Lettera aperta al Capo dello Stato
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Aldo Canovari.
Illustre Signor Presidente,
ascolto da sempre i suoi nobili discorsi alla Nazione.
La formula canonica di indirizzo “agli Italiani” – indistintamente a tutti gli Italiani -, se di certo è correttamente adottata in situazioni normali, invece in questi mesi in cui il nostro paese è flagellato dal coronavirus, è apparsa a non pochi inappropriata.
Infatti, a seguito dei drammatici effetti del “tutti a casa”, esistono oggi due classi ben diverse di Italiani.
La prima, costituita dai dipendenti pubblici e parapubblici, che non toccati e nemmanco sfiorati dai disastrosi effetti economici della pandemia, continuano a percepire tranquillamente, nella loro interezza, stipendi, emolumenti, etc. E fra costoro vi sono legioni di alti burocrati, parlamentari, alti magistrati, dirigenti ministeriali, consiglieri regionali, e così via, beneficiari di retribuzioni smisuratamente elevate.
La seconda classe, costituita da imprenditori, commercianti, artigiani, liberi professionisti, lavoratori autonomi in genere, nonché da tutti i dipendenti di questi datori di lavoro privati, i quali tutti hanno visto falcidiati o addirittura annullati i loro redditi, e molti di questi costretti a dover mendicare i loro pasti quotidiani.
Signor Presidente,
non potrà non convenire che ogni sua invocazione o elogio alla solidarietà, in questo momento eccezionale, indirizzata “agli Italiani” come fossero un’unica indistinta categoria di cittadini, possa suscitare perplessità, oltre che di ordine linguistico, anche sul piano etico.
Alla luce di quanto sopra, nessuno potrà dubitare sulla doverosità morale per i fortunati dipendenti pubblici e parapubblici, di compiere concreti atti di solidarietà nei confronti degli sfortunati appartenenti alla seconda classe.
Di qui la ragione del presente appello.
Signor Presidente,
un suo gesto generoso ed esemplare in questo senso, per effetto di trascinamento, indurrà i massimi organi dello Stato, pubblici dipendenti ad imitarla.
Signor Presidente,
auspico quindi, che attraverso i consueti mezzi radio-televisivi, Ella voglia rivolgere un messaggio agli Italiani – questa volta agli Italiani tutti -, con cui annuncerà di rinunziare ad una parte, che Ella riterrà congrua, dei suoi emolumenti di Capo dello Stato.
È da esser certi che non un solo membro dei vertici del Quirinale, un solo membro del Parlamento, della Corte Costituzionale, della Corte dei conti, delle assemblee regionali (l’elenco è puramente esemplificativo) avrà la sfrontatezza di non seguire il suo esempio.
Il valore morale di un simile gesto, proprio in queste penosissime e crudamente divisive circostanze, avrà profonde positive conseguenze, dando concretezza al sempre da Lei invocato ed esaltato spirito di solidarietà degli Italiani, e servirà a restituire ai cittadini quella fiducia che hanno perso nei confronti delle più alte cariche dello Stato.
Signor Presidente,
la esemplarità del suo gesto susciterà inoltre ammirazione anche nei popoli di altre nazioni, onorando l’Italia presso di esse.
Signor Presidente, l’alta stima che nutro per lei mi induce a confidare che Ella vorrà prendere in convinta considerazione questo appello.
Rispettosamente,
Aldo Canovari