L’equivoco del risanamento del bilancio
Alcune riflessioni sulla scia della conferenza stampa di poche ore fa del Presidente del Consiglio e del Ministro Tremonti:
- Mi pare vi sia un equivoco di fondo su quale debba essere l’oggetto del processo di risanamento: per Tremonti e il governo è il bilancio pubblico. I contenuti della manovra del 2010 da 25 miliardi, di quella di quest’anno da 48 miliardi e la decisione di anticiparne gli effetti per raggiungere il pareggio con un anno di anticipo lo dimostrano con chiarezza. Si tratta di un approccio sbagliato: non bisogna risanare il bilancio bensì risanare il settore pubblico, del quale il bilancio si limita a rappresentare i flussi finanziari. Risanare il settore pubblico richiede di modificarne profondamente perimetro, struttura, funzioni e modalità di funzionamento. Se lo si fa si ottiene come corollario anche il risanamento del bilancio. E’ invece possibile ‘risanare’ solo il bilancio senza mettere mano al settore pubblico: è la prospettiva più probabile, dopo aver sentito la conferenza stampa, ed essa non è ovviamente in grado di portare a un risanamento vero e durevole. E’ anche la prospettiva più costosa per le tasche del contribuente.
- Risanare (solo) il bilancio pubblico è facilissimo: basta trovare qualcuno che paghi e obbligarlo. Il peso dello stato che grava sul sistema economico è in crescita da almeno mezzo secolo (salvo un arresto momentaneo negli anni ’90) e da almeno trenta anni i governi aumentano regolarmente la pressione fiscale sostenendo che serve per risanare il bilancio (salvo poi usarla per continuare ad aumentare la spesa pubblica). Il risultato è che il bilancio non lo hanno mai risanato e a riformare il settore pubblico non ci hanno neppure provato. L’eredità che hanno lasciato è solo la pressione fiscale più alta della galassia, che sta al sistema economico come i sarcofaghi alle mummie egizie, persino maggiore (se calcolata in rapporto al Pil emerso) rispetto a tutti i paesi scandinavi e in cambio della quale possiamo disporre di servizi pubblici la cui qualità oscilla tra il passabile e l’impresentabile.
- Il senso della conferenza stampa appena ascoltata è che, siccome dobbiamo risanare il bilancio e conseguire il pareggio al più presto perchè ce lo chiedono l’Europa e i mercati finanziari, dobbiamo aspettarci di dover pagare ancora di più per ottenere ancora di meno. In sintesi spendere come per un’auto sportiva per avere una Trabant o pagare come ad un ristorante di lusso lo scarso pasto al fast food. Di ‘efficientamento’ del settore pubblico non si è sentito parlare (brutta parola che identifica tuttavia con chiarezza i processi per ottenere di più e meglio spendendo di meno).
- A quanto ammonta lo spreco pubblico cumulato? (I soldi che si potrebbero risparmiare in un anno producendo tutti gli attuali servizi pubblici con costi efficienti). Si può fare una stima approssimativa per individuare un ordine di grandezza: in diverse analisi condotte una decina d’anni fa sui costi di servizi pubblici di mercato quali poste, trasporto pubblico locale e ferrovie scoprimmo una sorta di ‘regola aurea’ dell’inefficienza: i costi necessari risultavano pari a circa due terzi dei costi effettivi. Questo implica che se poniamo uguali a 100 i costi necessari con gestioni efficienti, l’eccesso di costo dovuto a sprechi ammontava mediamente ad altri 50. Alcuni esempi settoriali: i) nel 1998 un treno medio costava per km di percorso 48 mila lire in Italia, 34 mila nella media UE, 25 mila circa in Gran Bretagna e Svezia, 22 in Finlandia e 18 in Danimarca; ii) anche in anni più recenti (2008) il costo di un bus pubblico che percorre un km è esattamente il doppio in Italia rispetto alla liberalizzata Gran Bretagna (se invece estendiamo il raffronto ad un più ampio numero di paesi ritorniamo con facilità alla legge dei due terzi).
- Se i costi inefficienti ed evitabili nella produzione pubblica di servizi pubblici per il mercato sono circa un terzo dei costi effettivi possiamo ragionevolmente supporre che quelli relativi alla produzione di servizi pubblici non per il mercato siano anch’essi almeno un terzo dei costi effettivi. Poichè il costo del produrre tutti i servizi pubblici non di mercato è circa il 21% del Pil, possiamo stimare l’inefficienza pubblica cumulata esattamente pari al 7% del Pil. E’ il doppio del deficit pubblico atteso post manovra Tremonti del 2010. Questo implica che con la sola messa in efficienza dello Stato ‘produttore’ si potrebbe portare il bilancio in pareggio e ridurre di almeno tre punti di Pil la pressione fiscale, ridando in tal modo ossigeno alla crescita economica.
- Questo è uno solo degli strumenti possibili, gli altri si chiamano: i) privatizzazione delle imprese pubbliche, nazionali e locali, e degli immobili pubblici; ii) riforma delle pensioni; iii) smettere di sovvenzionare imprese (inefficienti, dato che quelle efficienti non hanno bisogno di sovvenzioni); iv) costruire opere pubbliche utili anzichè grandi opere; v) liberalizzare effettivamente l’uso delle reti esistenti per accrescerne utilizzo e produttività. Se si usassero contemporaneamente tutti questi strumenti non sarebbe assolutamente necessario aumentare la pressione fiscale, anzi essa potrebbe diminuire significativamente (permettendo in tal modo di far pagare meno tasse a tutti anzichè tutte le tasse solo a qualcuno).
Una considerazione finale: sono ovviamente d’accordo sulla regola costituzionale del pareggio di bilancio ed era meglio che venisse introdotta prima, almeno in contemporanea alla manovra di inizio luglio. Resta tuttavia l’interrogativo del perchè il pareggio di bilancio non sia stato perseguito all’inizio del decennio 2000 quando era molto più facilmente alla portata, come mostra il grafico precedente, e non vi erano recessioni economiche che lo sconsigliassero. Pur essendo un obiettivo facile Tremonti allora se ne distanziò mentre lo ricerca ora, in coda alla più grave crisi economica dagli anni ‘30 del secolo scorso, e lo fa senza mettere in campo nessuna delle riforme (liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma della regolazione, riduzione dell’intervento pubblico nel sistema economico) che già sono state utilizzate efficacemente in passato per conseguire scopi analoghi. Una ben diversa manovra, intesa non come insieme di tagli più o meno indistinti e tasse ulteriori bensì come pacchetto di sostanziali riforme sarebbe invece necessaria per risanare effettivamente il settore pubblico anzichè il solo suo bilancio.
ben detto.
Tremonti è uno di quelli che affermava che maastricht non era un muro insuperabile, e portò ripetutamente al superamento del 3% in anni di vacche grasse.
ora che le parti sociali e Casini gli hanno dato il permesso, mette le mani nelle tasche delle famiglie per fare cassa, senza fare alcuna riforma della P.A., che dovrebbe essere un dogma liberista.
Ma che gli frega alle parti sociali? tanto non toccano i loro interessi, toccano solo le tasche delle famiglie contribuenti. e così fra 1 anno saremo da capo, e via nuove tasse!!
di riforma dello stato di cui tanto parla, SB, nemmeno l’ombra.
Si arrovelleranno in una riforma costituzionale che vedrà la conclusione (forse) fra 8/10 mesi. Ma dopo, che effetti produrrà?
bisognerà riscrivere le esistenti leggi ordinarie, contrarie al nuovo testo costituzionale.
Quanti anni ci vorranno? cinque? dieci?
Verremo tutti mangiati vivi!!!
la magistratura non farà altro che rinviare leggi alla corte costituzionale per incompatibilità con la modificata costituzione.
Ma perchè Berlusconi & Co non fanno i liberisti, quali si professano e fanno un Cons.dei Ministri nel quale decidono 2 o 3 cosette più semplici, immediate, realizzabili e con effetti tangibili sulla situazione??
Perchè Berlusca non è un liberista: pensa solo a se stesso. Talvolta ha pensato alle imprese in genere, ma si è trattato solo di un caso: in via del tutto consequenziale al suo preminente interesse personale (o dei suoi amici). Ha fatto qualcosa per se e di ciò ha tratto vantaggio qualcun’altro (talvolta imprenditori, altre volte pregiudicati, imputati, falsificatori di bilanci ecc ecc)
salve, ciò che ho letto è interessante. mi chiedo però, perchè dobbiamo rientrare del debito? queste soluzioni miogliori, ..migliori di quelle che sta avanzando il governo “tremonti”, mi potrebbero anche andare bene, mi dovranno, dato che non decido io. Però c’è chi non la pensa così, c’è chi sostiene che la tesi del rientro del deficit di bilancio in realtà non è che una verità e non la sola verità. oggi, per via dell’euro e degli accordi fatti 10 e più anni fa, dobbiamo attenerci, io non sono d’accordo, io sarei per l’uscita dall’euro. Paolo Barnard nel suo saggio “Il più grande crimine” descrive lo stato delle cose attuali in modo drammatico e dopo averlo letto devo ammettere che anch’io reputo questa condizione, il dover per forza “RIENTRARE” del debito come qualcosa di molto grave. Sopra è scritto che si potrebbe fare così invece che cosà, immenso rispetto per questa grande volontà, ma se invece non ci fossimo mai entrati nell’euro? e se riuscissimo ad uscirne? non sareste d’accordo?
ho appena letto di oscar giannino(direttore), perdonatemi, a questo punto ciò che ho scritto, so che non verrà preso con l’ingenuità e la sola volontà di bene che io ci ho messo. I chicago boys. il neoliberismo. perdonate il disturbo. io ovviamente non sono neoliberista.
E’ proprio la mancanza di considerazioni di buon senso ispirate a principi di sana amministrazione come quelle contenute nell’articolo che fa crollare la fiducia. Continuereste a prestare denaro ad un debitore che si ostina a continuare a spendere oltre le sue possibilità e ritiene che non sia quello il suo problema ma altre, fumose, indeterminate circostanze?
Prof. Arrigo, mi piace come lei analizza e chiarisce attraverso analisi macronumeriche i nodi della spesa inefficiente dello stato, utilizzando metodi deduttivi inattaccabili; però le chiederei di fare uno sforzo ulteriore, sulla base della documentazione che lei possiede già, sicuramente, ci dica comparto per comparto, istituzione per istituzione, cosa e quanto poter tagliare.
Mi piacerebbe che qualcuno più competente di me e con le conoscenze in materia di bilanci e finanza pubblica controbattesse a queste argomentazioni… perché in mancanza di una replica concreta non vedo molte alternative: questa classe dirigente va cambiata e al più presto!
Ma è possibile che non ci siano abbastanza persone in Italia che la pensano alla stesso modo e la finiamo di essere sudditi?
Ottimo articolo, condivido quanto scritto. Premesso che lo Stato dovrebbe lasciare ai privati tutta la produzione di beni e servizi per cui il mercato garantisce ragionevole concorrenza, Luca Ricolfi nel “Sacco del Nord” sottolinea che anche molte attivita’ statali non realisticamente devolvibili al mercato, ad esempio la giustizia oppure l’assegnazione di pensioni di invalidita’, possono essere migliorate con risparmi di spesa o aumenti di produttivita’ pari a circa il 30% solamente adottando gli standard delle Regioni piu’ efficienti, quindi con una gestione evidentemente comunque compatibile con i vincoli culturali italiani.
@Alberto Lusiani
Chi lo dice che la giustizia non può essere un servizio devolvibile al mercato?Mai sentito parlare degli arbitrati?
gli è che se ci si dedicasse a rendere efficiente la macchina della PA apparirebbe chiaro come ci sia almeno il 30% di personale in esubero.
in molti casi parliamo di personale assunto per ragioni di bassa politica locale , personale inutile oggi e in gran parte inutilizzabile in futuro.
perchè il famigerato statuto dei lavoratori contempla il famigerato articolo 18 ma se parlate con un qualunque direttore del personale vi dirà che in Italia, con qualche difficoltà, il privato riesce a licenziare, soprattutto in caso di crisi aziendale.
Nella PA il posto fisso è praticamente un dogma di fede (tipo la verginità della madonna) per cui, anche a pensare che i nosti politici perdano il vizio , da subito, di piazzare cani e porci nelle varie amministrazioni, partecipate, municipalizzate, poste guardie forestali, comunità agropastorali, enti di monitoraggio della distanza terra-luna…
resteremmo con un costo di ristrutturazione pesantissimo, che in ogni caso varrebbe la pena di pagare, come fanno molte aziende quando per qualsiasi ragione si trovano a gestire stabilimenti decotti a bassa produttività ed alto costo del lavoro.
Proporrei come misura di contenimento una cassa integrazione per la PA di 7 biblici anni tipo quella usata per la (praticamente pubblica) Alitalia.
Costoso (ma meno degli stipendi ai quali non corrisponde praticamente alcuna prestazione) ma nel medio termine risolutivo.
@francesco
Mah francesco, anche io mi pongo la tua stessa domanda e la risposta migliore che mi sono dato è: Ci sono vantaggi/svantaggi in base agli obbiettivi ed alle aspettative. Uscire dall’euro oggi praticamente in ginocchio che cosa comporterebbe ? Il vantaggio di avere la lira e la politica monetaria in mano quale sarebbe? Se guardiamo la storia recente, penso ci lanceremmo in svalutazioni monetarie selvagge per sostenere le esportazioni, avendo pieno controllo del debito proseguiremmo a fare debiti senza nessuno che ci rompa le scatole. Questo scenario non mi piace particolarmente, sarebbe come essere tossicodipendenti cronici e prendere più roba per sentire meno le crisi di astinenza : Sul momento la cosa funziona, si sta molto meglio, purtroppo dopo un po il risultato è la morte per overdose o il peggioramento delle crisi, che rendono ancor più difficile la disintossicazione.
Credo che essere insolventi non piaccia a nessuno, personalmente sono sicuro che tu come me paghi i tuoi debiti e non piazzi assegni cabrio agli amici, sappiamo che c’è chi non paga i debiti così come c’è chi ruba e uccide, non lo facciamo perché preferiamo coesistere pacificamente piuttosto che crearci dei problemi seri. Qualche economista in passato, aveva teorizzato che i debiti pubblici dei paesi non sarebbero mai stati pagati e mai nessuno li avrebbe esatti, permettimi di dirti che questi teorici sbagliano; non esistono società nelle quali i debiti non vengono redenti.
Per come la vedo io le ragioni logiche ed illogiche siano evidenti o celate, che muovono un individuo o 10 individui sono le stesse che ne muovono 60.000.000, facendo le opportune proporzioni. Noi non dobbiamo restituire 2 trilioni di euro sull’unghia domani mattina, ma certo sarebbe bene che il nostro paese non spenda più di quanto incassa ed iniziasse ad aumentare le proprie fonti di reddito. Se inizi a spendere meno di quanto guadagni e magari aumenti i guadagni, non fai debiti anzi generi introiti aggiuntivi ed un economia solida e sostenibile.
Penso che il senso sia tutto qui : “Operare con il principio del buon padre di famiglia”, anche questo è liberismo.
@erasmo67
Non so se sia possibile il parallelismo della ristrutturazione aziendale, lo stato non è un’azienda e gli effetti di una tale misura porterebbero ad una diminuzione dei costi per il personale, ma permangono cinque buoni motivi per i quali l’apparato rimane inefficiente:
A) Principio della razionalità dell’ignoranza:
Si basa sul fatto che chi vota o per lo meno la maggior parte dei votanti non nutrano sufficiente interesse per i programmi le proposte e le misure che i candidati propongono. Vieni colpito dallo slogan (“Meno tasse per tutti”, “Un italia più giusta”, “We can”) ma in proporzione quanti vanno a vedere cosa c’è dietro al marketing? Quasi nessuno, in fondo votiamo tutti con la panza.
B) Effetto dei gruppi privilegiati di interesse:
Sarebbe quasi inutile commentarlo: esistono dei gruppi ristretti che hanno una forte rilevanza economico/finanziaria, i quali utilizzano le proprie risorse per ottenere dei privilegi (o il mantenimento degli stessi) per se, scaricando rischi e perdite sulla collettività. Esempio classico: Fiat.
C) La rappresentazione democratica non è vincolante:
Cosa succede se una formazione politica che vince le elezioni non raggiunge nessuno scopo prefisso? Ovviamente nulla. I governanti si limiteranno a scaricare la colpa degli insuccessi ai fattori incidentali ed alle situazioni pregresse ed amplificheranno al massimo i pochi e spesso altrettanto incidentali risultati ottenuti. Quello che non cambia è che non sta scritto da nessuna parte che i governanti siano vincolati ad un programma elettorale.
D) Fallimento della gestione pubblica dovuta a miopia temporale:
Cinque anni non sono nulla o comunque sono poca cosa sotto il profilo dell’economia o dell’impresa invece per chi è stato eletto rappresentano tutto. Una riforma per quanto buona e giusta impiega anche decenni per sprigionare effetti positivi, nel frattempo gli effetti negativi si ripercuotono su chi l’ha approvata. Naturalmente il governante tende a NON FARE riforme controproducenti a livello politico e temporale e si limita a ciò che può generare un rapido ed immediato consenso, anche se questo vuol dire creare voragini future.
E) I funzionari e i burocrati incaricati di eseguire i mandati dei governanti non hanno alcun incentivo ad agire in maniera efficiente:
Il criterio della finanza pubblica non segue i dettami del rapporto di profitti e perdite, d’altronde non ci si basa su fondi “propri”; ogni ente ed ogni amministrazione riceve dei fondi dal bilancio statale in base a quanto richiesto dalle stesse e dalle “valutazioni della performance” che il nostro diritto amministrativo ha inserito recentemente. Ovviamente gli uffici chiedono sempre più personale e più risorse e le carenze le giustificano con la mancanza di personale e di risorse, mai si parla di cattiva amministrazione e di scarso impegno.
@francesco Negli ultimi anni prima di entrare nell’euro il debito pubblico era attorno al 120% del Pil, come avviene ora, e noi spendevamo all’anno per interessi sul debito pubblico quasi sette punti di Pil più di ora. In euro si tratta di circa 100 miliardi all’anno, in vecchie lire di circa 200 mila miliardi. Grazie al passaggio dal debito denominato in lire al debito denominato in euro abbiamo potuto risparmiarli e questo si è verificato per quasi un quindicennio (negli anni iniziali meno di questa cifra, ad essere precisi, perchè il costo medio del debito si è contratto più lentamente del costo delle nuove emissioni). A fine dicembre 1998 lo spread sui titoli tedeschi era sceso a zero e i mercati ci consideravano egualmente affidabili dei tedeschi! Se avessimo completato il risanamento, portando il bilancio in pareggio a inizio decennio 2000 e successivamente utilizzato la razionalizzazione del settore pubblico per ridurre la pressione fiscale credo che saremmo ancora molto vicini a quella condizione. Invece il risparmio di sette punti di Pil nella spesa per interessi lo abbiamo completamente ‘speso’ nell’ultimo decennio per aumentare il resto della spesa pubblica. Dobbiamo stupirci se ora i mercati ci chiedono 4 punti percentuali in più di rendimento rispetto ai titoli della Merkel? Io penso di no.
Complimenti prof. Arrigo, è stato citato anche sul blog di Pier Ferdinando Casini: http://www.pierferdinandocasini.it/2011/08/06/perche-il-pareggio-sia-una-vittoria/
@Ugo Arrigo
Sono assolutamente daccordo con il suo Articolo Prof. Arrigo
(tra l’altro ho scritto poco fa, in merito al risanamento che andava fatto ad inizio 2000,
in un altro commento su questo blog)
Il punto portato poi da @Giuseppe D’Andrea è assolutamente ineccepibile
Integrando quindi queste 2 posizioni si giunge, a mio avviso, alla seguente conclusione:
in Italia abbiamo attualmente una classe politica inadatta alla gestione del Paese dato che non è in grado di anteporre il bene di quest’ultimo rispetto al proprio
Senza classe politica il Paese è ingovernabile se non tramite supporto di tecnici,
purtroppo questo significherebbe una cura da cavallo per noi
ma al momento questa pare l’unica strada per imboccare, con ragionevole certezza, la via del risanamento
Mi spiace ma dissento profondamente in relazione al punto portato da
@francesco
l’uscita dall’euro, nelle nostre condizioni, non sarebbe la soluzione a nulla:
seguendo la linea di ragionamento proposta in questo articolo, trovo che i nostri problemi siano, alla radice, politici, sistemando la classe politica avremo a cascata la soluzione di buona parte degli altri problemi indotti
Naturalmente sarà un processo lungo e nel breve bisognerà attuare manovre che curino anche solamente i sintomi, ma se contemporaneamente non si inizia a curare anche la causa originale, non risolveremo mai definitivamente il problema
solo alcune aggiunta: mi pare che le spese per le opere pubbliche, segnatamente la costruzioni delle ferrovie TAV/TAC salga fino al 700% rispetto ad analoghe per dimensioni e difficoltà.
http://associazioni.comune.firenze.it/idra/I.%20Cicconi,%20I%20costi%20AV,%2024.6.’08.pdf
Se si guarda al costo delle inefficienze nella costruzione delle opere pubbliche ed in particolare al costo di NON COMPLETARLE , il costo delle stesse, assume altro fortissimo impatto per la dispersione delle risorse e la conseguente minore disponibilità di denaro per altro intervent ed ilfortissimo impatto socio economico
http://www.lavoce.info/articoli/-infrastruttre_trasporti/pagina1001490.html
E per finire il costo determinato dalle inefficienze del sistema CIPE e dalla programmazione degli interventi: che senso ha impegnare somme largamente insufficienti alcompletamento di varie opere nelle stesse zone: vedi il caso del completamento della autostrada CATANIA GELA 300 milioni su 500 – ed il contemporaneo finanziamento della CATANIA RAGUSA 150 su 450 : entrambe queste opere insistono nelle medesima macro zona e sono destinate entrambe a non riuscire adessere completate se non in tempi biblici.
Quando ho chiesto al Prof. Arrigo di definire, dopo l’ analisi delle inefficienze di alcuni comparti delle aziende in cui in qualche modo è coinvolta la spesa pubblica, di portare anche per grandi linee, i risparmi possibili anche in altri comparti e nelle istituzioni, volevo appunto, rendermi conto di quanto pesasse la spesa inefficiente e di quali risparmi strutturali fosse possibile fare andando a metter il naso nel dettaglio dei vari centri di costo.
Tecnicamente, nella spesa dello stato, contrariamente a quanto accade per le aziende, mancando un controllo budgettario, è impossibile nel corso dell’ anno, seguirne l’ andamento e fare gli aggiustamenti in tempo quasi reale, ma non solo, nemmeno si ha la cognizione esatta di quanto costino effettivamente le varie amministrazioni se come è accaduto, l’ anno scorso, a maggio Tremonti diceva che tagliare le provincie avrebbe fatto risparmiare un paio di centinaia di milioni, e qualche settimana fa Castiglioni, in un documento ufficiale, di cui non si parla più affermava che i risparmi potevano essere dell’ ordine di 5 MLD.
Il prof. Baldassarri, in occasione della manovra dello scorso anno, al senato, aveva pronunziato un discorso che intanto anticipava la necessità di una manovra aggiuntiva, che è puntualmente arrivata e definiva una serie di risparmi possibili in breve tempo, ma che Tremonti non ha neanche preso in considerazione, facendo poi i famosi tagli lineari e il taglio degli stipendi del personale dello stato che ha inciso in almeno 1000 euro a cranio.
Per grandi linee, sono anni che si conosce dove andare a tagliare, ma nessuno lo fa e soprattutto, a nessuno frega, anzi è mai fregato nulla veramente; spesso quando io o altri, negli scorsi anni, facevamo dei discorsi di questo tipo, non c’ erano reazioni, c’ era il disinteresse totale, e quando, si andava a parlare di dati macroeconomici, succedeva la stessa cosa, come per esempio si parlava di debito pubblico che saliva di botte da 70/100 MLD l’ anno, ed invece interessavano di più questioni realative agli amori di Berlusconi o ai suoi affari di giustizia.
Oggi davanti al rischio di tracollo, i blog, da qualche settimana, sono pieni al contrario, di dispute sui tagli e sull’ economia, ed è sicuramente meglio così.
Chiudo dicendo che non ho mai visto qualcuno da destra che abbia chiesto conto alla attuale compagine di aver completamete ignorato il programma liberale del 2008, o prima da sinistra, che abbia chiesto conto a Prodi, del fatto che dopo aver vinto, male le elezioni del 2006, ed aver giurato di non tassare i redditi fissi, la prima cosa che fece, fu prorio quella con la finanziaria di Visco; anche qui, c’ è stato completo disinteresse ed invece se ne doveva chiedere conto.
@Massimo74
Perchè non devolvere anche ai privati la sicurezza pubblica? Magari anche le carceri. La fantasia è sempre senza confini.
http://www.libertiamo.it/2009/08/14/prigioni-private-unopzione-pragmatica-contro-il-sovraffollamento-delle-carceri/
@Alberto
Si possono fare analisi molto precise sui singoli comparti di spesa, dalle quali trarre specifiche indicazioni di riforma. Negli anni ’80 fu istituita una commissione di esperti con questo compito presso il Ministero del Tesoro, la Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica, per la quale anch’io ho lavorato nei primi anni ’90. Tremonti la ha sopressa nei primi anni 2000; ricostituita da Padoa Schioppa nel 2007 (http://www.mef.gov.it/documenti/open.asp?idd=17942) ha sviluppato diverse analisi interessanti ma è stata risoppressa da Tremonti nel 2008 e i lavori svolti cancellati e non più disponibili al pubblico sul sito del Ministero. (Forse perchè si tratta di analisi inutili di fronte alla semplicità dei tagli lineari?)
Una riforma generale, applicabile a tutte le produzione pubbliche di servizi a domanda individuale, consiste tuttavia a mio avviso nell’introduzione anche nel settore pubblico dello strumento ‘mercatista’ della concorrenza. Bisognerebbe, in sintesi, abbandonare il modello dello ‘stato holding’ che controlla tutte le organizzazioni pubbliche (ma nello stesso tempo assicura loro i mezzi finanziari con cui pagano i fattori produttivi che consumano) in favore di una pluralità di enti pubblici in concorrenza che conseguono ricavi in funzione della qualità e quantità effettiva dei servizi che producono (università, scuola, sanità). In sostanza il fatto che gli enti siano, e continuino a restare pubblici, non implica necessariamente che non si debbano usare i prezzi e non si debba usare la concorrenza. In tal modo garantiamo chi non si fida del privato per produrre tali servizi ma ottenimo i vantaggi tipici del mercato di concorrenza. Ho sviluppato meglio questa idea in un precedente post: http://www.chicago-blog.it/2011/02/20/prezzi-contro-tasse-2-a-0/
@Massimo74
eccellente, peccato che siamo in Italia e non su qualche base lunare. Se fossimo come l’Australia, non staremmo quì a dibattere sulla spesa pubblica e sul terzo debito mondiale.
Beh quello che Lei mi dice e che non conoscevo, mi fa capire le difficoltà che oggi si incontrano per chi, cittadino o studioso, voglia avere le informazioni certe per capire e divulgarle; nel notare come tutto sia abbastanza nebuloso per i motivi più esecrabili, rilevo che i cittadini contribuenti sono trattati, anche in queste materie, alla stregua dei pecoroni e Tremonti, mi dispiace dirlo, ma andrebbe indagato da qualche magistrato per queste sue due azioni veramente fatte in spregio a qualsiasi interesse pubblico. Sono amareggiato e sempre più pessimista, per non dire di peggio, perchè questo credo debba essere il succo della democrazia, cioè la possibilità del controllo basato su dati oggettivi.
Il suo post di febbraio, è estremamente interessante e cambia radicalmente il punto di vista dei servizi del settore pubblico, e credo che insieme ad un’ idea di fisco trasparente, ci consentirebbe i risparmiare anche sui costi accessori della corruzione ma sicuramente per volonta politica, non sono ben visti entrambi; voglio approfondire il discorso che lei espone.
La ringrazio molto.@Ugo Arrigo