30
Ago
2014

L’Ente Fiera del Levante è pieno di debiti. Fallisca o sia ceduto al mercato–di Rocco Todero

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Rocco Todero.

Mercoledì 27 agosto il Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, Alberto Mingardi, ha rilasciato al quotidiano La Stampa un’intervista (qui) nel corso della quale ha opportunamente sottolineato la necessità che Parlamento e Governo intervengano al più presto sulla pletora di società ed enti partecipati da amministrazioni pubbliche con una nuova disciplina legislativa che ponga fine al grave e non più tollerabile dispendio di risorse pubbliche.

La lettura dell’intervista mi ha fatto ricordare di una recente deliberazione della Corte dei Conti – sezione regionale di controllo per la Puglia – del 30 luglio 2014 (PDF qui) che si è occupata della situazione economica dell’Ente Autonomo Fiera del Levante e che mi è parsa di grande interesse, proprio alla luce di quanto affermato da Mingardi, perché aiuta a comprendere quale sia lo stato attuale della legislazione in materia di partecipazioni in imprese, società o enti pubblici e quali siano in definitiva gli interventi necessari.

L’Ente Autonomo Fiera del Levante è stato fondato ed è partecipato, tra gli altri, dal Comune di Bari, dalla Provincia di Bari e dalla locale Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, ed è un ente senza scopo di lucro che per statuto deve (dovrebbe) rispettare il principio del pareggio di bilancio (qui lo statuto). Lo scopo sociale dell’Ente è quello di sostenere lo sviluppo economico della Puglia e più in generale dell’intera Italia, favorendo, tra l’altro, “i processi di promozione commerciale delle imprese in Italia e all’estero”.

Negli ultimi 5 anni, tuttavia, la gestione dell’Ente Fiera ha fatto registrare perdite d’esercizio consecutive per complessivi 15.165.914 euro così ripartiti: 857.050,00 per l’esercizio 2008, 4.745.640,00 per il 2009, 4.116.233,00 per il 2010, 2.346.350,00 per il 2011 e 3.100.641,00 per il 2013 (qui i bilanci).

Il Presidente della Provincia di Bari ha domandato alla Corte dei Conti se sia legittimo contribuire al ripianamento delle perdite dell’Ente con un contributo straordinario richiesto nella misura di 1,5 milioni di euro.

I Giudici contabili hanno ricostruito la disciplina oggi vigente, nella materia in esame, evidenziando:

  1. Che in linea generale esiste un divieto per le amministrazioni pubbliche di provvedere ad aumenti di capitale, trasferimenti straordinari ed aperture di credito in favore di società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio;
  2. Che l’Ente Fiera del Levante non è una società pubblica ma un organismo di diritto pubblico e che a stretto rigore, dunque, le limitazioni imposte alle pubbliche amministrazioni per le contribuzioni nelle partecipate non dovrebbero riguardarlo;
  3. Che tuttavia è necessario tenere conto della natura di Ente partecipato da pubbliche amministrazioni che erogano risorse pubbliche e della “tendenza” della più recente legislazione di procedere nel senso del divieto “di interventi tampone con dispendio di disponibilità finanziarie a fondo perduto, erogate senza un programma industriale o una prospettiva che realizzi l’economicità e l’efficienza della gestione nel medio e lungo periodo

Insomma, un divieto chiaro e categorico di salvare l’Ente Fiera del Levante, anche alla luce di un’interpretazione semplicemente letterale, sembrerebbe non esserci, ma i giudici contabili invitano il Presidente della Provincia di Bari a pensarci bene prima di disperdere ulteriori risorse pubbliche a fondo perduto e senza alcuna ragione, viste le condizioni apparentemente irrimediabili in cui versano le finanze dell’organismo di diritto pubblico.

Riallacciando il discorso di Mingardi con ciò che emerge dal caso “Ente Fiera del Levante”, vi è da sottolineare la necessità che in un Paese culturalmente poco avvezzo a farsi guidare coscienziosamente da regole di efficienza, economicità e di sana gestione delle risorse pubbliche esistano norme giuridiche chiare, semplici e soprattutto inderogabili che impongano la dismissione, la cessione e persino il fallimento di tutti i soggetti partecipati da pubbliche amministrazioni e che producono regolarmente perdite d’esercizio.

L’Ente Fiera del Levante, già oggi, alla luce dei risultati di gestione, dovrebbe avviarsi verso il fallimento e la conseguente messa in liquidazione in tempi certi e rapidi, in modo da non arrecare ulteriore danno alle finanze pubbliche. Se è veramente servito sin’ora a soddisfare una reale esigenza di mercato saranno gli operatori privati che ne hanno eventualmente tratto beneficio a rivelarlo, associandosi per costituire un nuovo soggetto commerciale che ne proseguirà l’attività. In alternativa, dovrebbe essere collocato sul mercato, salvaguardandone magari il brand, per verificare, anche in questo secondo caso, la sostenibilità economica del suo business model.

Ma, allo stato, mancano norme che impongano soluzioni nette ed uniformi a favore della dismissione pro-mercato e così la scelta ricade sui vertici della pubblica amministrazione che si sentono rispondere dalla Corte dei Conti, come nel caso qui considerato dell’Ente Fiera, un sonoro “NI” al quesito proposto. Mezzo no e mezzo sì. Si può erogare un contributo straordinario ad un organismo di diritto pubblico in perdita da 5 anni? Si, no, forse: NI!

Sta di fatto che ad oggi la gestione con risorse prevalentemente pubbliche dell’Ente Fiera non ha consentito di verificare se l’attività di promozione commerciale delle imprese in Italia ed all’estero sia stata realmente profittevole per tutte le aziende coinvolte direttamente ed indirettamente dalla predetta attività, atteso che i costi di gestioni e delle attività sono state sopportate anche dai cittadini e dalla fiscalità generale degli enti partecipanti.

Sinora, infatti, è accaduto che tasse di lavoratori, imprese e professionisti sono state destinate al finanziamento di attività che nelle intenzioni dell’imprenditore pubblico dovevano rivelarsi vantaggiose per altri lavoratori, imprese e professionisti. Peccato però che, a tacer d’altro (dell’economicità della gestione, ad esempio), i soggetti finanziatori non coincidano affatto con quelli beneficiati.

Speriamo, dunque, che le invocate regole semplici, chiare e pro mercato arrivino al più presto, prima che la confusione e le ambiguità di cui sono sempre gravide le leggi italiane finiscano per paralizzare del tutto anche il raziocinio dei Tribunali.

@roccotodero

1 Response

  1. ALFA

    Giustissimo togliere di mezzo enti statali partecipai i quali sono in perdita e prosciugano soldi ai contribuenti semplicemente per garantirsi la sopravvienza.
    O meglio, tutti questi enti devono essere messi in vendita e se qualcuno (privato) se li compra bene, quelli che rimangono invenduti vanno chiusi.

    Però…che tutto questo non finisca come la buffonata dell’aobilizione delle Provincie, dove hanno abolito le cariche apicali (presidenti e consiglieri provinciali), ma alla fine hanno lasciato al loro posto tutti i dipendenti della pianta organica.

    Se un ente partecipato è in perdita e nessuno se lo vuole rilevare va chiuso e…spiacenti…i vari dipendenti che ci lavorano vanno a casa godendo della eventuale mobilità…esattamente come avviene nel settore privato quando una azienda chude o riduce una parte del porpio personale

Leave a Reply