche di contenimento del deficit. Ecco perchè la Germania appare ipocrita: deve esserlo, altrimenti, per paradossale che possa sembrare, il risanamento greco sarebbe poco credibile dai “mercati”. Piuttosto: sarebbe importante che da questa crisi, si prendesse spunto per abbandonare l’indecisione ed attuare una politica economica comune, rendendo quello che l’euro ancora non è: un area valutaria ottimale. Tutt’altro che facile. Ma è l’unico modo. Indietro ormai (uscire dall’euro) non si può tornare, anche perchè i Debiti Pubblici attuali sono denominati in euro: questo rende di fatto non conveniente per nessuno, forse nemmeno per gli stessi speculatori, una disgregazione della moneta unica…
non sarebbe più efficiente avere politiche monetarie diverse per i PIIGS?